rassegna stampa: Su internet il catalogo dei semi. Così si battono i pirati della specie.



a cura di ALtrAgricoltura Nord Est
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tratto da "La Repubblica" 12/04/2007
Su internet il catalogo dei semi. Così si battono i pirati della specie.
L'ULTIMO film di Ermanno Olmi, Cento chiodi, ha una scena potente di
crocifissione di libri. La vera sapienza, sembra dirci, quella che davvero
serve e ci aiuta a vivere, sta nelle relazioni, nei nostri comportamenti,
nei nostri sentimenti, non in quello che scriviamo o leggiamo. Non è lì la
verità, ma dentro di noi.
Viene voglia di dargli ragione, specialmente se, come nel mio caso, si è
speso qualche decennio ad avvicinarsi alle culture popolari, quelle che non
scrivono non solo perché non sanno scrivere, ma anche perché non è di libri
che hanno bisogno, per propagare in modo diretto e semplice, e soprattutto
efficace, informazioni, competenze, abilità che non hanno ricevuto dai
libri.

Gli Aimara in Perù sanno come sarà la stagione delle piogge perché osservano
il comportamento di alcuni uccelli che nidificano vicino ai fiumi: se
nidificano molto in alto è segno che si prevedono piogge abbondanti. Se
potessi scegliere tra il privilegio di saper leggere libri e quello di saper
leggere la natura, non avrei dubbi, sceglierei il secondo. Certo che vien
voglia di dar ragione a Olmi.

Solo che la storia va altrove, e non si occupa di verità, ma di potere. E le
parole, quelle dette ma ancor più quelle scritte, sono da sempre uno
strumento di potere che nei secoli si è perfezionato attraverso la sua
applicazione in diversi ambiti, da quello religioso (le tre grandi religioni
monoteiste sono quelle che hanno a disposizione testi sacri), a quello
agronomico (l'avvento dei laureati in agraria nelle campagne spazzò via le
conoscenze popolari la cui "scientificità" non era supportata da nessun
manuale).

Una forma di potere oggi è quella della brevettabilità delle varietà
vegetali e delle razze animali. Gli uffici brevetti hanno iniziato ad
accettare porzioni di natura come opera dell'ingegno dell'uomo perché ne
viene trascritto il codice genetico. Ma c'è un altro nome per tutto questo:
biopirateria. Le comunità che usano da secoli questi prodotti, che li hanno
migliorati con l'uso quotidiano, se le vedono sottrarre nel nome della
"scientificità".
Tuttavia a volte la vita si prende qualche rivincita sulla storia, provando
a farle dei dispetti usando i suoi stessi strumenti. E' quel che è successo
con la vicenda dell'albero del Neem, del quale, in India, sono note da
secoli le proprietà curative. Questa caratteristica fece gola ad una
multinazionale della chimica, la W. R. Grace, che chiese e ottenne
dall'ufficio brevetti statunitense il permesso di brevettare una serie di
processi per estrarre e stabilizzare il principio attivo presente nel Neem.
Ma dopo anni di vertenze l'8 marzo 2005 i brevetti furono ritirati. Le
proprietà del Neem risultavano infatti documentate per iscritto, nei testi
sacri indiani, da secoli. La W. R. Grace non aveva scoperto un bel niente.
Le parole, dunque, servono, quelle scritte soprattutto. Servono, anche, a
proteggere le parole non scritte delle sapienze millenarie, servono a
proteggere culture, servono a proteggere coltivazioni che di quelle culture
sono espressione.
Su questa base sta germogliando l'idea di una grande banca dati ondine,
ovvero un posto fisico, per quanto fisico possa essere un sito web, in cui
raccogliere le descrizioni e le caratterizzazioni delle sementi tradizionali
che appartengono alle culture rurali di tutto il mondo. Un'idea semplice, ma
spesso le idee che funzionano non seguono percorsi tortuosi: se per
proteggere da pretese di brevetti le sementi dei contadini bisogna
dimostrare che le loro caratteristiche e proprietà non sono una "scoperta"
delle multinazionali, ma sono patrimonio collettivo delle comunità, non
resta che descrivere da qualche parte questo patrimonio collettivo. Senza
appropriarsene, anzi. Lasciando che le informazioni e le descrizioni restino
a disposizione di chiunque voglia conoscerle e di chiunque ne abbia bisogno,
purché non le utilizzi a fini commerciali e non provi a rivendicarne la
proprietà. Il fruitore della banca dati può anche ampliare la documentazione
esistente, può contribuire perché ha accesso a tutta la documentazione. E
naturalmente anche i dati che lui inserisce verranno lasciati a disposizione
di tutti. E' il sistema dell'open source, il trucco con cui gli hacker e
tutta una generazione di informatici stanno smontando il sistema dei diritti
sui programmi dell'informatica. Microsoft non mi lascia usare i suoi
programmi se non le pago i diritti? Bene, io creo un nuovo programma, che
faccia le medesime cose, e lascio i "codici sorgente" di quel programma
senza protezione, a disposizione di tutti, compresi coloro che vogliono
migliorarlo, basta che tutti lavoriamo a carte scoperte, in modo che nessuno
abbia informazioni cui non si acceda se non pagando.
Con i semi può succedere la stessa cosa, e alcuni esperimenti sono già stati
tentati, altri sono in corso ma in ambiti ancora un po' riservati agli
addetti ai lavori. Adesso però è ora di prendere il coraggio a due mani e
dar vita ad una vera banca dati, viva e ricchissima, che riceva contributi
scientifici dalla comunità internazionale, dalle associazioni, dai seed
savers, dagli istituti di ricerca, dalle università, da tutto quel mondo che
ha a cuore il futuro e la libertà degli agricoltori.
Descrivere il patrimonio immenso dell'agricoltura tradizionale è un passo
importante per la protezione della biodiversità, per la tutela dei diritti,
della democrazia, della sovranità alimentare. Parole grandi, concetti
importanti indissolubilmente legati a piccoli gesti concreti: come quello di
conservare un seme, di donarlo ad un vicino di casa, di interrarlo ed
accudirlo fino a quando non darà i frutti che potranno far ripartire il
ciclo. Piccoli gesti come quello di raccontare quanto quel seme sa fare,
scriverne la storia, la geografia, la letteratura, la religione, la chimica.
Aggiungeremo parole scritte su questo pianeta che certamente ne ha già
troppe. Ma sarà, per la parola scritta, un'occasione per pagare il debito
verso le sapienze tradizionali al cui declino ha contribuito. Il maestro
Olmi non me ne vorrà, in fondo anche quel Cristo dolente, in cerca di una
verità che arrivasse dal cuore e non dalle leggi, ha avuto bisogno di un
Vangelo.
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