(Fwd) [noomc-it] La Nato ha commesso crimini di guerra ed ecologici



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Subject:	[noomc-it] La Nato ha commesso crimini di guerra ed ecologici
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From: "Chinino"
Sent: Monday, June 19, 2006 8:23 PM
Subject: La Nato ha commesso crimini di guerra ed ecologici



La Nato ha commesso crimini di guerra e contro l'ambiente
http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2006-06-
04%2006:23:39&log=lautrehistoire

Problemi ecologici e giuridici collegati ai " bombardamenti di precisione "
di Sriram Gopal e Nicole Deller
IEER | Énergie et Sécurité No. 24
http://www.ieer.org/ensec/no-24/no24frnc/yugo.html

(Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)

Nota della redazione: il 5 novembre 2002, l'Istituto di Ricerche
sull'Energia e l'Ambiente, IEER, ha pubblicato un rapporto che mette in
risalto i problemi giuridici ed ecologici relativi ai cosiddetti
bombardamenti di precisione dei siti industriali Jugoslavi nel 1999. Il
rapporto porta il titolo seguente: " Bombardement de précision, étendue des
dommages " e comprende due ricerche sui casi di bombardamenti delle
installazioni industriali di Pancevo e Kragujevac del 1999, nel corso
dell'operazione " Forza alleata " ("Allied Force") contro la Jugoslavia. La
ricerca sottolinea come un bombardamento di installazioni industriali civili
può produrre il rischio di un inquinamento molto difficile da eliminare e
può violare il diritto internazionale umanitario.
La ricerca dell'IEER, riassunta in questo articolo, allo stesso modo solleva
alcune questioni importanti rispetto al conflitto in corso in Iraq e in modo
particolare rispetto ad una eventuale guerra contro l'Iran.


Questo studio ha avuto le sue motivazioni dalle problematiche relative
all'impatto sanitario ed ecologico della guerra moderna. Il nostro
principale scopo nell'affrontare questo problema consiste nello stabilire se
l'utilizzo di armi di precisione, armi "intelligenti"concepite per
distruggere un preciso obiettivo, quindi con scarsi o nulli danni
collaterali, è sinonimo di precisione e di circoscrizione anche in termini
di devastazioni.
I danni sono solo limitati all'obiettivo preso di mira dal bombardamento? In
caso contrario, quali sono le implicazioni ecologiche e legali che derivano
dalle distruzioni senza discernimento, risultato di armi "intelligenti" di
precisione che hanno colpito il loro obiettivo?

Il 23 marzo 1999, i 19 paesi della NATO, l'Organizzazione del Trattato
Nord-Atlantico, hanno autorizzato bombardamenti aerei contro la 
Jugoslavia.
Il giorno dopo aveva inizio l'operazione " Forza Alleata ". Questa campagna
segnava il secondo impegno della NATO in una operazione offensiva nel 
corso
dei 50 anni della sua esistenza.

Nel corso dell'operazione " Forza Alleata ", molti elementi essenziali
dell'infrastruttura industriale della Jugoslavia sono stati deliberatamente
presi di mira e bombardati dalle forze della NATO. Questo ha avuto un
duplice effetto sulle popolazioni civili locali.
In primo luogo, alcune installazioni vitali, come ad esempio gli impianti
per il trattamento e la depurazione delle acque reflue di scarico, sono
stati messi fuori funzionamento.
Secondariamente, il persistente inquinamento, procurato dalla distruzione
degli impianti, non è stato sottoposto a trattamento per alcuni mesi, ed è
sopravvenuto il rischio per un grande numero di civili di subire gli effetti
della polluzione per i prossimi anni su una zona molto estesa.

Impatto ambientale

Il nostro rapporto esamina alcuni degli effetti sull'ambiente dei
bombardamenti durante la guerra del 1999 della NATO contro la Jugoslavia,
soprattutto a partire da due specifiche inchieste. Questi due casi
particolari di bombardamenti della NATO, su Pancevo e Kragujevac, sono
esaminati al fine di studiare il tipo e la portata delle devastazioni
causate all'ambiente da un bombardamento di precisione.
Noi abbiamo selezionato questi due casi in funzione dei seguenti criteri:
un obiettivo geografico preciso era stato scelto ben prima di scatenare il
bombardamento;
avvenuto il bombardamento, questo è riuscito a distruggere l'obiettivo in
questione, e le esplosioni hanno causato pochissimi danni alle
infrastrutture circostanti non prese di mira;
le perdite dirette delle forze della NATO, in seguito ai passaggi dei
bombardamenti, sono state nulle e il numero di vittime civili immediate è
stato di scarsa entità.
I nostri studi sul caso fanno affidamento sulle informazioni fornite dal
Gruppo speciale per i Balcani del Programma delle Nazioni Unite per
l'Ambiente (United Nations Environmental Program Balkans Task Force -
UNEP/BTF), che ha studiato i due siti selezionati: le installazioni
industriali di Pancevo e la fabbrica Zastava di Kragujevac. Questi due siti
figurano fra i quattro classificati dall'UNEP come " punti caldi " ecologici
in seguito a bombardamenti.

I nostri tentativi per questa specifica ricerca si sono scontrati con un
rilevante numero di problemi imprevisti. La Jugoslavia è stata coinvolta in
una bufera politica essenzialmente nell'ultimo decennio, e accedere ai dati
di base si è dimostrato molto più difficile di quello che era stato previsto
inizialmente. Per di più, la mancanza di accesso alle informazioni non ha
avuto limitazioni nella sola Jugoslavia. È stata depositata una domanda da
parte dell'IEER presso il Dipartimento Americano della Difesa nel quadro
della Legge sulla libertà di accesso alle informazioni (Freedom of
Information Act), per ottenere le informazioni relative ai criteri
utilizzati per individuare i bersagli nel corso dell'operazione " Forza
Alleata ". Come risposta, abbiamo ricevuto 42 pagine bianche portanti
l'iscrizione " declassificata ", ma d'altro canto totalmente sprovviste di
informazioni. Perfino i nomi degli impianti per i quali le informazioni
erano state richieste erano assenti da queste pagine. La richiesta che noi
abbiamo ulteriormente riformulato al Dipartimento della Difesa è stata
respinta.
Per altro, nel 2002, il General Accounting Office, l'Ufficio Generale di
Statistica, l'organismo incaricato delle commissioni di inchiesta da parte
del Congresso degli Stati Uniti, ha preparato una analisi sulla campagna di
bombardamenti del 1999 contro la Jugoslavia che è risultata classificata
come " secret défense " da parte del Dipartimento Americano della Difesa.

Pancevo

Pancevo è una città industriale di una popolazione da 80.000 a 90.000
abitanti. Questa città si trova nella provincia di Voivodina nella
Repubblica della Serbia, che faceva parte dell'ex Repubblica Federale di
Jugoslavia, ed è situata a 20 km a nord-est dalla capitale Belgrado
(1.200.000 abitanti), alla confluenza della Sava con il Danubio. Il
complesso industriale si estende su circa 290 ettari a sud e a sud-est di
Vojlovica, una importante zona residenziale di Pancevo. Questo complesso
accoglie strutture industriali che vengono identificate con il nome della
fabbrica di fertilizzanti chimici HIP Azotara, con gli impianti
petrolchimici HIP Petrohemija, e con la raffineria di petrolio NIS. Le tre
imprese industriali impiegavano 10.000 persone e perciò rappresentavano le
principali fonti di impiego per l'insieme della regione di Pancevo. Molti
piccoli paesi sono situati direttamente a sud del complesso industriale.

L'impianto petrolchimico e la raffineria di petrolio sono collegati al
Danubio da un canale lungo 1,8 km, che serve a scaricare le acque usate 
dopo
i trattamenti di depurazione. La fabbrica di concimi utilizza un canale di
drenaggio adiacente. Prima del conflitto, le acque usate dall'impianto
petrolchimico erano sottoposte a trattamento attraverso un processo a due
stadi, il filtraggio e il trattamento biologico, prima di essere scaricate
nel canale delle acque di risulta. Questo impianto di depurazione veniva
considerato come la struttura per il trattamento delle acque reflue più
moderna e efficace di tutta la ex Jugoslavia.

Una stazione di prelevamento per l'acqua potabile è situata proprio a monte
del sito industriale di Pancevo sul Danubio, vicino alla confluenza della
Sava con il Danubio. Questo punto di prelevamento assicura l'acqua 
potabile
alla maggior parte della popolazione della regione situata attorno a
Pancevo. Inoltre, una parte non trascurabile della popolazione, circa il 5%
in città e il 10% nei villaggi circostanti, utilizza pozzi privati per
l'acqua potabile, per le colture, gli orti e i giardini.

La zona circostante il complesso industriale di Pancevo soffriva già di un
inquinamento cronico prima dei bombardamenti del 1999.
Ad esempio, campioni di terreno e di acque dal sottosuolo prelevati
nell'area degli impianti del petrolchimico avevano rilevato la presenza di
solventi clorurati, come il triclorometano, il tetraclorometano, il
tricloroetano e il tetracloroetano, il dicloroetilene e il tricloroetilene,
ed altri, che sono sottoprodotti non desiderabili spesso associati alla
produzione del policloruro di vinile, PVC.
Nella raffineria, esisteva già prima dei bombardamenti un inquinamento da
petrolio. Inoltre, alcuni elementi testimoniano di uno sversamento di
mercurio prima dei bombardamenti della NATO, molto più importante di 
quello
procurato dai bombardamenti stessi, e di una contaminazione di policloruri
di difenile, PCB, nel canale di scarico.
Infine, c'era stato qualche anno prima del conflitto un importante
sversamento di 1,2-dicloroetano. Tutti questi fattori sono stati di
intralcio ai tentativi di una valutazione reale dell'impatto
dell'inquinamento risultante esclusivamente dai bombardamenti.

I bombardamenti delle istallazioni di Pancevo sono durati per molte
settimane e hanno profondamente perturbato la vita di Pancevo.
Si stima che circa 40.000 persone avessero abbandonato la città già prima
del primo bombardamento, nell'aprile del 1999, delle quali 30.000 non sono
rientrate che in giugno, dopo la fine dei bombardamenti.
Inoltre, veniva imposto un divieto temporaneo di pesca nelle acque del
Danubio vicino a Pancevo, fino all'autunno dello stesso anno.
Per di più, il ministero Serbo della protezione civile, aveva raccomandato
di non consumare alcun prodotto coltivato nelle aree attorno a Pancevo, 
dato
che le piogge avevano dilavato il nero fumo e le altre sostanze prodotte
dagli incendi a Pancevo sulle zone agricole circostanti.

Gli impianti petrolchimici erano stati bombardati il 15 e il 18 aprile 1999.
Esistono quattro problemi ecologici fondamentali direttamente collegati ai
bombardamenti della NATO sul sito petrolchimico HIP Petrohemija.

Il 18 aprile, un serbatoio di stoccaggio di cloruro di vinile era stato
colpito da una bomba della NATO, e avevano preso fuoco le 440 tonnellate 
di
materiale che vi erano contenute all'interno. In aggiunta, si erano
infiammate anche venti tonnellate di questa sostanza, riconosciuta
cancerogena, che erano conservate all'interno di contenitori per il
trasporto ferroviario. Bisogna ugualmente sottolineare che erano presenti
nel sito due serbatoi di stoccaggio del cloruro di vinile, uno vuoto e uno
pieno; solo quello pieno veniva distrutto.
Per il danneggiamento indiretto a causa dei bombardamenti dei serbatoi di
contenimento del 1,2-dicloroetano, 2.100 tonnellate di questo prodotto
chimico venivano sversate: per metà sul terreno, il resto nel canale di
scarico.
L'impianto cloro-soda veniva estremamente danneggiato e 8 tonnellate di
mercurio metallico si erano diffuse nell'ambiente. La maggior parte di
queste (7,8 tonnellate) si era riversata sulla superficie del sito e gli
altri 200 kg si erano dispersi nelle acque del canale di scarico. La maggior
parte del prodotto che si era sparso sul suolo veniva recuperato, ma questo
non è stato possibile per il mercurio disperso nelle acque del canale.
L'impianto per il trattamento delle acque reflue utilizzato dalla raffineria
e dal petrolchimico era stato seriamente danneggiato nel corso del
conflitto. I danni erano stati provocati da un afflusso improvviso
nell'impianto di una quantità di sostanze superiori alla capacità di
depurazione dell'impianto stesso.
Nell'aprile 2001, dopo due anni dalla fine dei bombardamenti, l'impianto di
depurazione funzionava solo per il 20% della sua capacità. Il recettore più
importante per tutte queste sostanze inquinanti era stato il canale di
scarico che si getta sul Danubio, il corso d'acqua più importante di questa
regione.
Dei tre obiettivi della NATO situati nel complesso industriale di Pancevo,
la raffineria è stata la più bombardata. Lo è stata a più riprese
nell'aprile 1999 e ancora l'8 giugno 1999. Numerosi serbatoi di stoccaggio e
condutture sono stati distrutti dai bombardamenti.
Circa 75.000 tonnellate di petrolio greggio e prodotti petroliferi sono
andati bruciati, e da 5 a 7 tonnellate si sono riversate sul terreno e nella
rete di depurazione. Gli sversamenti hanno contaminato 10 ettari di terreno
all'interno del complesso della raffineria.

Come il petrolchimico, così anche la fabbrica di fertilizzanti HIP Azotara
veniva bombardata a due riprese, il 15 e il 18 aprile 1999.
Il personale della fabbrica aveva fatto sapere agli ispettori del PNUE/GSB,
il Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente, che il silos di stoccaggio
che conteneva 9.600 tonnellate di ammoniaca prima dei bombardamenti, 
creava
loro grande preoccupazione. Se questo serbatoio fosse stato colpito da una
bomba, avrebbe rilasciato così tanta ammoniaca bastante per procurare la
morte a tantissime persone nell'area circostante. La fabbrica HIP Azotara
non possedeva la capacità di trasferire l'ammoniaca in altri depositi. Per
questa ragione la produzione di fertilizzanti veniva intensificata nel corso
dei primi giorni di bombardamenti, che avevano avuto inizio il 4 aprile
1999, nella speranza di ridurre la quantità di ammoniaca nei depositi.
Al momento del primo attacco, la quantità di ammoniaca residua, rimasta
stoccata, era approssimativamente di 250 tonnellate. L'ammoniaca 
depositata
veniva intenzionalmente riversata nel canale per impedirne la dispersione
nell'atmosfera, dopo una eventuale esplosione. Questo veniva fatto dopo 
che
il serbatoio dell'ammoniaca era stato colpito dai rottami di un'altra
esplosione.
Oltre a questa reiezione di ammoniaca, da 200 a 300 tonnellate di nitrato di
ammonio, di fosfati e di cloruro di potassio si sono sprigionate o sono
andate a fuoco in seguito alle devastazioni subite dai serbatoi di
stoccaggio in seguito ai bombardamenti. Non è conosciuto il rapporto fra le
sostanze sprigionate rispetto a quelle incendiate.
Per concludere, erano stati colpiti anche dei vagoni trasportanti 150
tonnellate di petrolio greggio e non veniva fatto alcun tentativo per
spegnere gli incendi.

Esistono tabelle che forniscono esempi, sicuramente solo in modo
approssimativo, del tipo di inquinamento risultante da queste emissioni e da
questi sversamenti. Purtroppo, in questa fase è impossibile pervenire a
delle conclusioni definitive sull'impatto che queste reiezioni avranno sulla
salute della gente e sull'ambiente. Hanno avuto inizio dei programmi di
monitoraggio e di valutazione sanitaria, ma questi programmi non sono che 
ad
uno stadio iniziale e i dati raccolti fino a questo momento non sono stati
resi pubblici.

Kragujevac

Kragujevac (150.000 abitanti) è una città industriale situata nella Serbia
centrale, che accoglie il complesso industriale Zastava.
In effetti, il complesso è composto da decine di società più piccole e la
sua produzione è molto diversificata, oltre che di macchinari pesanti, di
automobili, camions, fino ai fucili da caccia. Per un certo periodo la
struttura industriale fabbricava macchinari pesanti e armamenti per
l'esercito, ma, secondo la direzione del complesso, questo non avveniva più
al momento dei bombardamenti. Prima delle sanzioni economiche, che 
hanno
avuto inizio alla fine del 1991 e sono proseguite fino al settembre 2001, si
trattava di una delle più grandi installazioni industriali dei Balcani e di
fatto questa fabbrica giocava un ruolo enorme nella vita degli abitanti
della città.

La fabbrica Zastava è stata bombardata a due riprese, una volta il 9 aprile,
e nuovamente il 12 aprile 1999, e colpita complessivamente da 12 bombe.
La centrale elettrica, la catena di montaggio, il reparto verniciatura, il
centro informatico e lo stabilimento per i camions, tutti questi reparti
hanno subito pesanti danni o sono stati completamente distrutti. Per questi
motivi la produzione è stata totalmente interrotta. Il complesso dei danni
subiti dalla struttura industriale è stato stimato dai rappresentanti
ufficiali degli stabilimenti attorno ad un miliardo di marchi tedeschi,
circa 500 milioni di euro. Nell'anno seguito ai bombardamenti, il governo
Milosevic aveva stanziato 80 milioni di euro per riprendere la produzione
automobilistica. La fabbrica automobilistica attualmente impiega 4.500
persone. Al suo massimo vi lavoravano 30.000 persone. All'inizio del 2001,
le previsioni di produzione per l'anno erano di 28.000 automobili e di 1.400
camions. Si trattava di un numero di veicoli prodotti doppio rispetto al
2000, ma ben lontano dai 180.000 veicoli prodotti nel 1989. La caduta di
produzione può essere attribuita a molteplici fattori, ma specialmente allo
smembramento della Jugoslavia e alle sanzioni applicate al paese all'epoca
del governo Milosevic.

I trasformatori di due reparti della fabbrica Zastava, del reparto
verniciatura e della centrale elettrica, erano stati danneggiati in modo
tale che olio bifenilico policlorurato PCB veniva riversato nelle zone
circostanti.
Nel reparto verniciatura, una zona utilizzata per dipingere le automobili
dopo il loro assemblaggio, circa 1400 litri, pari a 2150 chilogrammi, di
olio di piralene, un olio per trasformatori costituito da una miscela di
triclorobenzeni e di PCB, si spandeva sul terreno e nelle vasche di rifiuto
contenenti 6000 metri cubi di acque reflue.
Il trasformatore della centrale elettrica era situato in prossimità di una
condotta di scarico delle acque piovane. Allora, probabilmente una parte
dell'olio sprigionato si era andato a riversare nel fiume Lepenica
attraverso lo sbocco della condotta della rete di depurazione, ma non è
stato possibile precisarne la quantità.
Oltre queste due zone direttamente toccate dai bombardamenti, sono stati
contaminati moltissimi fusti di sabbia nella zona di stoccaggio dei rifiuti
che erano stati prelevati dalla fossa di ghiaia situata sotto il
trasformatore nella centrale elettrica dopo i bombardamenti. Numerosi fusti
di rifiuti senza rapporto con i bombardamenti, in stato di deterioramento,
con rifiuti la cui natura non è stata correttamente identificata, erano
stati ugualmente messi a deposito in questo sito.

Nei tre giorni seguiti ai bombardamenti, l'Istituto di Sanità Pubblica della
città aveva prelevato 21 campioni di acqua attorno a Kragujevac. Il primo e
il secondo giorno, erano stati individuati nei campioni prodotti chimici
tossici, ma non il terzo giorno. Questi dati non sono stati resi pubblici e
perciò non conosciamo la precisa natura delle sostanze tossiche analizzate.
La popolazione della regione si è preoccupata di un'eventuale
contaminazione, dato che i tests di individuazione di una contaminazione da
PCB non erano stati effettuati su determinati pozzi della zona. Niente ci
permette di concludere che ci sia stato un apporto diretto di PCB nelle
acque sotterranee. Nondimeno, le inondazioni che sono intervenute nel 
luglio
del 1999 hanno avuto la possibilità di diffondere gli inquinanti dei corsi
d'acqua nelle zone agricole delle aree basse circostanti.

Per effetto di un decennio di conflitti, di assenza di trasparenza, della
recessione economica e di altri problemi della Jugoslavia dopo la guerra, è
difficile formulare conclusioni affidabili sulle condizioni ambientali a
Kragujevac.
Fortunatamente, le zone contaminate all'interno della fabbrica, che
presentavano il più grande rischio per la salute dei lavoratori, sono state
disinquinate. L'inalazione costituisce una delle principali modalità di
esposizione ai PCB in ambiente professionale. La depurazione delle vasche
dei rifiuti e l'eliminazione del calcestruzzo di pavimentazione contaminato
limitano enormemente il livello di esposizione per i lavoratori.

Essendo alto il numero dei dati incerti e data la mancanza generale di
informazioni sulla quantità di prodotti inquinanti riversati nell'ambiente
circostante la fabbrica Zastava, risulta impossibile pervenire ad una
qualsiasi conclusione.
Perciò è urgente mettere in opera una missione scientifica di prelevamento
di campioni, di analisi e di controllo.

Problemi giuridici

Il Diritto Internazionale recita: "In qualsiasi conflitto armato, il diritto
delle Parti in conflitto di scegliere metodi o strumenti di guerra non è
illimitato."
Le leggi internazionali che si applicano alla nostra analisi
sull'utilizzazione della forza da parte della NATO contro la Jugoslavia
comprendono le Convenzioni di Ginevra del 1949 e il Protocollo 
complementare
I alle Convenzioni di Ginevra.
Tutti gli Stati membri della NATO hanno firmato e ratificato le Convenzioni
di Ginevra e si sono vincolati alle loro clausole. Per quel che riguarda il
Protocollo I, tutti gli Stati della NATO ne erano partecipi al momento dei
bombardamenti, fatta eccezione degli Stati Uniti ( che sono firmatari solo
delle Convenzioni ), della Francia ( che ha sottoscritto il Trattato nel
2001) e della Turchia (che non lo ha firmato).

Il diritto consuetudinario rappresenta un'altra fonte della legge
applicabile a questo conflitto. Il diritto consuetudinario poggia su una
pratica generale e costante degli Stati, che assume comunque il senso di
obbligo legale. Il diritto consuetudinario è particolarmente pertinente in
questa discussione, in quanto un certo numero di norme codificate nelle
Convenzioni di Ginevra e nel Protocollo I sono considerate appartenenti al
diritto consuetudinario. Uno Stato può essere vincolato da un diritto
consuetudinario, anche se ha rifiutato di essere parte in causa del Trattato
in questione.

Analisi delle clausole dei Trattati

Le Convenzioni di Ginevra del 1949 proibiscono agli Stati la distruzione di
beni, salvo quando " necessità militari impellenti lo esigono ". L'esigenza
militare è essa stessa un termine molto vago, e gli Stati hanno la più ampia
facoltà per argomentare che nella misura in cui una azione ha prodotto un
avanzamento della loro strategia, allora esisteva una esigenza militare.

L'esigenza di un " obiettivo militare "

Il Protocollo I codifica il principio di discriminazione, che impone alle
parti di "fare sempre la distinzione fra la popolazione civile e i
combattenti, come pure fra i beni di carattere civile e gli obiettivi
militari e, di conseguenza, di dirigere le operazioni belliche
esclusivamente contro gli obiettivi militari."
Il rispetto di queste clausole, per quel che riguarda i bombardamenti di
Pancevo e Kragujevac, dipende dalla individuazione di questi due siti come
obiettivi militari.
Qual'era l'obiettivo militare nel caso di questi bombardamenti ? Certamente
può essere sottolineato che la raffineria di petrolio avrebbe potuto
fornire carburante per le operazioni militari, ma questo è ancora valido per
una fabbrica di automobili, un petrolchimico o una fabbrica di
fertilizzanti?
Nelle interviste, i rappresentanti ufficiali di Kragujevac e Pancevo hanno
messo in risalto che le loro fabbriche non avevano alcun valore militare
strategico diretto.

I criteri specifici che hanno informato la scelta degli obiettivi dei
bombardamenti in Jugoslavia non sono stati mai resi di dominio pubblico.
Come abbiamo già indicato, le nostre richieste di documentazione presso il
Dipartimento Americano della Difesa, che precisassero sul perché queste
fabbriche fossero state scelte come obiettivi militari, sono state
rifiutate.

Questi sono i criteri generali della politica di selezione dei bersagli
dell'Air Force degli USA:

Un bersaglio deve corrispondere ai criteri di "obiettivo militare", prima di
divenire in modo legittimo l'obiettivo di un attacco militare.
In questo contesto, i bersagli militari comprendono gli obiettivi dei quali
la natura, l'ubicazione, gli scopi o la loro utilizzazione apportano un
contributo concreto all'azione militare o la cui distruzione totale o
parziale, la cattura o la neutralizzazione offrono un vantaggio militare ben
determinato.
Il fattore essenziale è quello di sapere se l'obiettivo contribuisce alla
capacità di combattimento o di resistenza militare del nemico. Di
conseguenza, dalla degradazione, dalla neutralizzazione, dalla distruzione,
dalla cattura o dallo scompiglio dell'obiettivo ne deve derivare in modo ben
individuabile un beneficio o un vantaggio militare.

L'Air Force Statunitense ammette che "esiste una controversia sul fatto di
sapere se, e in quali circostanze, certi obiettivi [civili] [...] possono
essere di punto in bianco classificati come obiettivi militari." Il fattore
principale nella determinazione dello status di un bersaglio attiene al
fatto di sapere se "l'obiettivo apporta un contributo reale all'azione
militare dell'avversario."

Utilizzando questi criteri, l'Air Force Statunitense determina che obiettivi
come i depositi di idrocarburi sono bersagli militari legittimi. Nondimeno,
nello stesso modo ha stabilito che "fabbriche, reparti e stabilimenti che
provvedono direttamente alle necessità delle forze armate del nemico sono
ugualmente e generalmente da considerare come obiettivi militari legittimi."
Vogliamo sottolineare questo. Gli elementi concreti che servono da
giustificazione nella considerazione dei bersagli devono essere resi
pubblici, in modo da garantire la possibile messa in atto di un controllo
civile delle attività militari. Pesanti questioni continuano a porsi sulla
legalità dei bombardamenti di Pancevo e Kragejuvac, che non possono 
essere
troncate di netto in modo soddisfacente fino a quando gli elementi di questa
natura non siano ben conosciuti.

L'esigenza di " precauzioni praticamente possibili "

L'Articolo 57 del Protocollo complementare I stipula di "prendere tutte le
precauzioni praticamente possibili quanto alla scelta dei mezzi e dei metodi
di attacco in vista di evitare e, in ogni caso, di ridurre al minimo le
perdite in vite umane nella popolazione civile, le ferite alle persone
civili e i danni ai beni di carattere civile che potrebbero essere causati
incidentalmente."
L'espressione "praticamente possibili" è stata interpretata come "prendere
le misure d'identificazione necessarie al momento opportuno per risparmiare
quanto più possibile le popolazioni." Un'inchiesta sugli eventi specifici,
a rilevare se queste precauzioni siano state prese o no, non è stata ancora
condotta.

Protezione dell'ambiente

Oltre a queste disposizioni, che sono stipulate a bilanciamento delle
necessità militari, il Protocollo I apporta delle protezioni più specifiche
per i civili, per i loro beni e per l'ambiente. Una clausola particolarmente
importante per la protezione dell'ambiente è l'Articolo 35, che proibisce
l'impiego di armi che, per la loro stessa natura, producono "mali superflui"
e sono strumenti di guerra che "sono concepiti per produrre, dove ci si può
attendere che causeranno, dei danni ampi, duraturi e gravi sull'ambiente
naturale."

Disgraziatamente, il Protocollo I non definisce i qualificativi "ampi,
duraturi, e gravi."
Questi termini sarebbero apparsi ugualmente nel Trattato sulle Modificazioni
Ambientali (ENMOD), e sono stati interpretati in relazione a questo
Trattato.
Benché queste definizioni non fossero destinate ad applicarsi al Procollo I,
comunque possono fornirci illuminanti chiarimenti:

'ampi' , che investono una zona che si estende su molte centinaia di
chilometri quadrati;
'duraturi' , che persistono per molti mesi, o approssimativamente per una
stagione;
'gravi' , che comportano uno sconvolgimento, o seri e significativi
pregiudizi alla vita delle persone, alle risorse naturali, economiche o ad
altri beni.
Sembrerebbe che gli attacchi alle installazioni industriali del tipo di
quelli descritti nella nostra relazione fossero proibiti, in applicazione di
questi criteri.
I danni erano estesi in modo ampio dato che l'inquinamento dell'aria,
causato dal bombardamento di Pancevo, si era andato diffondendo per
centinaia di chilometri, fino a Xanthi, in Grecia.
Gli effetti sono duraturi dato che il tempo di dimezzamento di certi
prodotti chimici è dell'ordine di parecchi decenni.
Infine, gli effetti degli attacchi possono essere considerati come gravi per
il fatto dello sconvolgimento economico che è risultato dai bombardamenti e
dai danni potenziali ai corsi d'acqua situati nelle vicinanze delle
installazioni.

Nello stesso modo, il Protocollo I proibisce categoricamente gli attacchi su
tutta una serie di opere e di installazioni, contenitori di "forze
pericolose": sbarramenti, dighe e centrali nucleari per la produzione di
energia elettrica, "quando tali attacchi possono provocare lo sprigionarsi
delle forze pericolose e, di conseguenza, causare perdite pesanti nella
popolazione civile." (Articolo 56)
Questa clausola proibisce parimenti gli attacchi contro eventuali obiettivi
militari posizionati negli stessi siti, o in prossimità di tali strutture, e
che procurerebbero gli stessi rischi.
Le fabbriche chimiche non sono menzionate fra le opere o le installazioni
protette, e quindi i bombardamenti contro questi stabilimenti non
violerebbero queste disposizioni.
Nonostante ciò, il principio soggiacente a questa clausola è di proteggere
le installazioni contenenti forme di energia pericolose.
Si può a ragione sostenere che gli stabilimenti chimici presentano un
rischio paragonabile alle installazioni indicate in quanto, in certi casi,
la persistenza e i rischi sanitari collegati ai prodotti chimici sono
confrontabili, ad esempio, con quelli dei radionuclidi.
Se gli attacchi alle industrie chimiche producono nell'occasione i medesimi
rischi degli attacchi nello specifico proibiti nel quadro del Trattato, i
danni possono con molta probabilità essere considerati come " ampi ", "
duraturi ", e " gravi ", e quindi violano le altre disposizioni del Trattato
citate in precedenza.

Nello stesso modo, possiamo affermare che il bombardamento di Pancevo 
ha
violato l'Articolo 56, dato che aveva costituito un pericolo per una
centrale nucleare situata in una nazione non belligerante, la Bulgaria. Sei
lotti nucleari sono presenti sull'area di Kozloduy in Bulgaria , a valle
della Jugoslavia, lungo il Danubio. Potenzialmente potevano presentarsi
problemi di gestione se degli inquinanti nelle acque del Danubio
ostacolavano l'attività dei sistemi di raffreddamento del condensatore della
centrale. I rischi di perturbazione del funzionamento della centrale
nucleare e l'elevato potenziale di incidente risultante dallo sversamento
del petrolio nel Danubio erano all'epoca ben conosciuti. L'Istituto di
Ricerche sull'Energia e l'Ambiente, IEER, aveva sollevato la questione in
un comunicato stampa dell'11 maggio 1999, mentre i bombardamenti erano 
in
corso.

Analisi del diritto consuetudinario

Benché la nostra analisi dimostri che i bombardamenti costituivano
verosimilmente una violazione di molte delle disposizioni del Protocollo I,
gli Stati Uniti, che erano stati i principali artefici di questi
bombardamenti, non avendo ratificato il Protocollo, per questo non erano
vincolati al rispetto delle sue limitazioni. Queste restrizioni non
potevano applicarsi agli Stati Uniti, anche se queste limitazioni potevano
essere considerate come salvaguardie garantite dal diritto consuetudinario.

Gli Stati Uniti hanno ammesso che molte delle norme generali di protezione
delle popolazioni civili dipendono dal diritto consuetudinario. E però, gli
Stati Uniti non considerano le regole di protezione in materia ambientale
del Protocollo I, facenti parte di questo diritto. Malgrado le obiezioni
statunitensi, queste norme di protezione dell'ambiente sono generalmente
considerate come rientranti nella giurisdizione del diritto consuetudinario.
La clausola del Protocollo I sull'ambiente è stata ricondotta ad un trattato
del 1980 su particolari armi convenzionali. Le norme di protezione
dell'ambiente durante un conflitto armato sono state codificate nello
Statuto istitutivo della Corte Criminale Internazionale, e sono state
riconosciute come norme in essere dalla Corte Internazionale di Giustizia.

Visto che gli Stati Uniti non si sentono vincolati dal diritto
consuetudinario, hanno dovuto sistematicamente contestare l'esistenza di
queste norme, con argomentazioni che comunque agli Stati Uniti era lecito
produrre. Nondimeno, in alcuni casi, il diritto consuetudinario assume un
carattere sufficientemente universale da trasformarsi in una sorta di norma
imperativa alla quale uno Stato non può opporsi. Forse, è prematuro
considerare che queste norme sull'ambiente abbiano assunto questo status
"imperativo". Però, è chiaro che è intervenuta una variazione nel corso
degli ultimi anni nella percezione dell'importanza che deve essere
attribuita all'ambiente nel corso di una guerra. Noi consideriamo che gli
Stati Uniti, in quanto prima potenza economica e militare, dovrebbero
rispettare queste norme e dovrebbero dare la loro adesione alla proibizione
di armamenti e metodi di guerra suscettibili di infliggere gravi danni
all'ambiente.

Esiste un'altra ragione per considerare i paesi della NATO responsabili dei
danni cagionati dai bombardamenti su Pancevo e su Kragujevac : in effetti,
all'epoca, 16 dei 19 paesi membri della NATO erano partecipi del Protocollo
complementare I.
Mettendo pure in conto che gli Stati Uniti siano stati i principali
responsabili dei bombardamenti su Pancevo e su Kragujevac, i membri 
della
NATO, che hanno direttamente o indirettamente permesso questi 
bombardamenti,
potevano essere considerati come parti in causa responsabili, secondo il
principio di complicità, nella misura in cui erano informati delle azioni
degli Stati Uniti.

L'autorità della NATO nell'uso della forza

A parte le questioni specifici relative ai metodi della guerra, i
bombardamenti sulla Jugoslavia sollevano in modo più largo la questione di
sapere se la NATO disponeva dell'autorità necessaria all'impiego totale
della forza contro la Jugoslavia. La campagna di bombardamenti aerei della
NATO contro la Jugoslavia è stata criticata da molteplici parti,
considerandola come un ricorso illegale della forza, dato che non era stata
autorizzata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, e dato che non
era avvenuto alcun attacco armato diretto contro gli Stati della NATO, che
giustificasse un'autodifesa individuale o collettiva.
Secondo la Carta delle Nazioni Unite, si tratta delle due sole circostanze
che permettono il ricorso alla forza.
Sullo sfondo, la " giustificazione " dell'intervento non era proprio di
ordine legale, ma umanitaria: anche se il diritto internazionale non
permetteva il ricorso alla forza, questo è stato tollerato in quanto queste
azioni erano destinate a rispondere ad una grave crisi umanitaria.
Un sistema che non impone agli Stati di restare passivi di fronte a tali
crisi può avere del merito, ma è anche importante imporre dei limiti al
ricorso alla forza, in modo da impedire l'erosione del sistema
internazionale destinato a mantenere la sicurezza.

Raccomandazioni

Le raccomandazioni dell'Istituto di Ricerche sull'Energia e l'Ambiente,
l'IEER, riguardanti l'impatto giuridico ed ecologico di una guerra moderna
sono riassunte più sotto. Noi le inviamo alla NATO, al governo degli USA e
alle persone e organizzazioni non governative interessate..

La questione dei bombardamenti di installazioni civili per raggiungere
obiettivi militari nel suo complesso deve diventare l'oggetto di una
rigorosa inchiesta pubblica. Un'inchiesta di tale natura deve tenere conto
dei danni sanitari ed ecologici, immediati e duraturi nel tempo, che
potrebbero essere inflitti ad un paese o a dei paesi che condividono gli
ecosistemi dei paesi coinvolti nei conflitti.
Il disinquinamento dell'ambiente successivo ai bombardamenti delle
installazioni industriali civili, come a Pancevo e a Kragujevac, deve essere
immediatamente messo in atto per non lasciare troppo spazio fra il conflitto
e le azioni di depurazione.
Le informazioni riguardanti i bombardamenti di Pancevo e Kragujevac e di
altre installazioni industriali devono essere accessibili al pubblico per
permetterne l'esame dal punto di vista giuridico.
In attesa che gli Stati Uniti riconoscano le proibizioni legali concernenti
i danni all'ambiente in tempo di guerra, che sono state adottate da tutti i
paesi della NATO, con l'eccezione di uno solo, la Turchia, gli USA non 
devon
o procedere ad alcun bombardamento di installazioni industriali civili
contenenti sostanze pericolose, suscettibili di essere riversate
sull'ambiente.
Devono essere stabiliti dei programmi approfonditi e duraturi di
monitoraggio ambientale per dare assicurazioni che il disinquinamento in
Jugoslavia sia effettivo e che non restino fonti di inquinamento ambientale.
Le operazioni di depurazione dell'ambiente in Jugoslavia devono diventare
più trasparenti! 



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