I GESUITI AMERICANI CONTRO I NEO-CON



DIO LI PERDONI PER LO STUPRO DELL’IRAQ

 

Articolo di giornale “IL GIORNO” del 15 Gennaio 2006 - pag. 25

 

di Giorgio Acquaviva

 

Definiscono "stupro" quanto sta succedendo in Iraq e parlano sen­za mezzi termini di iIIegalità internazionale. i gesuiti statunitensi rac­colti attorno alla casa editrice IHS-Press "Light in the Dark­ness" (Luce nel Buio). Ma non so­no soli, perché nei giorni scorsi la conferenza dei vescovi Usa ha pre­sentato a Casa Bianca e Congresso un documento di otto pagine in cui si chiede che le truppe rimangano in Iraq «solo quanto serve per una re­sponsabile transizione, meglio pre­sto che tardi per la loro partenza». La storia inizia nei mesi preceden­ti l'invasione del paese mediorien­tale quando, forse sorpresi dalla vi­rulenza della campagna ideologica dei conservatori, i cattolici d'Oltre­oceano rimasero sulla difensiva. Ma ben presto ci si rese conto del pericolo che derivava dal lasciare libero campo ad un presidente che si autoproponeva come "cristiano" e pronunciava senza pudore la pa­rola "crociata". E i gesuiti decise­ro di dare voce alle critiche al prin­cipio della "guerra giusta" su cui Bush e i suoi consiglieri poggiava­no la giustificazione dell'attacco preventivo. Accademici, studiosi, giornalisti, commentatori di diver­sa tendenza politica accettarono la richiesta e nacque un primo volu­me, dal titolo "Neo-Conned!", una forma verbale di grande impat­to comunicativo, che descrive l'''essersi fatto neo-con (conservato­re)".

Man mano 'che il tempo passava, però, dalle operazioni militari in Iraq e dal retroterra politico di Washington emergevano elementi inquietanti, mezze verità, imbaraz­zanti scaricabarile, rapporti insani con la stampa, conflitti di interes­si, violazioni palesi e arroganti del diritto umanitario... I gesuiti si ri­misero al lavoro sfornando - in corsa - un secondo volume ("Neo-Conned, again!"), ancora più duro e radicale. Si parla della guerra come di un crimine di prim'ordine e si esamina ''l' ipocrisia e l'ille­galità della con­dotta anglo­americana".

Il primo volu­me contiene ar­gomentazioni stringenti da parte di consiglieri come Jude Wanniski (che lavorò con Reagan) o politici come Patrick Buchanan (per due volte candidato alle pri­marie repubblicane), o di conserva­tori da sempre contrari a questa guerra per ragioni di principio o morali. Ma gli interventi più duri vengono dalla cosiddetta "venera­bile tradizione" della Chiesa, se­condo la quale "Might is not Ri­ght" (frase che utilizza un gioco di parole, dal momento che "Right" può essere il sostantivo "diritto" o l'aggettivo "giusto"; come dire che la forza non equivale al diritto e che non necessariamente è giusta). Si affida poi nientemeno che alla penna dell'ultraconservatore padre Juan Carlos Iscara, della Confrater­nita di San Pio X (quella di Marcel Lefebvre) la dimostrazione che "la guerra preventiva è sempre immo­rale", in quanto la guerra è giustifi­cabile solo come autodifesa. In ef­fetti però è l'intero magistero re­cente, dalla enciclica Pacem in Terris di Giovanni XXUI, fino alle elaborazioni più recenti di Giovan­ni Paolo II, che ha teorizzato la ne­cessità di condannare del tutto il ri­corso alla guerra. La quale in ogni caso - sostenne Wojtyla - non ri­solve mai i problemi, semmai li complica.

Il secondo volume è, in qualche modo, ancora più drastico, proprio perché è stato elaborato dopo aver constatato che non ci si poteva li­mitare a obiezioni di principio, e che queste non intaccavano la sicu­rezza ideologica con cui l'ammini­strazione Usa portava avanti la campagna irachena. Già la dedica inizia­le la dice lun­ga: si rivolge "Ad Deum lu­stitiae" e cita "le migliaia di morti e feriti iracheni, le lo­ro famiglie e l'intera nazione, culla della civiltà - tutti vittime della tra­gica e diabolica aggressione an­glo-americana", aggiungendo "le vedove e gli orfani britannici e americani i sui cari sono stati sacri­ficati sull'altare vano della più cini­ca ragion di Stato" e terminando con "George Bush,Tony Blair, Di­ck Cheney, Richard Perle, Donald Rumsfeld, Paul Wolfowitz, e tutti gli altri ideologi e ipocriti, alcuni famosi, altri oscuri, che hanno or­chestrato l'ingiusta e !'inutile guer­ra in Iraq". Per tutti loro si "implo­ra Dio di avere pietà delle loro ani­me per l'oceano di sangue innocen­te che hanno versato nella realizza­zione delle loro ambizioni e incu­bi.   

Si affronta il nodo del fattore-pe­trolio e si attacca frontalmente l'lm­postazione politico-ideologica del dopo 11 Settembre, quando il Con­servatorismo planetario prese la guida delle operazioni e manipolò - secondo i gesuiti Usa - anche l'inerzia di settori religiosi cristia­ni. Un capitolo è dedicato al "non­senso" della guerra preventiva nel­la logica del diritto internazionale, che ha prodotto un "effetto-palla­ di-neve" con i casi di Guantana­mo, di Abu Grahib e di tutto ciò che è emerso nel lato oscuro delle operazioni militari. Dov'è la "Rule of Law" voluta dai Padri Fondato­ri? E che dire dell'uso distorto e compromesso di parte dei mezzi di comunicazione nel nascondere, dissimulare, giustificare?

Non c'è però da cedere allo scon­forto. Perché finché c'è la possibili­tà di pubblicare e far circolare ma­teriale di questo genere vuol dire che c'è speranza. Certo, sarebbe bello che si facesse avanti un edito­re anche qui da noi e decidesse di pubblicare in italiano i due volu­mi.