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Human Rights Watch: milizie violano diritti umani in Afghanistan
- Subject: Human Rights Watch: milizie violano diritti umani in Afghanistan
- From: "Alessandro Marescotti" <a.marescotti at peacelink.it>
- Date: Tue, 27 Sep 2011 11:13:37 +0000
- Importance: Normal
- Sensitivity: Normal
www.peacelink.it From: "riboldi rosa" <ros.rib at tiscali.it>
Date: Tue, 27 Sep 2011 08:14:17 +0200 To: <Undisclosed-Recipient> Subject: human rights watch su Afghanistan IMPUNITÀ, MILIZIE E LA POLIZIA LOCALE AFGHANAStampa questo Post | Invia ad un amicoPosted on | September 23, 2011 In Afghanistan i gruppi armati stanno
proliferando. Dieci anni dopo l’invasione dell’Afghanistan guidata dagli USA in
seguito agli attacchi dell’11 settembre 2001, l’insorgenza guidata dai Talebani
risulta intensificata in molte parti del paese. Come risposta, il governo
afghano e i suoi sostenitori internazionali, all’interno di una strategia di
disimpegno internazionale, stanno potenziando l’esercito nazionale e la polizia
in tempi velocissimi. Il governo ha riattivato diversi gruppi armati irregolari,
in particolare nel Nord. Sono state anche create centinaia di piccole nuove
milizie, guidate da potenti figure locali e a volte dalle comunità stesse, per
rispondere alla situazione di progressivo deterioramento della sicurezza in
molte parti del paese. Le forze armate internazionali che operano in Afghanistan
lavorano in stretta collaborazione con queste milizie, molte delle quali sono
state accusate di violazioni dei diritti umani.
Per decenni, gli afghani hanno patito gravi violazioni dei
diritti umani per mano delle milizie locali, che includevano una varietà di
gruppi irregolari: dai gruppi armati al comando di leader tribali alle imprese
private per la sicurezza; dalle bande criminali ai gruppi di ribelli
organizzati. La parola afghana che maggiornamente si avvicina al temine
“milizia” è arbaki. Questa parola indica anche le forze irregolari create dai
vecchi programmi governativi. Milizie di ogni tipo hanno commesso sanguinose
vendette tribali, assassini mirati, traffici illegali ed estorsioni. Frequenti
sono anche gli stupri di donne, ragazze e bambini.
Di solito, le milizie sono controllate da uomini descritti
come potenti locali o signori della guerra – tipicamente, vecchi comandanti
mujahideen che hanno costruito il loro potere durante la guerra santa (jihad) di
resistenza contro i Sovietici – che godono di una rete di protezione estesa fin
nel cuore del governo locale e nazionale.
Le milizie irregolari hanno portato molti afghani ad
allontanarsi dal governo centrale e in alcune zone hanno contribuito
all’espansione dell’insorgenza armata; in un classico circolo vizioso,
l’intensificarsi della guerriglia ha provocato un aumento dell’appoggio del
governo alle milizie.
Per esempio, la provincia di Kunduz nel nordest
dell’Afghanistan, di gran lunga una delle regioni più sicure del paese, ora
pullula di milizie armate. L’aumento delle milizie in questa zona è dovuto alla
risposta locale al rapido deterioramento della sicurezza determinato dai
Talebani e altri gruppi armati che a partire dal 2008 si sono introdotti nella
provincia occupandone aree significative.
Ma l’aumento delle milizie è anche frutto di una precisa
politica del Direttorato Nazionale per la Sicurezza (National Directorate of
Security, NDS), che ha ridato vita a milizie dei decenni precedenti,
principalmente attraverso le reti di Shura-e Nazar (“Consiglio di Supervisione”
del Nord, un tempo guidato da Ahmed Shah Masood) e di Jamiat-i Islami. Il NDS ha
fornito denaro e armi senza alcun controllo sui requisiti per ottenerli. Grazie
ai legami di potere con ufficiali di alto grado delle forze di sicurezza locali
e del governo centrale, questi gruppi agiscono nell’impunità.
Nella provincia di Kunduz il dilagare delle milizie e la loro
crescita di potere sono diventati perniciosi. Human Rights Watch ha raccolto
numerose denunce di violazioni dei diritti umani compiute da milizie nella
provincia di Kunduz, che includono uccisioni, stupri, pestaggi ed estorsioni. In
molti casi, non è stata intrapresa alcuna azione legale contro i responsabili di
questi crimini. Per esempio, nel distretto di Khanabad, nell’agosto 2010, una
milizia ha ucciso un giovane che non voleva unirsi al gruppo. Il locale
rappresentante del sistema giudiziario si è rifiutato di predisporre alcun
arresto, perché il comandante della milizia aveva legami con il capo della
polizia locale e con un potente della regione, Mir Alam, che gestisce gruppi
armati illegali.
In questa situazione complessa, ora gli Stati Uniti e il
governo afghano stanno fornendo armamenti militari, addestramento e salario a
migliaia di uomini reclutati in una nuova forza armata organizzata a livello di
comunità: la Polizia Locale Afghana (Afghan Local Police, ALP).
Creata per ordine degli USA e finanziata dagli USA, la Polizia
Locale Afghana è ufficialmente destinata a “garantire la sicurezza alle comunità
locali e impedire le infiltrazioni di gruppi insorgenti nelle aree rurali”.
E’ formalmente concepita per supportare le forze armate per la sicurezza
nazionale fornendo protezione a livello di comunità di villaggio, ma senza
potere di coercizione. Di fatto, viene vista dagli USA come un modo per fare
fronte al gravoso impegno di passare il controllo della sicurezza al governo
afghano entro il 2014, mantenendo la stabilità nelle parti remote del
paese.
Mentre creavano la Polizia Locale Afghana, il governo afghano
e gli USA dicevano di avere imparato la lezione dal passato e che questa volta
sarebbe stato diverso. I loro sostenitori sottolineano in particolare ciò che
viene descritto come misure rigorose per coinvolgere le comunità locali nella
scelta e nel controllo delle reclute, insieme a sforzi per evitare di accrescere
il potere di milizie preesistenti e alla attenta supervisione di speciali forze
operative USA sopra la maggior parte delle nuove formazioni della Polizia Locale
Afghana.
Se pure questi intenti sono lodevoli, quando sono state create
le unità della Polizia Locale Afghana non è tuttavia stato fatto abbastanza per
controllare le condizioni che avevano permesso alle vecchie milizie sostenute
dai passati governi di commettere crimini nell’impunità, aggirando così il
mandato delle comunità e minando alla radice l’obiettivo di garantire una
diffusa sicurezza. Di fatto, molti afghani hanno rivelato a Human Rights Watch
che è ben difficile distinguere questa nuova forza d’ordine dalle arbakai (il
plurale di arbaki, milizia).
Il costante ricorso alle milizie come rimedio rapido per la
sicurezza suggerisce una mancanza di comprensione di quanto può essere violenta
e oppressiva anche una piccola milizia, quando opera senza il necessario
controllo e commette crimini nell’impunità.
Nel momento in cui le milizie si abbandono a stupri,
assassini, ruberie e intimidazioni, e non c’è un ricorso neanche minimo alla
giustizia da parte delle vittime, la creazione delle milizie non diminuisce
l’insicurezza; anzi, la crea.
[...] Mettendo in luce il fallimento dell’attuale programma di
sicurezza e i casi di abusi commessi dalle unità della Polizia Locale Afghana,
non intendiamo minimizzare le alte perdite di vite umane e il terrore causato
dalle bombe dei Talebani, dagli omicidi mirati, alle esecuzioni e dai rapimenti
della popolazione civile, che sono stati documentati in precedenti report di
Human Rights Watch. Abbiamo sempre dato largo spazio alla disperazione degli
afghani e al loro profondo bisogno di sicurezza. Ma come chiarisce bene questo
report, la mancanza di sicurezza non viene solo da elementi “anti-governativi”.
La debolezza del potere centrale, la corruzione endemica, le violazioni dei
diritti umani e l’impunità delle forze armate sostenute dal governo sono forti
incentivi alla ribellione e alla guerriglia, che devono essere affrontati se si
vuole che l’Afghanistan conosca sviluppo e vera stabilità.
Human Rights Watch, dal
report “Just Don’t Call It a Militia” FARE LINK
http://www.hrw.org/node/101507 |
Allegato Rimosso
Allegato Rimosso
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