Gri gri, le diable. Darfur, la follia della guerra



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Darfur / Sudan occidentale
Gri gri, le diable. Darfur, la follia della guerra

Di Emilio Manfredi

Suleiman sta seduto al centro della tenda, appoggiato al palo centrale che
ne sostiene la struttura. Sopra di lui, dei teli tenuti assieme da corde
riparano dal calore e dalla luce accecante della giornata. Accanto a lui,
suo fratello, Icham, osserva gli ospiti e li invita ad entrare. Due passi
avanti e Nassour, autista ed interprete, fa cenno di no con il capo e rimane
fuori. "Gri gri" dice Nassour, "Gri gri, le diable, non entrare, ti prego,
non va bene". È visibilmente scosso e accetta di avvicinarsi solo dopo molte
insistenze. Suleiman è sempre lì, poggiato al palo, seduto. Ma ci è legato,
a quel pezzo di legno. Da una grossa catena di ferro, di quelle che si usano
per chiudere i cancelli nelle nostre campagne, chiusa da un pesante
lucchetto. E si capisce perché Nassour non voleva che si facesse questo
giro. Grida, urla e sputa, Suleiman. Dice cose che nessuno capisce, non
parole ma versi incomprensibili anche per i familiari. Guarda fisso negli
occhi e urla ancora. Il fratello, visibilmente imbarazzato, spiega che
Suleiman ha circa 35 anni, coltivava della terra ed aveva degli animali
nella regione di Karnoi, nello Shamal Darfur, nel nord. Vivevano nel
villaggio tutti assieme. La classica famiglia allargata tipica di queste
aree con economie spesso al limite della pura sussistenza.

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