Kosovo:ultime notizie dall'Associazione per la Pace



 primi giorni di scontri a Mitrovica*

*Dal *

*nostro collaboratore Giambattista Pace*

*Pristina*. Qualcuno mi chiedeva di scrivere degli appunti su quel che
accadeva. Gli appunti ci sono, tutti segnati, per sempre, sul bloc notes
della memoria. Le penne quelle non c'erano, rimaste con tutto il resto
nella mia casa a Mitrovica sud.

Finalmente siamo liberi, noi comodi e privilegiati profughi di questa
battaglia che non volevamo, non speravamo e di cui siamo stati inermi
testimoni.

Mercoledi' 17 marzo era una mattina di splendida primavera a Mitrovica,
nessuno avrebbe potuto immaginare l'imminente cambio di stagione verso
il torrido non estivo ma infernale.

Contavano solo 6 giorni dal mio arrivo in questa terra tormentata, il
Kossovo.

Ero riuscito con circospezione e cautela a vivere qualche giorno di
normalita': lunedi' avevo conosciuto i nostri operatori locali, proposto
loro il mio progetto di comunicazione verso il quale sembrava esserci un
bell'entusiasmo, martedi' avevo partecipato alle prime attivita' con i
bambini nel quartiere misto a nord di Bosniak Mahala.

Tutto sembrava maledettamente normale, come quando avevo per la prima
volta messo piede in quella citta' e mi aveva colpito quella maledetta
normalita'. Dusan, Daniel, Sokol, Naser, Advje (che aveva subito preso a
chiamarmi Giovanni risultandole il mio nome piuttosto ostico) ora posso
solo collegare i loro nomi ai volti grazie alle premurose comunicazioni
che Simona, il mio capo progetto, mantiene con loro per assicurarsi che
stiano bene, loro che hanno creduto nell'integrazione, in una Mitrovica
migliore, in un Kossovo migliore.

Siamo ancora qui, non ce ne siamo andati, solo a poca distanza da voi,
per dire che la costruzione della pace e' un cammino difficile e che non
vi faremo mancare il nostro appoggio.

Noi non fuggiamo nelle nostre comode case o a riabbracciare i nostri
premurosi cari perche' se un mondo migliore e' possibile lo e' qui e
subito, non domani, non per conto di chissa' chi.

La notizia dell'annegamento dei bambini albanesi ci era giunta in
ufficio in mattinata, una mattinata apparentemente normale, sarebbe
stata l'ultima. Ci avevano riportato che erano stati i serbi a spingere
i bambini nel fiume. In seguito sarebbe arrivata prima la smentita del
portavoce UNMIK, Chapell, poi la conferma della mancanza di prove
<http://www.balkanpeace.org/hed/archive/mar04/hed6307.shtml> che
dimostrasse l'accaduto. Ci siamo precipitati in strada poco dopo
sentendo il vociare dalla strada, la scena ci si e' subito presentata
per quello che era: una sommossa, e il gas dei lacrimogeni sparati dal
carro UN ce lo confermava. Solo dopo avremmo saputo dai testimoni
privilegiati (gli UNMIK di Jugobanka, finestre vista ponte) che le
manifestazioni albanesi in mattinata erano state ben 3: due pacifiche
(la seconda con una corposa presenza di bambini), la terza violenta.

Di li' a poco il ponte metallico di Mitrovica si e' messo a suonare,
scosso dalle pietre che da una parte all'altra avevano cominciato a
volare, un triste preludio alle pietre di metallo che sputate dalle armi
da fuoco qualche istante dopo avrebbero ucciso. E in tutto questo le
pochissime forze KFOR ci sembravano inermi e impreparate ad affrontare
la situazione, curioso per un paese militarizzato ormai da anni. Per noi
giusto il tempo di attraversare la passerella pedonale che permette
l'accesso alle tre torri abitate dagli albanesi nella parte nord,
nessuno ce lo ha impedito, nonostante la zona sia presidiata dai soldati
francesi (ce ne erano 4 in quel momento), tutto avveniva sul ponte
principale a pochi metri, e noi volevamo incontrare il nostro operatore
serbo che ci attendeva per quella che doveva essere la nostra attivita'
giornaliera nel quartiere di Bajnska. Non c'e' stato tempo per quella
attivita', perche' era iniziata la battaglia, che intanto si era estesa
anche alle torri con una fitta sassaiola da parte serba e una donna a
urlare la sua disperazione: "perche' ci tirate le pietre, noi non siamo
colpevoli". Lo stesso grido di dolore che sara' risuonato poco dopo nei
villaggi serbi in fiamme e dalle pietre, se solo avessero la parola, dei
monasteri e delle case ormai perduti per sempre. Noi, il cuore in gola,
iniziavamo il nostro piccolo calvario rifugiandoci prima in casa
dell'operatore Sokol, poi sarebbe stata la volta della Jugobanka, per
continuare con il Belvedere francese, l'abitazione di una nostra
funzionaria presso la rappresentanza diplomatica a Pristina e infine
quella di alcuni amici.

Cominciava la ridda di rumors, indiscrezioni, notizie carpite, ma non
avremmo piu' visto.

Purtroppo l'udito non ci ha impedito, per la prima volta in vita mia, di
ascoltare la guerra, gli spari che ci hanno accompagnato per due notti
intere, senza sapere dove fossero diretti ne' da chi fossero sparati.

*Giambattista Pace*

*Collaboratore Assopace*

*
*



**

*La scelta di rimanere in Kosovo*

A quasi una settimana dagli scontri che hanno scatenato l'ondata di
violenza in tutto il Kosovo, la situazione ad oggi sembra essersi
tranquilizzata in tutta l'area.

Oggi sono previsti i funerali dei morti durante gli scontri a Mitrovica,
c'è tensione ma si spera non ci sia una risposta violenta durante la
cerimonia funebre. I nostri operatori sabato sono usciti da Mitrovica
per ragioni di sicurezza, così come tutti gli internazionali delle Ong
presenti ancora in questa città. Insieme a Simona e Giambattista,
abbiamo deciso di non tornare in Italia ma aspettare che la situazione
si "calmasse" per poter ritornare a Mitrovica e riprendere il lavoro.

Adesso i nostri operatori si trovano a Pristina e domani andranno a
Mitrovica per capire quando poter ritornare definitivamente.

Perché siamo rimasti.
Ce lo hanno chiesto in diversi, a partire dal Consolato Italiano che ha
provveduto alla nostra "evacuazione" dalla città. Rispetto ai giorni
scorsi, la situazione é "visibilmente" migliorata, ma questo credo non
deve farci "rilassare" troppo come spesso in passato si é fatto.
Il mio non vuol essere allarmismo, ma semplicemente un monito, la
tensione rimane e sarebbe ingenuo pensare che il ricordo di quanto
appena accaduto possa essere presto "dimenticato" . A testimoniare ciò
ci sono, oltre le persone che hanno dovuto rivivere per l'ennesima volta
il clima di violenza e terrore, qualcuno rimanendone anche vittima, i
villaggi serbi bruciati e 3.600 serbi evacuati dalle loro case (molte
presumibilmente distrutte) e accampati nelle basi militari della Kfor,
oltre ai monasteri ortodossi e alle moschee incendiate che non
rappresentavano solo un luogo di culto ma soprattutto la storia, la
cultura dell'intera Regione.

Siamo rimasti e continueremo a rimanere in Kosovo, a Mitrovica, perché
abbiamo un lavoro da portare avanti, che non é solo il progetto da
finire (tra l'altro i pochi soldi che ci rimangono dovrebbero garantirci
la presenza in loco solo per altri 3 o 4 mesi) ma bisogna, adesso COME
prima portare avanti il lavoro di riconciliazione e mediazione che
stavamo seguendo con le comunità locali. La ricerca della pace non deve
avere adesso più importanza di prima, questo stiamo cercando di dire da
diverso tempo, non bisogna aspettare che riscoppi la violenza, quella
più "visibile" come quella di questi giorni.
Siamo ancora lì e continueremo a starci, perchè Advjia, Zoltan, Sokol,
Daniel, Dusan, Nasser, Francika e tutti i nostri amici ci hanno chiesto
d farlo.

Perchè anche nel Kosovo di questi giorni ci sono persone di entrambe le
comunità che continuano a chiedere pace, democrazia e giustizia.


*Associazione per la Pace
Responsabile Area Balcani*

*Monica D'angelo*