INTERSOS: 'PERCHE' 4.000 SOLDATI ITALIANI SONO IN AFGHANISTAN?'
La politica deve rispondere con chiarezza e verita'.
Non si può continuare a morire senza sapere perche'
COMUNICATO STAMPA
In una nota del 25 gennaio,
indirizzata ai Parlamentari in occasione dell’esame del Decreto Legge sulle
Missioni internazionali (DL 228/2010), INTERSOS pone alcune domande sul senso della
missione militare in Afghanistan. “Esistono
ancora le ragioni perché l'Italia rimanga a combattere in Afghanistan?” Esaminando
il DL, Nino Sergi, presidente dell'organizzazione umanitaria, lancia l'allarme
sullo svuotamento della cooperazione civile rispetto alla costante crescita
degli stanziamenti per gli interventi militari. “Nonostante che il titolo del
DL metta in evidenza innanzitutto gli «interventi
di cooperazione allo sviluppo» e solo in seconda posizione le «missioni internazionali delle forze armate e
di polizia», ai primi vengono destinati solo il 3,6% dei 754 milioni
stanziati per il primo semestre 2011: cioe' 27 milioni, da suddividere tra
Afghanistan, Pakistan, Iraq, Libano, Sudan, Somalia, Myanmar”.
Continuando nell’analisi del DL, INTERSOS
sottolinea che dal 2008 i fondi destinati alle attività di cooperazione allo
sviluppo sono diminuiti del 42%,
rispetto all’aumento dei fondi del DL (+50%) da 1 a 1,5 miliardi. Se nel 2008
era fissato un 9,4% del DL per le iniziative di cooperazione, nel 2009 è sceso al
6,1%, nel 2010 al 4,7% ed ora al 3,6%. “C’e' da sottolineare anche che, con il
quasi azzeramento dei fondi previsti dalla Finanziaria per la cooperazione allo
sviluppo (0,13% del PIL), per alcune aree rimangono ormai solamente questi
pochi fondi stanziati con il Decreto Missioni Internazionali. L’Afghanistan
subisce cosi' una riduzione che impedisce di pensare ad iniziative efficaci e
durevoli a favore della popolazione”. Per INTERSOS, “lo strumento militare sta diventando l’unico strumento di intervento; i
bisogni della popolazione interessano sempre meno o solo in modo strumentale
alla buona riuscita dell’intervento militare”.
Cosciente dell’inquietudine che
le domande senza risposta suscitano, Sergi invita i parlamentari che si
apprestano al voto del DL a rispondere
chiaramente ai molti punti interrogativi, soprattutto a quello fondamentale: “perche'
si continua la missione militare, se la centralita' della popolazione afgana,
con i sui bisogni reali e le sue aspettative, viene meno? Perche' si combatte? Esistono ancora ragioni forti, vere e convincenti che giustifichino
questa presenza? Sono domande che da alcuni anni attendono risposte chiare che
non arrivano. “Oggi, ci sembra che vi siano elementi, come quelli che
abbiamo cercato di evidenziare, tali da mettere in serio dubbio, ormai,
l’esistenza di tali ragioni. Si tratta - continua Sergi - di un cambiamento
nella nostra valutazione della realta'rispetto agli anni passati”, che crea
inquietudine ma che deriva dalla perdurante mancanza di coerenza e di risposte
chiare in merito.
Allargando lo sguardo alle varie
crisi internazionali degli ultimi decenni, la nota di INTERSOS evidenzia come la
scelta militare sia stata quasi sempre il risultato della sconfitta della
politica. diventando così “l’alibi, la facile scorciatoia, la facciata dietro a
cui nascondere l’incapacita e l’impotenza politiche, sia all’inizio che nel
perdurare di alcune crisi”. In questa prospettiva, aggiunge Sergi, i militari
meritano considerazione e rispetto: per senso dello Stato acconsentono a
coprire l’inadeguatezza e le carenze della politica, coscienti di cio' e
accettandolo, in ogni caso, come dovere”.
Il Decreto Legge sulle Missioni
Internazionali e' ora all’esame della Camera per poi passare al Senato entro
febbraio per l’approvazione definitiva.
La Nota integrale in pdf
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Paola Amicucci, comunicazione at intersos.org
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