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Appunti sulla globalizzazione



Ciao a tutti. Io sono un nuovo obiettore dell'op.col.
Sto partecipando ad un corso sulla cooperazione allo sviluppo e la
scorsa settimana assistetti ad un incontro con Jean Leonard Touadi, un
giornalista congolese che oggi lavora per raidue. Questo è il frutto
dell'elaborazione di appunti e approfondimenti personali.
Fatene ciò che volete.
Alex Faggioni



Che cos'è la globalizzazione?

Oggi più che mai risulta necessario comprendere fino in fondo la portata di
questo fenomeno. Per iniziare un'analisi volta in questo senso occorre
prima di tutto dare una definizione chiara del termine globalizzazione.
E' vero che ormai non è possibile assistere ad alcun convegno senza
necessariamente ascoltare e riascoltare decine di volte questa parola,
spesso utilizzata a sproposito o citata da relatori che non ne conoscono
bene il significato.

La globalizzazione si articola in tre diversi rami:

- globalizzazione economica
- globalizzazione culturale
- globalizzazione mass-medica


Purtroppo oggi la gente tende a considerare solo gli aspetti positivi del
fenomeno intendendolo quasi come un veicolo che serve per far camminare
l'umanità verso la terra promessa.
Se tutto sommato si può essere favorevoli agli aspetti globalizzati che
riguardano i viaggi, la cultura, l'arte e l'amicizia, altrettanto non si
può fare  per quanto riguarda la liberalizzazione degli investimenti, dei
flussi di capitale e della commercializzazione.

La prima cosa da fare per spiegare il fenomeno è quella di chiarire bene la
differenza che corre tra la mondializzazione e la globalizzazione. Tali
differenze vengono spiegate magistralmente da due studiosi che cercano di
sviscerare il germe di questo evento: Serge Latouche e Samir Amin.

Il principio dei radicali cambiamenti avvenuti nell'economia che hanno
portato oggi a questa spaventosa situazione va ricercato nella storia di
cinquecento anni addietro.
Il 1492 segna la sciagurata data nella quale Cristoforo Colombo "scoprì"
l'America aprendo la strada ad una rivoluzione nelle economie delle potenze
europee. Nel 1498 inizia la colonizzazione e la conseguente espansione
degli insediamenti verso l'entroterra che sviluppandosi iniziarono una
massiccia produzione di beni destinati al "vecchio continente". Con la
bibbia e la spada, convinti di portare avanti una nobile campagna
civilizzatrice, i conquistadores si arrogarono il diritto di sottomettere
le popolazioni locali costringendole a lavorare forzatamente negli immensi
campi di monocolture destinate appunto ai paesi europei. Ben presto però
gli americani autoctoni vennero decimati dalle malattie portate dai nostri
antenati e dal massacrante lavoro imposto loro con la forza e  l'inganno
nei campi di caffè, tabacco e cacao. E per far fronte a questa situazione
iniziò un altro grande crimine dell'umanità contro l'umanità: la tratta
transoceanica degli schiavi africani. Il nuovo triangolo commerciale creato
tra Europa Africa e America servì per rifornire le Americhe di schiavi
scambiati con prodotti di poco valore come oggetti di vetro o carabattole
simili e rifornire l'Europa delle materie prime acquistate nel Nuovo Mondo.
Qui inizia quella che viene definita la subalternizzazione delle
"periferie" Europee.
Un'altra tappa storica che dev'essere tenuta in considerazione è quella
segnata dalla rivoluzione industriale che con la nascita e l'utilizzazione
nella produzione della macchina a vapore, decreta di fatto la nascita
dell'imperialismo caratterizzato dalla nuova dottrina nazionale che impone
la forsennata ricerca e conquista di nuove materie prime e di nuovi mercati
di sfogo per lo smercio del surplus della produzione dei singoli Paesi. Il
nuovo disegno economico è tuttavia ancora vincolato ad una visione
nazionalistica dell'economia che ricerca il dominio politico delle
periferie e sostiene, in casa propria, un economia protezionistica.

L'economista egiziano Samir Amin, analizzando accuratamente i rapporti tra
i Paesi sviluppati e quelli sottosviluppati, è arrivato a formulare una
interessante teoria che spiega la strategia grazie alla quale i primi
continuano a mantenere i secondi in uno stato di inferiore sviluppo.
Secondo questa teoria i rapporti di forza non potranno variare fintantoché
i Paesi ricchi continueranno a mantenere ben saldi questi cinque monopoli:

- monopolio dell'accesso alle materie prime
- monopolio sull'andamento dei flussi finanziari (va ricordato che gli
investimenti si fanno quasi esclusivamente nei paesi sviluppati)
- monopolio sulla tecnologia
- monopolio sulle armi di distruzione di massa
- monopolio sull'informazione (sono 5 le agenzie d'informazione in tutto il
mondo)

Il secondo dopo guerra segna un ulteriore tappa importante di questa
analisi. Fu dopo la seconda guerra mondiale, infatti, che si svilupparono
in maniera forsennata i trasporti. Questa rivoluzione cancellò di fatto il
concetto di spazio ed oggi è possibile raggiungere l'altro capo del mondo
in meno di 24 ore. E se questa evoluzione può essere definita una
rivoluzione dei trasporti, anche il progresso informatico può essere
definito rivoluzionario perché ha annullato il concetto di tempo. Possiamo
affermare che, grazie a trasporti e computer, oggi il mondo sia
estremamente più piccolo, dato che un imprenditore italiano è in grado,
nell'arco di una giornata di sbrigare i suoi affari a Londra e rientrare a
casa per l'ora di cena. E poi, grazie alle nuove tecnologie, è possibile
collegarsi in tempo reale con una persona che fisicamente si trova a decine
di migliaia di chilometri.

Sono appunto questi i principali cambiamenti che segnano l'inizio di quel
processo che chiamiamo globalizzazione e che di fatto si sostituisce alla
precedente mondializzazione. Oggi grazie a questi radicali cambiamenti il
mondo è diventato un immenso mercato nel quale si può operare in tempo
reale. Occorre anche ricordare che questi eventi hanno pragmaticamente
estromesso gli stati-nazione dalla loro funzione di supervisori
dell'economia, sottraendo loro il potere del protezionismo interno.

Un altro importante punto che va considerato è quello legato alla
liberalizzazione degli scambi commerciali, avvenuta negli anni ottanta, che
permette alle aziende di valicare la sovranità degli stati. Anche la
speculazione borsistica è un simbolo di questi nuovi tempi. Con questo
sistema l'andamento del valore nominale della moneta si sgancia dal valore
reale e la speculazione non permette al capitale guadagnato di essere
reinvestito nell'azienda per creare nuova occupazione, ma finisce per
essere speculato ulteriormente. Neppure le monete sono al sicuro da questo
tipo di operazioni finanziarie dato che è possibile speculare anche su
queste. E, tanto per smentire chi definisce il mercato in grado di
autoregolarsi, va ricordato che le cicliche crisi capitalistiche non sono
una obsoleta affermazione di Marx ma sono invece un dato di fatto. E vorrei
altresì ricordare che l'organo pubblico preposto a risolvere queste crisi,
causate spesso dagli effetti devastanti di speculazioni private, è il
F.M.I. Un esempio calzante alla perfezione è quello della crisi asiatica
che il F.M.I. dovette arginare per scongiurare un collasso globale
dell'economia, dato che il Giappone è in possesso di circa il 60% dei BOT
statunitensi.
Lo schema attualmente vigente in economia speculativa è il seguente:


SPECULAZIONE PRIVATA  -->  CRISI  -->  INTERVENTO PUBBLICO

Questi sono le nuove regole del mercato che scartano chi non è in grado di
produrre considerandolo superfluo:

- il mercato deve per forza essere globale
- nessuno deve porre problemi alla libertà di commercio
- la dottrina da applicare è quella della DEREGULATION. Il mercato si
autoregola
- gli unici organismi che debbono e possono effettuare scelte operative
sono le imprese globali (multinazionali) che si debbono ispirare ai
principi di deregulation, privatizzazione, liberalizzazione
- l'innovazione tecnologica dev'essere una costante per rimanere nel mercato


Le conseguenze della scellerata ricetta neoliberista tanto cara alla coppia
Tacher-Regan, sono oggi sotto gli occhi di tutti. Si sono esasperati gli
estremi tra povertà e ricchezza allargandone ulteriormente la forbice. Per
l'economia sono 1.500.000.000 le persone inutili, e 2.500.000.000 sono
quelle che "vivono" con meno di un dollaro al giorno. La classe media è
diventata fragile e nella ricca Europa sono 50.000.000 i disoccupati.
A differenza di ciò che si vuol spacciare all'opinione pubblica, il modello
di sviluppo dei paesi industrializzati occidentali non può essere
riproposto a livello globale semplicemente perché questo piccolo mondo non
può farcela a sostenere simili ritmi. Ed infine non può non essere citata
l'immigrazione che è sotto gli occhi di tutti e che ormai ha raggiunto
livelli drammatici.

Due parole vanno spese anche per quanto riguarda il processo di
omologazione culturale che sta minando profondamente le molteplici
diversità che da sempre caratterizzano la razza umana. In sociologia si
chiama mcdonalizzazione ed è quel fenomeno che sta distruggendo il
pluralismo culturale smerciando prodotti standard a persone standard
plasmate dalla martellante pubblicità dei media di massa. Anch'essi parte
in causa di questo devastante fenomeno, contribuiscono a formare quell'uomo
ad una dimensione che tanto impauriva Herbert Marcuse. Nell'informazione di
oggi accade che pochi facciano i portavoce di molti spesso deformando la
realtà. Nelle scuole di giornalismo si insegna che i messaggi devono essere
coniati con termini poveri per raggiungere il maggior numero di persone.
Tutto deve essere ridotto ai minimi termini. L'informazione è oggi
considerata una merce e per questo si pubblicano solo quelle notizie che si
ritengono presumibilmente vendibili. E' la tv che decide quali sono i temi
che possono essere trattati in base al loro grado di spettacolo, una fredda
procedura che tiene conto più delle vendite, cioè del denaro, che della
pubblica utilità. Se non c'è spettacolo non c'è notizia.