Re: Cecenia / Costituzione europea




Da: andrea
Data: Gio 28 Nov 2002  11:23:22 Europe/Rome
A: aa-info at yahoogroups.com
Oggetto: demagogia nazionalitaria e gabbie salariali


Cari compagni,

per proseguire il confronto sul tema delle "autodeterminazioni" - cosi'
vengono chiamate le spinte secessionistiche dei "piccoli popoli",
benche' semanticamente il termine sia assolutamente sbagliato visto che
una volta "autodeterminati" quei territori diventano viceversa subito
provincie vassalle della NATO - ripropongo per l'ennesima volta il
seguente articolo, apparso nel 1998 sullo sfortunato bollettino
internazionalista QUEMADA.

Sottolineo preliminarmente alcuni punti cruciali ivi affrontati:

* la retorica anti-statalista va oggi oggettivamente pari passo con la
demolizione dello "stato sociale";
* la tendenza al localismo ed al regionalismo e' funzionale alla "Nuova
Europa" per la demolizione delle sovranita' statuali;
* essa e' anche funzionale alle borghesie nazionali che possono
distruggere il sistema dei contratti nazionali di lavoro e polverizzare
la classe.

Di questi punti non abbiamo ancora mai parlato, ma io credo che
integrino bene i nostri ragionamenti sui "movimenti di liberazione"
finanziati dalla CIA nei paesi (non necessariamente "comunisti", anzi)
che oppongono resistenza all'imperialismo. NOTA IMPORTANTE:
l'"imperialismo" e' la tendenza espansionistica del capitale
monopolistico transnazionale. Mettere sullo stesso piano
l'"imperialismo" di Putin e quello USA e' ridicolo e non ha niente a che
fare con l'analisi leniniana. I paesi imperialisti in senso leniniano
oggi sono pochissimi: essenzialmente il blocco NATO piu' Israele.
Contraddizioni interimperialistiche emergono ed emergeranno sempre di
piu, ma ancora non sono determinanti - per esempio, in Jugoslavia non
sono esplose, anche se sono latenti e talvolta visibili. Solo i paesi
imperialisti sono in grado di espandersi, economicamente e militarmente,
ovunque nel globo. Putin puo' rappresentare al massimo una "borghesia
nazionale" e/o una marionetta dell'imperialismo di cui sopra. Nel primo
caso potrebbe creare una contraddizione interna al sistema capitalistico
globale. La Cina viceversa e' un caso assolutamente inedito: un po' come
l'URSS all'epoca, essa e' ormai in grado di espandersi economicamente
anche all'esterno, ma tutte le attivita' economiche strategiche sono in
mano allo Stato e non a qualche cordata di monopolisti privati.

Chiudo specificando che, rispetto a quando il seguente articolo fu
scritto, la Lega Nord e' oggi diventata qualcosa di diverso, e di molto
piu' compatibile con gli interessi USA. Il problema del "federalismo"
(cioe' delle gabbie salariali) rimane pero' all'ordine del giorno: basta
aprire i giornali di oggi.

Andrea

PS1. l'ivi menzionato Sergio Salvi ha scritto uno dei pochissimi libri
attualmente disponibili... sulla Cecenia!

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 EUROPA: UNIONE E DISGREGAZIONE
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 INTERNAZIONALISMO OGGI

In questi anni c'e' stata una grave difficolta' nella comprensione della
guerra nella vicina Jugoslavia. A sinistra si e' spesso tralasciata
l'analisi critica dei rapporti economici, per sostituirla con tematiche
identitarie o con improbabili intellettualismi. Questa vicenda (non
ancora
terminata) ha dimostrato come la sinistra ed il pensiero democratico
possano sfasciarsi completamente di fronte alla "questione nazionale".
Appassionarsi ai "piccoli popoli oppressi" prescindendo completamente
dai
rapporti di classe, ad esempio la lotta tra le varie borghesie nazionali
e
quella detentrice del capitale monopolistico transnazionale,
prescindendo
dai cambiamenti macroeconomici, dalla storia, oppure richiamandosi ad
episodi antichi o marginali a scapito di quelli attuali e significativi,
spesso con lo scopo di inventare "radici di plastica" e motivi di
identificazione per realtà "etniche" pompate artificialmente: si e'
visto
che tutto questo non puo' che causare la completa deriva della teoria e
della prassi.

La deriva "etnica" di un certo internazionalismo alla quale oggi
assistiamo e' il prodotto di una fase culturale decadente, nella quale
l'impegno politico sembra ridursi ad una specie di "collezionismo di
farfalle" che non ha niente a che vedere con la difesa delle
minoranze...
Bisogna infatti tracciare una linea di demarcazione tra
l'intellettualismo
borghese, che porta avanti valori romantici, passatisti e reazionari che
si esauriscono nella esaltazione delle "differenze",
dall'internazionalismo ed antiimperialismo marxista, che riconosce i
diritti di tutti perche' vuole l'unione tra eguali anziche' il dominio
del
piu' forte... Se l'intellettuale borghese (decadente) puo' applaudire
dinanzi alla distruzione sanguinosa di uno Stato multinazionale, dove i
diritti di ciascuna persona e nazionalita' sono garantiti, in nome della
"autodeterminazione" di improbabili entita' etno-culturali, facendo con
questo il gioco dell'imperialismo intenzionato a strumentalizzare quelle
questioni per scardinare realta' scomode, viceversa il rivoluzionario
comunista deve essere attento ai contenuti antifascisti,
antiimperialisti
ed anticapitalisti - cioe' comunisti - di questa o quella
rivendicazione.

Facciamo un esempio concreto: la "Gesellschaft für Bedrohte Völker"
(GfBV, in Italia "Associazione per i Popoli Minacciati" - APM) e' una
"transnazionale" con centro in Germania, che si occupa della
salvaguardia
delle minoranze. Apparentemente si tratta di una organizzazione di
sinistra. Dal suo sito WEB apprendiamo che essa ha una sezione in
Bosnia,
e che lavora con particolare zelo sui problemi del Kosovo e del
Sangiaccato. La sezione sudtirolese, ad esempio - che è ovviamente
distinta da quella italiana - ha gestito per anni la "cattedra di
Germanistica" della "università parallela" di Pristina. Non solo: essa
si
interessa anche ai popoli dei dintorni del Caucaso, compresi ceceni,
tartari della Crimea, ed altri che a noi restano ancora pressochè
sconosciuti, ma di cui gli storici specialisti conoscono l'appoggio
fornito durante la II G. M. al progetto nazista di "Nuovo Ordine
Europeo".
Dulcis in fundo la GfBV è molto preoccupata per la maniera in cui
vengono
accolti in Germania gli "Aussiedler", cioè gli appartenenti alle
minoranze
germaniche dell'Europa centro-orientale, e chiede che il governo faccia
di
più per la loro salvaguardia nei rispettivi paesi - che fino a 5-6 anni
fa
erano l'URSS, la Jugoslavia, eccetera, ed oggi sono insignificanti
fantocci dell'imperialismo come Ucraina o Repubblica Ceca... D'altronde
Tilman Zülch, fondatore e Presidente della GfBV, "è nato il 2 settembre
1939 a Deutsch-Libau (Sudeti)", come è scritto nella sua biografia WEB:
i
Sudeti sono i territori occidentali della Cecoslovacchia, al centro
allora
come oggi della disputa tra tedeschi e cechi. Il cerchio dunque si
chiude.

In Italia il Comitato dei Garanti della APM annovera al suo interno il
noto medievalista Franco Cardini, dichiaratamente di destra, ed un tale
Sergio Salvi che ha recentemente pubblicato un libro dal titolo
"L'Italia
non esiste" (Camunia, Firenze 1996), nel quale viene dunque superata la
celebre affermazione di Metternich ("L'Italia è soltanto un'espressione
geografica"). L'APM ha rapporti con le riviste della "nuova" destra
comunitarista-internazionalista (es. "Frontiere") e, guarda caso, con i
croati attraverso Sandro Damiani, giornalista fiumano, che gestisce la
"Associazione Culturale Italia-Croazia". La APM sottoscrive proclami per
la "autodeterminazione del Kosovo" insieme a gruppi nonviolenti
cattolici
trovando spazio su pubblicazioni come "Il Manifesto" e
"AlternativeEuropa"... Perche'?

In effetti e' almeno dagli anni '80 che si e' affermata una corrente di
"antiimperialismo ingenuo", a cavallo tra destra e sinistra.
Inizialmente
il discorso legava con la critica al socialismo reale (es: Afghanistan),
oggi pero' gli "imperialismi" da scardinare sono un po' tutti gli Stati
che si vogliono prendere di mira.
Con la richiesta di una "Europa delle regioni" da parte di settori che
con
la sinistra non hanno mai avuto niente a che spartire e' divenuto infine
chiaro che la colorazione libertaria-ecologica-sociale di questi
movimenti
serve talvolta solamente come facciata. Tra danze bretoni ed amuleti
celtici l'effettivo essere sociale degli individui si svilisce in
comunità
di stampo folkloristico: "Noi non vogliamo un'Europa d'un grigiore
indistinto, ma bensì come un insieme di specificità nazionali e
regionali"
(Helmut Kohl):  si intende la parcellizzazione in frammenti territoriali
al di sopra dei quali si erga il dominio unificatore del più forte.

 UN PO' DI STORIA

Sul numero 2/1995 del mensile marxista tedesco KONKRET appariva il
primo di una serie di contributi di Walter von Goldenbach e
Hans-Ruediger
Minow, autori del libro "Deutschtum erwache!" ("Germanita', sveglia!
Spaccati di pangermanesimo visti dall'interno" - Dietz, Berlino).
L'articolo, dal titolo "Saluti da Grosny", esordiva nella seguente
maniera:
«Al novero delle organizzazioni statali mascherate che fanno la politica
estera tedesca pare appartenere una associazione particolarmente
raffinata: La Unione Federalista dei Gruppi Etnici Europei>> [FUEV, vedi
riquadro].
La sua costituzione negli anni Venti avvenne ad opera di personaggi a
cavallo tra ambienti governativi, fondazioni, mondo accademico e
associazioni di tutela dei "tedeschi orientali", le popolazioni di
origine
germanica stanziate nell'Europa Orientale, fino al Volga ed oltre.
Secondo
l'allora ministro degli Esteri Stresemann le necessita' vitali della
Germania erano "in contraddizione flagrante con la oggi ancora dominante
tendenza (...) allo sviluppo degli Stati nazionali":  << "Non esiste
altra
via d'uscita se non la rottura con le residue concezioni di Stato e di
popolo", affermarono gli emissari di Stresemann.  L'idea nata con le
rivoluzioni americana e francese dello Stato nazionale sovrano,
osservante
i diritti umani, con i cittadini piu' diversi, apparterrebbe al passato
(...) Il "popolo" [nel senso della nazionalita'] sarebbe di valore piu'
alto dello "Stato": quello bretone, fiammingo o croato, il cui "diritto
di
natura" dovrebbe evertere lo Stato nazionale... ». Non e' una idea
originale: gia' su "Nazione e Stato - giornale tedesco per il problema
delle minoranze in Europa", nazionalsocialisti bellicosi sviluppavano la
teoria del "Volk" che si erge al di sopra dello Stato. "Il Volk", si
leggeva nel 1932, "e' una unita' di sangue e di cultura". Il "concetto
di
nazione [nel senso dello Stato nazionale moderno] e' una conseguenza
necessaria del mondo concettuale della democrazia, della conta meccanica
nella moltitudine degli uguali, dell'individualismo e della rinunzia
alla
suddivisione dell'umanita' per razza e per etnia. Tutto questo fa il
servizio dell'ebraismo, che vuole uguaglianza dei diritti, sfruttamente
e
dominio"... >>

Nel 1936 il "Congresso delle Nazionalita'" di Ginevra, riunione annuale
della FUEV e di altre organizzazioni affini, si pronuncio' per una
"suddivisione" dell'Europa: "Il riconoscimento di una soggettivita' del
"Volk" come base fondante dello sviluppo europeo non significa altro che
tracciare i contorni di una nuova Europa". Il serissimo relatore era
uomo
di fiducia dei servizi segreti nazionalsocialisti, impegnato proprio in
quell'epoca contro lo Stato cecoslovacco. Mentre Adolf Hitler
pianificava
la creazione di uno "Stato" bretone, laddove la Borgogna sarebbe stata
annessa al "Reich", i "Congressi delle Nazionalita' Europee" venivano
sospesi: la trappola della politica estera tedesca si chiudeva di
scatto.
L'idea di fondo pero' veniva portata avanti dall'apparato
nazionalsocialista impegnato nella guerra di aggressione: in un
documento
riservato del 15/5/1940 il capo delle SS Himmler esprimeva la
convinzione
che "nel trattamento delle etnie straniere dell'Oriente dobbiamo vedere
di
riconoscere e di badare quanto piu' possibile alle singole popolazioni,
vale a dire oltre ai Polacchi e gli Ebrei gli Ucraini, i Russi Bianchi,
i
Gorali, i Lemchi ed i Casciubi. Ed ovunque si trovino pure solo
frammenti
etnici, ebbene anche a quelli. Con questo voglio dire che noi non solo
abbiamo il piu' grande interesse acche' le popolazioni dell'Oriente non
siano unite, ma che al contrario siano suddivise nel numero maggiore
possibile di parti e di frammenti. Ma anche all'interno delle stesse
popolazioni non abbiamo alcun interesse a portarle all'unita' ed alla
grandezza, a trasmettere loro forse pian piano una coscienza nazionale
ed
una cultura nazionale, bensi' piuttosto a scioglierle in innumerevoli
piccoli frammenti e particelle..." (1)

Gia' nella introduzione di una "proposta di convenzione" che la FUEV fa
oggi alle competenti istituzioni internazionali, si riconosce che "il
Nuovo Ordine Europeo" si sarebbe realizzato gia' "dal 1990", cosicche'
"la
protezione dei gruppi etnici" ed una "regolamentazione valida in
generale
per le questioni relative alle etnie" mostrano di essere "una necessita'
imprescindibile". Secondo la FUEV, nel novero delle "minoranze" e delle
"nazionalita'"  si puo' rientrare in base ad una "decisione soggettiva",
"liberamente riconoscendosi" in quanto "gruppo etnico", riconoscimento
che
non puo' "essere contestato ne' tantomeno sottoposto a prova
dimostrativa"... Sembra scritto apposta per la "nazione padana"!  Il
vertice di tali concezioni e' tuttavia il "diritto a contatti
indisturbati". In base a tale "diritto" formulato dalla FUEV, ai
territori
in parte gia' separati ed autogestiti bisogna lasciare espressamente la
possibilita' di curare "contatti in maniera indisturbata con organi
statali o altri organi pubblici di altri Stati, soprattutto con quelli
degli Stati co-nazionali" cioe' rappresentanti lo stesso "Volk", come la
Germania per il Sudtirolo, ad esempio, o l'Albania per il Kosovo.

La FUEV «ha finanziato nel 1994 una conferenza internazionale che ha
avuto
luogo in Ungheria, ed e' servita come estensione verso gli ambiti
territori dell'Est delle fantasie di egemonia pangermanica: per la FUEV
il
1994 e' stato l'anno dell'"impegno per le minoranze in tutta Europa fino
al Caucaso". Secondo un comunicato stampa della FUEV (...) l'Europa si
scompone in sei "regioni", dove le "comunita' di popolo" possono
aspirare
ad autonomia territoriale. La lista puo' anche essere letta come
istruzioni per la dissezione degli Stati confinanti con la Germania.
Nello
spazio "NORD" i "tedeschi dello Schleswig settentrionale" sono posti
contro la Danimarca, i "frisoni" contro l'Olanda cosi' come i "sami" ed
i
"finlandesi di Svezia" contro Stoccolma. Nello spazio "OVEST" la FUEV
incoraggia tra l'altro le rivendicazioni territoriali dei "bretoni" e
degli "alsaziano-loreni" contro Parigi, dei "tedeschi del Belgio" e dei
"fiamminghi" contro Bruxelles cosi' come dei "gallesi" e "cornovallesi"
contro Londra. Nello spazio "SUD" contro Roma emergono i "sudtirolesi
retoromanzi", gli "aostani" ed i "ladini". La sezione "CENTRO" e'
dominata
dalle tendenze autonomiste che, a detta della FUEV, animerebbero i
"tedeschi nella Polonia settentrionale", i "tedeschi dell'alta Slesia",
i
"tedeschi sudeti in Cechia" ed anche i "tedeschi della Slovacchia".
Infine, il ginepraio etnico si infittisce nelle zone "SUDEST" ed "EST".
"Ungheresi in Romania" e "rumeni in Ungheria", "sassoni di
Siebenbuerger",
"svevi del Banato" [tra Ungheria, Romania e Jugoslavia], "tedeschi,
italiani ed ungheresi in Slovenia", "tedeschi in Georgia", "tedeschi nel
Kazachistan", "tedeschi in Kirghisia", cosi' come i tartari di Crimea,
gia' varie volte arruolati dal Comando militare tedesco, tutti questi
aspirano al "diritto di natura" dei "gruppi etnici". >> Silenziosamente
e
sotto la copertura di alti rappresentanti dello Stato, tra i quali il
Primo Ministro dello Schleswig-Holstein ed il Presidente del Parlamento
del Land del Brandeburgo, ma anche come consulente per il Consiglio
d'Europa, la CSCE, l'ONU ed il Parlamento Europeo la FUEV lavora
alacremente alla costruzione del "Nuovo Ordine Europeo"...

 LA ESTREMA DESTRA EUROREGIONALISTA

Bisogna a questo punto sottolineare la convergenza esistente tra codesti
difensori delle minoranze d'ogni nazionalita' ed organizzazioni di
ispirazione direttamente pangermanica e per la tutela degli
"Aussiedler".
Il problema degli "Aussiedler" viene sollevato costantemente in Germania
sin dagli anni della annessione della Germania Est da parte della
Repubblica Federale, come motivo di propaganda interna ma anche di
pressione verso molti paesi. Quando alla fine del 1997 scoppio' un
grosso
scandalo internazionale in seguito alla conferenza tenuta alla Scuola
Ufficiali di Amburgo dal leader neonazista Roeder, una cosa che rimase
pressoche' sconosciuta fu l'argomento trattato da questo personaggio
nella
sua "lezione":  ebbene si trattava di come accrescere l'influenza
tedesca
nella zona di Kaliningrad - ovvero la Koenisberg capitale di quella che
era la "Prussia Orientale", tra Polonia e Lituania, oggi ancora
territorio
russo - attraverso la immigrazione massiccia di "tedeschi del Volga" in
quell'area.

Tra le organizzazioni per gli "Aussiedler" sono note il "Verein fuer das
Deutschtum im Ausland" (VDA, ovvero Associazione per la Germanita'
all'Estero) ed il "Verband der deutschen Volksgruppen in Europa" (Lega
dei
gruppi etnici tedeschi in Europa). La prima delle due e' oggi assai
attiva, e come la FUEV gode di autorevoli appoggi:  « Non diversamente
dai
suoi predecessori, [la FUEV] e' legata al Ministero degli Esteri, a
quello
degli Interni ed alla Cancelleria Federale attraverso la VDA, agenzia
sovversiva dalla storia secolare al servizio dello Stato tedesco. Il
legame e' assicurato dal membro del Consiglio Amministrativo [CA] della
VDA Karl Mitterdorfer [ex-senatore della "italiana" Südtiroler
Volkspartei
- SVP], presidente per anni della FUEV (...) avente contatti di lavoro
con
rappresentanti dell'estremismo di destra e del razzismo europei. Questa
cooperazione della FUEV avviene all'ombra di membri del CA della VDA del
calibro di Hans Klein (Vicepresidente del Bundestag tedesco) ed Eberhard
Diepgen (sindaco di Berlino in carica)». Il VDA all'inizio degli anni
Novanta era presieduto da Hartmut Koschyk, pochi mesi prima della
"riunificazione tedesca" autore, presso la ultrareazionaria casa
editrice
MUT ("Coraggio"), di un libro dal significativo titolo "Tutta la
Germania
deve essere unita". Costui, esule dell'Alta Slesia (Polonia), afferma
nel
libro che "la fissazione dell'Oder-Neisse quale linea del confine
tedesco-polacco non puo' essere considerata una soluzione valida per il
futuro dei rapporti tedesco-polacchi". Negli anni successivi Koschyk si
fa
personalmente promotore di iniziative di sostegno ai "Circoli per
l'Amicizia con la Germania" nella Polonia occidentale, mettendo a
disposizione dozzine di antenne satellitari e fotocopiatrici.
Ricordiamo
che la "riunificazione" e' stata possibile grazie ad una serie di
accordi
e trattati, tra i quali quello sui confini tedesco-polacchi del
14/11/1990
che in questi ambienti e' ancora considerato vergognoso ma che ha
rappresentato una necessaria concessione alla "Realpolitik" da parte di
Kohl.

E' da questi ambienti federalisti e pangermanici insieme che e' nata una
idea-guida della odierna Unione Europea, quella delle "Euroregioni". Nel
1988 l'Intereg [vedi riquadro] crea il progetto di "Regio Egrensis", a
cavallo tra Baviera e Cecoslovacchia, che interessa quindi proprio i
Sudeti. E' sempre da questo istituto che emerge l'idea della Euroregione
Tirolo, comprendente Alto Adige e Tirolo austriaco.

Una vicenda "silenziata" dal disinteresse è stata quella dell'apertura
di
un ufficio di rappresentanza di questa Euroregione a Bruxelles, presso
il
Parlamento Europeo, ufficio voluto da esponenti altoatesini e tirolesi
d'Austria contro il parere e nonostante le "scomuniche" dei rispettivi
governi. Il 15/1/1996 Maroni esprimeva invece il plauso della Lega Nord
per l'iniziativa. Ancor prima, nel settembre 1995, ad Innsbruck veniva
celebrata la riunificazione delle compagnie degli "Schützen" - eredi
delle
milizie territoriali del periodo austro-ungarico che si richiamano alla
figura storica dell'altoatesino Andreas Hofer, combattente
antinapoleonico
- di Trentino, Alto Adige e Tirolo austriaco.  Decine di Schützen e
militanti di altre formazioni folkloristico-tradizionaliste analoghe
provenienti da tutte le regioni dell'ex-Impero asburgico hanno
presenziato
poi, pochissimi mesi fa, alla inaugurazione del grande monumento ad
Elisabetta ("Sissi"), moglie di Francesco Giuseppe, recentemente
ricostruito al centro di Trieste, la "fidelissima" citta' degli Asburgo,
ove periodicamente organizzano le loro celebrazioni.

Infine, nel dicembre 1996, con il sostegno del Ministero dell'Interno
della Germania nasce l'"Europaeisches Zentrum fuer Minderheitenfragen"
(EZM ovvero: Centro europeo per le questioni delle minoranze).
Su KONKRET 3/1997 Goldenbach e Minow precisano:
«Nel grande mercato sotto dominio tedesco di nome "Europa" i confini
statali nazionali disturbano. La loro distruzione e' lo scopo della
"etnopolitica" tedesca, che ora passa all'attacco con l'EZM (...).
L'Ufficio Esteri ["Auswaertiges Amt", AA] ed il Ministero degli Interni
di
Bonn [BMI] hanno impiegato cinque lunghi anni (...) ma ora ci siamo: da
dicembre 1996 specialisti tedeschi lavorano affinche' "si dia finalmente
spazio ad una politica d'attacco sulle questioni dei gruppi etnici e
delle
minoranze, spazio che le e' dovuto gia' da tempo", nelle parole della
Presidentessa del Landtag [il Parlamento del Land] Lianne Paulina-Muerl
ad
un Forum sulle minoranze del Landtag dello Schleswig-Holstein il 7
giugno
1991. Per i loro propositi in tema di minoranze hanno sistemato a
Flensburg una scenografia europea, hanno incassato i contributi della UE
ed hanno coinvolto nel nuovo "Centro per le questioni delle minoranze"
anche gli ignari danesi. Che l'offensiva non riguardi quelli che in
Germania sono socialmente svantaggiati, ossia i milioni di immigrati
dalla
Turchia o i lavoratori dal Vietnam e dall'Europa orientale, si capisce
da
se'. Si tratta delle minoranze e dei cosiddetti gruppi etnici
ALL'ESTERNO
della Repubblica Federale... Come spiegava il direttore dell'EZM Stefan
Troebst a Flensburg, in occasione dell'inaugurazione dell'Istituto (...)
"il settore geografico di lavoro della nuova istituzione e' l'Europa ed
in
certi casi anche i territori limitrofi come (...) il Mar Nero o il
Caucaso". Chi a causa di queste indicazioni ritenga che la politica
tedesca sia alla ricerca di minoranze che possano aprirle la strada
verso
aree di intervento ricche di risorse, beh costui ha la vista corta: "Una
particolare attenzione verra' prestata all'Europa orientale" concede
l'esperto in tema di minoranze Troebst; "ma se ci ricordiamo dei
titoloni
dedicati in questi anni all'Irlanda del Nord, ai Paesi Baschi, alla
Corsica e a Cipro e' allora chiaro che pesanti conflitti etnici non
covano
solamente nella regione al di la' della ex-cortina di ferro. Se si
tratta
dei diritti delle minoranze, bisogna aggiungere anche alcuni paesi
occidentali (...)  Se, tanto per fare un esempio (...) gli occitani del
sud della Francia propongono un programma nazionale, organizzano un
movimento nazionale e rivendicano infine la creazione di un proprio
Stato
nazionale, e si mettono a lottare per ottenerlo, oppure no... queste
sono
domande difficili, in certi casi persino urgenti"...>> "Nessuna
minoranza
puo' essere lasciata in balia di un governo centralista repressivo" -
dice
ancora Troebst.  "A tal proposito, anche Stati sovrani devono
contemplare
l'intervento della comunita' internazionale. In casi come quello del
Kosovo (!) l'acuirsi delle tensioni tra gruppi etnici puo' essere
evitato
solo in questa maniera". Secondo un calcolo ufficiale della FUEV, che e'
tra le componenti del consiglio amministrativo dell'EZM, in Europa
101.412.000 persone appartengono al potenziale delle "minoranze", per un
totale di 282 "gruppi etnici" in 36 Stati europei.... Questi numeri
chiariscono che la politica estera tedesca non e' solamente radicale, ma
vuole anche andare fino in fondo. Cio' che ha avuto inizio con successo
in
Jugoslavia - la disgregazione "etnica" del continente in un grande
mercato
costituito da regioni marginalizzate - deve proseguire con gli albanesi
del Kosovo (non a caso l'UCK e' addestrato ed armato dai servizi segreti
tedeschi), e forse anche con gli "occitani".

Sul numero 3/1997 di LIMES, a pagina 293, appariva un documento dal
titolo
"Dichiarazione per una carta Gentium et Regionum - Programma di Brno",
portante in calce la firma di sette autori appartenenti alla GfBV,
all'INTEREG, al Centre International de Formation Européenne, alla FUEV
e
all'Istituto di Ricerche sul Federalismo di Innsbruck. Nel documento si
dice apertamente che :  «non è più possibile congelare le strutture
attualmente dominanti e la sovranità nazionale come se esse fossero
sacrosante... è sempre più necessario promuovere la diversità e
l'autonomia delle piccole comunità vicine ai cittadini... è
indispensabile
per un nuovo ordine europeo [sic!] il superamento di vecchie concezioni
relative al carattere illimitato della sovranità e del centralismo
stato-nazionale, nel senso di un'unione europea da un lato e della
maggiore autonomia possibile delle piccole comunità dall'altro... la
cooperazione transfrontaliera regionale quale viene praticata in Europa
(euro-regioni) costituisce un'innovazione che deve essere ulteriormente
sviluppata... l'Europa può divenire un esempio per il resto del mondo se
essa riesce a progredire dal modello di uno Stato nazionale più o meno
centralistico verso un modello di diversità nell'unità fondato sul
principio dei diritti dei gruppi etnici, dell'autonomia e
dell'autodeterminazione...» Il documento prosegue declinando ad ogni pié
sospinto ed in tutte le maniere l'aggettivo "etnico", dichiarandosi a
favore di "Stati regionali autonomi" che "dovranno essere istituiti
anche
là dove lo Stato centrale nel suo complesso non è organizzato in forma
federale", sentenziando infine: "le divisioni e le frontiere che non
siano
state fondate sull'autodeterminazione mascherano, dietro ad un
federalismo
di facciata, una dominazione straniera", come a dire: non tutti i
federalismi ci vanno bene - quello jugoslavo, ad esempio, a loro non
piaceva.

Dunque i possibili effetti della strategia regionalista portata avanti
dai
tedeschi sono potenzialmente destabilizzanti per tutto il continente, e
non solo per l'Europa dell'Est. La rivista italiana LIMES, che ha una
collocazione politica apparentemente trasversale ma in effetti e'
portavoce degli ambienti militari che fanno la geopolitica italiana,
pubblicava sul numero 4/1997 un'intervista a Pierre-Marie Gallois,
ex-generale e fedelissimo di De Gaulle, dal titolo "Perchè temo la
Germania (e la televisione)". Nella introduzione si parla dell'EZM, del
suo recente battesimo a Flensburg e del suo Presidente, Stefan Troebst.
Si
dice tra l'altro:  « Poco dopo la presentazione del centro di Flensburg,
un diplomatico ed un sociologo tedeschi, Walter Von Goldenbach e
Hans-Rudiger Minow, scrivono il libro "Von Krieg zu Krieg" (Da guerra a
guerra), sottotitolo: "La politica estera tedesca e il frazionamento
etnico dell'Europa". I due autori si recano a Parigi dal generale
Pierre-Marie Gallois, uno dei maggiori esperti internazionali di
geopolitica, e gli chiedono una prefazione. Presa visione della
documentazione, Gallois li accontenta. Dopo l'uscita del libro, i due
autori incominciano ad avere numerosi problemi, il sociologo Minow
subisce
anche un'aggressione fisica, al punto da desiderare di trasferirsi
all'estero.>>

Nell'articolo, il generale Gallois sottolinea come proprio la diplomazia
preventiva tedesca, auspicata da Stefan Troebst, ha fortemente
contribuito
allo smembramento della Jugoslavia. » Nell'intervista - che suggeriamo
di
leggere per intero - Gallois dice: « I tedeschi sono eccellenti
cartografi. I popoli che non hanno confini naturali cercano sulle carte
dove fissare le frontiere. Presumo che, come il Centro di Geopolitica di
Haushofer - consigliere di Hitler ed anche di Stalin, nel 1937-'38 - vi
siano, oggi, dei gruppi di studio tedeschi che lavorino nell'ombra per
preparare un grande futuro alla Germania. Sanno di non poter più
speculare
sulla supremazia della letteratura o della lingua, per cui rimangono
loro
l'economia - il culto del marco - e la regionalizzazione... >>

 EUROPA NEOLIBERISTA E DISGREGAZIONE DELLA CLASSE

Sarebbe tuttavia ingenuo e sciocco pensare che la strategia della
regionalizzazione abbia la sua ragione ed origine esclusivamente in
Germania. Secondo una ricerca della Fiom piemontese (2), dopo l'unità
monetaria l'operaio Fiat percepisce grossomodo, allo stato contrattuale
vigente, 879 Euro, contro i 1458 del suo collega tedesco alla
Volkswagen.
Non va meglio anche il confronto con i francesi della Renault (1303
Euro)
e con gli spagnoli della Ford (957 Euro). Infine gli inglesi: 1300 Euro.
"Prima di arrivare ad una parità salariale con i tedeschi e con i
francesi
avremmo da scioperare parecchi anni - commentava il segretario Giorgio
Cremaschi - I salari italiani sono l'unica voce dell'economia nazionale
già totalmente dentro i parametri di Maastricht. Dovrebbero prenderne
visione la Confindustria e la Banca d'Italia"...  Se le tariffe sono
cresciute vertiginosamente dappertutto in nome dell'adeguamento ai
parametri di Maastricht, nel caso dei salari quali parametri sono da
considerarsi "europei"? Lo studio della Fiom piemontese in effetti può
essere visto da due punti di vista: da un lato sembra evidenziare
un'ingiustizia palese; dall'altro indica chiaramente che gli accordi sul
costo del lavoro in tutta Europa vanno perdendo completamente di
significato con l'unificazione. In effetti, cosa dovrebbe spingere la
Confindustria italiana ad aumentare gli stipendi per "adeguarsi" agli
standard tedeschi? Piuttosto, le statistiche Fiom potrebbero essere
usate
- poniamo - dal padronato tedesco per ammonire i lavoratori in lotta
contro i tagli.  Ed infatti il padronato tedesco sottolinea proprio
l'elevato costo del lavoro in Germania per chiederne la diminuzione,
tacendo ovviamente sul fatto che ai salari più alti d'Europa corrisponde
in Germania una altissima produttività del lavoro - gli imprenditori
tedeschi in realtà possono permettersi tranquillamente corresponsioni
"elevate", tra l'altro utili a mantenere un elevato livello di consumi,
visti i superprofitti derivanti dallo sfruttamento neocoloniale dei
lavoratori e delle risorse dell'Est e del Sud. Contemporaneamente, la
previdenza e tutte le forme di salario indiretto sono oggetto di un
attacco violento. Quando i sindacati tedeschi alzano la voce vengono
subito zittiti con l'accusa di essere "nazionalisti" (ed allora si fa
riferimento al costo del lavoro all'estero o agli immigrati...) o "fuori
dalla realta'" (la globalizzazione, il mercato, eccetera).

Si tratta di paradossi soltanto apparenti: se l'Europa e' unita, ma i
salari sono diversi, allora i contratti nazionali perdono veramente di
senso. Dunque da una parte l'unificazione, dall'altra la
regionalizzazione
sono i "piedi di porco"  che il padronato usa per demolire i contratti
nazionali di lavoro. Questa logica ovviamente non e' una logica soltanto
"tedesca": ecco perche' attorno alla unificazione europea ed al
regionalismo si e' creata una piu' vasta convergenza tra borghesie.

In Italia la forza politica più regionalista di tutte è la Lega Nord, ma
a
farle concorrenza sono ormai praticamente anche tutte le altre forze
politiche, che vogliono il "federalismo" - da Cacciari, che lo vuole
"mitteleuropeo", a Fini, che lo vuole "alla siciliana", dai Centri
Sociali
del Nord Est che lo vogliono "sociale", fino al PDS ed ai vescovi del
Friuli. Stoiber, Primo Ministro bavarese, insiste sullo stesso versante.
Egli chiede un ulteriore rafforzamento del federalismo tedesco, in senso
soprattutto fiscale.  Il federalismo si prefigura sicuramente dal punto
di
vista fiscale come un alleggerimento per le tasche degli imprenditori,
ma
vedere solo questo aspetto è riduttivo: federalismo significa
soprattutto
deregulation e liberismo, ovvero gabbie salariali (retribuzione diversa
per zone diverse) e fine dei contratti nazionali di lavoro. Ecco perchè
una riforma istituzionale in senso federalista, ovvero dell'"Europa
delle
regioni", è ben vista anche dalle Confindustrie di tutti i paesi. Questa
"Europa delle Regioni", o delle minoranze, non è in contraddizione con
l'"Europa delle grandi imprese":  esse sono identiche.

Ecco dunque la soluzione del dilemma tra unificazione e frammentazione
in
Europa: si punta solo alla frammentazione della classe lavoratrice, alle
divisioni (etniche-nazionali, categoriali) nel suo interno, e viceversa
alla totale "libertà d'impresa" ed all'abbattimento dei confini per il
mercato. I micronazionalismi sono solo un aspetto del violento attacco
contro il proletariato nel suo insieme, un attacco riconoscibile anche
nelle molteplici forme della precarizzazione.

In Europa determinate tendenze sono fortemente incoraggiate proprio dal
capitale tedesco: la Germania è l'unica nazione in cui, come ha fatto
notare qualcuno, l'europeismo coincide esattamente con il nazionalismo.
Si
tratta in fondo della riproposizione di un leitmotiv storico. La
struttura
dell'Impero austroungarico era fortemente decentrata: Otto d'Asburgo
dice
esplicitamente che la nuova Europa assomiglierà a quella asburgica. In
tempi non lontani Hitler costruiva l'Europa Nazione sotto l'egida della
svastica, chiamandosi tra l'altro a difesa delle minoranze tedesche
nell'Europa orientale, accolto a braccia aperte però anche dai croati,
dagli ucraini, dai ceceni... Ma forse l'analogia più calzante è quella
con
l'Europa medioevale: la struttura contemporaneamente decentrata e
centralizzata del Sacro Romano Impero, il riaffiorare di valori
ultrareazionari e dell'oscurantismo religioso, la strutturazione di tipo
feudale della politica e dell'economia.

Ecco perche' il processo di unificazione europea, pur in parte
implicando
l'abbattimento di confini tra Stati, e' tutt'altro che un processo dal
carattere progressista e liberatorio: peraltro e' parziale e non del
tutto
reale. La frammentazione dell'Europa centroorientale - anche dei paesi
che
"un domani" dovrebbero entrare a far parte della UE - ha comportato
negli
ultimi anni una crescita smodata dei chilometri di nuovi confini e
quindi
un notevole aumento dei posti di frontiera da superare per spostarsi,
oltrechè la moltiplicazione degli Stati e dei relativi eserciti. In
pratica si sta generando un sistema "a cerchi concentrici" tale che il
nocciolo germanico si unifica, si consolida ed usufruisce di manodopera
e
risorse a basso costo, le realta' immediatamente vicine si disgregano e
perdono prerogative di sovranita', mentre tutto attorno si crea una
serie
di protettorati, Stati-fantoccio, Stati con governi fascisti e
parafascisti in grado di ingabbiare le proprie classi lavoratrici, di
ricattarle con il nazionalismo e di garantire la presenza economica e
militare occidentale che mira a depredare le risorse umane e naturali di
quei paesi.

 LEGA NORD E MACROREGIONI

Non a caso dunque la Lega Nord puo' essere considerata la piu'
europeista
delle forze politiche italiane. Sul suo terreno si muove in realta' una
costellazione di gruppi o associazioni di categoria come la LIFE
("Liberi
Imprenditori Federalisti Europei"), divenuta celebre per l'appoggio
prestato ai militanti del Veneto Serenissimo Governo durante il
processo.
Proprio la vicenda dell'assalto al campanile offre una quantità di
motivi
su cui ragionare. In un articolo di Raffaele Crocco apparso su
"Guerre&Pace" (n.41/1998) si dimostra come tutta quella storia fosse il
risultato dell'intreccio di tre filoni: "quello del neofascismo e del
neonazismo, quello del durissimo integralismo cattolico e quello del
secessionismo, leghista e non." Già all'inizio del 1995 erano state
perquisite "le case di 27 militanti di organizzazioni integraliste
cattoliche, tutte a Verona. I gruppi hanno nomi espliciti quanto i loro
programmi. Sono il "Comitato Principe Eugenio", che prende il nome dal
Savoia che nel XVI secolo difese Vienna assediata dai Turchi; il gruppo
"Sacrum Imperium", che chiede il ritorno all'Europa medievale precedente
la Rivoluzione Francese; l'Associazione "Famiglia e Civiltà" e i Gruppi
di
Famiglie Cattoliche." Crocco analizza questo terreno di coltura,
all'interno del quale troviamo anche alcuni leghisti, notandone la
impostazione ideologica: oltre alle tendenze razziste, tutti questi
raggruppamenti "individuano in Napoleone Bonaparte il male dell'Europa e
aspirano al ritorno allo stato di cose precedente la Rivoluzione di
Francia", che ha posto le basi per il crollo degli imperi e del potere
temporale della Chiesa e per la formazione degli Stati nazionali
borghesi
nel continente. Infine, nel suo articolo Crocco fa un po' di storia
dell'autonomismo veneto ricordando i legami di questo con la CIA e gli
ambienti ordinovisti: Franco Rocchetta, ad esempio, prima di essere per
anni capo della Liga Veneta, poi leghista ed ora aderente al "Movimento
Nord Est"  con Cacciari e (per un periodo) Luca Casalini, fu tra i
partecipanti al "viaggio di studio" rautiano nella Grecia dei
colonnelli.
Che il Veneto sia da decenni laboratorio dell'eversione nera è cosa
nota,
ma l'articolo apparso su "Guerre&Pace" getta lo sguardo su scenari tutto
sommato inaspettati. Particolarmente importante è rendersi conto della
fisionomia di questa destra, che non è nazionalista in senso
tradizionale,
bensì europeista, anzi "mitteleuropea" e legata alle mitologie
medioevali
a cui si richiamavano anche i nazisti.

Recentemente Francesco Cossiga, convinto europeista, ha sorpreso molti
per
avere "esternato" la sua simpatia nei confronti dei baschi durante una
visita in Spagna; da tempo era pero' nota la sua passione per il
Sudtirolo
(Cossiga conosce benissimo il tedesco) e soprattutto per l'Irlanda.
Inoltre, da Presidente della Repubblica Cossiga ha svolto un ruolo
fondamentale di sostegno a Slovenia e Croazia (e' amico personale di
Tudjman). Anche la Lega ha contatti con gli ambienti governativi croati
e
sloveni: in particolare, è l'unica formazione politica del nostro paese
ad
inviare sue delegazioni ai congressi dell'HDZ. In Friuli-Venezia Giulia
molti personaggi transitati per la Lega Nord, mischiati a gladiatori e
radicali pannelliani, hanno animato la vita politica in regione con la
creazione-distruzione di microraggruppamenti autonomisti al centro di
strane manovre: difficile risulta infatti in quell'area la dialettica
italiano-sloveno-friulano-giuliano-padana. Questo non ha pero' certo
impedito le "relazioni pericolose" con le varie parti in conflitto nei
Balcani, anzi. Nel 1992 Bossi ironizzava su un possibile golpe
antileghista osservando quanto poco ci volesse a far arrivare "qualche
camion di armi DALLA Slovenia o dalla Croazia", ma nel 1994 ricordava
invece "camion carichi di armi PER la Slovenia" transitati nel 1986-'87
nelle valli bergamasche. Messaggi cifrati? Fatto sta che alcuni parlano
di
traffici di armi gestiti da leghisti della provincia di Trieste forse
anche per armare il movimento (3).

Altri contatti preoccupanti sono quelli che la Lega ha instaurato con la
destra fascista austriaca di Jörg Haider, che ha sviluppato posizioni
europeiste-regionaliste. Diverse sono le pubblicazioni austriache sul
tema
delle "etnie", sulle quali trovano spazio teorici della "nuova destra"
come Alain de Benoist e Pierre Krebs o storici revisionisti come David
Irving.  Nel libro "L'Europa delle Regioni" (Graz 1993) un contributo di
Umberto Bossi appare fianco a fianco a scritti di Guy Heraud e dello
stesso Haider. I "Freiheitlichen" (Liberali) di Haider sono invitati ai
congressi leghisti, e viceversa. L'europarlamentare leghista Luigi
Moretti
ha costruito tutta una serie di contatti "internazionalisti"  con
fiamminghi e tedeschi del Belgio, frisoni olandesi, scozzesi, irlandesi,
gallesi, l'"Unione di u Populu Corsu", savoiardi, alsaziani, il "Parti
occitain", i bretoni, i baschi di "Eusko Askatasuna", catalani, andalusi
e
galleghi.

La Lega, peraltro, non e' l'unica realta' secessionista italiana.  Oltre
ai sudtirolesi, dei quali abbiamo gia' parlato, solo nel Nord Est ci
sono
alcuni altri "piccoli popoli"  vezzeggiati dalla "internazionale
regionalista". Sono le minoranze slovene, ladine e friulane che tra il
'43
ed il '45 furono inglobate nella "Zona di Operazioni Litorale
Adriatico",
sotto il comando di Rainer che ben seppe sfruttare la loro "alterita'"
e
la loro storia austro-ungarica: esse si trovano oggi tutte comprese
nella
Euroregione Alpe Adria. La creazione del "gruppo Adria" negli anni
Settanta aveva apparentemente degli obbiettivi culturali, ovvero il
risveglio della "Mitteleuropa" asburgica, riunendo austriaci, ungheresi,
sloveni, croati, questi italiani del Nord e i bavaresi. Le secessioni
croata e slovena hanno pero' dimostrato quanto ambiguo sia lo slogan
della
"Mitteleuropa"... Oggi Alpe Adria cura alcune tra le principali
iniziative
culturali del Nord-Est, sostenuta in questo soprattutto dai sindaci di
Venezia, Cacciari, e Trieste, Illy (l'imprenditore del caffe'), che sono
in prima fila nel "sinistro" schieramento "federalista soft". Infatti
esiste una versione "minimalista" del regionalismo, che salvaguardando
una
unita' formale del paese - comunque priva di senso nel momento in cui
l'Italia si "scioglie" in Europa - mira comodamente alla disgregazione
del
tessuto di classe.

Nel 1992 la Fondazione Agnelli lanciò un grande programma di ricerca dal
titolo: "Padania, una regione d'Italia in Europa", i cui risultati
furono
pubblicati in un grosso volume (4). Il succo dei risultati della ricerca
è
che la dimensioneottimale per le nuove istituzioni da dare al nostro
paese
sarebbe quella delle "macroregioni". Niente di nuovo: anche il Piano di
Rinascita nazionale della Loggia massonica segreta P2 individuava nelle
macroregioni le nuove unità politico-istituzionali con cui governare il
paese. Ecco perchè sul federalismo, a parte le sfumature, esiste un coro
unanime, ed ecco perchè quasi tutti i partiti si alternano in
convergenze
ed accordi tattici con la Lega. La nostra borghesia da una parte vede la
possibile destabilizzazione che viene dalla strategia regionalista, ma
giocando da "apprendista stregone" cerca comunque di sfruttarla
fintantoche' fa comodo. Questo e' ovviamente possibile solo nella misura
in cui si tagliano le gambe alle tendenze piu' eversive insite in quel
movimento, secessioniste filotedesche, giungendo a continue soluzioni di
compromesso con l'ultradestra europeista, un po' come e' successo con la
moneta unica.

Si tratta insomma di una partita assai rischiosa che si sta giocando,
sempre sulla pelle dei lavoratori, i cui attori sono molteplici e che
puo'
alla fine risulatare truccata: sulla scorta di quanto analizzato da
Crocco, chi puo' infatti escludere che gli USA non stiano facendo anche
il
loro specifico gioco per destabilizzare questo o quel paese - se ad
esempio l'Italia risultasse un fattore di disturbo nel contesto dei
nuovi
equilibri geopolitici, nei Balcani o all'Assemblea dell'ONU... - ovvero
per destabilizzare il polo imperialista europeo nel suo insieme?

A completare questo quadro preoccupante manca solo qualcosa che dimostri
un coinvolgimento diretto di personalita' tedesche nel progetto eversivo
per la spaccatura dell'Italia. Niente paura: sul numero 4/1997 di LIMES
e'
apparsa una intervista a Saverio Vertone intitolata "L'oro dal Reno?
Finanza tedesca e Lega Nord", nella quale il senatore di Forza Italia
sostiene che la Lega è finanziata da gruppi bavaresi ed altri legati ai
passati fasti dell'Impero asburgico: egli cita la finanziaria Matuschka,
di Monaco di Baviera, che avrebbe"aiutato" in precedenza sloveni e
croati,
e le famiglie del Nord-Est Stock e Strassoldo.

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NOTE:

(1) Citato in: R. Opitz, "Europa-Strategien des deutschen Kapitals
1900-1945", Colonia 1977 - da pag. 653.
(2) Cfr. Avvenimenti 1/1/1997.
(3) Cfr. A. Sema su LIMES 3/1996.
(4) Cfr. Marco Revelli su "Rifondazione" n.0, dic.1996.
PER APPROFONDIMENTI: Oltre alle fonti citate cfr.
tutto il volume di LIMES 3/6 ed il libro di B. Luvera', "Oltre il
confine" (Il Mulino, Bologna 1996).

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RIQUADRO: LA FUEV

La "Federalistische Union Europaeischer Volksgruppen"
[trad. Unione Federalista dei Gruppi Etnici Europei]
ha sede a Flensburg, nello Schleswig, al confine con la Danimarca.
Apparentemente privata, questa organizzazione si occupa di minoranze
quasi
esclusivamente non tedesche
diffuse sul continente, e rivendica i "diritti dei gruppi etnici" - sin
dagli
anni '20 un beneamato strumento per lo smembramento degli Stati vicini
alla Germania in unita' territoriali separate. La FUEV nasce infatti nel
marzo 1928 e viene "rifondata" a Versailles nel 1949.
Noncurante degli eventi accaduti nel frattempo, che si pensava avessero
seppellito il  "Nuovo Ordine Europeo" sotto alle macerie della II G. M.,
la FUEV rivendica l'eredita' dei "Congressi Europei delle
Nazionalita'" (1925-1938), che oggi si tengono infatti regolarmente ogni
due anni.  In un suo proprio documento la FUEV afferma di voler
rappresentare
"quasi 100 milioni di abitanti dell'Europa". Con
rispetto per la tradizione, la sede di Flensburg dell'organizzazione
rievoca la rivista "Nazione e Stato"
senza minimamente distanziarsi dai suoi contenuti. Al
contrario: e' proprio una casa editrice gia' implicata nella produzione
di
propaganda antisemita in nome dei "gruppi etnici" (Braumueller, di
Vienna) a
diffondere le "nuove" concezioni della FUEV. Mentre la casa editrice
viennese
di cui sopra risulterebbe iscritta nei libri-paga governativi,
la "Fondazione Hermann-Niermann" di Duesseldorf,
che ha finanziato un opuscolo di presentazione della FUEV, e' legata a
personaggi di estrema destra come Norbert Burger, condannato
all'ergastolo
in Italia per gli attentati commessi in Alto Adige.

La FUEV tuttavia e' riconosciuta e collabora ufficialmente con le
Provincie
di Trento e Bolzano. Ma non solo: essa
gode dello status di consulente presso il Consiglio d'Europa e presso
l'ONU,
tanto che  nel 1996 ha per la prima volta partecipato ai lavori della
Commissione ONU per i diritti umani.
La sua influenza arriva anche al Parlameno Europeo ed
alla CSCE, cosicche' qualcuno ha osservato che la sua importanza non le
deriva
tanto dall'effettiva rappresentanza dei gruppi etnici, in molti casi
dubbia, quanto proprio dall'accesso privilegiato nelle istituzioni
nazionali ed internazionali.

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RIQUADRO: IL "PENTAGONO" ETNO-SECESSIONISTA

Insieme alla FUEV (vedi riquadro) ed al VDA (vedi testo) altri tre
organismi
costituiscono quello che su LIMES 3/1996 veniva definito il "pentagono"
del
federalismo etno-secessionista:
si tratta del Movimento PANEUROPA, dell'INTEREG e del Bund der
Vertriebenen
(BdV).

- PANEUROPA: movimento guidato da Otto d'Asburgo, figlio di Francesco
Giuseppe d'Austria, eurodeputato per i cristianosociali della Baviera,
resosi noto negli ultimi anni per le esplicite dichiarazioni di appoggio
alle
secessioni jugoslave. Il termine "Paneuropa" sta ad indicarequalcosa di
simile
alla Unione Europea che si sta oggi costruendo. Negli anni Venti il suo
ideologo Coudenhove-Kalergi riteneva che "l'annessione dell'Austria e
della Germania alla Paneuropa significa indirettamente l'annessione
dell'Austria alla Germania nel quadro dell'Europa... Perciò la politica
paneuropea è una politica nazionale in prospettiva...
Per un tedesco nazionalista esistono solo due strade per
far uscire il suo popolo dal vicolo cieco in cui si trova oggi:
o la preparazione di una guerra di rivincita contro i suoi
vicini per la creazione di uno spazio imperiale i cui confini
corrispondano a quelli dello spazio linguistico tedesco -
oppure viceversa la preparazione della Paneuropa, che assicura
a tutti i tedeschi in Europa l'indipendenza nazionale e l'unità
all'interno di una più grande federazione." (citato su KONKRET 12/95).

- INTEREG: Istituto internazionale per i diritti delle nazionalità ed
il regionalismo. fondato nel 1977 in Baviera, ha sede a Monaco e gode
del
sostegno completo, anche finanziario, da parte della Centrale Bavarese
per la Formazione Politica, che e' un ente statale. Ha visto tra i suoi
membri
anche Otto d'Asburgo, Karl Mitterdorfer,
vari professori universitari tedeschi ed austriaci nonche'
il francese Guy Heraud autore del libro "Les principes du federalisme
et la Federation Europeenne" (1968), vero e proprio ideologo del
federalismo
integrale o "etnico". Il nucleo fondativo consisteva
comunque in un gruppo di "tedeschi dei Sudeti" federato al BdV. Si noti
comunque che tra i piu' attivi membri c'e' persino l'esperto di politica
estera della SPD (socialdemocratici, oggi al governo) Peter Glotz,
a sua volta tedesco dei Sudeti, secondo il quale nello
scenario di fine secolo lo Stato nazionale "deve essere considerato
superato e a livello culturale si deve tornare alle tribu', alle piccole
unita' linguistiche, etniche, paesaggistiche".
Insieme alla FUEV l'Intereg organizza i "Congressi" biennali e pubblica
la
rivista "Europa Ethnica", che si richiama esplicitamente a "Nazione e
Stato",
una rivista ideologica del nazionalsocialismo.

- BdV: Questa "Lega degli Esuli" e' la potente federazione dei
tedescofoni
giunti in Germania Occidentale da tutta l'Europa dell'Est dopo la
guerra.
Ne fa parte anche Koschyk, del quale si parla nel testo.
Si e' recentemente distinta per la formulazione di una
serie di progetti di euroregioni "tedesche" in Polonia (Slesia,
Pomerania,
Prussia Orientale) per cui ad esempio Stettino diventera' porto franco.

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