(Fwd) N.E. Balcani #817 - Kosovo



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N.E. BALCANI #817 - KOSOVO
16 giugno 2004


L’ONU, UNICA RESPONSABILE DELLA CATASTROFE ECONOMICA IN KOSOVO
a cura di Olsi Sulejmani

La situazione economica in Kosovo è disastrosa, i funzionari ONU 
pensano solo ai loro stipendi e il mantra degli standard prima dello 
status non fa che peggiorare il tutto

Mentre in tutta l’Europa dell’Est le privatizzazioni sono state 
fortemente osteggiate dalle popolazioni, e come conseguenza i governi 
che le hanno varate hanno pagato un prezzo in termini di voti, in 
Kosovo succede il contrario. E’ la società civile che vuole le 
privatizzazioni e il governo (quello dell’ONU) che le ha sospese. Il 
Kosovo versa in una situazione tragica. Le cifre della disoccupazione 
sono vicine al 60-70%, gli investitori internazionali non investono a 
causa dell'assenza di una legislazione chiara che protegga i loro 
investimenti e l’ONU decide di interrompere le privatizzazioni a 
tempo indefinito (è questa la notizia che proviene dal palazzo di 
vetro). Lo status non definito del Kosovo, inoltre, sta creando una 
generazione di giovani che vedono ormai come il loro nemico numero 
uno l’amministrazione ONU. Sarebbe facilissimo oggi in Kosovo per le 
organizzazioni oltranziste raccogliere sostenitori. Tutti i giornali 
del Kosovo continuano a rendere pubblici i salari dei funzionari ONU, 
e sono tutte cifre che basterebbero a sfamare una famiglia del Kosovo 
per un anno intero. Sempre secondo i quotidiani, i funzionari 
vorrebbero che la situazione rimanesse cosi per sempre. 

La comunità internazionale in genere, e l’Occidente in particolare, 
non hanno il coraggio necessario per affrontare la questione dello 
status e, senza risposte a breve, il Kosovo esploderà. Non sarà più 
una vendetta contro i serbi, ma diretta verso quei funzionari che il 
giovane disoccupato kossovaro non vede più come amici, oppure, verso 
entrambi. Per lui ormai sono il principale ostacolo del suo futuro. 
Il 10 giugno c’è stata la prima manifestazione contro l’UNMIK in 
Kosovo. Manifestazione pacifica, e non perché c’erano più forze 
dell’ordine che manifestanti. Nei vari cartelli si leggeva: “Holkeri, 
portateli via tutti”, “UNMIK fuori dal Kosovo” ed altri ancora. Sarà 
pacifica anche la prossima? Le voci in Kosovo diventano sempre più 
insistenti e sempre meno cordiali. Il governo del Kosovo a breve si 
ritirerà dalla commissione per le privatizzazioni, che non lavora 
ormai da diversi mesi. A nulla è servito il licenziamento della 
funzionaria Fucci da parte di Holkeri. Come d’altronde aveva 
anticipato il governo provvisorio, da solo non sarebbe bastato. E 
intanto il responsabile UNMIK sulle privatizzazioni, Nicola 
Lampsdorf, si porta all'ONU proprio la Sig.ra Marie Fucci quale 
consulente. Risultato ottenuto? La sospensione definitiva delle 
privatizzazioni e un ulteriore sberleffo politico alle istituzioni 
kossovare, che con tante insistenze e fatiche avevano ottenuto il 
licenziamento della Fucci. Holkeri nel suo discorso conclusivo aveva 
detto che le privatizzazioni erano il problema più urgente, ma ora è 
andato via e nessuno sa come la penserà il prossimo. L’Unione Europea 
vuole un suo rappresentante e sicuramente sarà cosi. Vuole più voce 
in capitolo, ma sbaglia le comunicazioni al popolo del Kosovo (vedi 
anche l’intervista all’analista di Radio Free Europe sotto). Solana 
si è lamentato della ricostruzione lentissima delle abitazioni dei 
serbi nella sua visita in Kosovo. Secca e fulminea la risposta del 
governo provvisorio, “…in tre mesi è stato costruito il 33% delle 
case danneggiate. Nessun paese al mondo ha avuto questi ritmi. Stiamo 
anche infrangendo le leggi sugli appalti per velocizzare i lavori. 
Abbiamo portato a tre soli giorni la pratica che per legge deve 
essere di trenta. E poi, è sulle leggi varate dalla comunità 
internazionale che stiamo lavorando ed esse ci impediscono di essere 
più veloci”, ha dichiarato la portavoce del governo del Kosovo, 
Mimoza Kusari.

Il terzo partito politico, l’AAK ha già detto che in Kosovo ci vuole 
un’opposizione e che non rifarebbe un governo a tre con Rugova e 
Thaci, ma si schiererebbe solo con uno dei due.
Quest’ultimo dopo la proposta di applicare gli accordi di Ohrid anche 
in Kosovo, e ricevuti diversi no internazionali, comincia a chiedere 
a gran voce il trasferimento dei poteri. Il leader del PDK, in 
un'intervista per l’agenzia Reuters, ha affermato che: “Le Nazioni 
Unite in Kosovo hanno fallito in quanto la missione dell’UNMIK ha 
perso la fiducia del popolo del Kosovo. L’UNMIK si deve trasformare 
in una missione consultiva dopo le elezioni di ottobre. La 
maggioranza dei funzionari dell’UNMIK sono qui per dormire, guardare 
e poi bloccare le nostre iniziative. Lo status non definito del 
Kosovo non consente l’esecuzione dei progetti delle nostre 
istituzioni” ha concluso Thaci la sua intervista per la Reuters. 

Rugova, nei festeggiamenti del quinquennio della “Liberazione di 
Pristina” ha detto che il sesto sarà festeggiato con l’indipendenza. 
Ma non si è spinto più in la. Dacia, capo del parlamento del Kosovo, 
lo segue a ruota con toni più decisi. “Il governo del Kosovo è pronto 
al passaggio delle competenze”. I serbi si aspettano le elezioni, e 
già hanno fatto sapere che useranno come sempre il ricatto della loro 
partecipazione. E se nelle elezioni serbe dovesse vincere 
l’ultranazionalista Nikolic… Le elezioni sono alle porte e i partiti 
politici devono raccogliere voti. Di certo, non butteranno acqua sul 
fuoco che arde. Ormai è la società civile che pressa il governo, come 
nel caso degli imprenditori della Camera di Commercio del Kosovo 
(vedi intervista sotto), e i partiti non potrebbero fare diversamente 
in quanto adesso non sono più loro a condurre il gioco. L’America ha 
altro a cui pensare e la polveriera dei Balcani comincia avere la 
miccia sempre più corta. 

SE LA PRIVATIZZAZIONE NON CONTINUA IL GOVERNO DEVE AGIRE
Intervista di Radio Free Europe a I. Kastrati, Direttore della Camera 
di Commercio del Kosovo, 11 giugno 2004

Radio Free Europe:
Sig. Kastrati, ultimamente ci sono state voci per la sospensione 
totale del processo di privatizzazione. Come le valutate?

Kastrati:
Purtroppo dalle Nazioni Unite non arrivano segnali buoni e si attende 
la sospensione delle privatizzazioni. Si vede che per l’UNMIK è una 
normale dinamica, in quanto l’UNMIK è un amministrazione che desidera 
avere competenze e ottime paghe, ma non responsabilità. E’ per questo 
che si fermano questi processi. Si difendono sempre con la scusa 
dell’immunità del AKM (Agenzia Kossovara delle Privatizzazioni) e in 
un modo o nell'altro hanno inciso e contribuito palesemente alla 
situazione di stallo dello sviluppo economico del Kosovo e alla 
distruzione della proprietà pubblica, sia con la sospensione della 
privatizzazione, sia con la corruzione e il crimine economico, dove 
sono coinvolti direttamente anche uomini dell’UNMIK.

Radio Free Europe:
Sig. Kastrati, come inciderà sull’economia kossovara e sull'intero 
processo l’eventuale totale sospensione delle privatizzazioni?

Kastrati:
Le aziende pubbliche si distruggeranno gradualmente, si svaluteranno, 
avremo tensioni sociali, una disoccupazione alta, si fermerà lo 
sviluppo economico. La proprietà nella quale un popolo intero ha 
investito per anni il proprio sudore e il proprio capitale oggi viene 
contestata da burocrati ai quali non interessa il problema del 
Kosovo, ma le proprie paghe.

Radio Free Europe:
Come inciderà sui potenziali investitori stranieri questa sospensione?

Kastrati: 
Per quanto riguarda la proprietà pubblica sicuramente esiteranno a 
investire in Kosovo, perché si è creata una cattiva opinione, si è 
creato una situazione paradossale in cui non si rispetta la proprietà 
e il diritto di proprietà e sotto l’aspetto giuridico non ci sono 
garanzie. Per questo si esiterà a investire. Ma noi dobbiamo 
orientarci sempre di più a sviluppare l’economia privata sotto forme 
di promozione del lavoro in aziende piccole e medie. Li concentreremo 
tutte le nostre risorse e aspetteremo la soluzione del problema della 
privatizzazione, che si è trasformato in un problema 
politico e non più economico.

Radio Free Europe: 
In questo quadro, Sig. Kastrati, il governo del Kosovo ha ammonito 
che i suoi rappresentanti nel consiglio dell'AKM si ritireranno 
definitivamente. Come valutate questo ammonimento del governo?

Kastrati:
Quel consiglio non ha funzionato che otto mesi. Sarebbe illogico che 
qualcuno possa pretendere di dire che ne fa parte. Se un consiglio 
non funziona per interi mesi perché se ne deve far parte? Ma io penso 
che se l’UNMIK non vuole avere responsabilità per quanto riguarda il 
contesto della proprietà pubblica, quella responsabilità se la deve 
accollare il governo del Kosovo perché noi siamo quelli che, oggi, 
domani e in prospettiva, saremo qui, avremo la responsabilità dello 
sviluppo economico nei confronti dei cittadini del Kosovo, 
indipendentemente a quale nazionalità loro appartengano. Non dobbiamo 
aspettare che burocrati, i quali non hanno altro interesse oltre alle 
loro paghe, risolvano i nostri problemi economici. 

Radio Free Europe:
Sig. Castrati, secondo voi qual è la via per uscire da questa 
situazione?

Kastrati:
Credo che si debba insistere anche in futuro affinché il processo 
ricominci. Noi come imprenditori abbiamo spedito una richiesta in 
merito e se non ricomincia, a un certo punto questa responsabilità se 
la deve prendere il governo del Kosovo. Questo patrimonio è dei 
kosovari e non delle Nazioni Unite.


MOORE: “STANDAR CON LO STATUS, NON STATUS DOPO GLI STANDARD”
Intervista di Radio Free Europe all’analista Patrick Moore, 12 giugno 
2004.

Radio Free Europe:
Havier Solana questa settimana a Prishtina ha detto che l’uccisione 
del giovane serbo dimostra che il Kosovo non è una società sana, e 
che una società simile non appartiene all’Europa. C’è il rischio che 
il Kosovo venga scomunicato dall’Europa?

Patrick Moore:
Sappiamo tutti che quello che è successo a questo adolescente è stato 
una tragedia e qualcosa di imperdonabile. Comunque devo dire che 
quando ho sentito questa dichiarazione di Solana non volevo credere 
alle mie orecchie. Sembrava un maestro di scuola arrogante, che stava 
parlando a dei piccoli bambini. Se voi analizzate con attenzione 
questa dichiarazione, in un certa maniera vuol dire che in ogni paese 
dove vengono uccisi sedicenni non appartiene alla Comunità Europea. 
So che nella città di Detroit (USA), dalla quale provengo, vengono 
uccisi ogni anno diversi adolescenti in “giochi di guerra”. Ho 
telefonato a un mio amico noto giornalista e gli ho chiesto se ci 
sono vittime adolescenti in Germania e se questo volesse dire che 
loro non appartengono all’Europa. Mi ha risposto subito che in 
Germania, Francia, Spagna e altri paesi non solo gli adolescenti sono 
vittime, ma a volte anche i bambini di 7 anni. Secondo questa logica 
nessun paese dovrebbe far parte dell’Unione Europea. Credo di non 
essere l’unica persona ad aver pensato così, o che abbia fatto questa 
lettura a proposito di questa dichiarazione. Spero che la prossima 
volta, quando qualcuno vorrà tenere una lezione alla gente del 
Kosovo, o di qualche altro stato balcanico, ci penserà due volte 
prima di parlare.

Radio Free Europe:
Sig. Moore, il Kosovo si sta confrontando con una grave crisi 
sociale. La disoccupazione è del 60-70%, il processo di 
privatizzazione si sta fermando e investimenti dall’estero non ce ne 
sono. Lo sviluppo economico nel periodo dopo il giugno 1999 era un 
dovere dell’Unione Europea (ricordiamo il caso dell'America, della 
guerra e della ricostruzione dell'Europa). Si può andare avanti sul 
piano politico con questa situazione economica?

Patrick Moore:
Cominciamo da quello che durante questi 4-5 anni doveva fare l’Unione 
Europea. Sono più o meno gli stessi paesi fortemente critici per il 
fato che l’Iraq (degli Stati Uniti) non funziona come la Svizzera in 
meno di un anno. Ma torniamo alle cifre della disoccupazione in 
Kosovo: 60-70%.
Qualche anno fa ero a una conferenza che si svolgeva in Macedonia, a 
Ohrid e lì ho incontrato un funzionario della Banca Mondiale. Quel 
giorno ho visto le cifre della disoccupazione nella Repubblica Serba 
della Bosnia ed ero fortemente sorpreso per quanto erano alte. Anche 
quelle si avvicinavano al livello del 50-60%, specialmente tra i 
giovani. 
Il funzionario mi ha spiegato che ogni qualvolta che le cifre della 
disoccupazione superano il livello del 30% si entra in una categoria 
filosofica, con altre parole è una catastrofe. E ogni cifra ulteriore 
sopra il livello del 30% non ha importanza. Per questo si può 
sostenere che il Kosovo si trova in una situazione catastrofica. 
Bisogna andare a vedere chi è stato il responsabile dell’economia, 
per esempio delle privatizzazioni e degli investimenti. Quello che 
abbiamo imparato dalla Bosnia è che serve stabilità politica e una 
legislatura chiara, in modo che si possano attuare questi processi. 
Ho paura che in Kosovo non ci sarnno né la stabilità politica né una 
legislatura chiara fino a quando la soluzione dello status rimarrà 
irrisolta. Vediamo infatti continuamente che, fin quando la soluzione 
dello status viene rimandata, i problemi che possono essere risolti 
solo con la chiarezza dello status vanno ad aggravarsi. 

Radio Fre Europe:
Un'organizzazione non governativa in questi giorni ha sostenuto che 
il cittadino del Kosovo si trova tra l’impotenza e l’inefficienza 
delle istituzioni locali e il potere assoluto e l’incompetenza 
dell’UNMIK. Chi è il responsabile?

Patrick Moore:
E’una frase che descrive esattamente la situazione e la questione in 
gioco. Tutti sappiamo che ci sono degli standard da realizzare e 
questo è assolutamente vero. Ma se si deve aspettare all’infinito per 
una realizzazione assolutamente perfetta degli standard, bisognerà 
aspettare tutta la vita e le problematiche alle quali ha accennato 
continueranno e si aggraveranno. Penso che l’idea dello status 
insieme agli standard, che è stata menzionata recentemente 
dall’ambasciatore del Pakistan alle Nazioni Unite, quando era 
presidente di turno del Consiglio di Sicurezza, cioè la combinazione 
parallela dei due elementi, invece dell’uno prima dell’altro, offre 
la speranza di uscire da questo vicolo cieco.

(traduzioni dall'albanese di Olsi Sulejmani)

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