L'antagonista di Redeker difende il diritto di parola di Redeker



Antoine Sfeir, fautore del dialogo a oltranza con l'islam, ci dice che Ratzinger non aveva nulla di cui scusarsi dopo Ratisbona
L'antagonista di Redeker difende il diritto di parola di Redeker

Roma. Neanche un mese ma la nottata
sembra già passata. Da quel martedì 19 settembre,
quando il Figaro ha dato alle stampe
l'articolo dello scandalo, non sono neanche
trascorsi trenta giorni, ma in Francia
l'affaire Redeker sembra, se non archiviato,
quasi messo nel dimenticatoio, almeno
per ora. Pochi articoli, sparuti editoriali, un
commento qua e là sui forum web, un generale
silenzio che non aiuta a tenere vigile
l'attenzione sulla vicenda del professore
di filosofia di Tolosa costretto a vivere in incognito
e sotto scorta. I fondamentalisti lo
hanno minacciato e gli hanno promesso
una brutta fine per le sue riflessioni su come
debba rispondere il mondo libero alle
intimidazioni islamiste. Robert Redeker
non può replicare, non può farsi vedere in
pubblico perché rischia la vita, deve affidare
la sua resistenza a un gruppo di intellettuali
che in questi giorni si batte per tenere
acceso il dibattito sul suo caso. Spesso
le voci non sono di incondizionata adesione
alle sue tesi - forti, rumorose e controverse
- ma a volte sono di sostegno e di
condanna del suo esilio forzato dalla libertà.
Il Foglio ha incontrato una di queste
voci: Antoine Sfeir, direttore dei Cahiers de
l'Orient, un'istituzione in Francia in fatto di
affari mediorientali e di analisi dei rapporti
tra musulmani e società moderne.
Coincidenza vuole che Sfeir abbia pubblicato
sul Figaro un intervento proprio il 19
settembre, proprio vicino a quello di Redeker,
ma il caso nato dalla fatwa contro il
filosofo lo ha fatto passare nell'ombra. Eppure
anche le sue erano parole pesanti. "Io
ho solo voluto dire che il Papa non aveva
nulla di cui scusarsi per la lectio magistralis
di Ratisbona. I musulmani non l'hanno
capito o, meglio, non hanno fatto niente per
cercare di capirlo e la polemica seguita
mostrato come l'obiettivo degli islamisti sia
sempre e soltanto quello di scaldare gli
animi". Niente di nuovo, insomma. "Già,
niente di nuovo, in fondo ho solo ripetuto
cose affermate da più parti. Ma certe verità,
certi pensieri, a mio avviso non vanno taciuti
e vanno ripetuti". Dunque bene ha fatto
Redeker a non autocensurarsi in nome
del religiosamente corretto? Sfeir non ha
dubbi, sebbene diverso sia il suo punto di
partenza come quello di arrivo nell'analisi:
"Il caso Redeker è duplice. Da una parte
pone in tutta la sua attualità la questione
della libertà d'espressione e su questo punto
la mia posizione è univoca: è semplicemente
inaccettabile minacciare una persona
per il solo motivo che abbia voluto
esporre idee che qualcuno considera irriguardose".
Eppure i distinguo sono stati
più d'uno: "Non sono d'accordo: il mondo
politico e culturale francese ha a lungo di
battuto sull'episodio e la risposta è stata
unanime nel condannare le minacce".
Dopo aver ripetuto, ribadito e sottolineato
che con l'intimidazione non si discute
nemmeno, Sfeir decide di entrare nel
merito e non risparmia critiche. "Non mi
sento per niente in sintonia con quanto
scritto da Redeker : è sufficiente conoscere
un minimo l'islam per rendersi conto che il
suo intervento è pieno di pregiudizi. Anzi,
non valeva nemmeno la pena leggerlo quel
pezzo, ma dopo tutto è diventato fondamentale".
Alla domanda delle domande,
quella che poi dà il titolo alla tribuna di
Redeker, Sfeir come si sente di rispondere?
"Che cosa deve fare il mondo libero di fronte
alle intimidazioni islamiste? Semplice,
deve perseverare nel dialogo anche per
mostrare che lo scontro di civiltà non siamo
noi a volerlo, ma è uno spettro che gli islamisti
continuano a invocare". Chiacchiera con i tuoi amici in tempo reale! http://it.yahoo.com/mail_it/foot/*http://it.messenger.yahoo.com