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Le multinazionali contro Internet
(scusa a Claudio Martinotti che ha inviato questo importantissimo articolo
e che se lo vedra' ritornare un paio di volte...)
In occasione di un mailing di massa sui componenti dannosi (SLS-SLSE) in
dentifrici, shampoo e altri prodotti di igiene personale, e di un dibattito
che ne e' venuto fuori in piu' mailing lists - a proposito di scoop,
contro-scoop e campagne email - ho sostenuto che siamo gia' nel bel mezzo
di una guerra dell'informazione molto piu' complessa di quel che puo'
sembrare a prima vista. Claudio Martinotti, presidente del Gruppo GEVAM
Onlus, ha trovato quanto segue:
*******************
Visitate il sito di servizio http://www.claudiomartinotti.com ,
per accedere ad un network dove i valori morali e l'impegno sociale sono
prioritari.
LE MULTINAZIONALI CONTRO INTERNET
La più grande minaccia verso la reputazione delle compagnie e dei marchi
delle multinazionali arriva da Internet, la più nuova e potente arma dei
gruppi di pressione.
Fonte:
Promiseland http://www.promiseland.it, mailto:info@promiseland.it
Fonte primaria: ww.tmcrew.org
Alcune multinazionali, prendiamo ad esempio McDonald's e Shell, in seguito a
dei "disastri di immagine", come l'affare "Brent Spar" per Shell ed il
processo contro London Greenpeace per la McDonald's, hanno convocato il loro
staff di pubbliche relazioni e pubblicitari per capire cosa stava
succedendo. Teniamo conto che ad esempio McDonald's spende 2 miliardi di
dollari all'anno per curare la propria immagine, e quindi capiamo bene il
livello di interessi in gioco. In entrambi i casi, hanno analizzato, che
fosse soprattutto stato sottovalutato un elemento, la comunicazione via
Internet. Questo perché queste compagnie si sono abituate a controllare
senza ormai grossi problemi la stampa ufficiale e all'improvviso si sono
trovate completamente disarmate di fronte ad un media, Internet, che ha
permesso agli attivisti, senza alcuna spesa, di poter raggiungere ed
approfondire le problematiche direttamente dal basso con milioni di persone.
"La più grande minaccia verso la reputazione delle compagnie e dei marchi
delle multi arriva da Internet, la più nuova e potente arma dei gruppi di
pressione. L'utilizzo agile e globale che ne fanno sta riducendo il
vantaggio che finora i budget delle multinazionali ci consentivano".
Quello qui sopra citato è un esperto di PR che sta insegnando alle
multinazionali come rispondere ai moderni gruppi di pressione. Stanno
lavorando su uno scenario che attualmente si presenta da incubo per le
compagnie, ma sappiamo che queste imparano presto dai propri avversari e
possono velocemente tramutare le avversità in opportunità di business.
E' quindi importante capire come si stanno muovendo.
Le tre strategie principali sono le seguenti:
1. Apertura e cooptazione.
2. Controllo e lavoro di intelligence.
3. Minacce legali, controcampagne aggressive, gruppi di base finti.
Il tutto è sempre accompagnato da un grande riadeguamento verde
dell'immagine della compagnia. In questa fase abbiamo quelle offese alla
nostra intelligenza costituite da slogan pubblicitari che inneggiano a
"benzina verde", alle automobili, le più grandi e veloce fonti di
inquinamento del pianeta che diventano "enviromentally friendly" (amiche
dell'ambiente) e così via.
I lavori del tavolo sulle "counter-strategies" sono stati coordinati da
Eveline Lubbers, attivista specializzata nella ricerca sulle strategie di
propaganda delle multi e corporate intelligence.
1. Apertura e cooptazione.
Riguardo alle strategie di apertura e cooptazione è molto più facile farsene
un'idea dopo aver visitato il sito della Shell - www.shell.com - ma anche il
sito dell'ENI italiana - www.eni.it - è costruito con la stessa logica. Una
volta arrivati sul sito di Shell penserete di essere sul sito di una
organizzazione per i diritti umani o di una associazione ambientalista,
invece siete sul sito della multinazionale anglo olandese Shell, la stessa
che ha legami strettissimi con i regimi militari più feroci del pianeta, la
stessa che ha distrutto l'ambiente del delta del Niger, la stessa che teneva
in piedi il regime dell'apartheid.
La Shell ha messo uno staff a tempo pieno che segue permanentemente il sito
e risponde personalmente in 48 ore ad ogni e-mail che arriva (il sito di
Shell riceve circa 1.100 e-mail al mese), ha aperto dei forum di discussione
dove si parla liberamente delle pratiche di Shell, della repressione degli
Ogoni, ci sono poi link verso le altre compagnie petrolifere e verso i siti
di detrattori della Shell (come Greenpeace o Friends of the Earth, niente di
più estremista). La strategia di Shell è abbastanza scoperta... mantenere il
dibattito e le controversie all'interno, fingere interesse per le critiche e
dare un senso di ascolto e di dialogo.
Cooptare il dibattito ambientalista è solo una parte della medaglia,
demonizzare e marginalizzare il movimento ambientalista è l'altra.
Un guru delle pubbliche relazioni ha delineato una strategia in tre passaggi
di divide et impera per contrastare gli attivisti che ha diviso in quattro
categorie: "radicali", "opportunisti", "idealisti" e "realisti". L'obiettivo
è isolare i radicali, coltivare gli idealisti ed "educarli" a diventare
realisti, quindi cooptare i realisti ed armonizzarli sulla linea delle
multi. Un altro specialista di PR afferma che portare gli attivisti al
dialogo è già averli battuti. Il rifiuto del dialogo, la non compromissione
pone problemi; ad esempio la tribù degli Uwa in Colombia ha rifiutato ogni
dialogo ed ha minacciato il suicidio di massa se la Shell avesse iniziato ha
perforare il loro territorio. Alla fine la Shell se ne è dovuta andare.
2.Controllo e lavoro di intelligence.
Dopo l'affare Brent Spar (l'affondamento di una piattaforma petrolifera
Shell nel Mare del Nord), considerato il disastro di PR del secolo, la
Shell, che all'epoca non aveva neanche un sito unitario ha iniziato a
considerare la rete come un barometro della pressione dei gruppi critici a
Shell. Dal quartier generale Shell a Londra lo staff internet di Shell cerca
poi incessantemente sulla rete se appare qualcosa che riguarda la compagnia
e cerca di capire cosa si sta per muovere.
Riguardo alla questione intelligence c'è da notare ad esempio che il gruppo
di London Greenpeace che aveva lanciato la campagna contro la McDonald's era
stato infiltrato da ben 7 investigatori privati, in alcune riunioni del
gruppo c'erano tanti infiltrati quanti militanti veri del gruppo e che
alcuni investigatori ignari del fatto che la McDonald's ne aveva arruolati
altri si indagavano a vicenda, un'altra investigatrice ha avuto una storia
d'amore di 6 mesi con uno dei militanti del gruppo di London Greenpeace.
3. Minaccie legali, controcampagne aggressive, gruppi di base finti.
La paura di ritorsioni legali intimorisce l'attività dei gruppi di base
nella diffusione delle notizie. La paura di sostenere una causa contro una
multinazionale fa tremare le gambe a chiunque, pensando allo staff di
avvocati che possono mettere in piedi. E fino al processo McLibel questa
strategia aveva funzionato, ad esempio le più importanti testate
giornalistiche inglesi, dalla BBC al Guardian, una volta minacciate di
essere trascinate in tribunale per una causa di diffamazione, tutte avevano
fatto marcia indietro e chiesto scusa a McCensura... aveva sempre funzionato
fino a che McDonald's non ha portato in causa Helen Steel e Dave Morris, due
proletari inglesi impegnati nei volantinaggi contro McDonald's. Questi non
si sono tirati indietro ed hanno sostenuto il processo per diffamazione,
intorno si è creata una campagna mondiale di sostegno, imperniata su un
avanzatissimo ed efficacissimo sito internet "McSpotlight, tutto quello che
non vogliono farti sapere" - www.mcspotlight.org - e così McDonald's si è
trovato in un altro disastro di immagine, alla fine quello che hanno
riportato i giornali del verdetto del giudice, dopo il più lungo processo
civile d'Inghilterra, è stato che il giudice ha ritenuto provato che
McDonald's ha una etica pessima riguardo alla pubblicità verso i bambini che
è eccessivamente aggressiva, che paga salari miserabili hai lavoratori ed ha
fatto crollare i salari per gli addetti alla ristorazione in Inghilterra,
che ha una profonda avversione alle organizzazioni sindacali, ed anche che
le pratiche di allevamento e macellazione non sono rispettose delle norme di
legge riguardo gli animali. Dopo questo disastro, che ha visto finalmente la
possibilità per i giornali di poter scrivere su McDonald's senza paura di
ritorsioni legali e che ha visto articoli in prima pagina su giornali come
il Wall Street Journal o USA Today, la strategia della minaccia di azione
legale è un'arma abbastanza spuntata e così molte compagnie preferiscono
adottare la strategia dello struzzo... ossia mettere la testa sotto la
sabbia e sperare che la tempesta passi.
Un'altra contro-strategia di pubbliche relazioni e quella di creare gruppi
di facciata (di base o di élite a seconda delle esigenze), l'esperienza più
sfacciata e più alta è quella della GCC Global Climate Coalition, una
commissione scientifica creata e stipendiata dalle compagnie petrolifere e
dall'industria dell'automobile, che, dietro la sua apparenza verde, ha speso
60 milioni di dollari per persuadere l'opinione pubblica, prima del vertice
sul clima di Kyoto della fine del 1997, che quelli del clima e dell'effetto
serra non sono problemi gravi e che possiamo continuare tranquillamente così
e non modificare né i nostri stili di vita, né i nostri consumi... sulla
strada dell'autodistruzione.
Quando parliamo di pubbliche relazioni aggressive parliamo ad esempio della
dinamica, della spirale di paura che si crea quando ogni azione diretta in
difesa degli animali o dell'ambiente viene definita ecoterrorismo. Negli
Stati Uniti ad esempio ognuno di questi episodi viene considerato di
"interesse" nazionale ed interviene l'FBI, nello stesso tempo questo clima
pesante rende "accettabile" la violenza contro gli attivisti di base. Chi
subisce la maggior parte degli attacchi, sono donne delle organizzazioni
indipendenti dei piccoli centri, lontane dalla "sicurezza" dei grandi numeri
della metropoli, per i casi di violenza contro gli attivisti viene
interessato lo sceriffo che solitamente archivia il caso - come ci ha fatto
sapere Sheila O'Donnell, investigatrice privata "verde". Una californiana di
49 anni che appunto svolge le indagini sulle violenze, le minacce e gli
attacchi fisici contro gli attivisti negli Stati Uniti nei quali la
O'Donnell vede un sempre più stretto legame tra industrie come mandanti ed i
gruppi paramilitari di destra, le "milizie", come esecutori.
Tratto da: www.tmcrew.org