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(Fwd) N.E. Balcani #769 - Balcani
- Subject: (Fwd) N.E. Balcani #769 - Balcani
- From: "Davide Bertok" <davide at bertok.it>
- Date: Sun, 14 Mar 2004 19:40:46 +0100
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------- Forwarded message follows ------- Date sent: 14 Mar 2004 18:32:35 -0000 To: <free at notizie-est.com> From: "Notizie Est" <info at notizie-est.com> Subject: N.E. Balcani #769 - Balcani Send reply to: info at notizie-est.com Notizie Est - http://www.notizie-est.com N.E. BALCANI #769 - BALCANI 14 marzo 2004 IL RAPPORTO USA E I DIRITTI UMANI NEI BALCANI di Nidzara Ahmetasevic - ("Slobodna Bosna" [Sarajevo], 04 marzo 2004) (Il rapporto annuale del Dipartimento di Stato USA che analizza il rispetto dei diritti umani nel mondo e prende in esame la situazione in 196 paesi, offre un’immagine piuttosto buia della Bosna Erzegovina nel 2003; la situazione più grave si riferisce alla libertà dei media; con forti accuse contro lo stato che non ha rispettato neanche altri diritti umani.Qui sotto riportiamo le parti più significative dell’articolo pubblicato su "Slobodna Bosna", seguite più sotto da brani più brevi riguardanti la situazione dei diritti umani in Croazia e Serbia, nonché quella dei lavoratori nei paesi della ex Jugoslavia - j.k.) USA E BOSNIA ERZEGOVINA: CHI INFRANGE I DIRITTI UMANI? di Nidzara Ahmetasevic - ("Slobodna Bosna" [Sarajevo], 04 marzo 2004) Alcune parti del Rapporto del Di partimento di Stato degli Stati Uniti per l’anno 2003 sono motivo di vergogna le autorità bosniache che, secondo il rapporto, non dedicano una sufficiente attenzione ai diritti umani dei cittadini, anche se questi rappresentano la priorità agli occhi della comunità internazionale dalla quale dipendiamo. In breve, la polizia infrange i diritti umani, l’economia è debole, la libertà dei media è compromessa, la collaborazione con il Tribunale dell’Aja è debole (soprattutto nella Republika Srpska), vi sono violenze sulle donne, violenze etniche, religiose e politiche, ed è in atto anche una discriminazione su quasi tutte le basi. GLI OMICIDI IRRISOLTI E LA CORRUZIONE NELLE PRIGIONI Il Dipartimento di Stato sottolinea che le autorità non sono ancora riuscite a risolvere il caso dell'omicidio del capo della polizia della zona di Sarajevo serba Zeljko Markovic, assassinato nel 2002, e neppure il caso dell’assistente ministro della Federazione bosniaca Jozo Leutar, assassinato nel 1999. La polizia usa metodi vietati dalla Costituzione, soprattutto contro le minoranze nella Republika Srpska, e anche le autorità nelle prigioni si rivelano spesso corrotte. “La polizia della Republika Srpska non riesce a soddisfare gli standard che si riferiscono alla parità della presenza etnica nelle forze della polizia”, si sostiene nel rapporto, “Su un numero totale di 8353 poliziotti della Republika Srpska, solo 426 sono bosniaci musulmani, 64 Croati e 20 appartengono alle altre nazionalità. Da 7808 poliziotti della Federazione, 5020 sono bosniaci musulmani, 1935 Croati, 639 serbi, e 217 di altre nazionalità”, viene precisato. Le pressioni politiche sulle varie istituzioni sono ancora presenti. “La magistratura rimane sotto l'influenza dei partiti politici. I giudici e la procura che hanno dato prova di indipendenza nelle loro decisioni sono stati esposti a diverse intimidazioni, mentre le autorità locali si sono rifiutate di implementare le loro decisioni. Le scarse implementazioni delle sentenze nell’ambito del diritto civile sono dovute all’assenza di una collaborazione tra la magistratura e la polizia”. “Tuttavia, la situazione nella Federazione è leggermente migliore rispetto alla Republika Srpska. Il sistema giudiziario, però, non è ancora pronto a fare i processi contro i criminali di guerra ai tribunali locali. La procura locale è fiacca nei processi contro i criminali di guerra perché fortemente esposta alle influenze politiche”, si osserva nel Rapporto del Dipartimento di Stato sui diritti umani nell’anno 2003. LE PRESSIONI SUI MEDIA Il rapporto di quest’anno dedica un’attenzione particolare alla libertà dei media e di espressione. Anche se la Costituzione garantisce la libertà di espressione e la libertà di stampa, la conclusione generale è che il Governo “non rispetta sempre questi diritti” esercitando pressioni sui media. Un esempio è la richiesta indirizzata alla Televisione federale di trasmettere le sedute di Parlamento. Durante l’anno passato sono stati segnalati vari casi di intimidazione e di calunnie contro i giornalisti. I media bosniaci rimangono “soggettivi nel loro modo di informare e politicamente parziali. I membri del Governo in tutte e due le entità sottopongono i media a pressioni con lo scopo di cambiare la politica editoriale tramite l’apparato burocratico”. Una critica è indirizzata anche al Media Help Line fondato da parte dell’Ufficio dell’Alto rappresentante (l’OHR). Nel rapporto si scrive che ”il Media Help Line è stato creato con lo scopo di osservare e informare sui casi di violenza contro giornalisti e gli attacchi contro la libertà di espressione, tuttavia è stata poco efficace: spesso nessuno rispondeva alle chiamate, tranne la segreteria telefonica, che consigliava in inglese di riprovare più tardi e non c’era neanche la possibilità di lasciare un messaggio.” Nel rapporto, più di una volta, in modo diretto o indiretto, si parla del quotidiano "Dnevni Avaz". “Dnevni Avaz, che possiede la tipografia con la maggiore capacità, rimane il quotidiano con la più alta tiratura nel paese, e in più ha forti legami con alcuni elementi dell’SDA (ndt: Il maggiore partito nazionale musulmano) e con vari elementi impegnati a promuovere gli interessi bosniaco-musulmani.”, scrive nella parte del rapporto dedicato alla stampa. “Alcuni giornalisti della carta stampata hanno subito vari violenti attacchi, che ricordano per le loro modalità quanto avvenuto nel periodo elettorale del 2002”, si sottolinea nel rapporto, “Senad Pecanin e Vildana Selimbegovic, giornalisti del settimanale "Dani", hanno perfino ricevuto minacce di morte tramite telefono mentre stavano lavorando sulla storia dell’esplosivo messo nella casa di un businessman locale. "Dani" hanno fatto una denuncia alla polizia, però i risultati dell'inchiesta non sono mai stati resi pubblici. Il tribunale si occupa ancora del caso che riguarda la persona che ha minacciato Vildana Selimbegovic, tuttavia entro la fine del 2003 non è stata fatta nessuna decisione”. Il Dipartimento di Stato sottolinea che i quotidiani e i settimanali bosniaci continuano a pubblicare voci e duri attacchi contro personaggi politici, e sempre “in base alle loro affinità politiche”. LE MINACCE AI GIORNALISTI Il linguaggio d’odio esiste ancora in alcuni media elettronici. La situazione è molto grave soprattutto nelle zone della Bosnia a maggioranza croata dove non esistono media di opposizione e “le stazioni radio locali rimangono nazionalistiche”. Le minacce che alcuni giornalisti hanno ricevuto nell’arco dell’anno passato hanno portato, per la prima volta dopo la guerra, a interventi della polizia. E' stato il caso della Televisione federale dove, nel gennaio dell’anno scorso, alcuni giornalisti hanno ricevuto minacce da parte di vari gruppi politici. Il maggior numero di minacce è stato indirizzato al giornalista del programma “60 minuti”, che lo stesso rapporto definisce come “programma politicizzato e parziale, dove vengono trasmessi commenti che in modo aperto e aggressivo criticano gli eventi attuali e le autorità”. Anche la radio “Sana” di Sanski Most e il giornale “Nezavisne novine” di Banjaluka, che ha riferito delle irregolarità presenti nelle attività di Telecom Republika Srpska, si sono lamentati di aver subito diverse pressioni politiche. LE DISCRIMINAZIONE E LA COLLABORAZIONE CON L’AJA Nonostante i limiti imposti dalla Costituzione, la discriminazione esiste in quasi tutto lo stato. La discriminazione è molto più presente nella Repubblica Srpska, soprattutto nelle sue zone orientali, e anche nelle parti della Federazione a maggioranza croata., “tuttavia la discriminazione esiste anche nelle zone a maggioranza bosniaca musulmana”. I casi più gravi della discriminazione si riferiscono alla popolazione Rom, ai quali è imposto un accesso limitato al sistema scolastico, alle istituzioni della sanità pubblica, e i loro diritti che riguardano le proprietà non sono allo stesso livello che viene garantito agli altri popoli. Da una parte a causa del nazionalismo, e dall’altra a causa della corruzione, il ritorno dei profughi è segnato da gravi difficoltà. Questa situazione é ulteriormente sostenuta dalle difficoltà economiche e dalla disoccupazione, e il risultato è che nella maggior parte dei casi tornano soltanto le persone anziane. Uno dei problemi principali è anche la scarsa collaborazione delle autorità della Republika Srpska con il Tribunale dell’Aja. Nel rapporto si accenna al fatto che molti, “se non la maggior parte”, dei criminali di guerra rimangono non puniti, inclusi quelli perseguitati dal Tribunale internazionale dell’Aja. Anche se le autorità bosniache hanno accettato tutte le leggi necessarie che riguardano la protezione delle donne e dei bambini, vi sono ancora numerose difficoltà che riguardano il rispetto dei loro diritti. “La violenza nei confronti delle donne, gli stupri all’interno del matrimonio e le violenze in famiglia sono in crescita. Questi problemi spesso non vengono denunciati”. Un cambiamento positivo riguarda la lotta contro il traffico di esseri umani. L’implementazione delle leggi che riguardano il problema è migliorata. La Bosnia tuttavia rimane un paese di transito, ma anche di origine, per quanto riguarda il commercio di donne. Le ragazze dalla Bosnia vengono portate verso l’Europa Occidentale, anche se ancora non si hanno le cifre precise. La maggior parte delle ragazze entra in Bosnia dalla Serbia e Montenegro. “Ci sono rapporti che evidenziano il coinvolgimento della polizia e delle autorità con il commercio di esseri umani”, si conclude nel rapporto del Dipartimento di Stato. (Traduzione e redazione di Jasenka Kratovic) CROAZIA: I SERBI NON DESIDERATI di Nidzara Ahmetasevic - ("Slobodna Bosna" [Sarajevo], 04 marzo 2004) L’anno scorso le autorità croate, a grandi linee, hanno rispettato i diritti umani. Tuttavia sono stati rilevati problemi sostanziosi nei rapporti con i serbi e anche nella collaborazione con il Tribunale dell’Aja. “Il processo del ritorno dei profughi e degli esiliati si sta avvicinando alla fine”, si sottolinea nel rapporto del Dipartimento di Stato americano per l’anno 2003, “Il ritorno dei croati è praticamente terminato, mentre quello dei serbi continua a incontrare vari ostacoli, e questo porta a importanti cambiamenti nella consistenza etnica dei comuni”. Nel rapporto si accenna al fatto che il Governo croato ha collaborato con il Tribunale, ma che la questione del generale Ante Gotovina rimane irrisolta. Il sistema giudiziario croato è esposto a pressioni politiche, è gravato dai casi arretrati, nonché dalla mancanza di mezzi finanziari e dall’incompetenza del personale. Citando l’OSCE, si sottolinea che i risultati dei processi che riguardavano i crimini della guerra sono stati fortemente influenzati dall’appartenenza etnica della vittima e dell’accusato, così che nel 2002 l'82% degli accusati serbi sono stati ritenuti colpevoli, contro solo il 18% dei croati. A differenza della carta stampata, i media elettronici sono maggiormente sottoposti alle pressioni politiche. Dopo che è stata votata la legge sulla Televisione croata, il Comitato di Helsinki ha pubblicato un’informazione secondo cui tale media non dovrebbe essere più influenzato del governo, ma lo schema dei programmi riflette ancora una parzialità. Nel rapporto si conclude che in Croazia non esiste nemmeno una televisione indipendente in grado di trasmettere su tutto il territorio del paese. (Traduzione e redazione di Jasenka Kratovic) SERBIA: LO STATO D’ASSEDIO COME SCUSANTE di Nidzara Ahmetasevic - ("Slobodna Bosna" [Sarajevo], 04 marzo 2004) Il Governo serbo ha infranto i diritti umani dei suoi cittadini, soprattutto nel periodo immediatamente successivo all’omicidio del primo ministro Zoran Djindjic, e più precisamente durante i 42 giorni dello stato d’assedio. Nel rapporto del Dipartimento di Stato americano per l’anno 2003 viene reso noto che la polizia ha picchiato gli arrestati, ha disturbato i cittadini, e ci sono stati anche casi di arresti e di detenzioni irregolari. Durante lo stato d’assedio sono state arrestate circa 10.000 persone, e fino alla fine dell’anno scorso circa 2.000 di queste persone sono rimaste nelle prigioni. Il sistema giudiziario è esposto a pressioni politiche, la corruzione è presente in misura sostanziosa e i tribunali sono paralizzati dal punto di vista amministrativo. La collaborazione tra la polizia e la procura è scarsa. Il problema della Serbia riguarda anche l’indipendenza dei media. Sono state sporte varie cause per calunnia, la manipolazione politica dei media è evidente ed è ancora presente l’autocensura dei giornalisti. Il Dipartimento di Stato osserva che le trasmissioni televisive del processo a Milosevic non sono complete e che sono spesso fatte dal punto di vista della difesa, esclusa la RTV B92. Anche se si puo notare un miglioramento nella collaborazione con il Tribunale, il suo livello continua a rimanere poco soddisfacente. La procura del Tribunale crede che in Serbia si nasconda ancora Ratko Mladic, uno dei criminali di guerra più ricercati. In Serbia è ancora presente la discriminazione delle minoranze religiose ed etniche, e anche delle donne. E’ fortemente presente il traffico di donne e bambini. Secondo alcune stime la metà delle donne in Serbia è vittima di abusi fisici o psicologici. Lo status sociale delle donne non pari a quello degli uomini. Gli stipendi delle donne sono di circa l'11% più bassi rispetto a quelli degli uomini. Inoltre, secondo le stime, in Serbia circa il 30% dei bambini viene sottoposto ad abusi. (Traduzione e redazione di Jasenka Kratovic) SOLO IN SLOVENIA IL SALARIO MINIMO SUFFICIENTE PER LA VITA di Nidzara Ahmetasevic - ("Slobodna Bosna" [Sarajevo], 04 marzo 2004) Il rapporto sui diritti umani nel 2003 del Dipartimento di Stato americano si occupa anche dei diritti dei lavoratori. I lavoratori dei paesi dell’ex Jugoslavia non riescono a raggiungere i loro diritti fondamentali e neanche a procurarsi i mezzi necessari per la vita tramite il proprio lavoro. Il salario minimo nella Federazione bosniaca nell’anno scorso è stato di 290 KM (ndr: circa 140 euro) e nella Republika Srpska di 68 KM. I lavoratori di tutte e due le entità bosniache devono pagare i contributi per i fondi sociali, che nella Federazione rappresentano il 68% dell'intero salario e nella Republika Srpska il 50%. In Croazia il salario minimo dell’anno scorso era di 450 KM (ndr: circa 220 Euro), mentre il costo del paniere dei generi di prima necessità era compreso tra i 1300 KM e i 1700 KM. In Macedonia il salario mensile minimo si aggirava intorno ai 316 KM (ndr: circa 155 euro). Il governo macedone stima che circa 22,3% della popolazione vive sotto la soglia della povertà. In Serbia il salario minimo nel settore statale era di 150 euro e nel settore privato di 208 euro. In Montenegro il salario minimo era 50 euro e quello medio 185. Soltanto in Slovenia, dove il salario minimo era circa 780 KM (ndr: circa 380 euro), tutti i lavoratori sono in grado di procurarsi una vita dignitosa. (Traduzione e redazione di Jasenka Kratovic) -------------------------------- Se volete cancellare il vostro abbonamento a "Notizie Est - Balcani", o cambiare l'e-mail alla quale ricevete la newsletter, potete farlo accedendo alla sezione "Area utenti" del sito web http://www.notizie- est.com con la password che vi è stata assegnata. ------- End of forwarded message -------
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