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Il Federalismo dell'acqua , dei fiumi e del bene comune.
- Subject: Il Federalismo dell'acqua , dei fiumi e del bene comune.
- From: Francesco Lauria <francescollauria at yahoo.it>
- Date: Sat, 4 Sep 2004 08:56:02 +0200 (CEST)
SUL PROSSIMO NUMERO DI EUROPA PLURALE rivista per un federalismo globale. Il Federalismo dell’acqua, dei fiumi e del bene comune. Non sono mai stato un federalista. La mia storia e la mia formazione politica, senza iperstatalismi e rigidità, stanno comunque profondamente dentro la sinistra del 900, quella di classe tanto per capirci…. Oggi potrei dire che sono dentro l’odierna consapevolezza della crisi di questa sinistra, del suo sostanziale fallimento, delle macerie ma anche del vuoto terribile che lascia. Ma tengo la bussola nella storia, orientata sui valori universali di eguaglianza e di giustizia sociale definibili…di antica cultura sinistra, cerco di combinarli con le più conseguenti acquisizioni ambientaliste, con i percorsi dell’autogoverno locale e della democrazia partecipativa che mi portano in Chiapas o a Cochabamba o ai Forum di Porto Alegre Come tanti, mi muovo senza certezze ideologiche, batto percorsi di nuove “narrazioni”, sono convinto che i conti con tutta la cultura politica che ci lasciamo alle spalle vanno fatti, ma a 360 gradi e li dobbiamo fare tutti. E che se il comunismo ha datato il suo fallimento nel 1989 al muro di Berlino, il liberismo lo ha datato nelle trincee del 1914 e forse il federalismo lo ha datato la Lega Nord, la Padania e i ponti bombardati di Bosnia. Certo, si può sempre dire che il comunismo non è Stalin, che il liberismo non è la Grande Guerra e che il federalismo dei Cattaneo e dei padri del Movimento europeo, non è quello di Bossi e della Devoluzione ecc… ma purtroppo la storia è stata segnata così. Perciò senza scadere in cosmici pessimismi sulla natura dell’uomo, non mi riesce di guardare al nostro mondo senza vederlo privo di bussole, in preda a edonistici individualismi, a competitività infantili, governato da mercati e businnes speculativi e criminali, un mondo in marcia verso l’uniformità consumistica e che reagisce a questa istericamente come un drogato in piena crisi di astinenza. Viviamo il tempo dello “scontro di civiltà”, dietro al quale mascheriamo “Il Tempo della Esauribilità” delle risorse fondamentali: il PETROLIO – l’ACQUA – le FORESTE – il MARE ecc.. il tempo della guerra permanente di rapina, dell’accaparramento, delle nuove colonizzazioni, dei razzismi, dei terrorismi. L’America scopre come un incubo di essere completamente dipendente dall’estero per il PETROLIO e il risultato….tutti scopriamo che anche l’ACQUA, quella dolce e potabile, è diventato un bene raro e una merce come il petrolio…..e questo passaggio epocale è di quelli che cambiano tutto…. Credo che non possiamo più nascondere gli indicatori di una grande crisi, non solo ambientale, ma di sviluppo umano, geopolitica….in una parola una crisi di civiltà…. che rischia di travolgerci e travolgere ogni forma di democrazia. Di fronte alla quale non c’è federalismo che tenga, le categorie a noi note, i progetti politici del nostro bagaglio culturale, il nostro linguaggio, le nostre convinzioni, sono triturati, resi impotenti, o ci si rivoltano contro. Di fronte al mercato globale, al capitale finanziario la stessa politica, come idea collettiva, si arrende, abdica, si corrompe, si criminalizza, si esauriscono si uniformano e si corrompono le stesse classi sociali che si sono scontrate e hanno egemonizzato le culture per più di un secolo. Una lunga premessa, scusatemi, ma resami necessaria ad introdurre una idea, un percorso, o semplicemente una provocazione, chiamatela come volete, attorno alla quale, da tempo però ci ragiono e si cimenta l’impegno di alcuni. Ecco, forse il bandolo della matassa, sta nel riscoprire valori antichi, fondanti, alle origini del nostro vivere sociale, il valore dei beni comuni fondamentali, come l’ACQUA, così profondi, ancestrali, sacrali per tutte le civiltà. E attorno a questi, nell’importanza epocale che vanno assumendo, nelle regole moderne della loro gestione collettiva, nei diritti che sottendono occorre riscoprire le nuove ragioni dello stare assieme, la necessità di definire nuove culture politiche, giuridiche, amministrative, ma anche nuovi concezioni alla scienza e alla ricerca, nuove istituzioni e nuovi confini alle comunità, forse addirittura una nuova definizione del concetto di popoli….i popoli dell’acqua..? E ci sono da ricostruire coscienze e consapevolezze di una nuova cittadinanza. Questo “homo consumatore” ha perso ogni memoria del valore dell’acqua, la percezione dei legami indissolubili che lo legano ad essa: l’acqua di cui è fatto il corpo, in cui siamo immersi dalla nascita, nostra madre, la madre terra, l’acqua dei fiumi attorno ai quali sono nate le società, le città, le nostre abitudini, dalla quale dipende tutta la nostra vita, bere, produrre cibo, energia, lavorare, persino i nostri cognomi. ( mi chiamo Molinari, mia nonna si chiama Ferrari, (mugnai e fabbri ) e lungo l’asta dell’Adda e del Po, tanti si chiamano Molinari e Ferrari ) L’acqua che si dispiega sulla Terra in bacini e in falde, fiumi, laghi, ha già disegnato in negativo, con le proprie rive ( oltre le quali ci stanno i rivali, gli altri, i nemici ) gli assetti politici delle comunità, i loro confini istituzionali, le nazioni le regioni, i comuni. Ma se prendiamo atto del suo LIMITE, se dobbiamo porla al centro della politica, se dobbiamo considerarla la res pubblica per antonomasia, allora la sua gestione, la pianificazione dei suoi usi, travalica i confini geopolitici della storia, e non bastano le convenzioni transfrontaliere sull’uso delle acque, ma occorre costruire una cultura comune sul bene comune, tra chi sta su di una riva o sull’altra tra chi sta a monte o a valle, tra chi preleva dalla stessa falda nello stesso bacino, costringe a ripensare i territori e i popoli. E quando si legifera, si pianifica i territori o si amministra, quando si fa politica economica, energetica, industriale, agricola, estera, quando si trattano i piani regolatori, lo smaltimento dei rifiuti o qualsiasi politica urbana, allora vediamo che l’acqua, il suo assetto idrogeologico e idrogeografico delineano ambiti territoriali diversi dalle lingue, nazionalità, religioni, etnie, il suo bacino, l’Ambito Territoriale Ottimale, tanto per usare un termine usato nella legislazione italiana, diventa un ambito comunitario e politico nel senso pieno del termine, nuovo e geografico e “naturale” e al tempo stesso anche di storia comune, di lavori, di comunicazione di memoria. L’Ambito dove si esercita la democrazia, dove si vota, ma si costruiscono anche le forme della partecipazione diretta alla gestione del bene comune, pubblica Di un Nuovo Pubblico Locale, che nulla ha che fare con le statalizzazioni, ed ancor meno con il mercato e le multinazionali. Ecco dove sta il mio richiamo al federalismo. Forse ciò che ho cercato di delineare equivale al “federarsi” della politica, dei popoli, nelle loro diversità grandi e piccole, nei territori dell’acqua grandi e piccoli, che stanno dentro gli attuali (confini sempre messi in discussione), o fuori da questi, attorno alla democrazia e l’affettivo autogoverno dei beni comuni. La democrazia dei fiumi, dei bacini, o dei beni comuni fondamentali:Una Utopia Si, ma pensiamoci. Battere nuove strade? In che direzione? Non lo so. Personalmente trovo oggi più spunti culturali nella lettura degli statuti dei comuni italiani in quell’interegno di poteri la sciato dallo scontro tra papato ed impero, che si chiama Medio Evo, così ben definiti attorno la gestione comune e partecipata delle acque, dei beni e dei “servizi”comunitari, piuttosto che nel dibattito dei partiti sulla devoluzione. Dovrebbero leggerlo i molti amministratori che si apprestano a vendere anche l’anima a qualche multiutility internazionali. Acqua ed energia, sono in crisi e le due questioni sono un tutt’uno. Senza l’una non c’è l’altra e viceversa ed entrambe spingono verso la guerra permanente. Le alternative all’esaurimento del petrolio, si chiamano idrogeno e fonti alternative o meglio la combinazione tra produzione d’idrogeno dall’acqua, attraverso fonti energetiche alternative. E’ questa una prospettiva che può essere reale, ma dentro ad un modello energetico fuori da visioni centralistiche statali o del mercato globale delle multinazionali. Idrogeno e fonti energetiche alternative, obbligano a pensare ad un modello decentrato, distribuito e differenziato nei territori, un uso di diffuse e contenute sorgenti alternative, una gestione oculata e comunitaria delle acque, un governo locale ( federato? ) dell’acqua e della produzione energetica, del suo uso e in una parola dell’insieme del territorio idrico. Che linguaggio vogliamo usare per queste prospettive, federalismo, comunitarismo, cooperativismo? Pensiamoci ancora. Emilio Molinari ___________________________________ Yahoo! Companion - Scarica gratis la toolbar di Ricerca di Yahoo! http://companion.yahoo.it
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