L'estremismo si insegna



L'estremismo si insegna

Nell'ambiguo Pakistan di Musharraf 13 mila madrasse allevano un'intera generazione a pane e jihad. E il governo? È ostaggio dei partiti religiosi
di Casadei Rodolfo


La notizia delle studentesse di una madrassa di Islamabad che hanno sequestrato la tenutaria di un bordello della città e l'hanno rilasciata dopo che questa si è pentita e ha promesso di abbandonare la sua attività ha suscitato, nei più distratti, una certa simpatia. La condiscendenza viene rapidamente meno quando si approfondisce la vicenda e si scopre che le studentesse, vestite col burqa e armate di lunghi bastoni, avevano preso in ostaggio non solo la signora, ma anche figlia, nuora e nipotina di sei mesi. Che altre due di loro sono state arrestate e poi rilasciate per aver minacciato i proprietari di negozi di audio e videocassette affinché chiudessero per sempre i loro commerci. Che lo stesso gruppo di donne col burqa nel febbraio scorso aveva protestato contro la demolizione di una moschea e una madrassa abusive, ottenendo l'impegno delle autorità a ricostruirle nello stesso posto. Che il rettore della madrassa da cui provengono, Abdul Rashid Ghazi, è uno che si vanta di aver incontrato Osama Bin Laden di persona ed è la stessa persona che in un'intervista alla Cnn del settembre scorso ha dichiarato: «Il governo ci ha chiesto molte volte di smettere di insegnare il jihad. Gli abbiamo risposto che non possiamo, perché non si possono fare correzioni all'islam. Quando si parla dell'Afghanistan, sì, noi affermiamo che l'esercito americano può essere attaccato in Afghanistan e in Iraq, perché ha compiuto un'aggressione».
Fino all'altro ieri la "talebanizzazione" del Pakistan era considerata un fenomeno militar-politico-religioso proprio delle remote regioni di confine con l'Afghanistan, dove sono state create negli anni Ottanta le madrasse in cui sono nati i talebani. Il mullah Omar e i suoi compagni sono stati formati ad Akora Khattak, nella provincia di frontiera del nord-ovest, nella famosa Dar ul-Uloom Haqania, una specie di madrassa universitaria sunnita deobandi creata da quello che oggi è il leader del Mma, la coalizione dei partiti religiosi pakistani, e cioè Maulana Sami-ul Haq. Le notizie circa l'imposizione ai barbieri di non tagliare barbe e i negozi di musica e video dati alle fiamme venivano considerate echi di un mondo selvaggio. Ma dopo i fatti di Islamabad l'inquietudine è generale: dai generali in pensione all'uomo della strada interpellato dai giornali filogovernativi e da quelli dell'opposizione, tutti si domandano dove stia andando il Pakistan. Perché di madrasse come quella di Abdul Rashid Ghazi non ce ne sono altre 10 o altre 100, ma qualcosa come 13.500 (e c'è chi dice siano 20 mila) in tutto il paese, con circa due milioni di studenti.
Eppure i campanelli di allarme c'erano stati eccome. Nel settembre 2003 in una madrassa Ahle Hadith (wahabiti) di Karachi era stato arrestato il fratello del capo di Jemaah Islamiyah indonesiana, responsabile degli attentati di Bali e Giakarta con centinaia di morti. Nel luglio 2005 si è scoperto che uno degli attentatori del metrò di Londra aveva trascorso quattro mesi in una madrassa di Lahore gestita dal gruppo (formalmente illegale) Lashkar-i-Taiba, anch'esso di tendenza Ahle Hadith. Khalid Sheikh Mohamed, il capo di al-Qaeda consegnato agli americani che ha confessato di essere la mente di tutti i più grandi attentati dell'organizzazione, è stato arrestato nell'abitazione di una militante di Jamaat-i-Islami, altro gruppo islamista radicale entusiasta promotore di madrasse.
Dopo i fatti dell'11 settembre la comunità internazionale ha chiesto al presidente Musharraf che lo Stato ristabilisse il controllo o ordinasse la chiusura delle madrasse jihadiste nel paese, dalle quali erano usciti i talebani e molti militanti pakistani e stranieri di al-Qaeda. Musharraf ha promesso molto ma ha fatto poco. E i risultati si vedono. Secondo un'indagine del linguista Tariq Rahman il 99,2 per cento degli studenti delle madrasse ritiene che la conquista del Kashmir debba essere una priorità della politica pakistana, il 97,7 per cento indica come fondamentale l'applicazione integrale della sharia, il 96,1 per cento lo sviluppo di armi nucleari, l'87,7 per cento l'aumento delle spese militari; il 76 per cento vorrebbe proibire i media elettronici, il 73 per cento respinge l'uguaglianza di diritti fra uomini e donne e il 71,7 per cento dichiara la sua aperta ostilità a cristiani e indù.
Perché si è arrivati a questo? Perché il Pakistan è l'unico paese del mondo con 58 partiti politici di matrice religiosa islamica e 24 organizzazioni militanti gemmate da essi (perlopiù ufficialmente fuori legge, ma in realtà tuttora operative o ricostituite sotto altro nome) dedite al jihad.

Un'emergenza educativa
Tutte le madrasse pakistane, tranne 3 che vengono gestite direttamente dallo Stato, sono riconducibili alle suddette organizzazioni politico-religiose. Le madrasse e i partiti e le milizie religiose si sono moltiplicate a partire dal 1979, periodo in cui è iniziato il programma di islamizzazione del Pakistan da parte del presidente Zia ul-Haq con un duplice obiettivo: guadagnare il sostegno dei religiosi al regime militare e formare i mujaheddin per il jihad antisovietico in Afghanistan. Così fra il 1979 e il 1995 il numero delle madrasse è più che raddoppiato, passando da 1.896 a 3.906. Ma anche sotto Musharraf il fenomeno è proseguito: nel 2000 erano già 7 mila, l'anno scorso 12.176. Alle precedenti motivazioni se n'è aggiunta una nuova: la decomposizione del sistema delle scuole statali in lingua urdu (mentre le elites frequentano scuole private in lingua inglese).
Nel Rapporto sullo sviluppo umano 2004 del Pnud (il programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo) il Pakistan è il paese non africano col più basso indice di livello educativo. Fra il 1947, anno della separazione del Pakistan dall'India, e il 2003 il tasso di alfabetizzazione della seconda è cresciuto dal 18 al 65 per cento, mentre quello del primo è aumentato soltanto dal 16 al 35 per cento. «Il problema - spiega un insegnante di una scuola anglofona - è che le scuole statali non preparano per un impiego. Molti, soprattutto fra i più poveri, ritengono che mandare i loro figli alle madrasse offra prospettive economiche migliori che mandarli alle scuole pubbliche. Offrono vitto e alloggio gratis, che per famiglie sotto la linea della povertà è una vera benedizione». La scuola statale è gratuita, ma non offre vitto e alloggio.
Il progetto di riforma della madrasse, che Musharraf aveva presentato per la prima volta nel 2002 annunciando che le scuole religiose sarebbero state assorbite nel sistema pubblico, si è risolto in una bolla di sapone. I controlli previsti sono puramente formali e la trasparenza dei finanziamenti ricevuti dalle scuole totalmente assente. Per non perdere il sostegno dei partiti religiosi, prezioso in molte circostanze, Musharraf ha accettato di sottomettersi alle loro condizioni. Ma adesso il presidente rischia di fare la fine dell'apprendista stregone, e l'intero Pakistan con lui.