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Riflessioni. Dopo la 10ª Via Crucis Pordenone - Base USAF di Aviano
- Subject: Riflessioni. Dopo la 10ª Via Crucis Pordenone - Base USAF di Aviano
- From: Francesco Lauria <francescollauria at yahoo.it>
- Date: Tue, 4 Apr 2006 09:48:11 +0200 (CEST)
4 Aprile 2006
Riflessioni.
Dopo la 10ª Via Crucis
Pordenone - Base USAF di Aviano
Dopo la 10ª Via Crucis
Pordenone - Base USAF di Aviano
Probabilmente vi aspettereste un articoletto sul confronto Prodi-Berlusconi che questa volta (non avevo dibattiti in contemporanea) ammetto di aver seguito in televisione.
Invece, preferisco inviarvi il testo di convocazione della decima Pordenone-Aviano (una Via Crucis molto particolare, non una gara primaverile di ciclismo...) e, per ora, il testo della prima stazione.
Invece, preferisco inviarvi il testo di convocazione della decima Pordenone-Aviano (una Via Crucis molto particolare, non una gara primaverile di ciclismo...) e, per ora, il testo della prima stazione.
Camminare per i tredici chilometri che dividono il centro di Pordenone, e quindi la nostra apparente normalità farcita di spritz e di tranquilla e un po' triste opulenza da nord-est, alla base militare italiana, Nato e Statunitense, mi ha fatto venire in mente il 1999.
Ero a Gorizia, in quella che un tempo era la frontiera orientale, al secondo anno di università.
Non mi pento delle manifestazioni sui ponti, in provincia di Gorizia, non mi pento di aver sentito di oppormi ad un governo in teoria amico, rispetto ai bombardamenti che partivano proprio dalla Base Friulana.
Non mi pento di aver scritto insieme ad altri studenti una
lettera aperta sul Piccolo di Trieste e di essermi fatto rinfacciare dal senatore, europarlamentare diessino ed ex telegiornalista Demetrio VOlcic del "terrorista politico".
Così, come diceva a Roma Don Tonio Dell'Olio, figura importante di Pax Christi, circa un anno fa, io al centrosinistra o come si chiama mi sento, nel dargli il mio voto il 9 -10 aprile di urlare e pregare, "mai più Irak, mai più Afghanistan, mai più Kosovo".
Leggiamo il presente, ascoltando le parole di un Vangelo che troppo spesso ci è comodo dimenticare.
Francesco Lauria
10ª Via Crucis Pordenone - Base USAF di Aviano (2 aprile 2006)
Il testo della Prima Stazione.
Yahoo! Messenger with Voice: chiama da PC a telefono a tariffe esclusive
10ª Via Crucis Pordenone - Base USAF di Aviano (2 aprile 2006)
Difendere e Promuovere la Vita!
Continuiamo il cammino insieme agli impoveriti, alle vittime, agli esclusi di questa società e, in modo più evidente e drammatico, del mondo intero. Camminiamo anche per la nostra conversione al vangelo di Gesù di Nazareth e perché tutti gli uomini si aprano alla misericordia, alla fraternità, alla pace.
Una tappa particolarmente significativa di questo procedere insieme è stata ed è per noi la Via Crucis Pordenone-Base Usaf di Aviano, quest’anno alla 10ª edizione. Le date cronologiche segnano il tempo dell’esistere e della sua organizzazione nella storia e possono esprimere, anche in questa nostra esperienza, l’importanza e il significato della perseveranza e della continuità.
I primi cristiani venivano considerati atei anche perchè preferivano essere uccisi piuttosto che impugnare la spada e uccidere in nome della sacralità dell’Impero. La corrente calda e luminosa della profezia ha sempre animato donne e uomini a coerente testimonianza, nonostante tanti compromessi e tradimenti… La “Pacem in terris” di Giovanni XXIII nel 1963 ha chiamato all’impegno della costruzione della pace tutte le donne e gli uomini di buona volontà, superando la concezione e la pratica della deterrenza e giudicando immorali ed espressione di follia quelle armi atomiche che poi il Concilio Vaticano II ha definirà “crimine contro Dio e contro l’umanità”; Giovanni Paolo II, di cui proprio il 2 aprile si ricorda l’anniversario della morte, ha definito la guerra “via senza ritorno”.
È perciò nella profondità dell’essere illuminato e orientato dalla Parola profetica di Gesù di Nazareth e dal Magistero millenario della Chiesa che ne è l’interprete, che avvertiamo l’urgenza di “non poter fare a meno” di esserci, di denunciare, di proporre, di coinvolgerci in una conversione alla nonviolenza attiva a partire da ciascuno/a di noi.
Il prendere a cuore la condizione degli impoveriti e degli uccisi dalla fame ci porta a guardare alla Base Usaf di Aviano come un’assurdità umana proprio per la concentrazione di armi che uccidono le persone e la vita. La memoria dei sopravvissuti ai bombardamenti, con particolare riferimento a Hiroshima e Nagasaki, diventa giudizio inappellabile di una base che custodisce con tragica sicurezza 50 bombe atomiche di cui si conosce il terrificante potere distruttivo. Eppure in Friuli-Venezia Giulia, nelle nostre diocesi e comunità parrocchiali si vive come se la Base Usaf di Aviano con le sue stesse testate atomiche non ci fosse.
Il mistero di Dio si è rivelato nelle parole e nei gesti di Gesù; tutta la sua vita è segno di amore misterioso, incondizionato e concreto, tanto che il potere politico-reliogoso-militare, riconoscibile in quel momento storico, decise ed eseguì la sua morte.
Camminiamo da Pordenone alla Base Usaf di Aviano per essere coinvolti dalla luce e dalla forza del Vangelo a vivere la giustizia, la legalità, la cooperazione, la sobrietà della vita e dei consumi come segni alternativi al neoliberismo, alla massimizzazione dei profitti, al consumismo, che riducono tutto e tutti a merce, a numeri e a cose.
Camminiamo da Pordenone alla Base Usaf di Aviano per essere coinvolti dal Vangelo della nonviolenza attiva e della costruzione della pace; per essere obiettori di coscienza a tutte le guerre, ai diversi terrorismi, alla produzione e al commercio delle armi; per vivere e diffondere la spiritualità e la cultura dell’incontro, del dialogo, del superamento dell’inimicizia. In un momento di particolare difficoltà, il nostro cammino è anche penitenziale: cristiani e mussulmani sono chiamati a chiedersi reciprocamente perdono, a ripartire nell’attenzione, nella conoscenza, nel dialogo reciproci. Il Crocifisso ci accompagna e mai può essere utilizzato a simbolo di contrapposizione e di esclusione.
Camminiamo da Pordenone alla Base Usaf di Aviano per sentirci compagni di viaggio di ogni persona, specie di chi fa più fatica a vivere in questa società e nel mondo; per rinnovare la sensibilità e la pratica dell’accoglienza e superare ogni forma di indifferenza, xenofobia, razzismo, con attenzione particolare agli uomini e alle donne che vengono da noi dai diversi paesi del mondo.
Camminiamo da Pordenone alla Base Usaf di Aviano per dire No ai CPT, a partire da quello di Gradisca d¹Isonzo. La denuncia deve diventare proposta di luoghi e di modi per un’accoglienza che sia espressione di umanità. Il NO più fermo ai muri, ai fili spinati, ai luoghi separati e inaccessibili, diventi SÌ all’incontro nel rispetto, nel dialogo, nel sostegno reciproci.
Camminiamo da Pordenone alla Base Usaf di Aviano contemplando le montagne, il cielo, i prati, gli alberi, gli uccelli, le tante forme di vita che in questo tempo si risvegliano per essere davvero responsabili di tutti gli esseri viventi, dell’intero ecosistema che il Signore ci ha affidato perchè lo custodiamo con premura e cura.
Camminiamo da Pordenone alla Base Usaf di Aviano, perchè restare fermi significherebbe resa al mondo esistente, tradimento del Vangelo e della vita.
Invitiamo con fiducia e amicizia tutte le donne e tutti gli uomini di buona volontà a camminare con noi, particolarmente quanti hanno responsabilità istituzionali nella Chiesa e nella Società civile, per una umanità giusta e fraterna.
Continuiamo il cammino insieme agli impoveriti, alle vittime, agli esclusi di questa società e, in modo più evidente e drammatico, del mondo intero. Camminiamo anche per la nostra conversione al vangelo di Gesù di Nazareth e perché tutti gli uomini si aprano alla misericordia, alla fraternità, alla pace.
Una tappa particolarmente significativa di questo procedere insieme è stata ed è per noi la Via Crucis Pordenone-Base Usaf di Aviano, quest’anno alla 10ª edizione. Le date cronologiche segnano il tempo dell’esistere e della sua organizzazione nella storia e possono esprimere, anche in questa nostra esperienza, l’importanza e il significato della perseveranza e della continuità.
I primi cristiani venivano considerati atei anche perchè preferivano essere uccisi piuttosto che impugnare la spada e uccidere in nome della sacralità dell’Impero. La corrente calda e luminosa della profezia ha sempre animato donne e uomini a coerente testimonianza, nonostante tanti compromessi e tradimenti… La “Pacem in terris” di Giovanni XXIII nel 1963 ha chiamato all’impegno della costruzione della pace tutte le donne e gli uomini di buona volontà, superando la concezione e la pratica della deterrenza e giudicando immorali ed espressione di follia quelle armi atomiche che poi il Concilio Vaticano II ha definirà “crimine contro Dio e contro l’umanità”; Giovanni Paolo II, di cui proprio il 2 aprile si ricorda l’anniversario della morte, ha definito la guerra “via senza ritorno”.
È perciò nella profondità dell’essere illuminato e orientato dalla Parola profetica di Gesù di Nazareth e dal Magistero millenario della Chiesa che ne è l’interprete, che avvertiamo l’urgenza di “non poter fare a meno” di esserci, di denunciare, di proporre, di coinvolgerci in una conversione alla nonviolenza attiva a partire da ciascuno/a di noi.
Il prendere a cuore la condizione degli impoveriti e degli uccisi dalla fame ci porta a guardare alla Base Usaf di Aviano come un’assurdità umana proprio per la concentrazione di armi che uccidono le persone e la vita. La memoria dei sopravvissuti ai bombardamenti, con particolare riferimento a Hiroshima e Nagasaki, diventa giudizio inappellabile di una base che custodisce con tragica sicurezza 50 bombe atomiche di cui si conosce il terrificante potere distruttivo. Eppure in Friuli-Venezia Giulia, nelle nostre diocesi e comunità parrocchiali si vive come se la Base Usaf di Aviano con le sue stesse testate atomiche non ci fosse.
Il mistero di Dio si è rivelato nelle parole e nei gesti di Gesù; tutta la sua vita è segno di amore misterioso, incondizionato e concreto, tanto che il potere politico-reliogoso-militare, riconoscibile in quel momento storico, decise ed eseguì la sua morte.
Camminiamo da Pordenone alla Base Usaf di Aviano per essere coinvolti dalla luce e dalla forza del Vangelo a vivere la giustizia, la legalità, la cooperazione, la sobrietà della vita e dei consumi come segni alternativi al neoliberismo, alla massimizzazione dei profitti, al consumismo, che riducono tutto e tutti a merce, a numeri e a cose.
Camminiamo da Pordenone alla Base Usaf di Aviano per essere coinvolti dal Vangelo della nonviolenza attiva e della costruzione della pace; per essere obiettori di coscienza a tutte le guerre, ai diversi terrorismi, alla produzione e al commercio delle armi; per vivere e diffondere la spiritualità e la cultura dell’incontro, del dialogo, del superamento dell’inimicizia. In un momento di particolare difficoltà, il nostro cammino è anche penitenziale: cristiani e mussulmani sono chiamati a chiedersi reciprocamente perdono, a ripartire nell’attenzione, nella conoscenza, nel dialogo reciproci. Il Crocifisso ci accompagna e mai può essere utilizzato a simbolo di contrapposizione e di esclusione.
Camminiamo da Pordenone alla Base Usaf di Aviano per sentirci compagni di viaggio di ogni persona, specie di chi fa più fatica a vivere in questa società e nel mondo; per rinnovare la sensibilità e la pratica dell’accoglienza e superare ogni forma di indifferenza, xenofobia, razzismo, con attenzione particolare agli uomini e alle donne che vengono da noi dai diversi paesi del mondo.
Camminiamo da Pordenone alla Base Usaf di Aviano per dire No ai CPT, a partire da quello di Gradisca d¹Isonzo. La denuncia deve diventare proposta di luoghi e di modi per un’accoglienza che sia espressione di umanità. Il NO più fermo ai muri, ai fili spinati, ai luoghi separati e inaccessibili, diventi SÌ all’incontro nel rispetto, nel dialogo, nel sostegno reciproci.
Camminiamo da Pordenone alla Base Usaf di Aviano contemplando le montagne, il cielo, i prati, gli alberi, gli uccelli, le tante forme di vita che in questo tempo si risvegliano per essere davvero responsabili di tutti gli esseri viventi, dell’intero ecosistema che il Signore ci ha affidato perchè lo custodiamo con premura e cura.
Camminiamo da Pordenone alla Base Usaf di Aviano, perchè restare fermi significherebbe resa al mondo esistente, tradimento del Vangelo e della vita.
Invitiamo con fiducia e amicizia tutte le donne e tutti gli uomini di buona volontà a camminare con noi, particolarmente quanti hanno responsabilità istituzionali nella Chiesa e nella Società civile, per una umanità giusta e fraterna.
Beati i Costruttori di Pace, Pordenone e Nazionale
Associazione E. Balducci, Zugliano (UD)
Comunità s. Martino, Trieste
Comunità Arcobaleno, Gorizia
ACLI provinciale, Pordenone
A.C. diocesi Concordia-Pordenone
Emergency nazionale
Missionari Comboniani di Padova
Bilanci di Giustizia
Associazione E. Balducci, Zugliano (UD)
Comunità s. Martino, Trieste
Comunità Arcobaleno, Gorizia
ACLI provinciale, Pordenone
A.C. diocesi Concordia-Pordenone
Emergency nazionale
Missionari Comboniani di Padova
Bilanci di Giustizia
Il testo della Prima Stazione.
1ª stazione – La condanna a morte Gv. 18, 18-23 - Poiché faceva freddo, i servi e le guardie avevano acceso un braciere e stavano là a scaldarsi. Pure Pietro stava con loro e si riscaldava.
Il sommo sacerdote interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e alla sua dottrina. Gli rispose Gesù: «Io ho parlato apertamente al mondo. Io ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove si radunano tutti i giudei e di nascosto non ho detto nulla. Perché interroghi me? Interroga coloro che mi hanno ascoltato, che cosa ho detto loro. Ecco, essi sanno ciò che io ho detto». Non appena Gesù ebbe detto ciò, una delle guardie, che stava là, diede uno schiaffo a Gesù, dicendogli: «Così rispondi al sommo sacerdote?». Gli rispose Gesù: «Se ho parlato male, dimostra dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?».
Dopo circa trenta mesi di predicazione, Gesù si trova di fronte ai poteri forti (religiosi, militari, economici e politici), che lo giudicano proprio per l’annuncio che ha proclamato.
Il Suo è un annuncio di salvezza per l’uomo: spetta solo a noi accettarlo.
Le Sue parole «Convertitevi e credete al Vangelo», oggi ci interpellano in prima persona. Sentiamoci chiamati in causa proprio perché ciascuno di noi può divenire potere forte che giudica e ridurre alla propria dimensione umana il messaggio infinito di salvezza di Dio.
Tuttavia, «in umile risolutezza» (con le parole di Giovanni XXIII), non possiamo non guardare oltre a noi e non portare questo messaggio di speranza e di conversione a quei poteri forti che ancora oggi percuotono Gesù nel volto degli affamati, degli assetati, degli ignudi, dei carcerati, dei diseredati della terra.
«Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce.» Gli chiese Pilato: «Che cos’è la verità?». Non ci è dato sapere cosa rispose Gesù. Forse non ha neppure avuto il tempo per rispondere al prefetto romano. Senza dubbio il sinedrio non ha riconosciuto in Gesù il Messia portatore della Verità di Dio.
Ma questa affermazione «Chiunque è della verità, ascolta la mia voce» ci chiama in causa tutti, singoli individui ed istituzioni (politiche, economiche, religiose e militari), nella ricerca di quella Verità di cui Gesù è stato testimone. Verità di Dio che si fonda sull’amore e il perdono, incondizionato e unilaterale, tra tutti gli esseri viventi.
«Se ho parlato male, dimostra dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?»
Nel settembre del 2000, grazie anche alle parole di Giovanni Paolo II in occasione del Giubileo, i 189 capi di stato dei membri delle nazioni unite hanno sottoscritto la Dichiarazione del Millennio, impegnandosi a contribuire al raggiungimento di 8 obiettivi di sviluppo, in particolare il dimezzamento della povertà nel mondo, e fissando una scadenza precisa, il 2015. Dopo 5 anni è stata possibile una prima verifica, e se anche sono stati fatti dei passi importanti, è chiaro che non sono sufficienti, e che a questo ritmo l’obiettivo non verrà centrato. Crediamo che sia soprattutto compito delle comunità cristiane continuare a vigilare facendo in modo che non si spenga l’attenzione su questo tema.
Ma crediamo che sia compito dei singoli credenti, oltre che delle comunità, ricercare stili di vita sobri e solidali, anche e soprattutto promuovendo il consumo critico e il risparmio etico. La guerra infatti è oggi un grande affare economico, che colpisce alcune popolazioni del mondo provocando morte, fame e povertà, ma che permea anche tutta la nostra vita attraverso i mille intrecci dell’economia. È per noi cristiani impossibile pensare che questo sistema sia giusto e normale, è nostro compito fare il possibile per non esserne complici.
La speranza che ci è data da Cristo nostro Signore non può farci tacere, e quindi annunciare «al mondo, apertamente» che armi, guerra, terrorismo, fame, povertà, non fanno parte del progetto di Dio.
«Se ho parlato male, dimostra dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?»
Anche al tempo e nella vita di Gesù il potere, le istituzioni hanno avuto un ruolo rilevante — il sinedrio, Pilato, il dubbio, la decisione, la condanna — e si sono dovute necessariamente confrontare con la verità, spesso discostandosene.
Le cose non stanno molto diversamente per le istituzioni di oggi: lo stato, la burocrazia, gli enti locali, l’Europa… Queste, proprio perché istituzioni rappresentative, hanno una doppia responsabilità: non solo verso sé stesse, ma anche e soprattutto verso chi rappresentano. Per questo esse per prime devono mettersi e rimettersi in gioco, prendere posizione, cercare la verità, riacquisire rappresentatività da un lato ed essere guida dall’altro.
Solo con le istituzioni un percorso di pace, giustizia e verità potrà essere condotto un po’ più in là.
Ma le istituzioni di oggi sono anche i luoghi di formazione e costruzione della persona, della comunità e della società, sono le scuole, i circoli dei gruppi, le associazioni, sono le parrocchie.
Anche queste istituzioni in cui viviamo ogni giorno e di cui ognuno di noi è parte devono realmente e profondamente interrogarsi, superare le paure che opprimono e chiudono tutti noi, nella ricerca cristiana della verità che Gesù ci indica.
«Se ho parlato male, dimostra dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?»
Abbiamo diverse occasioni a disposizione per rispondere all’interrogazione di Gesù. Diversi momenti nei quali facciamo anche noi questa domanda o non possiamo non ascoltare chi la presenta.
Come ora.
«Se ho parlato male, dimostra dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?»
Oggi possiamo accogliere questa domanda nei nostri cuori e portarla agli amici, alle famiglie, nel lavoro.
Affidarla alla nostra preghiera.
Rispondere con le nostre azioni.
Il sommo sacerdote interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e alla sua dottrina. Gli rispose Gesù: «Io ho parlato apertamente al mondo. Io ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove si radunano tutti i giudei e di nascosto non ho detto nulla. Perché interroghi me? Interroga coloro che mi hanno ascoltato, che cosa ho detto loro. Ecco, essi sanno ciò che io ho detto». Non appena Gesù ebbe detto ciò, una delle guardie, che stava là, diede uno schiaffo a Gesù, dicendogli: «Così rispondi al sommo sacerdote?». Gli rispose Gesù: «Se ho parlato male, dimostra dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?».
Dopo circa trenta mesi di predicazione, Gesù si trova di fronte ai poteri forti (religiosi, militari, economici e politici), che lo giudicano proprio per l’annuncio che ha proclamato.
Il Suo è un annuncio di salvezza per l’uomo: spetta solo a noi accettarlo.
Le Sue parole «Convertitevi e credete al Vangelo», oggi ci interpellano in prima persona. Sentiamoci chiamati in causa proprio perché ciascuno di noi può divenire potere forte che giudica e ridurre alla propria dimensione umana il messaggio infinito di salvezza di Dio.
Tuttavia, «in umile risolutezza» (con le parole di Giovanni XXIII), non possiamo non guardare oltre a noi e non portare questo messaggio di speranza e di conversione a quei poteri forti che ancora oggi percuotono Gesù nel volto degli affamati, degli assetati, degli ignudi, dei carcerati, dei diseredati della terra.
«Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce.» Gli chiese Pilato: «Che cos’è la verità?». Non ci è dato sapere cosa rispose Gesù. Forse non ha neppure avuto il tempo per rispondere al prefetto romano. Senza dubbio il sinedrio non ha riconosciuto in Gesù il Messia portatore della Verità di Dio.
Ma questa affermazione «Chiunque è della verità, ascolta la mia voce» ci chiama in causa tutti, singoli individui ed istituzioni (politiche, economiche, religiose e militari), nella ricerca di quella Verità di cui Gesù è stato testimone. Verità di Dio che si fonda sull’amore e il perdono, incondizionato e unilaterale, tra tutti gli esseri viventi.
«Se ho parlato male, dimostra dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?»
Nel settembre del 2000, grazie anche alle parole di Giovanni Paolo II in occasione del Giubileo, i 189 capi di stato dei membri delle nazioni unite hanno sottoscritto la Dichiarazione del Millennio, impegnandosi a contribuire al raggiungimento di 8 obiettivi di sviluppo, in particolare il dimezzamento della povertà nel mondo, e fissando una scadenza precisa, il 2015. Dopo 5 anni è stata possibile una prima verifica, e se anche sono stati fatti dei passi importanti, è chiaro che non sono sufficienti, e che a questo ritmo l’obiettivo non verrà centrato. Crediamo che sia soprattutto compito delle comunità cristiane continuare a vigilare facendo in modo che non si spenga l’attenzione su questo tema.
Ma crediamo che sia compito dei singoli credenti, oltre che delle comunità, ricercare stili di vita sobri e solidali, anche e soprattutto promuovendo il consumo critico e il risparmio etico. La guerra infatti è oggi un grande affare economico, che colpisce alcune popolazioni del mondo provocando morte, fame e povertà, ma che permea anche tutta la nostra vita attraverso i mille intrecci dell’economia. È per noi cristiani impossibile pensare che questo sistema sia giusto e normale, è nostro compito fare il possibile per non esserne complici.
La speranza che ci è data da Cristo nostro Signore non può farci tacere, e quindi annunciare «al mondo, apertamente» che armi, guerra, terrorismo, fame, povertà, non fanno parte del progetto di Dio.
«Se ho parlato male, dimostra dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?»
Anche al tempo e nella vita di Gesù il potere, le istituzioni hanno avuto un ruolo rilevante — il sinedrio, Pilato, il dubbio, la decisione, la condanna — e si sono dovute necessariamente confrontare con la verità, spesso discostandosene.
Le cose non stanno molto diversamente per le istituzioni di oggi: lo stato, la burocrazia, gli enti locali, l’Europa… Queste, proprio perché istituzioni rappresentative, hanno una doppia responsabilità: non solo verso sé stesse, ma anche e soprattutto verso chi rappresentano. Per questo esse per prime devono mettersi e rimettersi in gioco, prendere posizione, cercare la verità, riacquisire rappresentatività da un lato ed essere guida dall’altro.
Solo con le istituzioni un percorso di pace, giustizia e verità potrà essere condotto un po’ più in là.
Ma le istituzioni di oggi sono anche i luoghi di formazione e costruzione della persona, della comunità e della società, sono le scuole, i circoli dei gruppi, le associazioni, sono le parrocchie.
Anche queste istituzioni in cui viviamo ogni giorno e di cui ognuno di noi è parte devono realmente e profondamente interrogarsi, superare le paure che opprimono e chiudono tutti noi, nella ricerca cristiana della verità che Gesù ci indica.
«Se ho parlato male, dimostra dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?»
Abbiamo diverse occasioni a disposizione per rispondere all’interrogazione di Gesù. Diversi momenti nei quali facciamo anche noi questa domanda o non possiamo non ascoltare chi la presenta.
Come ora.
«Se ho parlato male, dimostra dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?»
Oggi possiamo accogliere questa domanda nei nostri cuori e portarla agli amici, alle famiglie, nel lavoro.
Affidarla alla nostra preghiera.
Rispondere con le nostre azioni.
Riflessione curata da ACLI e Azione Cattolica
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