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(Fwd) liberarsi da microsoft




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Date forwarded: 	Fri, 10 May 2002 05:54:32 +0200
Date sent:      	Thu, 09 May 2002 17:55:19 +0200
To:             	economia@peacelink.it
From:           	Andrea Agostini <lonanoda@tin.it>
Subject:        	liberarsi da microsoft
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il manifesto - 05 Maggio 2002  


Liberarsi da Microsoft
Numerosi paesi, sviluppati e no, migrano verso i sistemi operativi
open source F. C. Nei tempi più recenti è aumentato il numero di paesi
in via di sviluppo che hanno deciso di abbandonare i sistemi software
di Microsoft (Windows, Office e dintorni) per abbracciare invece il
software Open Source, proposto da aziende di distribuzione alternative
e di solito basato sul sistema operativo Linux. L'ultimo in ordine di
tempo è stato il Perù. Anche nei paesi sviluppati e ricchi, per altro,
la tendenza è a usare Linux in molte situazioni governative: nelle
università, in intere aree dell'Unione Europea, in diversi
dipartimenti o ministeri. Per Bill Gates è una tendenza allarmante,
che richiede perciò immediate contromisure. Un successo la Microsoft
l'ha spuntato in Messico: questo paese aveva deciso di far crescere la
propria cultura di base informatica e l'informatizzazione diffusa
proprio usando Linux, ma il progetto non era stato sviluppato
adeguatamente e così il mese scorso il governo messicano e la stessa
Microsoft hanno firmato un accordo di collaborazione di lunga durata,
che in sostanza annulla i precedenti progetti. Il risultato è stato
ottenuto grazie a un intenso lavoro diplomatico e anche grazie ai
buoni uffici del Dipartimento di Stato americano che ha per così dire
stretto nell'angolo il presidente messicano Fox.

Messico a parte, la tendenza dei paesi a liberarsi (o a ridurre) il
peso eccessivo dei prodotti Microsoft è evidente. Questo avviene sia
per motivi di costo (un sistema Linux completo, autoinstallante, costa
tra i 50 e i 100 dollari e le licenze sono multiple), sia perché al di
sopra della piattaforma Linux esistono ormai programmi applicativi
affidabili e quasi confrontabili con quelli Microsoft, sia perché si
tratta di software aperto: di esso i programmatori locali possono
vedere «cosa c'è dentro» ed eventualmente modificarlo secondo le
proprie esigenze e questa è una formidabile occasione di flessibilità
e personalizzazione.

Nessuna meraviglia dunque che molte delle parole offerte da Bill Gates
alla conferenza di Seattle con i funzionari governativi di tutto il
mondo siano state dedicate al ruolo dell'industria del software come
creatrice di ricchezza nazionale e al tema del software Open Source.
Nell'occasione Gates ha sviluppato questa teoria:

«L'approccio capitalistico» (alla generazione di ricchezza) prevede
che il software debba generare dei posti di lavoro e che la ricerca e
sviluppo dei governi debba fare altrettanto; perciò «la R&S deve
essere condotta in modo tale da poter essere commercializzata».

A prima vista la frase sembra arcana o ovvia, ma c'è un elemento
razionale sotto e c'è una paura, da parte dello stesso Gates, il quale
da qualche mese va conducendo un'azione di lobby e propaganda perché
il governo americano in primo luogo la smetta di finanziarie ricerche
software che vengono svolte sotto la filosofia dei sistemi aperti. E
come mai? Perché quando un software è Open Source, viene vincolato a
una speciale licenza d'uso, chiamata Gpl, la quale suona così: questo
software può essere liberamente diffuso, riprodotto e modificato, ma
non può essere appropriato da nessuno. In altre parole: se Microsoft
trova un dipartimento universitario che ha realizzato un ottimo
algoritmo per il riconoscimento vocale, lo può liberamente usare, ma
non può chiuderlo in un suo prodotto e venderlo come proprio.

Gates invece pensa che le università debbano liberamente sviluppare
idee e software - è un'ottima cosa dice - ma senza licenza Gpl, di
modo che una Microsoft di turno possa eventualmente acquistarlo e
commercializzarlo. In altre parole la mano pubblica deve operare al
servizio dell'ecosistema economico dell'Information Technology, e
quello che è pubblico (le idee, i programmi) deve diventare privato
per poter produrre ricchezza, privata e pubblica.

Il modello è coerente e finora ha funzionato, ma specialmente per
Microsoft stessa. Solo che oggi è in crisi e Gates lo sa: «Che bisogno
c'è di rendere aperto il codice sorgente di un sistema operativo?» si
è chiesto nell'occasione. Tutto quello che vi serve è che funzioni
bene, che sia standard e che non vi crei problemi.

Il fatto è che i problemi li crea (per esempio i bug di sicurezza e di
malfunzionamento), ma soprattutto che quando uno abbia esigenze
diverse, deve solo sperare che Microsoft prima o poi adotti le
modifiche sperate. Ma non può farci niente. Al contrario, un paese in
via di sviluppo che acquisti dei camion Toyota può sempre alzare il
cofano (aprire il codice), cambiare il carburatore, modificare
l'anticipo del motore, insomma adattare quei veicoli alle esigenze
delle sue strade e del suo clima. E' la cosiddetta legge di proprietà
per cui quando si acquista un bene se ne può fare ciò che si vuole. Ma
che non vale per il software, che non viene venduto, ma solo ceduto in
licenza d'uso, con rigida proibizione di aprirlo e toccarlo dentro. 





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