Fw: non c'è plastica da riciclare



In Italia non c'è plastica da riciclare!

Sul fronte del riciclaggio della plastica, cattive notizie vengono
dall'Assorimap, associazione dei riciclatori di materie plastiche.
Nel 2003 la quantità di plastiche post consumo da avviare al riciclo è
diminuto del 9,8 %, rispetto all'anno precedente .
Per questo motivo l'utilizzo degli impianti di riciclaggio della plastica
realizzati in Italia è sceso al 56%, il valore più basso dal 1992.
Insomma, gli impianti di riciclaggio sono sotto-utilizzati e non riescono a
far fronte alla crescente domanda di plastica riciclata attivata anche dal
recente obbligo, da parte degli Enti pubblici, di acquistare beni
realizzati con materiali post consumo.
E per risolvere il problema, queste aziende sono costrette ad importare
plastica post consumo, in particolare Poli Etilen Tereftalato (PET) e Poli
Etilene ad alta densita'(HDPE) da Francia, Germania, Belgio.
A fronte di milioni di bottiglie e contenitori fatti con queste materie
plastiche che ogni anno gli italiani, dopo l'uso, lasciano in giro e
buttano nella pattumiera, le aziende italiane per il riciclo importano ogni
anno 45.000 tonnellate di bottiglie in PET e 15.000 tonnellate di
contenitori in HDPE da quei paesi europei che da tempo hanno realizzato
forme di raccolta differenziata che permettono di separare all'origine i
diversi tipi di plastica.
Un esempio è la raccolta delle bottiglie usate presso i centri commerciali
tedeschi.
I clienti, prima di andare a comprare consegnano, presso un apposito
sportello, i contenitori vuoti da loro diligentemente divisi per tipi di
plastica, aiutati nel compito dalle apposite sigle stampate
obbligatoriamente su tutti i contenitori (provare per credere).
Il personale del mercato provvede a pesare i diversi materiali, a smistarli
per tipologia in appositi contenitori e a dare al cliente un buono spesa,
di valore proporzionale alla quantità di materiali post consumo conferita.
Al momento del conto, il valore del buono è automaticamente detratto,
facendo tutti contenti: l'acquirente per il risparmio, il centro
commerciale per la fidelizzazione della clientela e il ricavo della vendita
della plastica (circa 30 euro a tonnellata), la bilancia commerciale del
paese riciclatore per la minore importazione di materie prime, il comune
per la minore quantità di rifiuti da raccogliere e smaltire.
Ma quali sono le cause della crisi, tutta italiana, del riciclaggio della
plastica?
Senz'altro incide il rastrellamento su tutti i mercati del mondo, Italia
compresa, delle plastiche post consumo da parte dei Cinesi che, dopo
avergli fatto fare il giro del mondo, le riciclano nel loro paese per poi
riportarcele, sotto forma di sacchetti per la spesa e "gadget" vari,
ovviamente a prezzi stracciati.
Ma sulla penuria italiana di plastica da riciclare incide sicuramente la
bassa qualità della plastica raccolta con il metodo delle campane e il
generalizzato disinteresse, in tutt'Italia, a separare i diversi tipi di
plastica, motivato dal fatto che, nel nostro paese, circa la metà delle
plastiche raccolte in modo differenziato finisce negli inceneritori.
E per gli inceneritori è indifferente il tipo di plastica da bruciare, ma
gli inceneritori hanno bisogno di plastica perché questo è l'unico
"rifiuto"con un potere calorifico adeguato alla produzione di elettricità .
E senza plastica da bruciare tutti gli inceneritori sarebbero costretti a
chiudere.