rassegna stampa: CRISI ALIMENTARE, IL DIO-MERCATO NON ESISTE.



A cura di AltrAgricoltura Nord Est
----------------------------------
tratto da "Green Planet" - 4 maggio 2008


CRISI ALIMENTARE, IL DIO-MERCATO NON ESISTE.
Sunday 04 May 2008
In autunno qualcuno aveva iniziato a lanciare l'allarme: le scorte di cerali
erano scese ai minimi storici, il prezzo si era impennato. Saranno guai,
scrisse ad esempio Lester Brown, puntando il dito contro gli
agro-carburanti, accusati di concorrere all'aggrarsi della situazione di
crisi alimentare.

Nel cortile Italia la discussione non c'è (ne parla invece il numero di
Carta in edicola dal 2 maggio dedicando al tema la copertina e un ampio
servizio), i giornali si limitano a riportare dichiarazioni che non si
possono ignorare, come Bob Zoellick, direttore di Banca mondiale, e gli
appelli delle agenzie dell'Onu e la gente comune non capisce se si tratta di
uno dei tanti allarmi che presto svaniscono con la stessa rapidità con cui
sono apprsi o se la situazione alimentare del pianeta stia davvero
attraversando un periodo di rapida trasformazione.

La prima grande novità è che i prezzi dei cereali (e non solo loro) sono in
rapida ascesa. Sinora il problema era diametralmente opposto, per anni ci
siamo lamentati che i prezzi dei prodotti agricoli di base erano
cronicamente bassi e volatili, e impedivano ai coltivatori di ottenere un
reddito decente.

Non dovrebbe dunque essere un segnale positivo questa crescita del prezzo
del mais, del frumento e di tanti prodotti derivati?

Purtoppo no, ma procediamo con ordine.

Nel mondo sta accadendo qualcosa di nuovio rispetto al passato e ciò rende
nuova la crisi attuale. Iinnanzitutto c'è una molteplicità di cause dietro
gli aumenti dei prezzi.
La popolazione aumenta, ogni anno 70 milioni di abitanti chiedono cibo. La
regione asiatica vede il Pil crescere in maniera costante da anni [più 9 per
cento annuo dal 2004 al 2006 ad esempio] persino l'Africa nello stesso
periodo è cresciuta del 6 per cento. Questo significa che alcune fette di
popolazione in questi blocchi hanno aumentato il reddito e hanno aumentato
le loro esigenze alimentari, mangiano di più e in maniera diversa, ovvero
meno grano e riso, più verdure, frutta, carne, latte e derivati.
L'aumento del prezzo del petrolio influisce in agricoltura in almeno due
modi: attraverso il prezzo dei carburanti utilizzati dai mezzi agricoli e
nei trasporti dei prodotti e nei fertilizzanti di sintesi utilizzati.
Il boom dei biocarburanti ha creato una situazione di concorrenza fra
produzione agricola per alimentazione e produzione per energia, una
concorrenza sleale perché i biocarburanti sono prodotti sussidiati con soldi
pubblici per ridurre le emissioni di gas serra.
Il clima sta cambiando e negli ultimi anni in alcuni paesi i raccolti sono
stati scarsi [ad esempio in Australia e India].
Le scorte sono ai minimi termini e le scorte sono importanti per gestire il
sistema della domanda e dell'offerta e far fronte ai periodi di vacche
magre, come si diceva un tempo.
Si tratta di cambiamenti che non sono momentanei, anzi, alcuni di questi
avranno effetti ancor più visibili solo nei prosismi anni. E lo confermano i
disordini scoppiati in molti paesi, rendendo ancora più instabile il
pianeta: Tailandia, Pakistan, Egitto, Etiopia, Haiti, Indonesia, Messico,
Filippine, Senegal.

Che fare?

Non vi sono risposte rapide. Al di là dell'emergenza occorre però valutare
come si è arrivati a questa situazione. Veniamo da trent'anni in cui il
mantra, anche in agricoltura è stato quello che i governi statali dovevano
smettere di intervenire, perché il solito dio-mercato avrebbe fatto molto
meglio.
Era una balla e chi lo diceva lo sapeva perché mentre attraverso i piani di
aggiustamento strutturale di Banca mondiale e Fondo monetario venivano
chiuse le istituzioni statali che nei «paesi in via di viluppo» gestivano e
regolavano [non senza problemi e inefficienze certo] i prezzi di alcuni
prodotti agricoli e gestivano la loro commercializzazione, Usa e Ue
mettevano in piedi un sistema di sussidi agricoli che ormai tutti conoscono.
Liberisti fuori, protezionisti in casa.

Ma non c'è stato nulla da fare, gli accordi internazionali [Icas] in vigore
nel dopoguerra sono stati via via smantellati, idem per i national Commodity
Boards che decidevano prezzi e facevano da acquirenti unici per i contadini
evitando loro di essere ricattati dall'oligarchia dei traders
internazionali.

Si parla sempre del diritto di poter scegliere liberamente dove acquistare
ma deve valere lo stesso per i contadini che vendono il loro raccolto. Come
si fa se [dati del 2002] a controllare il commercio mondiale dei cereali
erano due sole società: Cargill e Archer Daniels Midland?

Ma al di là di tutte queste considerazioni è sbagliato il concetto che si
debba imporre a un paese il dovere di importare/esportare prodotti agricoli
senza prima che questo sia in grado di sfamare i propri abitanti.
L'ossessione del commercio deve abbandonare l'agricoltura e la crisi di oggi
lo dice chiaramente perchè beffa i paesi poveri che importano prodotti
alimentari che si trovano con costi imprevisti a cui non sanno far fronte.
Il che significa fame!

E gli Ogm dirà qualcuno? Non possono essere loro la soluzione? Sarebbe lungo
parlarne ma tre anni di studio finanziato da sessanta governi e sostenuto
persino da multinazionali come Monsanto e Syngenta [che però visti i
risultati si sono ritirate] dicono che non solo loro la soluzione, esiste il
modo per produrre di più e meglio senza Ogm e senza distruggere il pianeta.
Del resto gli Ogm attuali in commercio sono un manciata di prodotti che
resistono a qualche antiparassitario, è questa la realtà attuale. (Beati i
costruttori di pace-Tradewartch
Tratto da Carta.org).
----------------------------------------

 N. B.: se volete essere cancellati da questa lista scrivete a
altragricoltura at altragricolturanordest.it


No virus found in this outgoing message.
Checked by AVG.
Version: 7.5.524 / Virus Database: 269.23.9/1418 - Release Date: 06/05/2008
17.17