CS - EUROPA, AFRICA E AGRICOLTURA FAMILIARE: UNA RISPOSTA ALLE PROMESSE CHE IL MERCATO NON MANTIENE



COMUNICATO STAMPA
EuropAfrica – Terre Contadine
Per un’agricoltura solidale e sostenibile nel Nord come nel Sud del mondo
info: Monica Di Sisto 335 8426752
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EUROPA, AFRICA E AGRICOLTURA FAMILIARE: UNA RISPOSTA ALLE PROMESSE CHE IL
MERCATO NON MANTIENE
Oggi a Roma Tre la voce dei produttori africani, delle Organizzazioni Non
Governative e dei contadini europei

Dalla Wto agli accordi bilaterali APE, l'impatto degli accordi commerciali

proposti in nome dello sviluppo



Roma, 17 feb - “L’Africa non deve dipendere da nessun altro continente per
la sua alimentazione. Potrebbe bastare a se stessa se la sua agricoltura
familiare non fosse ostacolata da fattori come le nefaste regole
commerciali sottoscritte dai nostri Governi sotto pressioni esterne:  come
la Tariffa esterna comune (la tassa unica in vigore sulle merci importate)
così bassa da non offrire nessuna protezione contro le pratiche di dumping,
e ora gli Accordi di Partenariato Economico che l’Unione Europea cerca di
fare accettare ai Paesi africani.”

Così Ndiogou Fall, Presidente del “Réseau d’Organisations Paysannes et de
Producteurs agricoles de l’Afrique de l’Ouest” – ROPPA, durante il
seminario organizzato oggi 17 febbraio alla Facoltà di Economia
dell'Università Roma Tre da diverse organizzazioni della società civile,
come Crocevia e Terra Nuova in collaborazione con Coldiretti e l'Università
Roma Tre e sostenuto da Tradewatch, dal titolo "L’Europa e gli Accordi di
Partenariato Economico (APE) con i Paesi del Sud del mondo: commercio o
sviluppo?".



Dal 2002 l’Unione Europea sta negoziando con le sue ex-colonie dell’Africa,
dei Caraibi e del Pacifico, (definiti gruppo ACP) gli Accordi di
Partnership Economica (Economic Partnership Agreements, o più brevemente
APE), nell'ottica, presente anche in sede Wto, di massima liberalizzazione
dei mercati.



Nella realtà però, l’ingresso nella Wto ha già generato in molti Paesi
europei importanti riduzioni delle superfici coltivate, soprattutto quelle
più produttive. Le aziende agricole capaci di esportare, offrono impieghi
agricoli a contenuto tecnologico diverso o più alto rendendo i lavoratori
del settore familiare poco adatti ad occupare eventuali disponibilità di
lavoro, nel Nord come nel Sud del mondo.



Per l'Africa il libero mercato non si è tradotto in nuove opportunità: una
gran parte delle esportazioni dei Paesi di Africa, Caraibi e Pacifico (il
60% del totale), sebbene questi siano sul mercato globale da moltissimi
anni, si concentra su appena 9 prodotti, e la partecipazione dei Paesi ACP
al commercio mondiale è caduta dal 3,4% del 1976 al 1,1% del 1999.



Ma anche l'Europa (e l'Italia) rischiano molto

Frutta e verdura, che rappresentano in media il 16% della produzione
agricola dell’Unione, vengono abbastanza trascurate all’interno degli
interventi della Politica Agricolo Comune (PAC). 14 gruppi di prodotti sono
stati identificati come “sensibili” perché a rischio di concorrenza con i
paesi afro-mediterranei, ma non solo.

Parliamo della maggior parte dei prodotti presenti sulla tavola e nella
campagna italiana: pomodori, cipolle, olio d’oliva, nocciole, arance,
mandarini, limoni, uva da tavola, melone, fragole, fiori, patate, riso e
vino.

I prodotti prevalentemente a rischio di concorrenza per le pratiche di
liberalizzazione (frutta, verdura e olive) rappresentano più del 45% del
valore aggiunto agricolo di 8 regioni italiane, 8 regioni spagnole, 8
regioni greche, 5 regioni olandesi, 4 regioni belghe, una regione
portoghese e 1 regione francese.



Secondo Nora McKeon, di Terra Nuova/EuropAfrica, "come Europa e come
società civile dobbiamo contrastare gli Accordi di partenariato economico
perché costituiscono una minaccia ancora più grave dei negoziati WTO:

- in Africa, dove rischiano di dare il colpo di grazia all’agricoltura
familiare che fa vivere la grande maggioranza della popolazione;

- in Italia dove sostengono, ancora una volta, ad una logica che porta
beneficio all’industria agro-alimentare e danni ai produttori, ai
consumatori, all’ambiente".

Gli accordi" continua Nora McKeon "vengono negoziati sotto silenzio e senza
trasparenza. Nessuno ne parla. Persino i governi e il Parlamento europeo
hanno difficoltà a seguire e a controllare i passi della Commissione. E se
pensiamo che in questi accordi l'Europa ha un ruolo di primo attore, il
deficit democratico diventa pesante".


Per Antonio Onorati del Centro Internazionale Crocevia "L'UE è la prima
potenza agroalimentare della Terra ma usa la sua forza per imporre un
modello di agricoltura basato sulla competitività delle proprie
multinazionali agroalimentari ottenuta grazie a bassi prezzi pagati agli
agricoltori. Un disegno strategico ingiusto, insostenibile e miope che
distrugge le agricolture familiari, in Europa come nei Paesi del Sud, cioè
la base stessa della produzione agricola destinata al mercato interno.
Solo ideologhi incalliti "o politici cinici - secondo Onorati - possono
sinceramente credere che coltivare ortaggi di controstagione in Sahel o
nella midija algerina con la poca acqua disponibile ed esportarli in Europa
possa in qualce modo essere vantaggioso per le popolazioni rurali dei due
lati del Meditteraneo. Un non senso che non può essere affrontato né con la
carità né con le buone intenzione, ma con forti strumenti di protezione e
di sostegno a quell’agricoltura che, basata sul lavoro, è la meglio
attrezzata a produrre stabilmente cibo per ogni Paese: l’agricoltura
familiare e contadina."





Un caso esemplare: l’Africa occidentale

Il 97% dei prodotti che provengono dall' Unione monetaria dell’Africa
Occidentale (UEMOA) entrano sul mercato europeo senza subire tassazioni
sull’import.

La maggior parte fanno parte del settore agricolo ed evitano per il 95% le
restrizioni legate alla politica agricola comune (PAC) per la loro natura
tropicale.

L'UE si assicura, però, ben il 49,9%delle importazioni dei Paesi UEMOA,
mentre l'UEMOA fornisce appena l'1% delle importazioni dell'Unione



Le nostre proposte

•          Gli APE e non possono prescindere da una forte politica di
sviluppo rurale. Il commercio ha senso solo se accompagnato o ancor meglio
preceduto e sostenuto da una forte politica per lo sviluppo dei territori
rurali, nel Nord come nel Sud del Mondo, promossa e finanziata sia dai
governi locali sia dai fondi europei e globali.

Per questo siamo convinti che:

•          Il commercio può avvenire ed avere un influsso positivo sulle
economie dei Paesi interessati soltanto se governato da regole chiare e
uguali per tutti, dove per uguali non si intende “le stesse”, ma che
offrano le stesse possibilità.

•          Ogni Paese ha diritto alla sovranità alimentare, nel nord come
nel Sud del mondo. Per questo c’è la necessità di prevedere una moratoria
ai negoziati, per permettere ai Paesi più fragili di rafforzarsi e
raggiungere il livello strutturale necessario per confrontarsi con l’UE. La
“reciprocità” va intesa in questo senso;

•          C’è bisogno di promuovere, innanzi tutto, il commercio Sud-Sud e
di prossimità tra soggetti con pari potenzialità.

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L’Europa e gli Accordi di Partenariato Economico (APE) con i Paesi del Sud
del mondo: commercio o sviluppo?



Venerdì 17 febbraio 2006

ore 9:30 – 16:00



Facoltà di Economia Università di Roma Tre

Via Ostiense 139, Aula 4, primo piano



 Organizzato da Terra Nuova e Centro Internazionale Crocevia, per il Gruppo
d’Appoggio al movimento contadino dell’Africa Occidentale

e dal Master Sviluppo umano e sicurezza alimentare dell'Università degli
Studi di RomaTre

Con la partecipazione di Coldiretti e del Réseau des organisations
paysannes et de producteurs agricoles de l’Afrique de l’Ouest (ROPPA)

Con il sostegno di TradeWatch e della Piattaforma italiana per la Sovranità
Alimentare





Intervengono, nell'ordine: Nora McKeon (Terra Nuova/EuropAfrica), Prof.
Guido Fabiani (Rettore dell’Università degli Studi Roma Tre), Angelo
Bonelli (Assessore Regionale all’Ambiente e alla cooperazione tra i popoli-
da confermare), Sappho Haralambous, IFAD, Antonio Tricarico (Campagna per
la riforma della Banca Mondiale/TradeWatch), Davide Ascarelli (Ministero
Attività Produttive-in attesa di conferma), Ivano Casella (Commissione
Europea DG Commercio, Direzione Unità C), Paolo Bacchielli (Ufficio VIII
DGCS), Daniel Van der Steen (Collectif Stratégies Alimentaires, Bruxelles),
Antonio Onorati (Centro Internazionale Crocevia/EuropAfrica), Luigi
Pelliccia (Direttore Centro Studi Federalimentare), Andrea Fugaro
(Coldiretti), Centro Ricerche Economiche e Sociali per il Meridione
(CRESM), Ndiogou Fall (Presidente del “Réseau d’Organisations Paysannes et
de Producteurs agricoles de l’Afrique de l’Ouest” – ROPPA), Pasquale De
Muro (Università degli Studi  Roma Tre), Niki Vendola (Presidente Regione
Puglia, in attesa di conferma), Luisa Morgantini (Europarlementare, in
attesa di conferma), Gaetano Fierro (Assessore all’agricoltura, allo
sviluppo rurale e all’economia montana, Regione Basilicata), Sergio Marelli
(Direttore-generale FOCSIV e Presidente Associazione ONG Italiane), Monica
Di Sisto (vice-presidente FAIR/TradeWatch).



Partecipano inoltre Leader contadini della Nigeria, del Senegal, del Ghana,
della Tanzania e del Kenya



Traduzione simultanea inglese/francese/italiano.

Co-finanziato dalla Commissione europea e il Fondo internazionale per lo
sviluppo agricolo

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