Richiesta misure cautelari contro Usa - Appellante: BARAZAN IBRAHIM AL TIKRITI (IRAQ)



Title: Messaggio


URGENTISSIMA RICHIESTA DI MISURE CAUTELARI

CONTRO GLI STATI UNITI DI AMERICA

APPELLANTE: BARAZAN IBRAHIM AL TIKRITI (IRAQ)

 

Segretario Esecutivo della Commissione

Commissione Inter-Americana per i Diritti Umani

Washington, DC USA

 

Egregio Segretario Esecutivo

 

Ci rivolgiamo a Lei con deferenza per presentare alla Commissione Inter-Americana dei Diritti Umani questa richiesta urgente di misure cautelari contro gli Stati Uniti di America conformi al Regolamento 25 delle Norme di Procedura della Commissione per impedire la consegna dell’Appellante ad una autorita` che ha indicato di voler giustiziarlo malgrado un processo che è stato definito iniquo da molte organizzazioni e nonostante l’esecuzione di Saddam Hussein avvenuto in un modo che definiamo insolito e crudele nonché definitivamente degradante e poco dignitoso.

 

Questa richiesta è presentata dai legali dell’Applicante Barzan Ibrahim Al Tikriti.

 

La Commissione ha giurisdizione in questo caso perchè gli USA sono membro dell’Organizzazione degli Stati Americani e i fatti riguardo il caso indicano violazioni, inter alia, degli articoli della Dichiarazione Americana dei Diritti e Doveri dell’Uomo, O.A.A. Res. XXX adottata dalla Nona Conferenza Internazionale degli Stati Americani (1948), ristampata nei Documenti di Base Relativi ai Diritti Umani nel Metodo Inter-Americano, OEA/Ser.L.V/II.82 doc. 6 rev.1, comma 17 (1992) (in questo documento “Dichiarazione Americana”). La Dichiarazione Americana e` un’autorevole interpretazione dei doveri degli stati nel rispetto dei diritti umani come stabilito dallo Statuto dell’Organizzazione degli Stati Americani, 119 U.N.T.S. 3, entrata in vigore il 13 dicembre 1951, revisionata 721 U.N.T.S. 324, entrata in vigore Feb.27, 1990, firmata dagli Stati Uniti il 30 aprile 1948, ratificata il 15 giugno 1951, ratifica depositata il 19 giugno 1951.

 

In merito all’articolo 106 dello Statuto dell’Organizzazione degli Stati Americani, 119 U.N.T.S. 3, entrata in vigore il 13 December 1951, revisionata 721 U.N.T.S. 324, entrata in vigore il Feb. 27, 1990, firmata dagli Stati Uniti il 30 aprile 1948, ratificata il 15 giugno 1951, ratifica depositata il  19 giugno1951, e in particolare dell’articolo 20 dello Statuto della commissione, la Commissione è abilitata a  

“to examine communications submitted to it and any other available information, to address the government of any member state not a Party to the Convention for information deemed pertinent by this Commission, and to make recommendations to it, when it finds this appropriate, in order to bring about more effective observance of fundamental human rights.”

(“esaminare tutte le comunicazioni che riceve nonchè altre informazioni a disposizione, rivolgersi al governo di qualsiasi stato membro anche se non è participe alla Convenzione per tutta l’informazione ritenuta pertinente dalla Commissione, e fargli le raccomandazioni appropriati per migliorare il rispetto dei diritti umani fondamentali”).

 

Nello svolgimento di questa responsabilità, la Commissione ha il mandato di

“to pay particular attention to the observance of the human rights referred to in Articles I, II, XVIII, and XXVI of the American Declaration of the Rights and Duties of Man. (volgere un ‘attenzione particolare al rispetto dei diritti umani descritti negli Articoli I, II, XVIII e XXVI della Dichiarazione Americana per i Diritti e Doveri dell’Uomo). Gli Stati Uniti hanno obblighi legali riguardo questi articoli.

 

Antefatti della Richiesta

 

L’Appellante, ex Direttore dei Servizi Segreti iracheni e fratellastro dell’ex Presidente Saddam Hussein è stato catturato intorno al 16 Aprile 2003. Si trova da allora sotto la custodia degli Stati Uniti di America.

 

L’Applicante è attualmente sotto processo in Iraq per, inter alia, presunte violazioni della legge internazionale che avrebbe commesso quando era al capo dei servizi segreti iracheni. E’ stato condannato dopo un solo processo e il suo appello respinto il 26 dicembre 2006.

 

Il 28 giugno 2004, gli Stati Uniti di America trasferirono formalmente i loro poteri come occupante dell’Iraq al Governo Provvisorio dell’Iraq. Gli USA espressero il loro intento di consegnare il più rapidamente possibile la custodia dell’Appellante al Governo iracheno.

 

In seguito, l’Alta Corte dell’Iraq ha processato l’Appellante e quasi un anno dopo l’ha condannato. Il processo è stato criticato da molte Organizzazioni Internazionali come un processo manifestamente iniquo.

 

L’Applicante è stato condannato alla pena capitale e il suo appello rifiutato.

 

Nella notte tra il 29 e il 30 dicembre 2006, all’una precisa, egli fu prelevato mentre dormiva dalla cella del Campo Cropper, controllata esclusivamente dai militari americani. Circa tre ore dopo che era rimasto in una cella temporanea nell’atrio gli chiesero se aveva bisogno di medicina, ed egli rispose per quale motivo. Un colonnello l’informò che stavano per consegnarlo al governo iracheno. Un’ora dopo, lo stesso colonnello gli chiese se desiderava scrivere un testamento o esprimere le sue ultime volontà ed egli disse di no. Il colonnello disse che fra breve sarebbe stato consegnato alla custodia del governo iracheno. A quel punto, l’Appellante si addormentò e verso le ore 8.30 del mattino successivo i militari americani lo svegliarono e gli dissero che il governo iracheno aveva cambiato idea, che doveva ritornare nella sua cella ed aspettare ulteriori istruzioni. Questo, secondo noi, è sinonimo di tortura e rappresenta una punizione insolita e crudele.

 

 

Violazione della Legge Inter-Americana dei Diritti Umani

 

La Commissione ha raccommandato misure preventive in molti casi dove c’era minaccia di pena capitale dovuta a delle azioni da parte degli USA che non corrispondevano a un processo giusto. In questo caso, gli Stati Uniti cercano di schivare la loro responsabilità consegnando l’Appellante ad un altro stato che non gli ha concesso un processo equo. Resta, tuttavia, il dovere giuridico degli Stati Uniti di America di proteggere i diritti umani delle persone che si trovano, in determinate circostanze,1 sotto il loro controllo e la loro autorità. Attualmente, l’Appellante è soggetto esclusivamente al controllo e all’autorità del governo USA e lo è stato dal momento della cattura intorno al 16 aprile 2003. Ciò nonostante, il governo americano ha dichiarato la sua decisione di non intervenire nell’esecuzione dell’Applicante. Non sono intervenuti per l’esecuzione di Saddam Hussein che il Presidente Bush stesso ha definito poco dignitoso e che secondo i militari americani si sarebbe svolta differentemente se eseguita da loro.

 

Il caso dell’Appellante si differenzia da quello del Presidente Saddam Hussein che fu giustiziato nonostante un processo iniquo. Le presunte accuse all’Appellante e la sua condanna derivano da eventi accaduti il 8 luglio 1982 nella regione del Dujayl in Iraq. In sintesi, c’era stato un agguato contro il Presidente Saddam Hussein. l’Appellante non era presente e non si trovava lì a quel momento. Il 3 gennaio 2007, gli avvocati Giovanni Di Stefano e Issam Ghazzawi (autori di questa richiesta) intervistarono l’Appellante a Camp Cropper. L’Appellante ha dichiarato quanto segue :

 

On the 8th July there was an attempt on the life of President Hussein my brother in Dujayl town. I believed it was organised by the Dawa Party which is of Iranian extract. As head of the intelligence service like CIA or MI5 I had no responsibility in criminal law just security of my President. So I went to the town next day and I say the Governor of the Region and the Head of the Police same as for example FBI. I saw that they had gathered about one hundred people in the Town Hall and it was such a large crowd that I asked the Governor and police to release them which they did. I went to the place only to see and find out what had gone wrong with the security

 

 

 

1. Saldaño v. Argentina, Report No. 38/99, Annual Report of the IACHR 1998, paras. 15-20; Coard et al. v. United States, Case No. 10.951, Report No. 109/99, Annual Report of the IACHR 1999, para. 37. See also Cyprus v. Turkey, European Commission on Human Rights, 18 Yearbook of the European Convention of Human Rights 83 (1975) at 118; Case of Loizidou v. Turkey, Judgment of the European Court of Human Rights, Preliminary Objections, Ser. A, No. 310, paras. 59-64 (1995).

 

 

 

of my President. I had nothing more to do with the matter and could not be involved in the criminal complaint no more than the CIA could involve in a criminal complaint. It is common that me and my brother the President did not always see eye to eye. In fact in the last 25 years I probably saw him only 5 times. There are more than one hundred letters from my in my archive which the Americans took that were for my brother giving him my opinion on how things should be done in the country. In March 1983 I resigned my post as head of the intelligence service and from that day in 1983 I was almost under house arrest in Baghdad. Then in 1988 my brother made me Iraqi Ambassador to the UN in Geneva for many years. I am not indicted in the Anfal matter because I was not in office and thus had no official capacity to commit any crime. The executions in the Dujayl case first took place in 1984 and the last in 1987. I had resigned and myself almost under house arrest from March 1983. I had nothing to do with the case at all. I have not been allowed to give a defence in the Court since the Judge always told me to shut up and sit down. If I had any responsibility in what happened I am not afraid of answering to justice. But I myself resigned in March 1983 and had no involvement in the case at all as head of the intelligence service.”

 

(L’otto luglio, ci fu un attentato contro il Presidente Hussein, mio fratello, nella città di Dujayl. Era la mia impressione che fosse stato organizzato dal Partito Dawa, di origine iraniana. Come capo dei servizi segreti, come la CIA o il M15, non avevo responsabilità penali, ero soltanto responsabile della sicurezza del mio Presidente. E così, andai in città il giorno seguente per incontrare il Governatore della Regione e il capo della Polizia, come sarebbe per esempio l’FBI. C’erano un centinaio di persone nel Municipio e chiesi al Governatore e alla polizia di lasciarli andare. Cosa che fu fatta. Mi recai sul posto soltanto per vedere cosa era andato male con la sicurezza del mio Presidente. La questione non mi riguardava più ed io non potevo essere implicato nel reclamo penale così come la CIA non potrebbe essere implicata in una protesta penale. Si sa che io e mio fratello, il Presidente, non andavamo sempre d’accordo. Infatti c’incontrammo forse non più di cinque volte nel corso degli ultimi 25 anni. Nel mio archivio sequestrato dagli americani, ci sono più di cento lettere che ho scritto a mio fratello per dargli la mia opinione su come le cose dovrebbero andare nel paese. In marzo del 1983, diedi le dimissioni come capo dei servizi segreti e da quel giorno mi trovai quasi agli arresti domiciliari a Baghdad. Poi, mio fratello mi fece avere il carico di Ambasciatore delle Nazioni Uniti a Ginevra per molti anni. Non sono imputato nella faccenda Anfal perché non ero in carica allora e dunque senza mansione ufficiale per commettere reati. Le esecuzioni in Dujayl ebbero luogo prima del 1984 e infine nel 1987. A quel tempo, avevo gia dato le dimissioni e mi trovavo in arresti domiciliari sin dal marzo 1983. Non ero coinvolto per niente in quel caso. Non ho potuto presentare la mia difesa in Corte perché il giudice m’intimava sempre di sedermi e di stare zitto. Se ho avuto qualsiasi responsabilità riguardo l’accaduto non ho nessun timore di risponderne davanti alla giustizia. Ma è certo che io diedi le dimissioni nel marzo del 1983 e non ebbi nessun coinvolgimento nella faccenda come capo dei servizi segreti).

 

L’Appellante ci ha descritto in dettaglio gli eventi accaduti il 29 dicembre 2006, l’ansia e la tensione delle ore quando era detenuto nella cella dell’atrio e come gli fu chiesto verso le 04.00 di mattina di esprimere le sue ultime volontà e scrivere il suo testamento.

 

Egli fu messo al corrente dell’esecuzione del Presidente Saddam Hussein e della maniera nella quella si era svolta la mattina del sabato 30 dicembre 2006.

 

L’esecuzione di Saddam Hussein è stata filmata ufficialmente da persone qualificate dal consigliere dei Servizi di Sicurezza del Governo iracheno di “Autorevoli Membri del Governo”. Dopo molta derisione, ironia e maledizione e quando Saddam Hussein fu dichiarato morto, le guardie si misero a ballare intorno al corpo. Il Consigliere dei Servizi di Sicurezza iracheni, Mowaffaq Rubale, che era presente all’esecuzione dice:

 

“They danced around Saddam body. This is the tradition of the Iraqis. When they do something they dance around the body and express their feelings. What is wrong with that? If that upsets the feelings of some Arab rulers, I think ‘the best of luck to them”. (Jordanian Times 05/01/2007 p.5)

 

(Ballarono intorno al corpo di Saddam. E’ la tradizione degli iracheni. Quando hanno fatto quello che dovevano fare, ballano intorno al corpo ed esprimono i loro sentimenti. Che c’è di male? Se questo disturba qualche dirigente arabo, allora gli dico “buona fortuna” (Jordanian Times 05/01/2007 p.5)

 

Il governo americano ha ordinato un’investigazione sullo svolgimento dell’esecuzione di Saddam Hussein e prima che  sia completata e che delle assicurazioni appropriate siano proclamate riguardo alle esecuzioni a venire, è indispensabile prevedere misure temporanee.

 

La Commissione ha altrettanto ribadito che gli Stati hanno il dovere d’impedire l’esecuzione di una persona che non ha avuto un processo equo con le garanzie fondamentali di un dovuto procedimento legale, e che misure cautelari devono essere prese quando si rivela che un’esecuzione avrà luogo dopo un processo iniquo. Cf Abu-Ali Abdur’ Rahman v. United States, Report Nº 39/03, Petition 136/2002 (2003) and Roberto Moreno Ramos v. United States, Report Nº 61/03, Petition 4446/02 (2003).

 

L’Appellante si trova attualmente in un pericolo simile perché gli USA lo consegneranno ad uno Stato che è fuori dei poteri della Commissione e che ha dichiarato, tramite il giudice responsabile del processo, l’intento di giustiziare l’Appellante. Gli Stati Uniti di America non devono estradare, o in qualsiasi maniera, consegnare la custodia legale e fisica di una persona ad un paese o ad una giurisdizione che lo sottoporrà alla tortura, ad un trattamento o una punizione inumana e avvilente, o che lo giustizierà dopo un processo iniquo2. Gli USA hanno quest’obbligo in quanto la consegna in questo caso avrà  conseguenze immediate e pericolose per i diritti dell’Appellante.

 

  

2. Soering v. UK, para. 102; also, Ocalan v. Turkey, para 176.

 

 

La Corte ha anche ribadito spesso che uno Stato è responsabile della violazione dei diritti di una persona quando partecipa alla consegna della persona nelle mani di un’autorità disposta a violare i diritti umani. Cf.  Soering v. United Kingdom, No. 161, 11 E.H.R.R. 439 (7 July 1989); Chahal v. United Kingdom, Reports of Judgments and Decisions of the European Court of Human Rights 1996-V 1831, 23 E.H.R.R. 413 (15 November 1996); and D v. United Kingdom, Reports of Judgments and Decisions of the European Court of Human Rights 1997-III 778, 24 E.H.R.R. 423 (2 May 1997).

 

 

Occorrenza di misure provvisorie

 

Misure provvisorie sono necessarie in questo caso a causa delle evidenti violazioni dei diritti dell’Applicante già fatte e che lo saranno probabilmente ancora in modo più grave  con la violazione del diritto alla vita tramite l’applicazione della pena capitale. Questa minaccia rappresenta un danno grave ed irreparabile, ed è una minaccia imminente visto che l’appello è stato negato in una maniera sommaria.

 

 

Violazione evidente dei diritti umani dell’Applicante

 

Infliggere la pena capitale all’Applicante in seguito ad un processo così iniquo aumenta la gravità della violazione dei diritti umani  in questo caso.

 

L’Appellante non ha potuto scegliere il suo legale come non ha avuto il diritto di rifiutare un trasferimento. Più grave ancora, gli è stato negato il diritto di contendere ogni prova come quella di presentare un alibi. In breve, l’Applicante non è stato condannato nel processo Anfal in corso perché non aveva un incarico e in conseguenza non poteva essere ritenuto responsabile. La Corte rifiutò di accettare come prova le sue dimissioni date nel marzo del 1983 quando le prime uccisioni ebbero luogo nel 1984 e le ultime nel 1987. La semplice logica per la quale l’Appellante non fu condannato nel processo Anfal non fu applicata a questo processo che lo ha condannato alla pena capitale. Non aveva un mandato e non poteva essere ritenuto colpevole visto che aveva dato le dimissioni e non aveva partecipato con gli imputati nella faccenda di Dujayl. In passato, il governo americano ha perfino rifiutato di rispondere ai comunicati dei legali dell’Appellante. Questi abusi hanno seriamente messo in repentaglio il diritto a un processo giusto e hanno dimostrato che la condanna e la punizione promessa dal Presidente della Corte irachena sono il risultato di un processo iniquo. Di più, sappiamo ora che l’Appello presentato il 3 dicembre 2006 a Baghdad non è stato letto per intero perché ogni volta che la menzione ‘Presidente Saddam Hussein’  o il titolo di uno degli Imputati apparivano nel documento, i tribunali d’appello cancellavano 10 pagine prima e altre 10 pagine dopo la pagina dove era scritto ‘Presidente’.

 

Per citare soltanto un’altra stranezza, l’Appellante è stato processato per azioni definite crimini contro l’umanità che avrebbe commesso agli inizi degli anni ottanta in seguito al fallito agguato contro Saddam Hussein nella regione di Al-Dujail in Iraq. All’epoca dove i presunti atti furono commessi, il reato ‘internazionale’ di crimine contro l’umanità non faceva parte dei reati penali prescritti dal Codice Penale o da tutt’altra legge penale in Iraq. Il concetto di crimine contro l’umanità fu introdotto nella legge irachena nel dicembre 2003 quando le autorità occupanti americane emisero, tramite un ordine giudiziario, lo statuto che istituiva il Tribunale Speciale Iracheno. L’obbiettivo del Tribunale era di processare tutti quelli che si erano resi colpevoli di certi crimini durante il regno di Saddam Hussein. Un articolo dello statuto definiva i crimini contro l’umanità sui quali il Tribunale aveva giurisdizione.

 

Nell’ottobre del 2005, la Legge Numero 10 fu istituita in Iraq abolendo lo statuto del 2003, ma stabilendo provvedimenti simili per instaurare il “Tribunale Penale Supremo dell’Iraq (SICT) المحكمة الجنائية العراقية العليا”.  Ai termini della sezione due dell’articolo 1 della Legge Numero 10, il SICT acquistava una giurisdizione limitata su certi reati penali presumibilmente avvenuti tra il 17 luglio 1968 e il 1° maggio 2003. In questi reati erano inclusi i ‘crimini contro l’umanità’ descritti nell’articolo 12 della legge. L’articolo 40 stipula che la legge prende effetto alla data della pubblicazione nella gazzetta ufficiale. La legge fu pubblicata nella gazzetta ufficiale il 18 ottobre 2005. L’Appellante è stato processato da un tribunale del SICT al quale era stato dato il compito di condannarlo per presunti reati commessi, secondo l’accusa, circa venti anni prima che l’articolo 12 della Legge Numero 10 entrasse in vigore.

 

La condanna inflitta all’Appellante è in violazione della Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici ratificata dall’Iraq il 25 gennaio 1971.

 

L’articolo 15 della Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici stipula quanto segue:

“No one shall be held guilty of any criminal offence on account of any act or omission which did not constitute a criminal offence, under national or international law, at the time when it was committed. Nor shall a heavier penalty be imposed than the one that was applicable at the time when the criminal offence was committed. If, subsequent to the commission of the offence, provision is made by law for the imposition of the lighter penalty, the offender shall benefit thereby.”

(Nessuno può essere giudicato colpevole di un reato per atti o omissioni non considerati criminali, secondo la legge nazionale o internazionale, al momento della commissione. Ugualmente, non si potrà infliggere una punizione più severa di quella applicabile al momento nel quale è stato commesso il reato. Se, ulteriormente al reato commesso, la legge prevede l’imposizione di una pena più leggera, il colpevole potrà beneficiarne.)

 

La Convenzione Americana dei Diritti Umani, Serie dei Trattati OAS, No 36 è entrata in vigore il 18 luglio 1978 che vincola gli USA stipula chiaramente nell’articolo 9 : “No one shall be convicted of any act or omission that did not constitute a criminal offence, under the applicable law, at the time it was committed”. (Nessuno può essere giudicato colpevole di un reato per atti o omissioni non considerati criminali, secondo la legge applicabile al momento della commissione).

 

 

Danno Irreparabile

 

Quando l’Appellante sarà consegnato al Governo iracheno, la Commissione non potrà esercitare la sua giurisdizione e l’Appellante sarà soggetto alle violazioni dei diritti umani sopra descritti. Ha già subito un trattamento insolito e crudele nelle prime ore del 30 dicembre 2006 come abbiamo scritto prima.

 

Visto l’Appello sbrigato e la conferma della sentenza dal Tribunale di Baghdad, il tempo disponibile rimane esiguo. L’Appellante ha dovuto agire con rapidità considerando che la prima opportunità che ha avuto d’incontrare i suoi legali era il 3 gennaio 2007. L’Appello è stato presentato con l’urgenza necessitata dal caso.

 

Considerando il danno irreparabile che sarà inflitto all’Appellante se fosse trasferito presso un’autorità pronta a giustiziarlo, chiediamo alla Commissione di ordinare misure provvisorie con effetto immediato per impedire tutta consegna di custodia prima di una decisione adatta ai meriti del caso.

 

 

Danno grave

 

Che l’Appellante sia stato condannato alla pena capitale in un processo iniquo ci dimostra il danno grave che risulterebbe dalla mancata adozione di misure provvisorie contro il governo americano.

 

 

Danno Imminente

 

Gli Stati Uniti di America insieme al Governo iracheno hanno espresso la loro intenzione di consegnare alla fine la custodia dell’Appellante al Governo dell’Iraq che effettuarà la sentenza d’esecuzione capitale. Un processo iniquo e l’esecuzione potrebbe avvenire in qualsiasi momento dopo la consegna.

 

 

Conclusione

 

In conseguenza, chiediamo rispettosamente alla Commissione di indicare senza indugio le misure provvisorie che gli Stati Uniti d’America dovrebbero rispettare dando un ordine al governo americano di non trasferire l’Appellante fuori del loro controllo e di prendere tutti i provvedimenti necessari per salvaguardare i suoi diritti.

 

 

Voglia gradire i nostri deferenti saluti

Il 5 gennaio 2007

 

 

STUDIO LEGALE INTERNAZIONALE

GIOVANNI DI STEFANO                                                   ISSAM GHAZZAWI

 

fonte:

www.studiolegaleinternazionale.com

 

Il documento originale in lingua inglese è disponibile su richiesta. Dichiarazioniinterviste:

Ufficio Stampa

slipress at yahoo.it

tel. +39 3393188116

Studio Legale Internazionale

www.studiolegaleinternazionale.com

 

 

 

 

 

ISCRIZIONE

Comunicati stampa inediti e news diffusi ai professionisti dell’informazione, mass media:

agenzie di stampa, network televisivi e radiofonici, redazioni di giornali, giornalisti e organi di governo.

Chiunque desideri riceverle gratis è sufficiente che invii una mail a:

agency.star at yahoo.it scrivendo: “INVIA NEWS”

 

CANCELLAZIONE

Se la news dovesse pervenire erroneamente a un destinatario non interessato per la rimozione dalla lista rispondere:

"CANCELLA" includendo "INDIRIZZO / INDIRIZZI" da cancellare. D.Lgs.196/2003.

 

 
----- Original Message -----
Sent: Sunday, January 07, 2007 12:43 PM
Subject: Richiesta misure cautelari contro Usa - Appellante: BARAZAN IBRAHIM AL TIKRITI (IRAQ)