[Date Prev][Date Next][Thread Prev][Thread Next][Date Index][Thread Index]

Per la costruzione di una "economia dell'attenzione" etica e diuna concessionaria di pubblicita' etica.



Salve, mi chiamo Matteo Pasquinelli, vivo e lavoro a Bologna, sono un
ex-giornalista Rai ed organizzatore di media indipendenti ed eventi
culturali.

Vi scrivo per presentare un progetto di pubblicita' etica che vi
dovrebbe interessare e coinvolgere da vicino. Ho pensato di
rivolgervi a voi per primi per presentare e discutere questo progetto.

Questa che trovate e' una introduzione scritta per un gruppo di
ricercatori, attivisti, pubblicitari e studenti raccolti intorno al
magazine Rekombinant (www.rekombinant.org) e ai Social Forum italiani.

Perdonate lo stile un po' teorico ma all'inizio e' necessario. Alla
fine del testo trovate la bozza di progetto per la costituzione di
una concessionaria di pubblicita' etica.

Attendo un vostro parere, a presto

  Matteo

-----


RECLAIM THE ATTENTION ECONOMY
Per la costruzione di una "economia dell'attenzione" etica
e di una concessionaria di pubblicita' etica.

di Matteo Pasquinelli (mat@rekombinant.org) per Rekombinant


INGEGNERIA A ROVESCIO: L'ETICA NEL MOTORE

Negli ultimi anni sono diventati di pubblico dominio nomi come
finanza etica, banca etica, commercio equo e solidale. Esistono da
decenni cooperative di mutuo sostegno e di finanza alternativa ma la
loro corrente carsica e' emersa solo quando la sensibilita'
collettiva ha maturato una coscienza globale.

L'autogestione dal basso di modelli economici va di pari passo con la
diffusione dei new media, dell'internet, della costruzione di forum
sociali e media dal basso. Hardware a buon mercato, software semplici
da usare, ma soprattuto la consapevolezza che la tecnologia, la
comunicazione, l'economia possono essere smontati, compresi e
ricostruiti dal basso.

Non 'Power to the people', ma *Power from the people*. Questa volta
nella figura di comunita' di consumatori, di gruppi di affinita', di
radio comunitarie, di centri sociali. La decostruzione dal basso dei
mezzi di produzione ha aggiunto un aggettivo: etico. Reazione civile
all'immoralita' oscena dell'Occidente. Dopo il crollo del Muro di
Berlino, subito abbiamo visto l'Occidente senza freno mettere in
ginocchio le economie del Terzo Mondo, colonizzare il verde,
distruggere i piccoli centri, atrofizzare il tessuto sociale. Ed e'
nata una coscienza globale.

Etico non significa puro. Significa l'ibridazione di un meccanismo
capitalistico sfuggito al controllo della comunita' con un sistema di
valori condiviso. Puo' significare riportare un'attivita' mercantile
a dimensioni umane, rispettare i diritti dei lavoratori, dei
consumatori. Etico ha il senso pragmatico e utopico della parola
'hacking', cercare di cambiare le regole del gioco giocando. E il
gioco in questo caso e' sporco per definizione, e' il gioco del
denaro.

Quello che e' interessante nella finanza etica e' che l'etica si
integra nel meccanismo economico, non e' un censore esterno, una mera
protesi, e' parte dello schema. La finanza etica usa un sistema di
valori come grimaldello e non semplicemente come scudo. Cosi' come
costruiamo un'economia etica dobbiamo cominciare a costruire anche
un'economia etica dell'informazione, dello "spettacolo",
dell'attenzione, cominciare a mettere mano all'economia
dell'immateriale.


L'ECONOMIA DELL'IMMATERIALE

La critica postfordista e' riuscita solo a scalfire la superficie
dell'economia dell'immateriale. La societa' dello spettacolo, il
lavoro cognitivo, il taylorismo, i loghi di Naomi Klein, la bolla
della New Economy. La merce diventa immagine, il lavoro diventa
conoscenza e informazione. In realta' si tratta ancora della Old
Economy che ha bisogno di agganciarsi alle strutture flessibili e ai
veloci canali pubblicitari della New Economy. La New Economy e' solo
l'etichetta della Old Economy, la sua moneta di scambio. Questa
etichetta molto spesso la costruiamo noi, non il Capitale.

'Attention Economy', scritto da Thomas Davenport e John Beck, e' il
libro che spiega come l'economia di oggi funziona conquistando spazi
e tempi di attenzione del pubblico e che questa attenzione oggi, nel
rumore bianco del bombardamento mediatico, e' il bene piu' scarso,
quindi piu' prezioso. Il valore della merce dipende dal nostro tempo
di attenzione che riesce a conquistare. Su questa economia
dell'attenzione si basa un mercato pubblicitario gigantesco che regge
imperi come Mediaset, Rai, Rcs, Repubblica.

Il 50% dell'economia di un paese e' psicologia, diceva Ludwig Erhard,
economista tedesco. Il capitalismo e' in crisi e la battaglia della
pubblicita' e' disperata perche' ormai il tempo di attenzione e'
saturato. L'uomo moderno vive in un indistinto brusio informativo
fatto degli input della tv, dei giornali, di internet, della
metropoli, delle relazioni sociali: information stress.

I bacini di attenzione possono essere costruiti dall'alto o dal
basso, dal bombardamento dei media o dalle relazioni sociali della
comunita'. Pochi anni fa il movimento "antagonista" rivendicava
reddito per tutta la produzione simbolica non pagata che veniva
recuperata dal sistema, semplificata e trasformata in moda, musica,
film. Oggi non si tratta semplicemente di rivendicare il proprio
lavoro immateriale non pagato, la produzione simbolica di cui si ciba
MTV, ma di rivendicare il proprio tempo di attenzione e rivalutarlo.


RIVENDICHIAMO LA NOSTRA ECONOMIA DELL'ATTENZIONE

Le nostre comunita' rappresentano un capitale sociale inestimabile in
termini di economia dell'attenzione per la capacita' di produzione di
legame sociale, di produzione di messaggi, mode, simboli,
immaginario, in definitiva per la produzione di attenzione. I nostri
bacini di attenzione devono diventare indipendenti rispetto al grande
bacino dei media di massa, della televisione globale. Lo abbiamo
fatto attraverso media indipendenti e network orizzontali. Ma abbiamo
sottovalutato un medium onnipresente che si e' infiltrato in tutto il
nostro spazio vitale, un medium micidiale perche' costantemente lo
rimuoviamo: la pubblicita'.

Non si tratta di fare contro-pubblicita', ma di fare pubblicita' per
noi, pubblicita' completamente ripensata, rivendicare il nostro tempo
di attenzione, guadagnare soprattutto la nostra economia
dell'attenzione. Pensiamo alla pubblicita' come possibile "tactical
media", come "indymedia". Non e' solo una missione contro
l'inquinamento estetico e sociale delle pubblicita': e' una
rivendicazione economica.

Per questo dobbiamo rovesciare i meccanismi pubblicitari, creare
network di attenzione autogestiti, creare UNA CONCESSIONAERIA
AUTOGESTITA DI PUBBLICITA' ETICA, che esca dalle nostre comunita' e
si proietti verso la societa' tutta, che non faccia una caritatevole
"pubblicita' progresso" (invenzione delle major della pubblicita'),
bensi' una pubblicita' che inneschi il suo bacino economico, che
porti dietro la sua economia, che sia la finanza etica, il mercato
equo e solidale, le cooperative, le produzioni culturali e
artistiche, i media comunitari.



COSTRUIAMO UN NETWORK DI PUBBLICITA' ETICA

Perche' costruire un network e una concessionaria di pubblicita' etica?

1 - La prima considerazione e' politica: per non lasciare
inutilizzata la ricchezza di comunicazione e di economia di
attenzione delle nostre comunita' e per non svenderla alle grandi
imprese. La pubblicita' oggi regge imperi come Mediaset e Rai, decide
della vita e della morte dei media comunitari e dell'informazione
indipendente. Poche concessionarie gestiscono gran parte del mercato.
Per questo dobbiamo riappropiarcene e autogestirla.

2 - La seconda considerazione e' economica: per sperimentare forme di
reddito e di impresa che non ci costringano a vendere ad altri le
nostre idee, i nostri contenuti, le nostre reti. Per evitare di
affidarsi a concessionarie che guadagnano quanto noi dalla vendita
degli spazi pubblicitari senza sudare una goccia.

3 - La terza considerazione e' culturale: per considerare la
pubblicita' come un mass medium a tutti gli effetti che influenza con
il suo linguaggio la societa' e per usarlo in maniera creativa ed
etica.

Per questi motivi serve una concessionaria di pubblicita' etica che:
- dia possibilita' economiche anche ai media comunitari, di
movimento, cooperativi.
- compatti economicamente questo bacino politico e culturale dalla
notevole ampiezza.
- abbia un modello etico, non speculi sugli spazi pubblicitari, dia
piu' importanza agli editori che ai profitti e quindi si strutturi
come cooperativa non-profit.
- sia un marchio di garanzia per i consumatori e utenti, sia
trasparente sullo status legale ed etico degli inserzionisti, dia
continue garanzie sul come vengono scelti e tenga aperto un canale
per le critiche e le reazioni degli utenti.
- ridistribuisca la pubblicita' in modo orizzontale senza favoritismi
politici, chiarendo anche in questo caso in modo trasparente chi
possa entrare a far parte del network.
- tuteli gli utenti con pubblicita' non invasiva e piu' informativa,
sia rispettosa dei valori della convivenza civile e tuteli i minori.
- studi il messaggio pubblicitario in modo creativo, culturalmente
stimolante, anche radicale, ma mai volgare, essendo consci
dell'influenza culturale e della pervasivita' del medium
pubblicitario.
- dia spazio anche a progetti non-profit, sociali, culturali,
editoriali, musicali, non solo ad attivita' commerciali.
- stabilisca un listino dinamico e una valutazione degli spazi che
vada incontro alle imprese piu' deboli o appena avviate.
- favorisca la pubblicita' delle imprese etiche e imponga una sorta
di "tobin tax" alla grosse imprese o le escluda del tutto dal
circuito.

Questa concessionaria dovrebbe fare riferimento secondo noi a tre
aree delle societa' che in questi anni hanno pensato modelli di
sviluppo sostenibili, si sono battuti per un mondo piu' giusto e
democratico, hanno creato ricchezza dal basso, hanno prodotto idee
innovative. Queste aree sono:

- il movimento dei gruppi di base, dei centri sociali, degli
ambientalisti, dei gruppi di affinita', delle ONG, delle
organizzazioni cattoliche che hanno lavorato su un terreno politico e
culturale per uno sviluppo sostenibile e per un societa' piu'
democratica.
- le cooperative, il popolo delle partita IVA, i lavoratori atipici,
i lavoratori e la imprese dell'immateriale e della net economy, come
portatori di innovazione e modelli economici e di comunicazione nuovi.
- i progetti di finanza etica, banca etica, microcredito, commercio
equo e solidale, le imprese del biologico e dell'agricoltura
sostenibile, soprattutto i network di finanza etica che tengono
rapporti con il Terzo Mondo e con l'Europa.

Questo bacino in Italia fa riferimento a piu' del 10% per cento della
popolazione italiana, uno strato sociale noto per essere un
consumatore critico, attento, socialmente impegnato, un bacino di
utenti che sono volano di comunicazione e rinnovamento sociale.

Questo progetto potrebbe cominciare in modo sperimentale con una
concessionaria di pubblicita' sul web (per ridurre i costi di
gestione) che si occupi degli spazi pubblicitari su radio, siti
internet, carta stampata, televisioni.

'Pubblicita' Etica' si struttura come una piccola cooperativa non
profit, che quindi non deve fare profitti ma preoccuparsi delle spese
di gestione e di non speculare sugli editori. E' divisa in quattro
sezioni: sviluppo, commerciale, creativa, tecnica. Il controllo dei
contenuti delle pubblicita' accettate come etiche viene effettuate da
organi esterni gia' esistenti come il Garante dei Consumatori, gli
Osservatori ad esempio sul biologico e gli Osservatori europei sul
business etico. La lista degli inserzionisti viene costantemente resa
pubblica con le motivazioni dell'accettazione sul sito web.

Gli spazi web (ma anche radiofonici o sulla carta stampata) sono
immediatemente riconoscibili dalla sigla 'Pubblicita' Etica'. Per la
precisione la sigla sara' il nome del sito PUBBLICITAETICA.ORG dove
gli utenti potranno trovare al primo accesso informazioni su cosa e'
la pubblicita' etica, sulle garanzie, sui paletti 'etici' e sui
bilanci della concessionaria. La scelta dell'indirizzo web e' dovuta
anche alla necessita' di non appesantire il messaggio e il medium.

E' chiaro da questa descrizione che la pubblicita' etica applica un
valore aggiunto a tutta la pubblicita' gestita. Il messaggio
pubblicitario acquisisce con queste garanzie una maggiore capacita'
di penetrazione, diffusione e credibilita'. Pubblicita' Etica si
struttura cosi' non come un business lucrativo ma come uno strumento
di sviluppo per le piccole imprese, le cooperative, le attivita' di
comunita'.

A proposito della pubblicita' del web si ricordi che essa in Italia
rappresenta poco piu' dell'1% per cento dell'intero mercato, ma il
suo e' un target elevato, che coincide non a caso con il bacino
sociale a cui questo progetto fa riferimento. Non a caso i movimenti
sociali hanno usato il web in questi anni per costruire comunita',
media e network indipendenti e per sperimentare nuove tecnologie e
nuove forme comunicative. Questi network sono vivaci e numerosi, ma
al momento non sono mai stati sfruttati in termini di economia
dell'attenzione. Inoltre, il settore del commercio equo e solidale,
del biologico e delle cooperative si sta espandendo proprio sul web,
scoprendo qui la dimensione adatta al suo business, la stessa
dimensione che invece e' risultata innaturale e fatale per il
business delle dot.com.

In breve Pubblicita' Etica crea un nuovo medium e un nuovo format, la
"pubblicita' etica", e un nuovo tipo di concessionaria di
pubblicita', strutturata come cooperativa non-profit per il network
di media comunitari ed indipendenti.