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ricerca nazionale 2001 sugli stili di consumo



Ciao a tutti,
qualche giorno fa mi è stato recapitato il nuovo volume di Pagine Gialle
2001 e con esso una busta con all'interno un questionario da compilare, si
tratta di una ricerca nazionale 2001 sugli stili di consumo.
Ho deciso di non ho compilare il questionario ma ho invece inviato uno
scritto sul "consumo critico" il cui testo è in parte ripreso dalla "nuova
Guida al Consumo Critico" del Centro Nuovo Modello di Sviluppo. Credo sia
una buona occasione per far sentire la voce dei consumatori critici  a chi
effettua ricerche di mercato per conto delle aziende. Vi invito, se volete,
a fare altrettanto.
 Saluti.
       Luigi Lupo




                                  Alla cortese attenzione
                                  di Federico Fiaschi
                                  amministratore delegato Giallo Dat@ S.p.A.
                                  Ricerca Nazionale 2001
                                  S.S. Pontina km. 29,100
                                  00040 Pomezia (Roma)


    Consumare e fare la spesa ci sembrano fatti banali che riguardano solo
noi, i nostro gusti, le nostre voglie, il nostro portafoglio. Eppure il
consumo è tutt¹altro che un fatto privato e non può essere affrontato
badando solo al prezzo e alla qualità. Il consumo è un fatto che riguarda
tutta l¹umanità perchè dietro a questo nostro gesto quotidiano si nascondono
problemi di portata  planetaria di natura sociale, politica e ambientale.
    Il nostro consumo è inquinante. L¹immondizia deposta per strada accanto
a bidoni traboccanti ci ricorda che i consumi generano inevitabilmente
rifiuti che a loro volta creano sempre problemi di inquinamento. I rifiuti
finali, tuttavia, sono solo un aspetto, e forse neanche il più grave,
dell¹impatto ambientale provocato dai nostri consumi. Il danno peggiore si
ha durante la fase produttiva. I prodotti chimici che ci vengono venduti per
tenere le nostre case così pulite, avvelenano le zone di produzione con
sostanze tossiche di ogni tipo. La carta, che ormai utilizziamo per tutti
gli scopi, sta provocando un pauroso impoverimento di boschi e foreste a
livello planetario. Non parliamo poi dei gas prodotti dalle centrali
elettriche che producono energia necessaria per far funzionare l¹imponente
macchina industriale della nostra società dei consumi. Ed ecco il buco
dell¹ozono che si allarga e l¹effetto serra che avanza.
    Il nostro consumo è insostenibile. Il dramma è che facciamo pagare il
prezzo ambientale anche a quei popoli che non partecipano al nostro
³banchetto². Gli strani tumori della pelle che stanno comparendo nel Cile
meridionale potrebbero essere il risultato del buco dell¹ozono che si è
formato sopra l¹Antartide. ma i gas che sono responsabili del buco
provengono dalla nostra parte del mondo. Proprio a partire dagli aspetti
ambientali risulta evidente che il nostro stile di vita entra in concorrenza
con quello della gente del Sud del mondo, che ha bisogno di più cibo, più
vestiti, più mezzi di trasporto, più alloggi, più strutture sanitarie, più
macchinari. Tutto ciò richiede una crescita produttiva che il Sud del mondo
potrà attuare solo se il Nord del mondo rinuncerà a fare la parte del leone
nell¹uso delle risorse e se produrrà meno rifiuti. D¹altronde è dimostrato
che non si può giungere ad un equilibrio tra Nord e Sud  portando tutta la
popolazione terrestre al nostro tenore di vita? perchè se tutti gli abitanti
della Terra consumassero quanto consumiamo noi, ci vorrebbero altri sei
pianeti da utilizzare come fonti di materie prime e come discariche di
rifiuti.
     Il  nostro consumo è opprimente. Il nostro consumo danneggia i popoli
del sud del mondo non solo perchè corrode spazi di sviluppo, ma perchè
contribuisce al loro sfruttamento. I fatti parlano chiaro! Nel 1999 nelle
piantagioni di ananas di Del Monte in Kenya, un bracciante guadagnava solo
3.000 lire al giorno, quanto bastava per comprare appena 3 kg di farina di
mais. Nel 1998, in Indonesia, nelle fabbriche che producono per la
multinazionale Nike, gli operai lavoravano 270 ore al mese ed erano pagati
meno di 64.000 lire mensili. Naturalmente si tratta di paghe degli adulti,
perchè i bambini prendono molto meno. Nelle fabbriche indonesiane la paga
media di un bambino che lavora otto ore al giorno per sei giorni la
settimana era di 30.000 lire al mese (1998). l lavoro minorile è molto
diffuso ne Sud del mondo e non per incuria delle famiglie, ma perchè gli
adulti non guadagnano abbastanza e i padroni trovano i bambini più docili.
Da un¹indagine risulta che in Indonesia, nella zona industriale del
Tangerang, il 22% dei bambini lavorano in situazioni a rischio perchè
maneggiano sostanze tossiche o manovrano macchinari pericolosi, senza alcun
tipo di protezione. Anche da Guatemala giungono testimonianze incredibili,
come mostra un rapporto apparso su  The New Internationalist  del novembre
1992: ³Le donne del settore tessile sono pagate meno di un dollaro al giorno
e subiscono frequenti abusi sessuali. Nella fabbrica Lucasan, ogni 15 giorni
sono messe in fila e sono colpite alla pancia per scoprire se sono incinta.
Chi lo è viene immediatamente licenziata. Se le operaie tentano di
organizzarsi, le fabbriche vengono chiuse e riaperte dove il sindacato no
esiste ancora. Aura Marina Rodriguez, un¹attivista sindacale alle dipendenze
della multinazionale Phillips Van Heusen, è stata assassinata nel 1992².
Dalle piantagioni del Centro America giungono notizie di gravi
intossicazioni da pesticidi perchè le multinazionali delle banane (Chiquita,
Del Monte, Dole) continuano ad usare prodotti che sono proibiti nei paesi
industrializzati. Fra questi, uno dei più pericolosi è il DBCP, che in Costa
Rica e Honduras ha reso sterili circa 4.000 lavoratori.
     E¹ evidente, quindi, che con l¹attuale stile di consumo non facciamo
altro che  sostenere il pericolo di guerre, la distruzione del pianeta, lo
sfruttamento, la corruzione, l¹oppressione. Ma se vogliamo salvare il
pianeta, se vogliamo far crescere la giustizia, la partecipazione, la
nonviolenza, allora dobbiamo consumare meno e dobbiamo prendere le distanze
dalle imprese che si comportano in maniera iniqua. Dobbiamo, quindi,
imboccare la via del consumo critico.
Consumare criticamente vuol dire basare le proprie azioni di consumatori su:
… la riduzione della quantità di beni e risorse utilizzate attraverso il
risparmio energetico, la riduzione dei consumi superflui, la diminuzione dei
rifiuti prodotti, la limitazione dell'uso dei mezzi di trasporto privati a
favore di quelli pubblici;
… il riutilizzo di oggetti ancora utilizzabili. Il fatto che li buttiamo via
crea inutili costi di smaltimento e spreco di risorse naturali.
… il riciclo dei materiali utilizzati per rispettare l'ambiente e i bisogni
delle generazioni future
… l'attenzione affinchè siano rispettati i diritti sociali, sindacali,
economici dei lavoratori impiegati nei processi di produzione delle merci.
Come consumatore critico presto sempre la massima attenzione al valore
sociale e ambientale di ogni prodotto, piuttosto che alla personale
convenienza. 
Quando devo acquistare qualcosa mi chiedo: mi serve?  Quanto davvero lo
userò?  Posso averlo in prestito da un amico o da qualche parente?  Ho
cercato di privilegiare prodotti fabbricati da artigiani, cooperative o
piccole aziende?  E¹ fabbricato con materiale riciclabile? Ho cercato di
sapere se l¹azienda produttrice sfrutta i lavoratori e danneggia l¹ambiente?
Come consumatori abbiamo in realtà un "piccolo potere da prendere sul serio"
che può essere esercitato per incidere con efficacia sul comportamento delle
imprese, dei governi e delle istituzioni locali, per ottenere un maggiore
rispetto dell'ambiente, della giustizia sociale e dei diritti umani di tutti
gli abitanti del pianeta.

Grazie per la sua attenzione
                   

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