Sud Kivu + Uganda + Burundi + Sud Sudan + Liberia + Abidjan



Chiama l'Africa News - 8 settembre 2003
NOTIZIE DAL CONTINENTE

CONFLITTI
Sono ancora tanti i focolai di tensione che agitano il continente, anche
se in alcuni casi si apre un varco nella faticosa ricerca della pace.
Alla ripresa della nostra attività sentiamo prima di tutto il dovere di
sintetizzare gli ultimi sviluppi su quanto accade nelle principali aree
di crisi, avvalendoci del prezioso lavoro svolto dai redattori di
www.warnews.it. Riportiamo qui di seguito degli abstract dalle ultime
notizie pubblicate, invitando chi volesse approfondire o leggere per
intero i rispettivi articoli, a visitare direttamente il loro sito.

Dalla Repubblica Democratica del Congo giunge solo ora la notizia che
miliziani burundesi del FNL (Forze nazionali di liberazioni) avrebbero
attaccato il 24 agosto scorso il villaggio di Rusabagi nella provincia
del South Kivu nella parte orientale del paese, ai confini con il
Burundi. Il bilancio sarebbe di almeno una dozzina di morti, mentre
secondo le testimonianze raccolte da una ONG, Heritiers de la Justice, i
morti sarebbero diciannove. L'attacco avveniva proprio nel giorno in cui
il nuovo parlamento nato dagli accordi di pace firmati lo scorso aprile
a Sun City si insediava a Kinshasa con una solenne cerimonia. In
un'altra regione martoriata dalla guerra, quella dell'Ituri nella parte
nordorientale della Repubblica Democratica del Congo, dove continuano le
contese territoriali tra le diverse fazioni sulla pelle di migliaia di
civili, sono giunti questa settimana 2500 uomini della forza
internazionale dell'ONU che ora presidiano stabilmente la regione al
confine con Uganda e Sudan. I caschi blu hanno preso le consegne dagli
uomini della Interim Emergency Multinational Force (IEMF), guidata dalla
Francia, che erano nella regione da maggio per cercare di fermare le
violente lotte tra ribelli filo-ruandesi e filo-ugandesi e milizie
tribali alleate delle forze governative congolesi. La MONUC (Missione
dell'Organizzazione delle Nazioni Unite in Congo) sta pianificando di
aumentare la presenza di caschi blu nella regione di Bunia fino a 5000
per fine ottobre.

Dal nord dell'Uganda, controllato dagli uomini di Joseph Kony, giungono
notizie di nuove razzie. Come riferiscono fonti della MISNA, i ribelli
avrebbero attaccato nella regione di Kitgum un campo di rifugiati
ugandesi, fuggiti dai propri villaggi proprio per sfuggire alle violenze
della LRA. La guerra civile tra LRA, il cui leader Joseph Kony,
autoproclamatosi profeta, lotta per instaurare nel paese un regime
basato sui dieci comandamenti biblici, e le forze governative è iniziata
alla fine degli anni '80 e da allora ha provocato migliaia di morti e
centinaia di migliaia di sfollati, soprattutto nelle regioni del nord
del Paese. E purtroppo anche migliaia di rapimenti di minori che vengono
poi costretti a diventare piccoli soldati, se maschi, oppure schiave
sessuali dei ribelli se femmine (si dice che Kony abbia una sessantina
di mogli-schiave); solo nell'ultimo anno si contano 8400 bambini rapiti.

Sono terminati giovedì scorso in Sudafrica dopo tre giorni i colloqui
tra il Presidente del Burundi, l'Hutu moderato Domitien Ndayizeye ed il
leader delle FDD (Forze per la difesa della democrazia) Pierre
Nkurunziza. Fonti ufficiali del facilitatore diplomatico per il processo
di pace, il Presidente del Parlamento sudafricano Jacob Zuma, hanno
dichiarato che è stato fatto qualche progresso nella definizione di una
tregua dei combattimenti e per la consegna delle armi da parte di queste
forze ribelli. Il Presidente Zuma ha inoltre affermato che si sta
preparando il terreno per la prosecuzione dei colloqui di pace in
Burundi stesso, con l'obbiettivo di fermare una strage che negli ultimi
decenni ha provocato più di 300.000 vittime. Il decennio appena passato
di guerra ed in particolare gli ultimi scontri di quest'estate hanno
provocato un fiume di profughi dalle zone di combattimento e un'
allarmante crisi umanitaria.

Mentre nel sud Sudan, nonostante la tregua abbia subito numerose
violazioni, sembra faticosamente aprirsi uno spiraglio di pace (i
colloqui veri e propri - in cui si dovrà discutere di questioni di
grande importanza quali spartizione del petrolio meridionale e
suddivisione dei poteri e degli eserciti tra nord e sud - riprenderanno
il 10 settembre), nuovi timori sorgono per le crescenti violenze nella
provincia del Darfur, regione desertica situata nel nord-ovest del
Paese, ed abitata per lo più da tribù islamico-animiste nomadi. Negli
ultimi anni quest'area è stata al centro di una campagna di repressione
da parte del regime, che ha cercato di stabilirne il controllo
utilizzando il pugno di ferro, tramite rastrellamenti, arresti e
condanne a morte di oppositori, oltre ad abusi sulla popolazione civile
da parte dell'esercito stesso o di squadre paramilitari. I ribelli
dell'SLM/A (Sudan Liberation Movement/Army), attivi nella regione
nordoccidentale del Darfur, hanno firmato un cessate-il-fuoco della
durata di sei settimane con il governo centrale di Khartoum; l'accordo è
stato siglato nella città di Abeche, nel Chad, situata a circa 300 Km
dalla frontiera con il Sudan. Ma purtroppo i progressi sul campo
diplomatico non si ripercuotono sulla difficilissima situazione vigente
nella provincia.

Dopo l'uscita di scena di Charles Taylor, l'ex presidente in esilio
dall'11 agosto in Nigeria, continuano in Liberia gli scontri, i
saccheggi e le rappresaglie sui civili. Le truppe dell'Ecomil (i
peacekeepers inviati dalla Comunità economica del'Africa occidentale)
hanno iniziato a pattugliare le regione centro settentrionali del paese
per consentire ai 60 mila sfollati di ritornare ai campi profughi. Sul
fronte diplomatico proseguono i segnali di disgelo: uno dei capi ribelli
del Lurd, Sekou Fofana, ha incontrato il ministro delle difesa Daniel
Chea riferendo di "colloqui piuttosto cordiali". Ad ottobre un nuovo
governo di transizione sarà formato per traghettare il paese alle
elezione del 2005.

Giro di vite ad Abidjan (Costa d'Avorio) contro i presunti golpisti
coinvolti nell'affare "Ib" Coulibaly, sergente capo delle forze ribelli
dal 27 agosto in manette a Parigi, accusato di voler assassinare il
presidente Laurent Gbagbo. Sarebbero circa 100, lo rivela l'associazione
per i diritti umani Midh, le persone finite sotto chiave nella capitale
ivoriana, mentre si intensifica la sicurezza con il pattugliamento di
blindati lungo le strade delle principali città. La tensione cresce a
dismisura e mette in bilico gli accordi di Marcoussis (gennaio 2003),
messi in atto a marzo, con i quali si sperava di voltare pagina dopo 8
mesi di crisi politica militare. Ma il paese resta diviso a metà: a nord
sotto le insegne ribelli, ora chiamate Forces Nouvelles con 9 dicasteri
nell'esecutivo ivoiriano, e a sud nelle mani del governo e dei
fedelissimi di Gbagbo.
Fonte: www.warnews.it

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redazione a cura di Paola Luzzi