Recensioni: Intervento umanitario e missioni di pace. Una guida non retorica.



> Sono lieto di inviarvi due recenti recensioni al mio
> libro. Nel ringraziarvi dell'attenzione spero di
> ricevere i vostri commenti sul volume  
> Prof. Marco Mayer
> 
> Indirizzo università:
> http://www.operatoriperlapace.unifi.it/email.php
> Riferimenti editore: 
>
http://www.carocci.it/carocci/servlet/LoadPageNet;jsessionid=98D8185A881B1CD88E359C2013AEAEDC?page=32&init=first&site=carocci&act=scheda&cod=3087
> 
> RECENSIONI
> 
> da:
> Galileo net 
> http://www.galileonet.it/
> 
> 
> Marco Mayer Intervento umanitario e missioni di
> pace.
> Una guida non retorica
> Carocci, 2005 pp. 198, euro 12,30
> 
> Sei un operatore di pace che muove i primi passi nel
> settore? Vuoi prepararti al contatto diretto con la
> realtà in cui dovrai operare? Inizia a creare una
> rete
> di fiducia attraverso le persone più vicine, per
> esempio con il vicino di casa o con il venditore del
> mercato, per poi passare a interlocutori
> privilegiati.
> E guai a barricarsi in ufficio dietro una scrivania.
> È
> uno dei tanti consigli che si possono trovare nel
> volume di Marco Mayer edito da Carocci, un vero e
> proprio "vademecum" del vasto universo delle
> operazioni di pace che prende spunto dall'esperienza
> sul campo. L'autore, infatti, come funzionario delle
> Nazioni Unite è stato dal 1999 al 2002 in Kosovo,
> dedicandosi a temi sensibili presso le
> amministrazioni
> regionali Onu di Pec/Peja e Mitrovica. Non per
> questo
> il suo intento è solo didattico, perché oltre a
> essere
> una guida per i giovani che vogliono o hanno già
> intrapreso questa avventura, il libro è un'analisi
> critica che offre una panoramica sulle attività di
> peacekeeping di ultima generazione analizzandone
> anche
> i difetti.
> Come si legge nella premessa "il filo conduttore è
> cercare di smitizzare i luoghi comuni intrisi di
> retorica che circondano il settore, proponendo
> immagini realistiche in modo da rafforzare le
> capacità
> critiche dei futuri operatori". Mentre i primi due
> capitoli offrono al lettore dei suggerimenti su come
> accostarsi all'attività sul campo e agli attori
> locali, e descrivono le figure professionali con cui
> ci si troverà a collaborare, con i due capitoli
> successivi si entra nel vivo del discorso. Qui,
> infatti, Mayer spiega come funzionano e si
> sviluppano
> i percorsi di mediazione, che sono la parte più
> rilevante delle operazioni di pace. Tra quelli
> gestiti
> e promossi da attori ufficiali, cioè Stati o
> organizzazioni internazionali, emerge la
> predominanza
> a livello internazionale degli Stati Uniti, il cui
> tentativo di esportare indifferentemente in
> qualsiasi
> contesto una 'democrazia multietnica' è molto
> contestata nel volume. Come anche l'eccessiva
> attenzione dell'opinione pubblica mondiale alla
> lotta
> al terrorismo dell'amministrazione Bush, che oscura
> gli altri conflitti etnici del pianeta, veri focolai
> di rischio per la sicurezza globale.
> Infine, il volume analizza le specificità dei
> diversi
> settori del peacekeeping: il lavoro delle fasi
> postbelliche, la fornitura di aiuti, la garanzia
> dell'ordine, della sicurezza e della libertà, la
> ricostruzione di un governo democratico, del tessuto
> amministrativo ed economico e la tutela dei diritti
> umani. Tutti questi ambiti sono strettamente
> correlati
> tra loro, spiega Mayer, ma la comunità
> internazionale
> sembra non capirlo e procedere a compartimenti
> stagni.
> A dispetto del gran parlare di "interagency
> coordination", cioè di interazione tra gli attori
> internazionali per assicurare un'efficace strategia
> di
> approccio ai problemi, sono i conflitti tra le
> organizzazioni o con gli Stati nazionali a farla da
> padrone. Un limite strutturale e burocratico che può
> compromettere seriamente l'immagine complessiva
> delle
> operazioni di pace.
> 
> Roberta Pizzolante
> 
> -------------------------------------------
> 
> 25 Luglio 2005
> 
> UN LIBRO, per cominciare Autore: Marco Mayer Titolo:
> INTERVENTO UMANITARIO E MISSIONI DI PACE Carocci ed.
> 
> Una guida per orientare consapevolmente chi decide
> di
> lavorare nei teatri di guerra
> 
> Manuale di pace
> 
> Recensione di Eugenia Palazzetti
> 
> Dalla distribuzione degli aiuti umanitari alla
> promozione dei diritti umani, uno sguardo sui
> meccanismi interni alle organizzazioni
> internazionali
> 
> Bastano un esame e la curiosità per fare il
> giornalista? L'amore per gli animali per scegliere
> veterinaria?. E una laurea in diritto internazionale
> per diventare operatori di pace? No. Lo ha ben
> chiaro
> Marco Mayer che nel suo "Intervento umanitario e
> missioni di pace" affronta la delicata questione
> della
> formazione di quanti desiderano intraprendere una
> delle tante professioni legate alle operazioni di
> pace. Appurato che l'entusiasmo non basta, che
> l'idealismo il più delle volte, rischia di rendere
> troppo intransigenti, che anche un corso di studi
> specialistici non è sufficiente, l'autore disegna il
> suo "itinerario" virtuale e virtuoso del moderno
> operatore.
> Utilizzando la sua vasta esperienza sul campo (in
> particolare nei Balcani) ed esponendo l'andamento
> delle più recenti missioni (Somalia, Timor Est,
> Afghanistan, Iraq), Mayer chiama in causa errori,
> modelli, visioni, a volte "vittorie", che più di
> tanti
> discorsi sono in grado di accompagnarci all'interno
> di
> meccanismi complicati e ambigui. Non un processo, ma
> uno sguardo lucido su scenari estremamente delicati.
> Al centro dell'attenzione i conflitti inter e
> intra-etnici, i più difficili da gestire ma anche
> quelli che negli ultimi anni sono stati alla base di
> circa novanta guerre, dalle più note a quelle
> dimenticate.
> Già perché dalla caduta del muro di Berlino tante
> cose
> sono cambiate e ciò che un tempo si richiedeva ai
> professionisti del settore oggi non basta più.
> "Durante il bipolarismo chi lavorava per le
> organizzazioni internazionali aveva alle spalle una
> formazione rigidamente orientata all'esercizio di
> funzioni 'notarili', di osservazione 'imparziale',
> di
> 'inerte' interposizione tra le parti, di controllo
> di
> aspetti puramente procedurali e protocollari".
> Viceversa, negli anni Novanta "si viene affermando,
> sia pure in forme molto confuse e spesso incoerenti,
> una maggiore propensione a un intervento attivo di
> carattere esterno" accompagnata "da una varietà di
> fenomeni che vanno dalla proliferazione dei soggetti
> -
> internazionali, regionali, intergovernativi,
> governativi e non governativi - che premono per
> l'azione, peraltro in perenne competizione tra di
> loro, al forte ampliamento dei settori e delle aree
> di
> intervento, alla nascita di nuove funzioni e figure
> professionali, all'aumento esponenziale della quota
> di
> personale internazionale, umanitario, civile e
> militare, dislocato sul terreno".
> Insomma un orizzonte del tutto cambiato. Del resto
> prima "chi avrebbe pensato alla possibilità che un
> funzionario di carriera Onu, addetto al protocollo,
> si
> ritrovasse a doversi improvvisare sindaco o
> assessore
> al Bilancio di un comune dei Balcani o a Timor
> Est?".
> Ovvio, di conseguenza, che "alla complessità dei
> nuovi
> percorsi professionali debba simmetricamente
> corrispondere una struttura poliedrica e innovativa
> del 'paniere formativo'".
> "Se la confidenza con l'inglese e con il computer
> sono
> supporti essenziali", assumono importanza
> fondamentale
> "la ricezione e la decodificazione dei segnali non
> verbali", la familiarità con le tradizioni etniche,
> la
> storia, la psicologia degli attori coinvolti. Oltre
> ad
> una buona formazione in diritto internazionale,
> l'attenzione deve rivolgersi soprattutto
> all'apertura
> mentale, alla flessibilità, alla diplomazia, agli
> aspetti politici, psicologici, investigativi e ad un
> certo grado di disincanto. Soprattutto per non
> restare
> ostaggio delle logiche che muovono le opposte
> fazioni,
> per evitare "da un lato l'eccesso di comprensione e
> solidarietà, dall'altro la tentazione di demonizzare
> le comunità locali" e per essere pronti a misurarsi
> quotidianamente con l'inevitabile "binomio
> onnipotenza/impotenza".
> A organizzazioni internazionali altamente
> burocratizzate e in parte impreparate, dopo anni di
> congelamento, al lavoro sul campo, si contrappongono
> oggi scenari che pretendono interventi rapidi,
> agili,
> di ingerenza. Non è un caso, del resto, che i
> maggiori
> problemi emergano non tanto nella (rodata) fase
> dell'elargizione di aiuti umanitari in casi
> emergenziali, quanto la gestione del dopoguerra,
> quando si impongono impellenti necessità di
> ricostruzione (delle case, dei confini, delle
> istituzioni), di pacificazione delle fazioni in
> lotta,
> di bonifica del territorio.
> Interessante, e imprescindibile ai fini della
> comprensione del contesto politico in cui ci si
> muove,
> anche l'esposizione del diverso approccio di Stati
> Uniti ed Europa rispetto alle problematiche
> sollevate
> dai conflitti di natura etnica, laddove
> all'imperativo
> statunitense dell'integrazione, del "modello melting
> pot" (cui consegue un'eccessiva semplificazione
> della
> situazione ed il carattere prettamente residuale
> delle
> azioni a favore delle minoranze oppresse) si
> contrappone la "dimensione valoriale" europea, in
> cui
> prevalgono maggiormente "le componenti umanitarie e
> dell'aiuto allo sviluppo, della non violenza e della
> ricostruzione".
> Mayer non si sottrae neanche al dilemma principe che
> accompagna ogni intervento: è sempre necessario
> l'uso
> della forza? O meglio, "ogni azione non violenta
> (diplomazia realistica in primis) che tenta di
> indebolire, spiazzare e isolare i sostenitori della
> guerra è sicuramente benvenuta, ma può bastare da
> sola? E, allo stato dei fatti, "l'unica valutazione
> che possiamo esprimere è che è difficile escludere
> per
> principio il dispiegamento di una forza
> multinazionale
> di stabilizzazione, quanto meno quella necessaria a
> predisporre un ombrello di sicurezza e a condurre
> funzioni che potremmo definire (anche se con un po'
> di
> ipocrisia) 'operazioni di polizia internazionale'".
> Difficile tentare di esporre gli infiniti spunti di
> riflessione che questa "guida non retorica" suscita.
> I
> tanti suggerimenti (da un maggiore coordinamento tra
> civili e militari, all'invito ad una maggiore
> valorizzazione della creatività), le mille
> angolazioni
> da cui osservare i teatri di guerra, le appassionate
> polemiche contro la superficialità dei media,
> l'imprudenza delle ONG, gli errori di organizzazione
> (vedi l'elevato turn over degli operatori) e di
> gestione di casi tristemente noti (Somalia).
> Quello che lascia è forse un panorama ancora più
> confuso, ma anche un'intensa voglia di conoscere di
> più e meglio. E per un libro con dichiarati intenti
> di
> formazione è questo il risultato migliore.
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