[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
Operazione Colomba Rafah 12.11.02
- Subject: Operazione Colomba Rafah 12.11.02
- From: Lorenzo Salvadorini <lorello at chiodofisso.org>
- Date: Fri, 15 Nov 2002 12:16:35 +0100 (CET)
- Organization: Centro di Calcolo - Dipartimento di Informatica di Pisa - Italy
From: Fabri Bellini <ibrizie at hotmail.com> Rafah 12.11.02 La parola buldozer non rende l'idea, forse con vicino l'aggettivo "grande" qualche cosa in più si capisce. Se dico che è anche corazzato forse si incomincia ad intuire che macchina pazzesca sia. A Rafah queste macchine stanno portando via una parte di cielo. Stanno costruendo un muro nero formato da spesse lastre metalliche alte almeno una decina di metri. E' pazzesco, dove la settimana scorsa c'era una casa ora ci sono solo macerie, è il primo stadio, poi tutto diventa deserto. I buldozer sono i principali artefici di questo macabro lavoro. Rafah è questo, è sofferenza, è assistere ad un funerale di un bambino che è stato ucciso dall'obice di un carro armato mentre viveva la sua infanzia deformata dove si dimenticano i giochi, il sorriso e i sogni. La rabbia che senti nell'aria durante un funerale, qui a Gaza, è faticosa da sopportare, le preghiere si mescolano agli slogan, i gruppi armati rendono omaggio al defunto sparando in aria colpi che partono da armi automatiche. Ti senti spettatore di uno spettacolo che magari hai visto in tv, ma esserci in mezzo è un'altra cosa, la salma viene trasportata a braccia e secondo l'uso mussulmano non c'è bara. Vedi la testa della piccola vittima muoversi a causa dei sobbalzi continui. Chi la sorregge è dentro un fiume di persone che si muovono in fretta, urlano, pregano, sparano, piangono. Poi arrivi al cimitero, la rabbia si placa o semplicemente si sposta. Noi ci muoviamo e torniamo nel posto dove le case scompaiono sotto la forza dei buldozer e dove una gru corazzata sta costruendo un muro nero che oscura il cielo: il "blocco O". Incontriamo una famiglia che ha pagato un forte contributo alla sicurezza di Israele. Il 17 ottobre due donne stavano sulla strada, si sentiva sparare da un po', ma questa è una triste normalità qui. Un tank israeliano, quel giorno però, si è parcheggiato in cima alla strada dove prima c'erano altre case ma ora c'è il deserto. Tre colpi ben assestati e la vita di sette persone finisce in un boato che lacera le carni. Le due donne sulla strada vengono colpite, la più anziana muore sul colpo, le sue carni sono straziate. La seconda, la più giovane, perde molto sangue e prima di spirare riesce a parlare con un parente. La sua morte è lenta e forse evitabile, ci impiega due ore, due ore aspettando un ambulanza che non può arrivare, le forze di sicurezza israeliane bloccano la strada. Saluti le donne fiere che ti hanno raccontato questa storia con un nodo alla gola. Rafah non è grande ma basta spostarsi di poco e ti trovi di fronte ad una promessa sposa che ti racconta di suo padre morto, colpito da un colpo di fucile, mentre usciva da una gioielleria dove si era recato per comprare l'anello nuziale di sua figlia. Questa sposa che non si è sposata, suo padre è morto e il matrimonio è stato rinviato, è bella. Il suo sguardo e il suo viso sono giovani ma i suoi occhi sono spenti, racconta di aver sentito il richiamo della polizia palestinese a evacuare l'area ma che suo padre non ha nemmeno fatto in tempo a girare la chiave nel quadro: un colpo in testa. "Non era armato, non stava sparando sulle difese israeliane" racconta la giovane figlia con il suo chador nero in testa. Il padre era stato uno sportivo oltre che un uomo dell'Olp. Negli anni sessanta una squadra calcistica israeliana gli aveva proposto di giocare con loro, al suo rifiuto è seguito un arresto. Queste sono le storie di Rafah e ad un certo punto non vedi l'ora di andar via lontano di dimenticare tutta questa disperazione e questi sguardi. La gente soffre, la sofferenza che nasce dall'occupazione e dalla mancanza di libertà alimenta dei difetti di fondo presenti in questa società e nella sua amministrazione. Quando vivi nella Striscia ci entri dentro in questi problemi che non si vedono a prima vista. Ci sono quelli di Hamas che un giorno decidono di uccidere un gerarca della polizia locale perché pare abbia usato metodi forti per reprimere alcune manifestazioni. Problemi interni, quest'uomo viene ucciso e la striscia si riempie di check point palestinesi (nulla a che vedere con quelli israeliani) che ti fanno capire che il reale controllo non lo ha nessuno. C'è poi la storia di un uomo e del suo gruppo di combattenti. Si guarda intorno e vede che gente che ha combattuto meno di lui occupa posti migliori. Si fa sentire, vuole la sua giustizia. Le autorità che ora lo vedono come una minaccia più che come un eroe lo vogliono trasferire a Gaza city dove sarebbe meno potente. Lui rinuncia e i suoi "uomini" lo seguono. Vengono tutti licenziati. L'autorità non paga più i loro servigi di soldati. L'uomo decide di fare qualche cosa di eclatante, forse prende ispirazione da qualche film americano. Rapisce tre attivisti stranieri venuti qui per cercare di supportare la gente che soffre. Lui, nelle dieci ore di rapimento, gioca a fare il galantuomo e offre la cena ai suoi tre "ospiti" mentre molte telefonate corrono sui telefoni dell'autorità. Tutto risolto, finisce a "tarallucci e vino", con la promessa della reintegrazione al posto di lavoro. Questo non avviene e allora un altro straniero, questa volta un funzionario della Croce Rossa Internazionale, si fa un paio d'ore in compagnia dell'uomo che vuole essere di nuovo un soldato regolare. Anche questa volta non c'è il carcere ad attendere l'uomo che ama così tanto la compagnia degli stranieri ma bensì la possibilità di passeggiare per la città senza problemi. In questo posto tutto si sta rompendo, i difetti dell'autorità che sono tipici di tutti gli stati in formazione sono diventate delle piaghe infette. Questo aiuta l'opera di chi non vuole che sulle carte geografiche ci sia scritto Palestina. Chi costruisce muri, check point che limitano il movimento, chi abbatte le case, chi guida i buldozer, sono tutti pezzi di un'oppressione che è un cancro cutaneo che si sta ormai propagando agli organi interni e sono sicuro che tutto questo rende felice Sharon e chi sogna la deportazione dei palestinesi. Quante cose si vedono e si imparano in un giorno a Rafah. Fabrizio www.operazionecolomba.org
- Prev by Date: Iraq: Campagna internazionale di pressione sul Consiglio di Sicurezza dell'Onu
- Next by Date: Operazione Colomba Gaza:POSTO STRANO
- Previous by thread: Iraq: Campagna internazionale di pressione sul Consiglio di Sicurezza dell'Onu
- Next by thread: Operazione Colomba Gaza:POSTO STRANO
- Indice: