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(Fwd) N.E. Balcani #765 - Bosnia-Erzegovina
- Subject: (Fwd) N.E. Balcani #765 - Bosnia-Erzegovina
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- Date: Mon, 23 Feb 2004 17:54:34 +0100
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N.E. BALCANI #765 - BOSNIA-ERZEGOVINA
23 febbraio 2004
SREBRENICA: LA LETTERA NASCOSTA DA BOUTROS GHALI
(di Emir Suljagic - Dani [Sarajevo] 13 febbraio 2004)
Scandaloso: l’ex rappresentante di Venezuela presso il Consiglio di
Sicurezza della ONU rivela l’esistenza di una lettera che dimostra
come già nel 1993 le Nazioni Unite avessero pianificato la caduta di
Srebrenica
Diego Enrique Arria Saliceti, ex governatore di Caracas, ministro
delle informazioni e del turismo, nonché ambasciatore del Venezuela
presso l’ONU, nel burrascoso periodo tra il 1992 e 1993 rappresentava
il suo paese nel Consiglio di Sicurezza. Dopo aver testimoniato
davanti al Tribunale dell’Aja nel processo contro Slobodon Milosevic,
ha parlato a "Dani" della sua scoperta riguardante un grave
tradimento dei principi dell’ONU e ha descritto alcuni dei momenti
più bui nella storia di questa organizzazione
“La situazione nella enclave di Srebrenica sta peggiorando di ora in
ora. Gli ultimi rapporti che ho ricevuto dai miei collaboratori che
si trovano in questa zona sono terrificanti. Migliaia di persone
entrano nella città dalle zone circostanti sistematicamente attaccate
dalle forze serbe.”
Queste tre frasi suonano come migliaia di altre scritte nei messaggi
scambiati tra il 10 e l’11 di luglio 1995, il giorno della caduta di
Srebrenica.
Queste tre frasi, tuttavia, portano una data precedente: nel mese di
marzo del 1993 l'allora commissario dell’ONU per i profughi Sadako
Ogata ha inviato al segretario generale dell’ONU Boutros Ghali una
lettera commovente e allarmante sulla situazione a Srebrenica.
Tuttavia, questo documento interno dell’organizzazione è stato
accuratamente tenuto segreto per quasi 11 anni!! Nella lettera, che
"Dani" è riuscito a esaminare in esclusiva, Ogata avvertiva del fatto
che nella città assediata si stava verificando una vera catastrofe
umanitaria e che i suoi abitanti dovevano essere protetti contro
forze serbe che erano sempre più vicine alla città. “E' mia
convinzione che i leader mondiali devono venire a conoscenza di
questi eventi. Vorrei poter contare su di Lei per quanto riguarda la
questione”, ha scritto Ogata.
UNO DEI MOMENTI PEGGIORI DELL’ONU
Questo documento interno, che rappresenta uno dei primi accenni al
massacro che verrà commesso due anni più tardi, è stato scoperto per
puro caso. “Sono venuto a saperlo solo tre mesi fa”, dichiara per
“Dani” Diego Arria, l’ex ambasciatore del Venezuela presso le Nazioni
Unite e uno dei testimoni al processo di Milosevic.
“Questa lettera è stata dettata dalla pura disperazione, questo è
chiaro. Ogata in realtà ha mandato due lettere: la seconda è stata
indirizzata al Consiglio di Sicurezza, perché a quel punto aveva
pensato che noi fossimo a conoscenza della prima lettera. Questo lo
so, perché all'epoca avevo telefonato alla signora Ogata chiedendole
un aiuto tecnico per l’approvazione di una risoluzione effettiva che
riguardasse le zone di sicurezza, e non la Risoluzione 836, che aveva
creato le condizioni per quello che dopo è avvenuto a Srebrenica.”
Arria è uno dei rari insider, testimoni del vergognoso ruolo delle
Nazioni Unite durante l’aggressione alla Bosnia Erzegovina, che sono
disposti a parlare apertamente di quel periodo e di rivelare il fatto
che le vere informazioni sulla Bosnia arrivavano solo ad alcuni ben
selezionati paesi membri dell’ONU. “ La cosa scioccante è il fatto
che il Segretariato dell’ONU abbia partecipato all’occultamento di
crimini, visto che non condivideva con i membri provvisori del
Consiglio di sicurezza le informazioni di cui disponeva, a differenza
di quanto facesse con i membri permanenti.”
Un ruolo speciale nella selezione delle informazioni lo ha avuto,
secondo la testimonianza di Arria, non altri se non il segretario
generale dell’ONU di allora Boutros Ghali, il seguace e il
sostenitore della politica di “non-intervento” in Bosnia!
LA CAPITOLAZIONE DI SREBRENICA
La Nazioni Unite durante il 1993 vivevano un dramma interno che si
rifletteva direttamente sugli eventi in Bosnia. Proprio in quel
periodo, nell’aprile del ’93, Arria ha guidato una missione del
Consiglio di sicurezza, la prima di quel tipo, nell’enclave di
Srebrenica.
È interessante notare che questa visita, svoltasi in armonia con la
Risoluzione 829 del Consiglio di sicurezza, era stata messa in
questione fino all’ultimo, esattamente come l’approvazione della
stessa Risoluzione. L’ambasciatore russo Jurij Voroncov aveva
avvisato apertamente i membri provvisori del Consiglio di sicurezza
che avrebbe posto il veto nel caso in cui fosse stata approvata una
risoluzione sulle zone di sicurezza, chiedendo di rimandare
l’approvazione per il periodo successivo alle elezioni in Russia, ma
la sua mossa si rivelò un puro bluff.
Arria, tuttavia, non era rimasto molto sorpreso da questi eventi. Era
sorpreso invece dalla notizia arrivatagli tramite il comandante
dell’UNPROFOR di allora, il generale svedese Wahlgren, che riguardava
i negoziati sulla demilitarizzazione di Srebrenica tenutisi
all’aeroporto di Sarajevo. La risoluzione, in fondo, obbligava
soltanto alla cessazione del fuoco sulla enclave da parte delle forze
serbe!
Alla fine è venuto fuori che l’UNPROFOR, secondo le istruzioni del
Segretariato e, con ogni probabilità, su istruzioni di Parigi e
Londra, ha costretto il governo bosniaco ad accettare un accordo che
riguardava la consegna delle armi di difesa. “Hanno detto loro che
nessuno gli avrebbe dato una mano, e Sefer Halilovic (ndr: comandante
dell’esercito bosniaco di allora) è stato costretto di firmare questo
documento. Questo è uno degli atti più vergognosi nella storia
dell’ONU, compiuto nei confronti dei bosniaci.”
La persona chiave nel disarmo di Srebrenica è stata il tenente del
comando dell'UNPROFOR, il generale di brigata britannico Vere Hayes,
un uomo che ha tentato di tutto pur di impedire questa visita a
Srebrenica. Dopo che i suoi tentativi sono falliti, ha vietato ai
giornalisti di seguire gli ambasciatori della Francia, della
Ungheria, della Nuova Zelanda, del Pakistan e della Federazione Russa.
“Quando sono arrivato a Srebrenica per me era ovvio il motivo per il
quale l’UNPROFOR e il Segretariato non volevano la presenza di
osservatori obiettivi nella città. Quello che abbiamo visto è stato
uno degli esempi più drammatici di trattamento umiliante delle
persone”, ricorda Arria.
IL GENOCIDIO LENTO
Hayes tuttavia non si era fermato qui: durante la visita ha insistito
che gli ambasciatori effettuassero un volo 200 m. al di sopra la
città. In più, grazie a lui, della loro scorta ha fatto parte tutto
il tempo anche un ufficiale serbo, un certo colonnello Rodic. “Volevo
andare fino alla scuola dove erano stati uccisi dei bambini, e mentre
guardavo i resti dei loro corpi ancora appesi sulla ringhiera del
cortile e parlavo con i loro genitori, Hayes era dietro di me,
insieme all’ufficiale serbo, che poteva benissimo aver partecipato
agli omicidi. I cittadini di Srebrenica potevano, a questo punto,
supporre che noi complottavamo con i serbi.”
Nonostante tutte le obiezioni, tutti i tentativi di ignorare l’ONU da
parte del Segretariato e le pressioni che arrivavano dai paesi che
potevano, ma non hanno voluto intervenire, Srebrenica è stata
proclamata una zona di sicurezza. Tuttavia, l’UNPROFOR continuava ad
ricevere istruzioni di non difendere l’enclave! Secondo le parole di
Diego Arria, per questa situazione esisteva solo una persona
colpevole: “Se siete il segretario generale, avete l'obbligo morale
di uscire allo scoperto e di rivelare pubblicamente ciò che sta
accadendo. Sulle sue spalle pesa un’enorme responsabilità morale. Si
trattava di migliaia di persone, e se qualcuno è colpevole per
l’accaduto, questa persona è Boutros Ghali, insieme ai membri
permanenti del Consiglio di sicurezza. La gente sbaglia quando dice
che il massacro è successo nel mese di luglio del’95. Non è vero, il
massacro è successo tra dicembre del ’92 e luglio del ’95. Io l’ho
definito come slow-motion genocide, il genocidio rallentato. Questo
processo è iniziato nel momento in cui noi potevamo fare qualcosa. Ma
voi bosniaci eravate predestinati a scomparire. E il fatto che non
siete scomparsi era una grande sorpresa.”
Un anno dopo la drammatica visita a Srebrenica e dopo gli eventi che
hanno aperto la strada alle forze serbe, in un articolo pubblicato
sul "New York Times", Arria, facendo un parallelo tra Bosnia e Haiti,
ha esposto il suo modo di vedere le motivazioni e la passività
dell’ONU riguardo alle sofferenze di Srebrenica: “I latinoamericani
non ritenevano gli abitanti di Haiti dei latinoamericani
semplicemente perché erano neri, esattamente così come gli europei
non consideravano i bosniaci degli europei solo perché erano
musulmani.”
(Traduzione di Jasenka Kratovic)
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