Dietro alla battaglia del velo esplosa nel nostro Paese c'è
la strategia internazionale promossa dai Fratelli Musulmani per imporre il
loro potere sull'insieme dei musulmani in Europa attraverso la
sottomissione delle donne. Una strategia ufficializzata il 12 luglio 2004
dall'«Assemblea per la protezione del hijab» (www.prohijab.net), riunitasi
a Londra con il patrocinio del sindaco Ken Livingstone, alla presenza dei
suoi principali esponenti: il predicatore Youssef Qaradawi e
l'intellettuale Tariq Ramadan. Con loro c'erano 300 delegati provenienti
da 15 paesi, tra cui l'Italia.
Fu deciso di sostenere a livello europeo
e internazionale la legittimità del velo islamico quale diritto di
«libertà religiosa», di «proteggere il diritto della donna musulmana di
indossare il velo», di «impegnarsi a realizzare questo obiettivo a nome di
tutte le donne musulmane nel mondo». Furono costituiti dei comitati
pro-hijab in ogni paese europeo coordinati da un organismo centrale che fa
capo a Qaradawi. Questi è il leader spirituale e giuridico dei Fratelli
Musulmani in Europa, presiede il «Consiglio europeo della fatwa e delle
ricerche» e dell'«Unione internazionale degli ulema» con sede a Dublino,
dirige il «Consiglio scientifico» dell'«Istituto europeo di scienze umane»
della Fioe (Federazione delle organizzazioni islamiche in Europa) con sede
a Markfield (Leicestershire, Gran Bretagna), che è la cornice unitaria
delle varie sigle che in Europa aderiscono ai Fratelli
Musulmani.
Ebbene Ali Abu Shwaima, l'auto-proclamato imam della moschea
di Segrate a Milano, che ha accusato l'onorevole Daniela Santanchè di
essere una «infedele» e condannato come «non musulmane» le donne che non
portano il velo, è legato a Qaradawi nella sua veste di responsabile della
Da'wa, ovvero della propaganda islamica, della Fioe. Mentre a Tariq
Ramadan, presidente dell'Emn (European Muslim Network), è legato Hamza
Roberto Piccardo, segretario dell'Ucoii (Unione delle comunità e
organizzazioni islamiche in Italia), nella sua veste di portavoce
dell'Emn.
A Londra si pianificò una strategia di lungo termine basata
sull'impegno di ciascun comitato pro-hijab «di istruire i mass media, i
politici, gli insegnanti e l'opinione pubblica sulla questione del velo e
della libertà religiosa». Una rappresentanza dei comitati pro-hijab si è
impegnata a «convincere l'Unione Europea a porre fine alla diffusione nei
paesi europei del divieto del velo imposto dalla Francia». In Italia
l'Ucoii promosse delle manifestazioni di protesta di fronte all'ambasciata
francese a Roma e il consolato francese a Milano, risoltesi in un
fallimento per la scarsa partecipazione dei musulmani.
La posizione di
Qaradawi sul velo è netta: «La donna musulmana deve indossare il velo che
copra l'intero corpo a eccezione del volto, delle mani e, secondo alcuni
giureconsulti, dei piedi», ha sentenziato con una fatwa, un responso
legale, «Mostrare altre parti del corpo è assolutamente proibito. Il
marito musulmano deve ordinare alla moglie di indossare il velo e le mogli
devono obbedire. La donna deve indossare il velo perché glielo ordina Dio.
Ma se la moglie rifiutasse di portare il velo, il marito la deve
ripudiare». Tuttavia Qaradawi, in una fatwa redatta per consentire alle
donne di Hamas di diventare delle terroriste suicide, ha sentenziato che
solo a loro è consentito uscire di casa senza il velo e senza preoccuparsi
che le loro parti intime vengano viste dagli estranei dopo il loro
«martirio». «Le operazioni di martirio sono il livello supremo della Jihad
(guerra santa) per la causa di Dio. Quando la Jihad diventa un dovere
individuale, la donna ha il diritto di parteciparvi al fianco dell'uomo»,
recita la fatwa,
«la donna pertanto può disfarsi del velo dal momento
che si appresta a morire per la causa di Dio e non per mostrare la sua
bellezza».
E' questo il referente giuridico e spirituale a cui
obbediscono i nostri Abu Shwaima, Piccardo e Dachan. Pertanto non deve
stupire che sostengano che il velo è un obbligo divino e che chi non lo
indossa o chi lo contesta deve essere condannato anche fino alla morte. E
se la sentenza non la eseguono direttamente loro per ragioni di
opportunità, ci penserà comunque Dio a punire gli «infedeli» e gli
«apostati».
Eppure gli italiani sono assai confusi. Nell'ultima puntata
di Domenica In, condotta da Massimo Giletti su Raiuno, è emersa
un'immagine schizofrenica dell'Italia che crede in tutto e nel contrario
di tutto. Il pubblico ha applaudito ininterrottamente sia quando si è
affermato il principio della libertà del singolo di indossare il velo sia
quando si è denunciata la realtà di sottomissione della donna che si cela
dietro il velo. E' un'Italia auto-referenziale che fatica a accettare la
realtà oggettiva per il timore di violare il principio teorico. Ma se ci
guardasse attorno e se si conoscesse la storia, si comprenderebbe che è
proprio la negazione della realtà che porta alla morte del
principio.
Magdi Allam