dal Foglio
Il coraggio di Abu
Mazen |
|
|
Altro che tregua, il
rais all’Onu esige da Hamas il riconoscimento
d’Israele
| |
Abu Mazen ha dato prova
della sua caratura di leader con una coraggiosa iniziativa. Durante la sua
missione all’Onu ha ottenuto pieno e convinto appoggio al suo progetto di
un governo di unità nazionale con Hamas, non soltanto da parte di Russia,
Cina, Europa e Nazioni Unite, come era prevedibile, ma anche di George W.
Bush. Il rais palestinese ha dimostrato di esser riuscito a riorganizzarsi
dopo la sconfitta elettorale di gennaio. Di più, è andato in quelle
Nazioni Unite in cui Yasser Arafat si era presentato con la pistola ben
visibile nella fondina a dire che non ci sarà un governo d’unità nazionale
che non riconosca Israele. Ora, forte di questo supporto (con evidenti
ricadute economiche), Abu Mazen torna nei Territori, dove è puntualmente
costretto a registrare il ribadito rifiuto di Hamas ad accettare le
condizioni che la comunità internazionale continua a porre, soprattutto il
diritto di Israele a esistere. Hamas risponde infatti al coraggio di Abu
Mazen con il solito stile: con la complicità della guardia personale del
premier Haniye – come denuncia il generale Tawfik Tirawi, fedele ad Abu
Mazen – uccide Jad Tayeh, capo dei servizi a Gaza; poi, con Ahmed Youssef,
portavoce di Haniye, sconfessa gli impegni presi a New York dallo stesso
Abu Mazen: “Nel suo programma politico il governo di unità nazionale non
riconosce Israele”; infine rilancia la proposta di una “tregua di
cinque-dieci anni”. Com’è ovvio, Israele rifiuta questa “hudna”. Ora Abu
Mazen deve decidere la prossima mossa.
Elezioni?
|
|