di Enrico Sabatino
Negli ultimi giorni in Polonia ed
Estonia sono avvenuti dei fatti piuttosto inquietanti e che riportano alla luce
un passato che sembrava superato a partire dagli inizi degli anni ’90.
Eventi
diversi ma paralleli, essendo legati entrambi ai trascorsi storici dei due Paesi
con il comunismo e l’ex Unione Sovietica.
In Polonia è in vigore dal 15
Marzo scorso una legge – denominata nuova ‘lustracja’ (lustrazione) - voluta dal
governo nazionalista e di estrema destra dei fratelli Kaczynski, che obbligherà
più di 700mila persone nate prima dell’Agosto 1972 tra cui alti funzionari,
giornalisti, docenti universitari, avvocati, politici, insegnanti, giudici e
intellettuali a confessare se abbiano o meno collaborato col passato regime
comunista in un periodo compreso tra il 1945 e il 1989.
Entro il
prossimo 15 Maggio tutte queste persone dovranno compilare dei moduli appositi e
consegnarli ai propri superiori gerarchici, che li invieranno successivamente
all'Istituto della memoria di Varsavia che procederà poi alla verifica dei
medesimi comparandoli con gli archivi dei servizi segreti comunisti, emettendo
alla fine un certificato di “purezza politica”.
In caso di accertata
collaborazione scatterà automaticamente il licenziamento, mentre chi rifiuta di
rispondere al questionario va incontro all’interdizione dall’esercizio della
propria professione per dieci anni; e la stessa pena è prevista per accertata
insincerità nelle risposte.
Anche nel 1997 era stata varata una
lustracja che riguardava però poche cariche pubbliche; ma la nuova legge,
estendendo le indagini su ogni attività che abbia a che fare con la vita
pubblica, si configura come una vera e propria caccia alle streghe di stampo
maccartista, totalmente fuori dal tempo, il cui spirito però rientra
perfettamente nella politica di duro confronto con Mosca attuata dal governo
polacco; e il suo assenso all’installazione dello scudo antimissile concepito
dal Pentagono è un ulteriore passo in questa direzione.
Naturalmente in
Polonia si è aperto un aspro dibattito sull’incostituzionalità di questa legge
che potrebbe essere invalidata nei prossimi giorni dalla Corte Costituzionale. E
non mancano i primi eccellenti disobbedienti alla legge in questione.
Giorni
fa infatti l'europarlamentare Bronislaw Gemerek, consigliere di Walesa ed ex
ministro degli Esteri dal 1997 al 2000, e l'ex premier Tadeusz Mazowiecki si
sono rifiutati di compilare il formulario inviato dal governo; Gemerek è stato
perciò minacciato dal governo di epurazione dalla carica di parlamentare
europeo.
Ma parallelamente a ciò che sta avvenendo in Polonia, anche in
Estonia è in atto una politica decisamente antirussa.
La decisione del
governo di smantellare in fretta e furia il monumento “al soldato liberatore” –
in ricordo dei soldati sovietici caduti per la liberazione dell'Estonia dai
nazisti nel 1944 e alla cui base sono conservate le spoglie di tredici di loro -
che dal 1947 era situato in una piazza centrale della capitale Tallinn, ha
immediatamente provocato la reazione offesa della vasta comunità russofona del
Paese (circa un quarto della popolazione totale).
Ci sono stati violenti
scontri a Tallin con la polizia e il bilancio finale è di un morto (di
nazionalità russa e residente permanente in Estonia), un’ottantina di feriti e
800 persone fermate. Scontri che da Tallin si sono estesi anche nel nordest del
Paese dove è più forte la minoranza russa.
La questione ha ovviamente
varcato i confini nazionali e in Russia le reazioni sono state furibonde. Le due
ali del parlamento russo hanno chiesto all'unanimità che vengano rotte le
relazioni diplomatiche, richiamando l'ambasciatore russo e cacciando via quello
estone; si parla di sanzioni economiche, dal taglio delle forniture energetiche
al dirottamento dei traffici mercantili, che forniscono all'Estonia una
consistente parte del proprio Pil.
E' insorta compatta anche la stampa
russa, mentre vari gruppi nazionalisti hanno posto uno stretto assedio alle sedi
diplomatiche estoni, in particolare a Mosca dove all'ambasciatrice è stato
impedito l'ingresso nell'edificio.
Ma aldilà di ciò, non è ancora nota la
concreta risposta del Cremlino alla provocazione del governo estone. Mentre
prosegue il blocco delle importazioni di carne polacca in
Russia.
Comunque sia, gli eventi polacchi ed estoni mettono in evidenza
solo alcuni aspetti di una strategia antirussa manovrata da oltreoceano.
Putin infatti nei giorni scorsi ha pronunciato parole molto dure nei
confronti della NATO e dei suoi membri europei, ritenuti succubi
dell’amministrazione Bush - soprattutto in relazione alla questione dello scudo
antimissile che verrà installato in Polonia e del radar che sarà posizionato
nella Repubblica Ceca - rinnovando anche la sua intenzione di ritirare
l'adesione della Russia al trattato per la riduzione delle armi convenzionali
(Cfe), firmato dai Paesi della NATO e del Patto di Varsavia nel novembre 1990,
che è in effetti superato dagli eventi storici successivi al suo varo.
Lo
stesso segretario generale della NATO Jaap de Hoop Scheffer ha definito la
riunione Nato-Russia, svoltasi a Oslo pochi giorni fa, “un dialogo tra sordi”,
aggiungendo che “si aspetta spiegazioni dal ministro degli Esteri russo in
merito alle parole del Presidente Putin”.
Mentre per Condoleezza Rice
“L'idea che in qualche modo dieci intercettori e qualche radar nell'Europa
dell'Est possano minacciare il deterrente strategico è assolutamente ridicola e
tutti lo sanno. I russi hanno migliaia di testate. L'idea che in qualche modo si
possa fermare il deterrente nucleare strategico russo con qualche intercettore
semplicemente non ha senso”.
I segnali quindi per la nascita nel prossimo
futuro di una nuova guerra fredda tra Occidente e Russia ci sono tutti.
Fonte : http://www.altrementi.org/modules/news/article.php?storyid=554&title=polonia-estonia:+due+pedine+per+la+nuova+guerra+fredda+occidente-russia