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Incontro nazionale rete Lilliput



Vi invio il testo della relazione di Stefano Guffanti che ha partecipato a
nome nostro all'incontro in oggetto
Ciao
Roberto Minervino

Rete di Lilliput



Alcune riflessioni su:

"Incontro Nazionale" - Marina di Massa - 6 - 7 - 8 Ottobre 2000





La prima cosa che posso dire di questa 3 giorni è che la partecipazione è
stata veramente imponente.

L'organizzazione ha diffuso una nota, informando che più di 900 persone si
sono iscritte ed hanno partecipato all'Incontro.

L'aria che si respirava era quella dell'evento, del momento di svolta,
dell'inizio di un nuovo cammino destinato a cambiare radicalmente il
panorama politico, intendendo il termine politico nella sua accezione più
bella e nobile.

Nessuno, secondo me, ha ancora capito bene cosa potrà scaturire da questo
incontro di singoli, gruppi, associazioni; nessuno ha ancora ben chiaro
come andrà a concretizzarsi, né sul piano organizzativo, né sul piano
politico, l'azione della Rete di Lilliput.

E' come se stessimo facendo un esperimento e, di giorno in giorno, le
prospettive e le potenzialità di questo andassero modificandosi con il
modificarsi delle dimensioni, delle idee, delle aspirazioni che in esso
vengono portate da chi vi aderisce.

Siamo sicuramente nella fase dell'entusiasmo, la fase pionieristica, in cui
ci si stupisce ed esalta, guardandoci nei "volti" (come più volte ha
sottolineato Padre Zanotelli nell'intervento finale veramente toccante ed
emozionante).

Una fase in cui si capisce di avere un compito grande, si comprende di
avere delle forti potenzialità ma bisogna ancora capire come fare a gestire
questa enorme forza disordinata e, fino a ieri, sconosciuta ai suoi stessi
depositari; perché la forza non sta in ognuno di noi, ma nell'essere tutti
insieme; ritrovarsi in tanti, diversi in molte cose (esperienze,
competenze, linguaggi, modalità e terreni dell'agire politico), ma
accomunati dalla voglia di resistere all'impero e cercare di costruire, qui
ed ora, con le nostre forze, degli spazi liberati e alternativi.

Difficoltà, dunque, anche per permettere la discussione; 5 gruppi di lavoro
tematici, a cui hanno partecipato mediamente 120/170 persone l'uno.

I facilitatori che hanno gestito i gruppi sono stati indispensabili ma,
malgrado questo, non vi è stato tempo a sufficienza per analizzare e
confrontarsi con la dovuta profondità.

Si è lavorato con il metodo consensuale, cercando di accogliere, come
progetto comune, ciò che unisce e impegnandosi a ricercare su ciò che
divide e, di punti di divisione, non ce ne sono pochi, rimanendo anche
difficoltà ad intendersi sull'uso dei concetti, perché non tutti
attribuiscono lo stesso valore agli stessi termini; a volte sembra di
essere d'accordo ma, poi, quando si cerca di definire meglio un principio
comune, si scopre che si intendono pratiche differenti.

Evidentemente i tempi erano maturi per avviare questo discorso.

La parcellizzazione e la specializzazione su singoli aspetti della vita
sociale e politica, che presero il via alla fine degli anni 70 dopo
l'entrata in crisi del modello del partito onnicomprensivo e tuttologo, ha
ormai mostrato a tutti i suoi limiti e da tutti è sentita l'idea di uscire
dalla propria nicchia ecologica e riprendere il contatto con il tutto.

Il problema è il come.

Se i tempi sono maturi, la discussione è appena iniziata e il rischio di
fughe in avanti, verso modelli organizzativi già sperimentati e falliti è
sempre all'ordine del giorno.

Si tratta di avere pazienza, di studiare e, riprendendo ancora una volta le
indicazioni forniteci da Alex, lavorare soprattutto sul livello locale.

La Rete ha bisogno di nodi forti e resistenti per poter resistere e
affrontare le sfide; il livello locale è ricco di spunti sui quali
misurarci.

Una struttura che parte veramente dal basso, dall'azione locale, dai
bisogni e dalle esigenze di ogni realtà e che, con il metodo consensuale,
cerca di arricchire, con l'apporto di ognuno, la visione d'insieme di tutti.

La grande novità, positiva per noi che veniamo dall'area
dell'antimilitarismo e della nonviolenza, è che la Rete ha, tra le sue
poche certezze, quella di dirsi nonviolenta o, per lo meno, di voler usare
metodi nonviolenti.

Questo è un passaggio molto importante e credo che sia la prima volta, in
Italia, ma forse anche in Europa, che la nonviolenza viene presa come
principio fondatore da un'area che raccoglie, nei fatti, migliaia di
persone.

Questo è un passaggio importante anche perché, dietro all'adesione ideale
alla nonviolenza, c'è la consapevolezza di una scarsa conoscenza, e scarso
approfondimento, sia teorico sia pratico, a livello individuale, quanto
collettivo.

L'esperienza della mobilitazione tenutasi a Praga nelle scorse settimane,
ha segnalato l'importanza sia di formarsi alle tecniche nonviolente, sia di
aprire il dialogo con gli altri soggetti politici che fanno parte del
composito "popolo di Seattle" e che non accettano o non si riconoscono
pienamente con la metodologia nonviolenta o, ancora, hanno un concetto
della nonviolenza abbastanza "personale".

Molto interessante, pertanto, il fatto che la Rete abbia deciso di
incentrare la propria mobilitazione nonviolenta e la propria attività
politica, in vista del Vertice dei G 8, che si terrà in Italia nel 2001 (a
marzo a Trieste e poi, a Luglio a Genova).

Un forte impegno, a tale riguardo, sarà dedicato proprio alla gestione
delle iniziative, che dovranno avere carattere nonviolento ed alla
necessaria formazione alle tecniche nonviolente che dovrà precedere le
iniziative stesse.

Per la prima volta c'è una richiesta di formazione alla nonviolenza così
ampia da far persino dubitare, i pochi soggetti finora specializzatisi in
questo settore, di essere in grado di reggere la domanda.

Malgrado questo devo dire che l'incontro e la fusione della Rete con
l'associazionismo antimilitarista e nonviolento, lascia ancora dei punti
interrogativi non di poco conto.

Innanzitutto va detto che la Rete ha una impostazione centrata quasi
esclusivamente sugli aspetti economici della società occidentale e sulla
globalizzazione.

La conseguenza di questo dato di fondo è che le tematiche e le Campagne
legate al disarmo, alla contestazione del Nuovo Modello di Difesa, alle
Spese Militari, alle alternative alla Difesa armata (Corpi civili di pace,
Servizio Civile e Obiezione di Coscienza), potevano essere lette, per lo
meno fino all'Incontro di Massa, come appendici secondarie e non fondative
dell'azione e della riflessione della Rete stessa.

Prova ne è il fatto che il tema "armi e conflitti" è stato inglobato nello
stesso gruppo di lavoro in cui si doveva discutere anche del tema
"migranti" e che, in questo gruppo di lavoro, la maggior parte dei
partecipanti si è dichiarata disponibile ad impegnarsi (come obiettivo di
lavoro prescelto per il prossimo futuro) in vista del vertice dei G 8,
mentre solo un terzo dei partecipanti a questo gruppo ha dato indicazione
di disponibilità al lavoro sui temi più specifici del disarmo, delle
alternative alla difesa armata, delle spese militari, della formazione alla
nonviolenza.

Credo che per capire questa carenza si possano individuare due generi di
responsabilità:

la scarsa presenza di appartenenti a gruppi che lavorano specificatamente
sui temi pacifisti; è mancata, così, una spinta a caratterizzare
maggiormente il lavoro della Rete in questo senso;

la percezione, proprio da parte di chi lavora specificatamente su temi
pacifisti, che la Rete sia centrata su altre specificità e, da ciò, la
difficoltà ad impegnarsi nella costruzione di questa Rete che viene vista
come un fatto importante ma relativamente poco attinente con il proprio
lavoro quotidiano.

Penso che, per superare questa contraddizione, sia necessario che:

gli aderenti alla Rete assumano con maggior decisione le tematiche e le
Campagne già esistenti in merito al tema della pace e del disarmo (penso a
Venti di Pace, Campagna di Obiezione alle Spese Militari, Campagna per la
piena attuazione della L. 230.98, sull'Obiezione di Coscienza al servizio
militare, Corpi civili di Pace, campagne per la riconversione
dell'industria bellica e per la limitazione del commercio d'armi, contro
l'uso dei bambini soldato, contro gli embarghi, etc), che altrimenti
rischieranno di rimanere appannaggio delle solite quattro organizzazioni
deboli e poco incisive;

che gli aderenti alle associazioni che operano nel settore antimilitarista
e nonviolento partecipino con maggior convinzione alla vita della Rete,
proponendo che le tematiche da essi trattate vengano assunte, con pari
dignità, dalla Rete stessa e ne divengano patrimonio comune.

Personalmente non credo che questo attuale limite della Rete sia una cosa
insuperabile e credo che esso sia soprattutto la conseguenza negativa della
separatezza che, in questi anni, ha contraddistinto le varie componenti
dell'associazionismo italiano.

Non si tratta quindi di ostracismo ideologico, ma difficoltà a prendere in
considerazione tutte le elaborazioni che la realtà italiana è stata in
grado di produrre in questi anni.

Sarà solo attraverso il funzionamento e lo sviluppo della Rete, soprattutto
a livello locale, che potremo meglio intrecciare e condividere ciò che
ognuno è andato maturando ed esperendo nel proprio specifico.

Per quanto ci riguarda noi faremo il possibile perché questo avvenga e
speriamo che altrettanto facciano anche gli altri.

Grazie e buon lavoro.



Verona, 09.10.00



Stefano Guffanti