nuovo libro inchiesta su 11 settembre, finanza, iraq....



A più di due anni di distanza dagli attentati dell’11 settembre e due guerre che hanno insanguinato e reso meno sicuro il nostro pianeta, molti dubbi e perplessità su quegli eventi che hanno sconvolto il mondo restano. A fine gennaio in libreria troverete “Il Sacrificio” edito da Colibrì Milano; il nuovo libro di Massimo Ragnedda che parte da un’analisi attenta e scrupolosa della versione ufficiale raccontata sugli attentati alle WTC e mette in evidenza le sue incongruenza e contraddizioni, esaminando l’altra faccia del terrorismo, quello finanziario, che ha dato luogo alle operazioni di inside trading, cioè di speculazione sulla base di conoscenze pregresse relative agli attentati dell’11 settembre. Analizza inoltre il ruolo dei Think Tank americani e di personaggi quali Brezinsky e Kissinger, la struttura oligarchica dei media internazionali e il ricatto delle lobby petrolifere e belliche nei confronti dell’amministrazione Bush. Nell’ultima parte viene esaminata la nuova situazione geopolitica e geostrategica del pianeta dopo il sacrificio dell’11 settembre, con l’installazione di nuovi apparati militari nel cuore della terra, con nuove e importanti basi a ridosso del futuro e grande nemico cinese (dove mai erano arrivati i militari a stelle e strisce) e la conquista dell’Iraq, trasformato in protettorato USA e cavallo di Troia per il ridisignamento del Medio Oriente.
Introduzione del nuovo libro di Ragnedda

Il sacrificio.
di Massimo Ragnedda, edito da Colibrì, Milano

INTRODUZIONE

Io so. Ma non ho le prove.
Non ho nemmeno indizi.
Io so perché sono un intellettuale,
uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò
che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive,
di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace;
che coordina fatti anche lontani, che rimette
insieme i pezzi disorganizzati e frammentati in
un intero coerente quadro politico, che ristabilisce
la logica dove sembrano regnare
l’arbitrarietà, la follia e il mistero.
Pier Paolo Pasolini


Niente sarà più come prima. È questa la frase che ci ha accompagnato ossessivamente dopo gli attentati alle Twin Towers e al Pentagono dell’11 settembre 2001.
Quel giorno il mondo è cambiato davvero. Da quel dì la paura, il terrore, il senso di impotenza sono entrate nelle case di tutti noi.
Non si ha la pretesa di scoprire una verità certa sui fatti che stanno dietro agli attacchi terroristici alle Torri Gemelle e al Pentagono e in realtà non si sa quale sia, né se ci sia, un’unica verità sui fatti dell’11 settembre. Di certo si può dire che la versione fornitaci dalle autorità statunitensi, presenta delle anomalie che qui vengono affrontate. Molte sono le cose non chiare e le circostanze che appaiono contraddittorie, e sospetti gli intrecci fra i protagonisti di questa tragica vicenda. Colossali sono inoltre gli interessi economici, geo-politici e strategici che si celano dietro.
Questo testo, scritto molti mesi dopo gli attentati, è frutto di un’analisi, il più possibile fredda e distaccata. L’obiettivo è quello di invitare i lettori ad una analisi critica della realtà e della storia aiutando e incoraggiando il libero esercizio del dubbio, rispetto ad una verità che appare preconfezionata.
Troppo in fretta sono stati trovati i colpevoli, troppe lacune nello svolgimento delle indagini e troppo unanime il consenso intorno agli Stati Uniti e al gruppo di potere che li governa. Infinite sono le domande che finora non hanno trovato il giusto spazio né sulla stampa né dentro le istituzioni democraticamente elette.
Sospetto è apparsa fin dall’inizio la linearità con la quale ci è stata raccontata l’intera vicenda, nonostante la sua complessità di rapporti e di circostanze.
Si analizzano i fatti dell’11 settembre, le storie personali e professionali dei protagonisti, il ruolo dei media, le implicazioni che questa vicenda ha prodotto e i precedenti storici che inducono a non scartare aprioristicamente nessuna ipotesi.
Si dà risalto alla versione ufficiale, certi come si è, che essa da sola basterebbe a far sorgere dubbi. Sembrerà paradossale, ma gli aspetti più inverosimili della vicenda sono stati trovati proprio nei siti dell’FBI, nelle pagine on-line della CIA, nei briefing del Pentagono, e nei discorsi del Presidente Bush e del suo entourage.
Chi ha tratto un reale vantaggio dall’azione terroristica? Cui prodest?
Chiunque progetti un attentato conosce ciò a cui va incontro, quali saranno gli effetti e le possibili reazioni di chi è stato colpito. Questo genere di analisi non è stata approfondita nonostante sia una delle chiavi di lettura dell’11 settembre. Chiunque abbia organizzato quegli attentati, lo ha fatto pensando che quel sacrificio sarebbe stato premiato. Chi ha terrorizzato il mondo con quelle stragi, crede necessariamente in una causa superiore. Chi siano gli organizzatori e quale sia questa presunta causa superiore non lo sappiamo con certezza ma dubbi su quello che ci è stato raccontato restano.
Il generale delle forze armate italiane, Fabio Mini, esita a identificare bin Laden come il regista degli attentati. “Non credo sia stato bin Laden […] Questa è roba da geni della politica, della strategia e della guerra”.
Questo lavoro di ricerca tenta di spiegare perché quegli attentati in realtà furono estremamente funzionali ai disegni egemonici dell’amministrazione Bush. Il fatto che siano funzionali non significa necessariamente che siano stati appositamente preconfezionati, ma semplicemente che quegli attentati hanno agevolato e facilitato la dottrina Bush.
Il piano di invasione dell’Afganistan era già pronto prima dell’11 settembre. A guerra finita gli USA sono riusciti a sistemare cinque nuove basi militari, proprio a ridosso di quello che è già definito dagli statunitensi il nemico numero uno del prossimo futuro: la Cina. Pensiamo alla costruzione della megabase in Kirghizistan a mille chilometri dall’Afganistan, proprio a ridosso del colosso cinese, da cui si possono colpire le principali installazioni balistiche e nucleari del “celeste impero”.
Inoltre una lettera inviata il 26 gennaio 1998 da alcuni esponenti di un centro studi americano al Presidente Clinton, testimonia la “necessità” di scatenare un’offensiva militare contro l’Iraq. Si sottolineava la pericolosità di Saddam Hussein, non tanto per i paesi vicini, quanto per la sua politica poco incline ai diktat statunitensi. Le persone che firmarono quell’appello - Cheney, Perle, Wolfowitz, Rumsfeld, Bolton, Armitage ecc… - oggi compongono l’ala più conservatrice dell’amministrazione Bush. Quella lettera è stata elaborata in seno al “think tank” (serbatoio di idee) di estrema destra denominato “Project for New American Century” (PNAC), che si prefigge come obiettivo primo, quello di portare la leadership statunitense nel mondo, poiché ritenuta un bene per l’America e per l’umanità. L’amministrazione Bush è guidata da reazionari e fanatici religiosi di estrema destra, profondamente convinti che il dominio statunitense del pianeta costituisca un vantaggio per il mondo stesso.
Gli USA mirano a conquistare militarmente, economicamente, culturalmente e ideologicamente il mondo. Bombardano e occupano nuovi territori, riscrivono libri di storia da mandare in Afganistan e in Iraq, finanziano nuove televisioni che diffondano i modelli e i valori statunitensi nel mondo… Il tutto si inserisce in un ampio e lucido progetto a medio e lungo termine.


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