Auguri a tutti e soprattutto a
Gorigio Masilic, con l'auspicio che questo mondo impazzito rientri nei
suoi cardini. Salve, ciao Giorgio
----- Original Message -----
Sent: Tuesday, December 30, 2008 3:25
PM
Subject: Re: Fw: Ma molti arabi fanno il
tifo contro Hamas
beh.....direi che magari se si leggono i contenuti, si
possono anche ignorare le donnine nude, senza moralismi......ce n'è da
leggere, in quanto a contenuti e informazione.....
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On Mon, 12/29/08, Giulia Manzini <manzini_giulia at libero.it>
wrote:
From:
Giulia Manzini <manzini_giulia at libero.it> Subject: Re: Fw: Ma
molti arabi fanno il tifo contro Hamas To:
conflitti at peacelink.it Cc: conflitti at peacelink.it Date: Monday,
December 29, 2008, 9:04 PM
Ma come mai sul sito di Masilich e
di Sacro e Profano ci sono sempre delle donne nude? Non è molto bello
leggere le acute disamine di Masili e vedere donnine nude a gogò.
----- Original Message -----
Sent: Monday, December 29, 2008
9:44 PM
Subject: Re: Fw: Ma molti arabi
fanno il tifo contro Hamas
oh, mamma.....la nirenstein...
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On Mon, 12/29/08, Giulia Manzini <manzini_giulia at libero.it>
wrote:
From:
Giulia Manzini <manzini_giulia at libero.it> Subject:
Fw: Ma molti arabi fanno il tifo contro Hamas To: conflitti at peacelink.it Cc:
conflitti at peacelink.it Date: Monday, December 29, 2008,
8:38 PM
----- Original Message -----
Sent: Monday, December 29, 2008 12:59 PM
Subject: Ma molti arabi fanno il tifo contro
Hamas
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Ma molti arabi fanno il tifo contro
Hamas |
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Il Giornale, 29 dicembre
2008Le immagini più significative
della guerra in corso ieri si sono viste sul
confine fra Gaza e l’Egitto, con tutta la
tessitura degli arabeschi che il Medio Oriente è
in grado di comporre. I soldati egiziani
sorvegliano la frontiera col fucile impugnato da
Rafiah lungo lo Tzir Philadelphi; dalle ore
della tarda mattinata si svolge l’assedio dei
palestinesi che vogliono passare di là dal
confine mentre i soldati dall’altra parte hanno
l’ordine di impedire comunque alla marea
integralista di penetrare nel Paese di Mubarak,
il moderato; poco più in là, la paradossale
scena dei camion pieni di aiuti umanitari e le
ambulanze, che sono i palestinesi a non lasciar
passare mentre gridano agli egiziani: «Lasciate
entrare i vivi invece di occuparvi dei
morti». Verso le cinque del pomeriggio,
mentre il sole tramonta sul mare Mediterraneo,
entrano in scena gli F16 che sfrecciano veloci e
in quattro minuti distruggono 40 tunnel sotto il
confine. Pare che fossero i più importanti tra i
600 scavati per trasportare dentro Gaza merci di
qualsiasi genere dall’Egitto, quelli che hanno
rimpinzato Gaza di missili. Ma ieri di missili,
contro ogni previsione, non ne sono piovuti
molti, e la popolazione del sud di Israele ha
passato una giornata relativamente tranquilla:
segno che gli obiettivi colpiti dall’aviazione
sono stati scelti con una operazione di
intelligence precisa, e che le strutture di
Hamas stentano a riaversi da un’operazione
paragonata qui in Israele a quella che nel 1967
colpì a terra i Mig egiziani. L’esercito
israeliano sostiene di aver colpito il 50% delle
risorse belliche di Hamas, missili, depositi di
dinamite e simili. E Hamas preferisce per ora
giocare il ruolo della vittima, seguitare a
segnalare, almeno per un po’, che Israele
seguita ad agire in modo «sproporzionato»... Ma
è il mondo arabo per primo a essere
contraddittorio di fronte alla vittimizzazione
di Hamas, e in primis l’Egitto e gli stessi
fratelli palestinesi guidati da Abu Mazen:
quest’ultimo ha detto dal Cairo di aver
avvertito Hamas che le sue azioni avrebbero
portato all’attacco di Israele. Insomma, gliene
ha attribuito la responsabilità. Aggiungendo le
accuse per le decine di miliziani di Fatah
prigionieri di Hamas e morti nelle carceri
bombardate dagli israeliani: la strage avrebbe
potuto essere evitata se fossero stati liberati
per tempo. Anche gli egiziani si sono mossi con
ambiguità tra la dimostrazione di solidarietà
con i palestinesi e la disapprovazione nei
confronti della incomprensibile politica di
Hamas, che ha portato la sua popolazione alla
situazione attuale. Da Sana in Yemen, a molte
città e villaggi mediorientali inclusi quelli
della West bank e nella stessa Gerusalemme est,
fino a Teheran, dove Khamenei ha chiesto a tutti
i musulmani di combattere per Gaza «in tutti i
modi possibili», fino a Beirut dove i
manifestanti convocati dagli Hezbollah gridavano
slogan in cui il nome di Mubarak faceva rima con
Ehud Barak, fino a Amman dove i Fratelli
Mussulmani hanno sfilato con slogan furiosi,
fino a Damasco dove Masha’al chiede un’Intifada
militare di tutto il mondo arabo, si è
manifestata la solita furia antisraeliana ma
stavolta anche antiegiziana e anti Fatah.
Nasrallah, il capo di Hezbollah, ha parlato con
i soliti toni di odio, esortando i suoi uomini
ad essere pronti a difendersi. Ma,
furbescamente, senza invitarli ad attaccare il
mostro sionista. E’ la prima volta che i
moderati si vedono schiacciati nella loro
realtà, che non possono sventolare la solita
bandiera di odio contro Israele. Hamas li ha
inchiodati. Ed è logico vista la crescita
verticale dell’estremismo islamico in Medio
Oriente. Avevamo già scritto di una segreta
richiesta araba «moderata» a Israele di farla
finita con Hamas visto come un emissario
incendiario dell’Iran, deciso a distruggere ogni
equilibrio mediorientale. L’Egitto, che ha a
lungo tentato la tregua fra Fatah e Hamas, si è
adontato oltre misura che Hamas abbia disertato
la riunione di novembre al Cairo, sicuramente su
richiesta iraniana. Nel frattempo Hamas cerca
nuove sponde: da Gaza City, scavalcando la
leadership di Damasco, sono partite molte
telefonate da parte di Ismail Haniyeh al re del
Bahrein e ai governanti del Qatar. Ma Hamas può
restare molto danneggiato dalla rottura con
l’Egitto: sono in programma importanti accordi
economici che sembrano molto lontani dalla
ringhiosa realtà attuale. Di sicuro ora, dopo i
fatti di Gaza, tutto il mondo arabo dovrà fare i
conti con la nuova dimostrazione di deterrenza
militare israeliana, che dopo la guerra con gli
Hezbollah del 2006 e per via dell’atteggiamento
di attesa scelto dai vertici israeliani sembrava
assai diminuita. Adesso tutti i vicini, compreso
l’Iran, sanno che l’esercito israeliano è quello
di un tempo quando decide, come dice Tzipi Livni
«enough is enough».
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