Una pizza margherita nella polvere di Knin



Una pizza Margherita nella polvere di Knin

di Francesco Lauria
http://francescolauria.blog.tiscali.it
 
Knin.

Avevo letto con attenzione il saggio di Giacomo Scotti
: “Operazione Tempesta” e aspettavo con ansia di poter
vedere questo “luogo maledetto”.

 Non era la prima volta che attraversavo la Krajna.

Questa volta però ero nella città della fortezza,
delle due gravissime pulizie etniche.

 La città che si è svuotata per due volte nel corso di
quattro anni (1991 e 1995) della sua popolazione.

Prima se ne andò la minoranza croata che non poteva
restare in maniera indolore nella capitale
dell’autoproclamata repubblica serba di Krajna, poi,
nell’agosto 1995 la fulminea offensiva dell’esercito
croato, denominata per l’appunto “Operazione Tempesta”
e favorita tacitamente dagli Usa e dalla Nato, spazzò
via nel giro di pochi giorni il microstato serbo
abbandonato al suo destino dai “fratelli” di Belgrado
e di Pale.

 Oggi Knin è una città a stragrande maggiorata croata
anche se non tutti i croati espulsi nel 1991 sono
rientrati, sono stati semplicemente sostituiti da
altri profughi, come spesso avviene nei bizzarri
scambi di popolazioni nell’ex Yugoslavia.

 Knin ha perso quasi interamente le sue industrie e il
suo nodo ferroviario in passato così strategico per
tutta la Yugoslavia sembra, a tratti, un binario
morto.

 Soprattutto qui la gente è profondamente triste.

Glielo si legge negli occhi.

 Rispetto ai villaggi della Lika (“l’altra Krajna”)
non puoi nemmeno consolarti con gli anziani serbi che
dopo anni stanno faticosamente rientrando, ripopolando
un deserto desolato.

 Li trovi sulla strada con il loro ombrellone ed i
loro formaggi che ti sorridono timidamente.

 I camini hanno ripreso a fumare nei freddi inverni
della Lika.

I primi anziani sono stati arsi nelle loro case, poi
sono state arse solo le abitazioni infine gli unici
fumi, regolari, sono stati quelli dei camini.

 Queste sono le campagne.

Poi arrivi nelle piccole città.

 Ecco, una scintillante chiesa cattolica e, a fianco,
proprio a fianco, una chiesa ortodossa crivellata di
proiettili, le entrate sprangate.

 Altrove è il contrario è vero.

Ma l’effetto non cambia.

 Così Knin con la sua immensa fortezza veneziana che
fu ricoperta da un’immensa bandiera croata nel giorno
della riconquista.

 Così a Knin puoi fermarti di rientro dalla Bosnia.

 Mentre ti dirigi verso Spalato, Zara, Fiume, Trieste.

 Puoi ordinare seduto comodamente una pizza
margherita.

 Non è male anche se è una pizza balcanica.

 Il pomodoro ad esempio non esiste.

 Ma che importa, puoi guardare da lontano il gran
premio di F1, pagare in EURO.

 Puoi anche sorseggiare un caffè che dicono viene
tostato in Italia.

 Ma, mentre a volte la Bosnia nella sua irrazionalità
a volte sembra una Las Vegas dei poveri, qui sei
all’anno zero.

 I serbi erano arrivati più di cinque secoli fa.

 Ora in tutta la Croazia sono meno di un terzo
rispetto al 1991.

 Ma qui la sconfitta, il disorientamento è generale,
non etnico.

La disoccupazione, la criminalità sono devastanti.

 La Croazia è il prossimo candidato del mosaico ex
yugoslavo all’allargamento dell’Unione Europea.

 Ecco, ci vorrebbe un po’ più di Europa a Knin.

 Per ridare un po’ di speranza ad una regione e ad una
città “maledette”.

 Per allontanare il vento e la polvere.

 






	

	
		
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