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(Fwd) N.E. Balcani #533 - Serbia/Montenegro



L'articolo come potete leggere è di un giornalista bosniaco e non di 
Ferrario, a parte questo, il motivo per cui lo inoltro è che il processo a 
Milosevic presenta rischi per cui a essere processata sono anche la 
federazione Jugoslava e quindi pure il suo popolo, oltre che all'uomo 
Milosevic, ed è questo di cui parla quindi quest'articolo.
Ciao,
Davide

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From:           	"Notizie Est" <est@ecn.org>
To:             	"Notizie Est - Balcani" <balcani@notizie-
est.com>
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Subject:        	N.E. Balcani #533 - Serbia/Montenegro
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N.E. BALCANI #533 - SERBIA/MONTENEGRO
24 febbraio 2002
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I SERBI E IL PROCESSO A MILOSEVIC
di Zeljko Cvijanovic - ("Dani" [Sarajevo], 15 febbraio 
2002)

In che cosa, mercoledi', il giorno dopo l'inizio del 
processo "del millennio" all'Aia contro Slobodan 
Milosevic, si sono differenziati i media di Belgrado 
devoti al regime da quelli che hanno preso le distanze 
da esso? Semplicemente, tutti quelli che appartengono 
al primo gruppo hanno pubblicato sulle prime pagine, 
nelle primissime righe, la parte "oratoria" del 
discorso introduttivo di accusa della procuratrice 
Carla del Ponte, secondo cui il processo a Milosevic 
non e' contemporaneamente anche un processo al popolo 
serbo. E' questa l'opinione anche del regime di 
Belgrado, che in questo modo crede di avere la formula 
magica  per compiacere i propri donatori stranieri (non 
giustifica e non difende Milosevic), ma anche i propri 
elettori che una volta erano miloseviciani (Slobo, chi 
fu costui?).

Il primo ministro della Serbia, Zoran Djindjic, in un 
avaro comunicato emesso in occasione dell'inizio del 
processo, ha detto che "la cosa piu' importante e' che 
questo processo non rappresenti un problema che grava 
sulla Jugoslavia". "Noi abbiamo compiuto il nostro 
dovere. Non siamo nella situazione di poter valutare la 
legittimita' delle accuse del tribunale dell'Aia", ha 
detto, concludendo che per lui Milosevic rappresenta la 
neve dell'anno sorso. Com'e' possibile che quel 
processo non  gravi ne' sul suo paese ne' sul suo 
popolo? Djindjic due settimane fa ha risposto a una 
domanda della CNN, che gli chiedeva se all'Aia si stava 
conducendo un processo a Milosevic oppure ai serbi che 
lo hanno votato: "I serbi, a causa del blocco dei 
media, non sapevano nemmeno che cosa stesse succedendo."

SETTE PERSONAGGI INFURIATI  
La cosiddetta ala riformista, in posizione dominante 
tra le autorita' serbe, afferma quanto segue: Milosevic 
non e' piu' ne' un problema dei riformisti, ne' un 
problema della Serbia, ne' del suo popolo. Slobo si e' 
cosi' trasformato in un personaggio che ha creato tutto 
questo disordine da solo, e pertanto e' giusto che 
paghi per tutto da solo. Naturalmente, si tratta di un 
pragmatismo completamente amorale, del tutto 
caratteristico di Djindjic, ma tale pragmatismo questa 
volta soffre di alcune gravi carenze logiche e 
funzionali. Cosa succedera', infatti, se l'accusa di 
genocidio in Bosnia, mossa contro Milosevic, dovesse 
essere provata? Che il genocidio lo ha fatto da solo o 
nel migliore dei casi lo ha fatto con Radovan Karadzic, 
Momcilo Krajisnik e Ratko Mladic, mentre tutti gli 
altri, secondo l'interpretazione di Djindjic, sono 
rimasti seduti "nel buio dell'ignoranza". Nella storia 
tuttavia non vi sono genocidi compiuti da soli sette 
personaggi, per quanto infuriati essi siano: il 
genocidio e' un progetto dello stato oppure non e', non 
esiste alcuna terza variante, indipendentemente da 
quale sia l'opinione di Djindjic.

Naturalmente, cio' non significa che anche tesi del 
genere non vengano prescritte d'ufficio anche tra 
l'opinione pubblica serba. In realta', ne vengono 
prescritte di ancora piu' bizzarre, come quella di cui 
"Dani" ha scritto nel numero precedente, secondo la 
quale migliaia di persone di Srebrenica sono state 
uccise da alcuni "traditori serbi" pagati per tale 
lavoro da Alija Delimustafic. Bene, ci sono state delle 
spiegazioni peggiori e bugiarde per Srebrenica e per 
cose simili, ma il problema e' che nessuno ai vertici 
del potere o nei circoli giornalistici di Belgrado, a 
un'intera settimana dalla pubblicazione sul settimanale 
ad alta tiratura "Nedeljni Telegraf" di questa storia 
sui "traditori serbi" e su Delimustafic, si e' preso la 
briga di far  notare di quale scandaloso nonsenso si 
stesse parlando.  Cosa significa cio'? Significa che 
Djindjic e i serbi si accorderanno facilmente sul fatto 
di non avere mai sentito ne' visto Milosevic in vita 
loro, con l'unico problema che il nonsenso ha una 
scadenza alla emissione della sentenza. A chi importa 
di cosa succedera' dopo, tanto non e' stato detto che 
si trattera' di un processo-maratona che si 
prolunghera' per ben due anni?

E' interessante notare, tuttavia, che la presa di 
posizione di Djindjic e' difesa da alcuni circoli che 
probabilmente non vanno tanto fieri del fatto di avere 
idee in comune con il premier serbo. Si tratta di una 
parte consistente dei circoli non governativi di 
Belgrado, che in passato non si sono fatti problemi a 
parlare apertamente dei crimini. Per esempio, il famoso 
esperto in diritto internazionale di Belgrado, Vojin 
Dimitrijevic, dice che la tesi secondo cui il processo 
a Milosevic potrebbe avere conseguenze per tutto lo 
stato non ha nessun fondamento legale.

"E' proprio l'opposto, piu' sara' dimostrata la colpa 
individuale, piu' la collettivita' sara' meno 
colpevole. Nessuna persona seria oserebbe attribuire 
una sentenza formulata contro Milosevic a tutta la 
Jugoslavia, a meno che non vengano dimostrati altri 
fatti che non sono sul piano personale", afferma. Vero 
e' che Dimitrijevic si limita all'aspetto legale 
dell'intero processo e lascia un grande "a meno che". 
Spiegando la sua tesi dal punto di vista storico, egli 
afferma che le forze vincitrici della Prima Guerra 
mondiale avevano l'intenzione di processare il Kaiser 
tedesco, ma che questo era scappato in Olanda. 
Dimitrijevic, tuttavia, si e' dimenticato che i 
Tedeschi, indipendentemente da questo, sono rimasti 
soffocati per anni nelle indennita' di guerra.

IL COMPORTAMENTO BUGIARDO DELLO STATO  
L'affermazione di Dimitrijevic, tuttavia, e' piu' una 
questione di coerenza dei circoli governativi, che si 
sono impegnati nella loro maggioranza affinche' 
Milosevic partisse per l'Aia e hanno difeso a loro 
tempo, davanti ai "costruttori dello stato", il proprio 
atteggiamento dicendo che si sarebbe trattato del 
processo a una singola persona, e non a una 
collettivita'. A differenza di tale gruppo di opinioni, 
tra coloro secondo i quali il processo a Milosevic e' 
un problema statale si sono contrapposti due tipi di 
atteggiamento. Il primo e' rappresentato da quella 
categoria di nazional-comunisti che ha continuato ad 
appoggiare Milosevic e secondo cui all'Aia si sta 
conducendo un processo montato dall'Occidente contro la 
Serbia. Tale gruppo non mette in discussione 
l'innocenza di Milosevic. 
Quelli piu' seri, come Dragoljub Micunovic, uno dei 
leader della DOS, affermano anch'essi che con il 
processo a Milosevic e' stato minacciato lo stato 
serbo, ma non ritengono che ora, per tale motivo, la 
Serbia debba procurargli i piu' grandi avvocati 
mondiali e che cio' possa bastare per approvare la sua 
innocenza. In modo simile si e' comportato un altro 
membro della DOS, l'Alternativa Democratica dell'ex 
collaboratore di Milosevic, Nebojsa Covic, la quale ha 
emesso un comunicato secondo cui "i funzionari dello 
stato debbono incontrarsi quando prima e adottare una 
chiara strategia per seguire il processo a Slobodan 
Milosevic in modo tale da evitare il pericolo che lo 
stato e il popolo diventino le vittime di tale 
processo".

"Non si puo' supporre che un solo uomo abbia commesso 
un genocidio. Si tratta di cose sono la conseguenza di 
una politica dello stato, che vengono messi in atto su 
decisione dello stato. Dobbiamo vedere dove e' la 
responsabilita' personale e, se il genocidio c'e' 
stato, dove e' la responsabilita' dello stato", afferma 
Micunovic.

La sua tesi principale e' incentrata sul fatto che egli 
non desidera una difesa di Milosevic da parte dello 
stato, ma che "noi non possiamo evitare di parlare 
delle qualifiche politiche formulate dall'accusatore".

Naturalmente, in tutto il fuoco di fila di 
dichiarazioni dei suoi partner della coalizione, 
Micunovic e' stato accusato di riscaldare le patate di 
ieri, persino anche da personaggi come Vladan Batic, il 
ministro della giustizia, secondo cui la Serbia non ha 
nulla a che vedere con Milosevic, ma si sta dando molto 
da fare  nel raccomandare Alija Izetbegovic, Hashim 
Thaci e Agim Ceku come nuovi pazienti di Carla Del 
Ponte. Ovviamente la domanda e' perche' egli si impegni 
cosi' tanto nel rendere piu' variegata l'Aia con i 
leader bosgnacchi e albanesi, quando il processo a 
Milosevic non ha nulla a che vedere con lo stato della 
Serbia. Dunque, i politici della Serbia si comportano 
in modo bugiardo e conformista: lui non e' dei nostri, 
ma se voi metteste in prigione Thaci e Alija, potremmo 
parlare in modo piu' sincero.  

LA VERITA' DI MILOSEVIC E LA VERITA' DELLA CNN   
Micunovic, pero', ha messo sul tavolo una questione 
molto importante, alla quale prima o poi si dovra' 
rispondere. Il problema di sbrogliare questo garbuglio 
lo si riscontra anche solo nella maniera in cui su 
singoli temi insistono gruppi completamente 
contrapposti. Per esempio, sulla tesi che all'Aia si 
processa  Milosevic e soltanto Milosevic insistono sia  
il potere sia il settore non governativo, che 
desiderano evitare la loro incoerenza e l'immagine di 
traditori del periodo precedente.

Andiamo a vedere, allo stesso tempo, chi sono coloro 
secondo cui l'affare Milosevic e' contemporaneamente 
anche un affare della Serbia. Sarebbe difficile riunire 
ad un tavolo gli appartenenti a tale  scuola 
d'opinione, visto il cattivo parere che hanno gli uni 
degli altri. Si tratta innanzitutto della peggiore 
teppaglia nazionalista serba, sono persone che vedono 
il processo di Milosevic come il penultimo atto del 
complotto contro la Serbia, mentre l'ultimo si fara' 
probabilmente dopo il processo, quando dal cielo 
piovera' sul paese una valanga di cemento. Oltre a 
questa teppaglia, ci sono i nazionalisti estremi degli 
altri popoli, alcuni latenti e altri dichiarati, 
secondo i quali Milosevic, in tutto quello che ha 
fatto, ha avuto il sostegno plebiscitario del popolo e 
sarebbe semplicemente magnifico se la Serbia rimanesse 
declassata per almeno alcuni decenni dopo la chiusura 
del tribunale dell'Aia. Sul tale versante vengono posti 
anche quei pochi che in Serbia desiderano mettere le 
cose al loro posto. Andiamo per ordine.

Durante il periodo di Milosevic esisteva una sacrosanta verita' di
stato sulle guerre nella ex Jugoslavia. Secondo tale verita', "loro"
hanno voluto separarsi e nello stesso tempo sgozzar"ci" un po', cosi'
"ci" siamo un po' difesi ed ecco cos'e' accaduto durante tale
autodifesa. Contemporaneamente, in Serbia, nei media e in una parte
degli intellettuali "agganciati" alle donazioni internazionali,
funzionava anche la cosiddetta CNN-verita', la quale vedeva la parte
serba come unico ed esclusivo colpevole di tutto. Piu' Milosevic stava
annegando agli occhi dell'occidente, piu' tale "verita'" si
radicalizzava, fino a quando nel 1999 l'Occidente e' diventato parte
del conflitto e l'intera faccenda e' stata portata al livello delle
forze demoniache.

L'ULTIMO TRADIMENTO DI MILOSEVIC    
Uno dei compiti piu' importanti del nuovo potere in Serbia dopo il 5
ottobre avrebbe dovuto essere la creazione di un quadro vero e senza
compromessi sulle guerre. Tale potere, naturalmente, non avevano
motivi sostenere la verita' di Milosevic, ma nemmeno il desiderio di
sostenere la verita' della CNN. Quello che tuttavia avevano meno
voglia di fare era dire in prima persona cos'e' successo veramente,
cosi' se domandate qualcosa a qualcuno del nuovo potere, avrete una
risposta viscidamente bilanciata oppure vi sentirete dire che si
tratta della neve dell'anno scorso e che "noi" siamo ormai rivolti
verso il futuro. Cosi', sulle ali del potere e della sua propaganda,
che teme  per molte ragioni Milosevic anche quando e' all'Aia,  si
arriva ad  una situazione nella quale in Serbia la gente ha
un'opinione sulle guerre sempre meno definita, ma il sentimento che
esisteva prima non e' stato cambiato neppure di una virgola, eccetto
per il fatto che ora e' un po' piu' difficile comunicarlo
ufficialmente.

Per chi non e' pronto ad accettare la verita', Milosevic e' veramente
una bomba legata al piede della Serbia. E questo soprattutto perche'
la gente segue il suo processo in modo molto emotivo, visto che 
almeno
una parte di essa lo vive, nonostante cio' che dice Djindjic, come un
processo fatto a se stessa. Anche ridotto cosi', Milosevic la ha
tradita un'altra volta. Perche' proprio come questa gente, all'Aia
anche lui pensa soltanto a se stesso. In altre parole, Milosevic
all'Aia combatte per il regno dei cieli, vive quel processo come una
lotta contro la politica dell'Occidente e, naturalmente, non ha
nessuna possibilita'  di cavarsela. La sua velleitaria difesa e'
completamente prevedibile e, nel caso si dimostrasse che non ha 
nessun
asso nella manica (da dove potrebbe venire?), sara' prevedibile anche
la sentenza. 

"Nel processo, l'interesse del nostro paese e l'interesse di Slobodan
Milosevic non sono uguali", dice Dragoljub Micunovic: "Mentre forse
Milosevic non e' interessato a spiegare tutti i fatti legati alle
guerre nella ex Jugoslavia, le attuali autorita' di quest'ultima, che
non hanno avuto alcuna influenza sulla politica di Milosevic, hanno
invece l'interesse di farlo".

In altre parole, sebbene solo in modo morale, all'Aia la Serbia e'
stata attaccata. Da tale attacco si puo' difendere soltanto con la
verita', qualunque essa sia. Se questa verita' non la ricevera' da
Carla del Ponte, ancora piu' improbabilmente la ricevera' dallo stesso
Milosevic e ancora meno dai ferri vecchi filoccidentali di Belgrado,
pronti a giurare sul Testamento di avere visto tale signore per la
prima volta nel giorno in cui e' iniziato il processo. In parole
povere, l'entita' del pericolo che il processo di Milosevic porta alla
Serbia e' proporzionale alla misura del suo rifiuto della verita'
degli ultimi 16 mesi, cioe' del periodo in cui ha vissuto senza di
lui.

(traduzione di Ivana Telebak e Luka Zanoni)


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