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Re: Cecenia / Costituzione europea
- Subject: Re: Cecenia / Costituzione europea
- From: andrea <andreamartocchia at libero.it>
- Date: Tue, 1 Jul 2003 11:36:42 +0200
Da: andrea Data: Gio 28 Nov 2002 11:23:22 Europe/Rome A: aa-info at yahoogroups.com Oggetto: demagogia nazionalitaria e gabbie salariali Cari compagni, per proseguire il confronto sul tema delle "autodeterminazioni" - cosi' vengono chiamate le spinte secessionistiche dei "piccoli popoli", benche' semanticamente il termine sia assolutamente sbagliato visto che una volta "autodeterminati" quei territori diventano viceversa subito provincie vassalle della NATO - ripropongo per l'ennesima volta il seguente articolo, apparso nel 1998 sullo sfortunato bollettino internazionalista QUEMADA. Sottolineo preliminarmente alcuni punti cruciali ivi affrontati: * la retorica anti-statalista va oggi oggettivamente pari passo con la demolizione dello "stato sociale"; * la tendenza al localismo ed al regionalismo e' funzionale alla "Nuova Europa" per la demolizione delle sovranita' statuali; * essa e' anche funzionale alle borghesie nazionali che possono distruggere il sistema dei contratti nazionali di lavoro e polverizzare la classe. Di questi punti non abbiamo ancora mai parlato, ma io credo che integrino bene i nostri ragionamenti sui "movimenti di liberazione" finanziati dalla CIA nei paesi (non necessariamente "comunisti", anzi) che oppongono resistenza all'imperialismo. NOTA IMPORTANTE: l'"imperialismo" e' la tendenza espansionistica del capitale monopolistico transnazionale. Mettere sullo stesso piano l'"imperialismo" di Putin e quello USA e' ridicolo e non ha niente a che fare con l'analisi leniniana. I paesi imperialisti in senso leniniano oggi sono pochissimi: essenzialmente il blocco NATO piu' Israele. Contraddizioni interimperialistiche emergono ed emergeranno sempre di piu, ma ancora non sono determinanti - per esempio, in Jugoslavia non sono esplose, anche se sono latenti e talvolta visibili. Solo i paesi imperialisti sono in grado di espandersi, economicamente e militarmente, ovunque nel globo. Putin puo' rappresentare al massimo una "borghesia nazionale" e/o una marionetta dell'imperialismo di cui sopra. Nel primo caso potrebbe creare una contraddizione interna al sistema capitalistico globale. La Cina viceversa e' un caso assolutamente inedito: un po' come l'URSS all'epoca, essa e' ormai in grado di espandersi economicamente anche all'esterno, ma tutte le attivita' economiche strategiche sono in mano allo Stato e non a qualche cordata di monopolisti privati. Chiudo specificando che, rispetto a quando il seguente articolo fu scritto, la Lega Nord e' oggi diventata qualcosa di diverso, e di molto piu' compatibile con gli interessi USA. Il problema del "federalismo" (cioe' delle gabbie salariali) rimane pero' all'ordine del giorno: basta aprire i giornali di oggi. Andrea PS1. l'ivi menzionato Sergio Salvi ha scritto uno dei pochissimi libri attualmente disponibili... sulla Cecenia! ----------------------------------------------- EUROPA: UNIONE E DISGREGAZIONE ----------------------------------------------- INTERNAZIONALISMO OGGI In questi anni c'e' stata una grave difficolta' nella comprensione della guerra nella vicina Jugoslavia. A sinistra si e' spesso tralasciata l'analisi critica dei rapporti economici, per sostituirla con tematiche identitarie o con improbabili intellettualismi. Questa vicenda (non ancora terminata) ha dimostrato come la sinistra ed il pensiero democratico possano sfasciarsi completamente di fronte alla "questione nazionale". Appassionarsi ai "piccoli popoli oppressi" prescindendo completamente dai rapporti di classe, ad esempio la lotta tra le varie borghesie nazionali e quella detentrice del capitale monopolistico transnazionale, prescindendo dai cambiamenti macroeconomici, dalla storia, oppure richiamandosi ad episodi antichi o marginali a scapito di quelli attuali e significativi, spesso con lo scopo di inventare "radici di plastica" e motivi di identificazione per realtà "etniche" pompate artificialmente: si e' visto che tutto questo non puo' che causare la completa deriva della teoria e della prassi. La deriva "etnica" di un certo internazionalismo alla quale oggi assistiamo e' il prodotto di una fase culturale decadente, nella quale l'impegno politico sembra ridursi ad una specie di "collezionismo di farfalle" che non ha niente a che vedere con la difesa delle minoranze... Bisogna infatti tracciare una linea di demarcazione tra l'intellettualismo borghese, che porta avanti valori romantici, passatisti e reazionari che si esauriscono nella esaltazione delle "differenze", dall'internazionalismo ed antiimperialismo marxista, che riconosce i diritti di tutti perche' vuole l'unione tra eguali anziche' il dominio del piu' forte... Se l'intellettuale borghese (decadente) puo' applaudire dinanzi alla distruzione sanguinosa di uno Stato multinazionale, dove i diritti di ciascuna persona e nazionalita' sono garantiti, in nome della "autodeterminazione" di improbabili entita' etno-culturali, facendo con questo il gioco dell'imperialismo intenzionato a strumentalizzare quelle questioni per scardinare realta' scomode, viceversa il rivoluzionario comunista deve essere attento ai contenuti antifascisti, antiimperialisti ed anticapitalisti - cioe' comunisti - di questa o quella rivendicazione. Facciamo un esempio concreto: la "Gesellschaft für Bedrohte Völker" (GfBV, in Italia "Associazione per i Popoli Minacciati" - APM) e' una "transnazionale" con centro in Germania, che si occupa della salvaguardia delle minoranze. Apparentemente si tratta di una organizzazione di sinistra. Dal suo sito WEB apprendiamo che essa ha una sezione in Bosnia, e che lavora con particolare zelo sui problemi del Kosovo e del Sangiaccato. La sezione sudtirolese, ad esempio - che è ovviamente distinta da quella italiana - ha gestito per anni la "cattedra di Germanistica" della "università parallela" di Pristina. Non solo: essa si interessa anche ai popoli dei dintorni del Caucaso, compresi ceceni, tartari della Crimea, ed altri che a noi restano ancora pressochè sconosciuti, ma di cui gli storici specialisti conoscono l'appoggio fornito durante la II G. M. al progetto nazista di "Nuovo Ordine Europeo". Dulcis in fundo la GfBV è molto preoccupata per la maniera in cui vengono accolti in Germania gli "Aussiedler", cioè gli appartenenti alle minoranze germaniche dell'Europa centro-orientale, e chiede che il governo faccia di più per la loro salvaguardia nei rispettivi paesi - che fino a 5-6 anni fa erano l'URSS, la Jugoslavia, eccetera, ed oggi sono insignificanti fantocci dell'imperialismo come Ucraina o Repubblica Ceca... D'altronde Tilman Zülch, fondatore e Presidente della GfBV, "è nato il 2 settembre 1939 a Deutsch-Libau (Sudeti)", come è scritto nella sua biografia WEB: i Sudeti sono i territori occidentali della Cecoslovacchia, al centro allora come oggi della disputa tra tedeschi e cechi. Il cerchio dunque si chiude. In Italia il Comitato dei Garanti della APM annovera al suo interno il noto medievalista Franco Cardini, dichiaratamente di destra, ed un tale Sergio Salvi che ha recentemente pubblicato un libro dal titolo "L'Italia non esiste" (Camunia, Firenze 1996), nel quale viene dunque superata la celebre affermazione di Metternich ("L'Italia è soltanto un'espressione geografica"). L'APM ha rapporti con le riviste della "nuova" destra comunitarista-internazionalista (es. "Frontiere") e, guarda caso, con i croati attraverso Sandro Damiani, giornalista fiumano, che gestisce la "Associazione Culturale Italia-Croazia". La APM sottoscrive proclami per la "autodeterminazione del Kosovo" insieme a gruppi nonviolenti cattolici trovando spazio su pubblicazioni come "Il Manifesto" e "AlternativeEuropa"... Perche'? In effetti e' almeno dagli anni '80 che si e' affermata una corrente di "antiimperialismo ingenuo", a cavallo tra destra e sinistra. Inizialmente il discorso legava con la critica al socialismo reale (es: Afghanistan), oggi pero' gli "imperialismi" da scardinare sono un po' tutti gli Stati che si vogliono prendere di mira. Con la richiesta di una "Europa delle regioni" da parte di settori che con la sinistra non hanno mai avuto niente a che spartire e' divenuto infine chiaro che la colorazione libertaria-ecologica-sociale di questi movimenti serve talvolta solamente come facciata. Tra danze bretoni ed amuleti celtici l'effettivo essere sociale degli individui si svilisce in comunità di stampo folkloristico: "Noi non vogliamo un'Europa d'un grigiore indistinto, ma bensì come un insieme di specificità nazionali e regionali" (Helmut Kohl): si intende la parcellizzazione in frammenti territoriali al di sopra dei quali si erga il dominio unificatore del più forte. UN PO' DI STORIA Sul numero 2/1995 del mensile marxista tedesco KONKRET appariva il primo di una serie di contributi di Walter von Goldenbach e Hans-Ruediger Minow, autori del libro "Deutschtum erwache!" ("Germanita', sveglia! Spaccati di pangermanesimo visti dall'interno" - Dietz, Berlino). L'articolo, dal titolo "Saluti da Grosny", esordiva nella seguente maniera: «Al novero delle organizzazioni statali mascherate che fanno la politica estera tedesca pare appartenere una associazione particolarmente raffinata: La Unione Federalista dei Gruppi Etnici Europei>> [FUEV, vedi riquadro]. La sua costituzione negli anni Venti avvenne ad opera di personaggi a cavallo tra ambienti governativi, fondazioni, mondo accademico e associazioni di tutela dei "tedeschi orientali", le popolazioni di origine germanica stanziate nell'Europa Orientale, fino al Volga ed oltre. Secondo l'allora ministro degli Esteri Stresemann le necessita' vitali della Germania erano "in contraddizione flagrante con la oggi ancora dominante tendenza (...) allo sviluppo degli Stati nazionali": << "Non esiste altra via d'uscita se non la rottura con le residue concezioni di Stato e di popolo", affermarono gli emissari di Stresemann. L'idea nata con le rivoluzioni americana e francese dello Stato nazionale sovrano, osservante i diritti umani, con i cittadini piu' diversi, apparterrebbe al passato (...) Il "popolo" [nel senso della nazionalita'] sarebbe di valore piu' alto dello "Stato": quello bretone, fiammingo o croato, il cui "diritto di natura" dovrebbe evertere lo Stato nazionale... ». Non e' una idea originale: gia' su "Nazione e Stato - giornale tedesco per il problema delle minoranze in Europa", nazionalsocialisti bellicosi sviluppavano la teoria del "Volk" che si erge al di sopra dello Stato. "Il Volk", si leggeva nel 1932, "e' una unita' di sangue e di cultura". Il "concetto di nazione [nel senso dello Stato nazionale moderno] e' una conseguenza necessaria del mondo concettuale della democrazia, della conta meccanica nella moltitudine degli uguali, dell'individualismo e della rinunzia alla suddivisione dell'umanita' per razza e per etnia. Tutto questo fa il servizio dell'ebraismo, che vuole uguaglianza dei diritti, sfruttamente e dominio"... >> Nel 1936 il "Congresso delle Nazionalita'" di Ginevra, riunione annuale della FUEV e di altre organizzazioni affini, si pronuncio' per una "suddivisione" dell'Europa: "Il riconoscimento di una soggettivita' del "Volk" come base fondante dello sviluppo europeo non significa altro che tracciare i contorni di una nuova Europa". Il serissimo relatore era uomo di fiducia dei servizi segreti nazionalsocialisti, impegnato proprio in quell'epoca contro lo Stato cecoslovacco. Mentre Adolf Hitler pianificava la creazione di uno "Stato" bretone, laddove la Borgogna sarebbe stata annessa al "Reich", i "Congressi delle Nazionalita' Europee" venivano sospesi: la trappola della politica estera tedesca si chiudeva di scatto. L'idea di fondo pero' veniva portata avanti dall'apparato nazionalsocialista impegnato nella guerra di aggressione: in un documento riservato del 15/5/1940 il capo delle SS Himmler esprimeva la convinzione che "nel trattamento delle etnie straniere dell'Oriente dobbiamo vedere di riconoscere e di badare quanto piu' possibile alle singole popolazioni, vale a dire oltre ai Polacchi e gli Ebrei gli Ucraini, i Russi Bianchi, i Gorali, i Lemchi ed i Casciubi. Ed ovunque si trovino pure solo frammenti etnici, ebbene anche a quelli. Con questo voglio dire che noi non solo abbiamo il piu' grande interesse acche' le popolazioni dell'Oriente non siano unite, ma che al contrario siano suddivise nel numero maggiore possibile di parti e di frammenti. Ma anche all'interno delle stesse popolazioni non abbiamo alcun interesse a portarle all'unita' ed alla grandezza, a trasmettere loro forse pian piano una coscienza nazionale ed una cultura nazionale, bensi' piuttosto a scioglierle in innumerevoli piccoli frammenti e particelle..." (1) Gia' nella introduzione di una "proposta di convenzione" che la FUEV fa oggi alle competenti istituzioni internazionali, si riconosce che "il Nuovo Ordine Europeo" si sarebbe realizzato gia' "dal 1990", cosicche' "la protezione dei gruppi etnici" ed una "regolamentazione valida in generale per le questioni relative alle etnie" mostrano di essere "una necessita' imprescindibile". Secondo la FUEV, nel novero delle "minoranze" e delle "nazionalita'" si puo' rientrare in base ad una "decisione soggettiva", "liberamente riconoscendosi" in quanto "gruppo etnico", riconoscimento che non puo' "essere contestato ne' tantomeno sottoposto a prova dimostrativa"... Sembra scritto apposta per la "nazione padana"! Il vertice di tali concezioni e' tuttavia il "diritto a contatti indisturbati". In base a tale "diritto" formulato dalla FUEV, ai territori in parte gia' separati ed autogestiti bisogna lasciare espressamente la possibilita' di curare "contatti in maniera indisturbata con organi statali o altri organi pubblici di altri Stati, soprattutto con quelli degli Stati co-nazionali" cioe' rappresentanti lo stesso "Volk", come la Germania per il Sudtirolo, ad esempio, o l'Albania per il Kosovo. La FUEV «ha finanziato nel 1994 una conferenza internazionale che ha avuto luogo in Ungheria, ed e' servita come estensione verso gli ambiti territori dell'Est delle fantasie di egemonia pangermanica: per la FUEV il 1994 e' stato l'anno dell'"impegno per le minoranze in tutta Europa fino al Caucaso". Secondo un comunicato stampa della FUEV (...) l'Europa si scompone in sei "regioni", dove le "comunita' di popolo" possono aspirare ad autonomia territoriale. La lista puo' anche essere letta come istruzioni per la dissezione degli Stati confinanti con la Germania. Nello spazio "NORD" i "tedeschi dello Schleswig settentrionale" sono posti contro la Danimarca, i "frisoni" contro l'Olanda cosi' come i "sami" ed i "finlandesi di Svezia" contro Stoccolma. Nello spazio "OVEST" la FUEV incoraggia tra l'altro le rivendicazioni territoriali dei "bretoni" e degli "alsaziano-loreni" contro Parigi, dei "tedeschi del Belgio" e dei "fiamminghi" contro Bruxelles cosi' come dei "gallesi" e "cornovallesi" contro Londra. Nello spazio "SUD" contro Roma emergono i "sudtirolesi retoromanzi", gli "aostani" ed i "ladini". La sezione "CENTRO" e' dominata dalle tendenze autonomiste che, a detta della FUEV, animerebbero i "tedeschi nella Polonia settentrionale", i "tedeschi dell'alta Slesia", i "tedeschi sudeti in Cechia" ed anche i "tedeschi della Slovacchia". Infine, il ginepraio etnico si infittisce nelle zone "SUDEST" ed "EST". "Ungheresi in Romania" e "rumeni in Ungheria", "sassoni di Siebenbuerger", "svevi del Banato" [tra Ungheria, Romania e Jugoslavia], "tedeschi, italiani ed ungheresi in Slovenia", "tedeschi in Georgia", "tedeschi nel Kazachistan", "tedeschi in Kirghisia", cosi' come i tartari di Crimea, gia' varie volte arruolati dal Comando militare tedesco, tutti questi aspirano al "diritto di natura" dei "gruppi etnici". >> Silenziosamente e sotto la copertura di alti rappresentanti dello Stato, tra i quali il Primo Ministro dello Schleswig-Holstein ed il Presidente del Parlamento del Land del Brandeburgo, ma anche come consulente per il Consiglio d'Europa, la CSCE, l'ONU ed il Parlamento Europeo la FUEV lavora alacremente alla costruzione del "Nuovo Ordine Europeo"... LA ESTREMA DESTRA EUROREGIONALISTA Bisogna a questo punto sottolineare la convergenza esistente tra codesti difensori delle minoranze d'ogni nazionalita' ed organizzazioni di ispirazione direttamente pangermanica e per la tutela degli "Aussiedler". Il problema degli "Aussiedler" viene sollevato costantemente in Germania sin dagli anni della annessione della Germania Est da parte della Repubblica Federale, come motivo di propaganda interna ma anche di pressione verso molti paesi. Quando alla fine del 1997 scoppio' un grosso scandalo internazionale in seguito alla conferenza tenuta alla Scuola Ufficiali di Amburgo dal leader neonazista Roeder, una cosa che rimase pressoche' sconosciuta fu l'argomento trattato da questo personaggio nella sua "lezione": ebbene si trattava di come accrescere l'influenza tedesca nella zona di Kaliningrad - ovvero la Koenisberg capitale di quella che era la "Prussia Orientale", tra Polonia e Lituania, oggi ancora territorio russo - attraverso la immigrazione massiccia di "tedeschi del Volga" in quell'area. Tra le organizzazioni per gli "Aussiedler" sono note il "Verein fuer das Deutschtum im Ausland" (VDA, ovvero Associazione per la Germanita' all'Estero) ed il "Verband der deutschen Volksgruppen in Europa" (Lega dei gruppi etnici tedeschi in Europa). La prima delle due e' oggi assai attiva, e come la FUEV gode di autorevoli appoggi: « Non diversamente dai suoi predecessori, [la FUEV] e' legata al Ministero degli Esteri, a quello degli Interni ed alla Cancelleria Federale attraverso la VDA, agenzia sovversiva dalla storia secolare al servizio dello Stato tedesco. Il legame e' assicurato dal membro del Consiglio Amministrativo [CA] della VDA Karl Mitterdorfer [ex-senatore della "italiana" Südtiroler Volkspartei - SVP], presidente per anni della FUEV (...) avente contatti di lavoro con rappresentanti dell'estremismo di destra e del razzismo europei. Questa cooperazione della FUEV avviene all'ombra di membri del CA della VDA del calibro di Hans Klein (Vicepresidente del Bundestag tedesco) ed Eberhard Diepgen (sindaco di Berlino in carica)». Il VDA all'inizio degli anni Novanta era presieduto da Hartmut Koschyk, pochi mesi prima della "riunificazione tedesca" autore, presso la ultrareazionaria casa editrice MUT ("Coraggio"), di un libro dal significativo titolo "Tutta la Germania deve essere unita". Costui, esule dell'Alta Slesia (Polonia), afferma nel libro che "la fissazione dell'Oder-Neisse quale linea del confine tedesco-polacco non puo' essere considerata una soluzione valida per il futuro dei rapporti tedesco-polacchi". Negli anni successivi Koschyk si fa personalmente promotore di iniziative di sostegno ai "Circoli per l'Amicizia con la Germania" nella Polonia occidentale, mettendo a disposizione dozzine di antenne satellitari e fotocopiatrici. Ricordiamo che la "riunificazione" e' stata possibile grazie ad una serie di accordi e trattati, tra i quali quello sui confini tedesco-polacchi del 14/11/1990 che in questi ambienti e' ancora considerato vergognoso ma che ha rappresentato una necessaria concessione alla "Realpolitik" da parte di Kohl. E' da questi ambienti federalisti e pangermanici insieme che e' nata una idea-guida della odierna Unione Europea, quella delle "Euroregioni". Nel 1988 l'Intereg [vedi riquadro] crea il progetto di "Regio Egrensis", a cavallo tra Baviera e Cecoslovacchia, che interessa quindi proprio i Sudeti. E' sempre da questo istituto che emerge l'idea della Euroregione Tirolo, comprendente Alto Adige e Tirolo austriaco. Una vicenda "silenziata" dal disinteresse è stata quella dell'apertura di un ufficio di rappresentanza di questa Euroregione a Bruxelles, presso il Parlamento Europeo, ufficio voluto da esponenti altoatesini e tirolesi d'Austria contro il parere e nonostante le "scomuniche" dei rispettivi governi. Il 15/1/1996 Maroni esprimeva invece il plauso della Lega Nord per l'iniziativa. Ancor prima, nel settembre 1995, ad Innsbruck veniva celebrata la riunificazione delle compagnie degli "Schützen" - eredi delle milizie territoriali del periodo austro-ungarico che si richiamano alla figura storica dell'altoatesino Andreas Hofer, combattente antinapoleonico - di Trentino, Alto Adige e Tirolo austriaco. Decine di Schützen e militanti di altre formazioni folkloristico-tradizionaliste analoghe provenienti da tutte le regioni dell'ex-Impero asburgico hanno presenziato poi, pochissimi mesi fa, alla inaugurazione del grande monumento ad Elisabetta ("Sissi"), moglie di Francesco Giuseppe, recentemente ricostruito al centro di Trieste, la "fidelissima" citta' degli Asburgo, ove periodicamente organizzano le loro celebrazioni. Infine, nel dicembre 1996, con il sostegno del Ministero dell'Interno della Germania nasce l'"Europaeisches Zentrum fuer Minderheitenfragen" (EZM ovvero: Centro europeo per le questioni delle minoranze). Su KONKRET 3/1997 Goldenbach e Minow precisano: «Nel grande mercato sotto dominio tedesco di nome "Europa" i confini statali nazionali disturbano. La loro distruzione e' lo scopo della "etnopolitica" tedesca, che ora passa all'attacco con l'EZM (...). L'Ufficio Esteri ["Auswaertiges Amt", AA] ed il Ministero degli Interni di Bonn [BMI] hanno impiegato cinque lunghi anni (...) ma ora ci siamo: da dicembre 1996 specialisti tedeschi lavorano affinche' "si dia finalmente spazio ad una politica d'attacco sulle questioni dei gruppi etnici e delle minoranze, spazio che le e' dovuto gia' da tempo", nelle parole della Presidentessa del Landtag [il Parlamento del Land] Lianne Paulina-Muerl ad un Forum sulle minoranze del Landtag dello Schleswig-Holstein il 7 giugno 1991. Per i loro propositi in tema di minoranze hanno sistemato a Flensburg una scenografia europea, hanno incassato i contributi della UE ed hanno coinvolto nel nuovo "Centro per le questioni delle minoranze" anche gli ignari danesi. Che l'offensiva non riguardi quelli che in Germania sono socialmente svantaggiati, ossia i milioni di immigrati dalla Turchia o i lavoratori dal Vietnam e dall'Europa orientale, si capisce da se'. Si tratta delle minoranze e dei cosiddetti gruppi etnici ALL'ESTERNO della Repubblica Federale... Come spiegava il direttore dell'EZM Stefan Troebst a Flensburg, in occasione dell'inaugurazione dell'Istituto (...) "il settore geografico di lavoro della nuova istituzione e' l'Europa ed in certi casi anche i territori limitrofi come (...) il Mar Nero o il Caucaso". Chi a causa di queste indicazioni ritenga che la politica tedesca sia alla ricerca di minoranze che possano aprirle la strada verso aree di intervento ricche di risorse, beh costui ha la vista corta: "Una particolare attenzione verra' prestata all'Europa orientale" concede l'esperto in tema di minoranze Troebst; "ma se ci ricordiamo dei titoloni dedicati in questi anni all'Irlanda del Nord, ai Paesi Baschi, alla Corsica e a Cipro e' allora chiaro che pesanti conflitti etnici non covano solamente nella regione al di la' della ex-cortina di ferro. Se si tratta dei diritti delle minoranze, bisogna aggiungere anche alcuni paesi occidentali (...) Se, tanto per fare un esempio (...) gli occitani del sud della Francia propongono un programma nazionale, organizzano un movimento nazionale e rivendicano infine la creazione di un proprio Stato nazionale, e si mettono a lottare per ottenerlo, oppure no... queste sono domande difficili, in certi casi persino urgenti"...>> "Nessuna minoranza puo' essere lasciata in balia di un governo centralista repressivo" - dice ancora Troebst. "A tal proposito, anche Stati sovrani devono contemplare l'intervento della comunita' internazionale. In casi come quello del Kosovo (!) l'acuirsi delle tensioni tra gruppi etnici puo' essere evitato solo in questa maniera". Secondo un calcolo ufficiale della FUEV, che e' tra le componenti del consiglio amministrativo dell'EZM, in Europa 101.412.000 persone appartengono al potenziale delle "minoranze", per un totale di 282 "gruppi etnici" in 36 Stati europei.... Questi numeri chiariscono che la politica estera tedesca non e' solamente radicale, ma vuole anche andare fino in fondo. Cio' che ha avuto inizio con successo in Jugoslavia - la disgregazione "etnica" del continente in un grande mercato costituito da regioni marginalizzate - deve proseguire con gli albanesi del Kosovo (non a caso l'UCK e' addestrato ed armato dai servizi segreti tedeschi), e forse anche con gli "occitani". Sul numero 3/1997 di LIMES, a pagina 293, appariva un documento dal titolo "Dichiarazione per una carta Gentium et Regionum - Programma di Brno", portante in calce la firma di sette autori appartenenti alla GfBV, all'INTEREG, al Centre International de Formation Européenne, alla FUEV e all'Istituto di Ricerche sul Federalismo di Innsbruck. Nel documento si dice apertamente che : «non è più possibile congelare le strutture attualmente dominanti e la sovranità nazionale come se esse fossero sacrosante... è sempre più necessario promuovere la diversità e l'autonomia delle piccole comunità vicine ai cittadini... è indispensabile per un nuovo ordine europeo [sic!] il superamento di vecchie concezioni relative al carattere illimitato della sovranità e del centralismo stato-nazionale, nel senso di un'unione europea da un lato e della maggiore autonomia possibile delle piccole comunità dall'altro... la cooperazione transfrontaliera regionale quale viene praticata in Europa (euro-regioni) costituisce un'innovazione che deve essere ulteriormente sviluppata... l'Europa può divenire un esempio per il resto del mondo se essa riesce a progredire dal modello di uno Stato nazionale più o meno centralistico verso un modello di diversità nell'unità fondato sul principio dei diritti dei gruppi etnici, dell'autonomia e dell'autodeterminazione...» Il documento prosegue declinando ad ogni pié sospinto ed in tutte le maniere l'aggettivo "etnico", dichiarandosi a favore di "Stati regionali autonomi" che "dovranno essere istituiti anche là dove lo Stato centrale nel suo complesso non è organizzato in forma federale", sentenziando infine: "le divisioni e le frontiere che non siano state fondate sull'autodeterminazione mascherano, dietro ad un federalismo di facciata, una dominazione straniera", come a dire: non tutti i federalismi ci vanno bene - quello jugoslavo, ad esempio, a loro non piaceva. Dunque i possibili effetti della strategia regionalista portata avanti dai tedeschi sono potenzialmente destabilizzanti per tutto il continente, e non solo per l'Europa dell'Est. La rivista italiana LIMES, che ha una collocazione politica apparentemente trasversale ma in effetti e' portavoce degli ambienti militari che fanno la geopolitica italiana, pubblicava sul numero 4/1997 un'intervista a Pierre-Marie Gallois, ex-generale e fedelissimo di De Gaulle, dal titolo "Perchè temo la Germania (e la televisione)". Nella introduzione si parla dell'EZM, del suo recente battesimo a Flensburg e del suo Presidente, Stefan Troebst. Si dice tra l'altro: « Poco dopo la presentazione del centro di Flensburg, un diplomatico ed un sociologo tedeschi, Walter Von Goldenbach e Hans-Rudiger Minow, scrivono il libro "Von Krieg zu Krieg" (Da guerra a guerra), sottotitolo: "La politica estera tedesca e il frazionamento etnico dell'Europa". I due autori si recano a Parigi dal generale Pierre-Marie Gallois, uno dei maggiori esperti internazionali di geopolitica, e gli chiedono una prefazione. Presa visione della documentazione, Gallois li accontenta. Dopo l'uscita del libro, i due autori incominciano ad avere numerosi problemi, il sociologo Minow subisce anche un'aggressione fisica, al punto da desiderare di trasferirsi all'estero.>> Nell'articolo, il generale Gallois sottolinea come proprio la diplomazia preventiva tedesca, auspicata da Stefan Troebst, ha fortemente contribuito allo smembramento della Jugoslavia. » Nell'intervista - che suggeriamo di leggere per intero - Gallois dice: « I tedeschi sono eccellenti cartografi. I popoli che non hanno confini naturali cercano sulle carte dove fissare le frontiere. Presumo che, come il Centro di Geopolitica di Haushofer - consigliere di Hitler ed anche di Stalin, nel 1937-'38 - vi siano, oggi, dei gruppi di studio tedeschi che lavorino nell'ombra per preparare un grande futuro alla Germania. Sanno di non poter più speculare sulla supremazia della letteratura o della lingua, per cui rimangono loro l'economia - il culto del marco - e la regionalizzazione... >> EUROPA NEOLIBERISTA E DISGREGAZIONE DELLA CLASSE Sarebbe tuttavia ingenuo e sciocco pensare che la strategia della regionalizzazione abbia la sua ragione ed origine esclusivamente in Germania. Secondo una ricerca della Fiom piemontese (2), dopo l'unità monetaria l'operaio Fiat percepisce grossomodo, allo stato contrattuale vigente, 879 Euro, contro i 1458 del suo collega tedesco alla Volkswagen. Non va meglio anche il confronto con i francesi della Renault (1303 Euro) e con gli spagnoli della Ford (957 Euro). Infine gli inglesi: 1300 Euro. "Prima di arrivare ad una parità salariale con i tedeschi e con i francesi avremmo da scioperare parecchi anni - commentava il segretario Giorgio Cremaschi - I salari italiani sono l'unica voce dell'economia nazionale già totalmente dentro i parametri di Maastricht. Dovrebbero prenderne visione la Confindustria e la Banca d'Italia"... Se le tariffe sono cresciute vertiginosamente dappertutto in nome dell'adeguamento ai parametri di Maastricht, nel caso dei salari quali parametri sono da considerarsi "europei"? Lo studio della Fiom piemontese in effetti può essere visto da due punti di vista: da un lato sembra evidenziare un'ingiustizia palese; dall'altro indica chiaramente che gli accordi sul costo del lavoro in tutta Europa vanno perdendo completamente di significato con l'unificazione. In effetti, cosa dovrebbe spingere la Confindustria italiana ad aumentare gli stipendi per "adeguarsi" agli standard tedeschi? Piuttosto, le statistiche Fiom potrebbero essere usate - poniamo - dal padronato tedesco per ammonire i lavoratori in lotta contro i tagli. Ed infatti il padronato tedesco sottolinea proprio l'elevato costo del lavoro in Germania per chiederne la diminuzione, tacendo ovviamente sul fatto che ai salari più alti d'Europa corrisponde in Germania una altissima produttività del lavoro - gli imprenditori tedeschi in realtà possono permettersi tranquillamente corresponsioni "elevate", tra l'altro utili a mantenere un elevato livello di consumi, visti i superprofitti derivanti dallo sfruttamento neocoloniale dei lavoratori e delle risorse dell'Est e del Sud. Contemporaneamente, la previdenza e tutte le forme di salario indiretto sono oggetto di un attacco violento. Quando i sindacati tedeschi alzano la voce vengono subito zittiti con l'accusa di essere "nazionalisti" (ed allora si fa riferimento al costo del lavoro all'estero o agli immigrati...) o "fuori dalla realta'" (la globalizzazione, il mercato, eccetera). Si tratta di paradossi soltanto apparenti: se l'Europa e' unita, ma i salari sono diversi, allora i contratti nazionali perdono veramente di senso. Dunque da una parte l'unificazione, dall'altra la regionalizzazione sono i "piedi di porco" che il padronato usa per demolire i contratti nazionali di lavoro. Questa logica ovviamente non e' una logica soltanto "tedesca": ecco perche' attorno alla unificazione europea ed al regionalismo si e' creata una piu' vasta convergenza tra borghesie. In Italia la forza politica più regionalista di tutte è la Lega Nord, ma a farle concorrenza sono ormai praticamente anche tutte le altre forze politiche, che vogliono il "federalismo" - da Cacciari, che lo vuole "mitteleuropeo", a Fini, che lo vuole "alla siciliana", dai Centri Sociali del Nord Est che lo vogliono "sociale", fino al PDS ed ai vescovi del Friuli. Stoiber, Primo Ministro bavarese, insiste sullo stesso versante. Egli chiede un ulteriore rafforzamento del federalismo tedesco, in senso soprattutto fiscale. Il federalismo si prefigura sicuramente dal punto di vista fiscale come un alleggerimento per le tasche degli imprenditori, ma vedere solo questo aspetto è riduttivo: federalismo significa soprattutto deregulation e liberismo, ovvero gabbie salariali (retribuzione diversa per zone diverse) e fine dei contratti nazionali di lavoro. Ecco perchè una riforma istituzionale in senso federalista, ovvero dell'"Europa delle regioni", è ben vista anche dalle Confindustrie di tutti i paesi. Questa "Europa delle Regioni", o delle minoranze, non è in contraddizione con l'"Europa delle grandi imprese": esse sono identiche. Ecco dunque la soluzione del dilemma tra unificazione e frammentazione in Europa: si punta solo alla frammentazione della classe lavoratrice, alle divisioni (etniche-nazionali, categoriali) nel suo interno, e viceversa alla totale "libertà d'impresa" ed all'abbattimento dei confini per il mercato. I micronazionalismi sono solo un aspetto del violento attacco contro il proletariato nel suo insieme, un attacco riconoscibile anche nelle molteplici forme della precarizzazione. In Europa determinate tendenze sono fortemente incoraggiate proprio dal capitale tedesco: la Germania è l'unica nazione in cui, come ha fatto notare qualcuno, l'europeismo coincide esattamente con il nazionalismo. Si tratta in fondo della riproposizione di un leitmotiv storico. La struttura dell'Impero austroungarico era fortemente decentrata: Otto d'Asburgo dice esplicitamente che la nuova Europa assomiglierà a quella asburgica. In tempi non lontani Hitler costruiva l'Europa Nazione sotto l'egida della svastica, chiamandosi tra l'altro a difesa delle minoranze tedesche nell'Europa orientale, accolto a braccia aperte però anche dai croati, dagli ucraini, dai ceceni... Ma forse l'analogia più calzante è quella con l'Europa medioevale: la struttura contemporaneamente decentrata e centralizzata del Sacro Romano Impero, il riaffiorare di valori ultrareazionari e dell'oscurantismo religioso, la strutturazione di tipo feudale della politica e dell'economia. Ecco perche' il processo di unificazione europea, pur in parte implicando l'abbattimento di confini tra Stati, e' tutt'altro che un processo dal carattere progressista e liberatorio: peraltro e' parziale e non del tutto reale. La frammentazione dell'Europa centroorientale - anche dei paesi che "un domani" dovrebbero entrare a far parte della UE - ha comportato negli ultimi anni una crescita smodata dei chilometri di nuovi confini e quindi un notevole aumento dei posti di frontiera da superare per spostarsi, oltrechè la moltiplicazione degli Stati e dei relativi eserciti. In pratica si sta generando un sistema "a cerchi concentrici" tale che il nocciolo germanico si unifica, si consolida ed usufruisce di manodopera e risorse a basso costo, le realta' immediatamente vicine si disgregano e perdono prerogative di sovranita', mentre tutto attorno si crea una serie di protettorati, Stati-fantoccio, Stati con governi fascisti e parafascisti in grado di ingabbiare le proprie classi lavoratrici, di ricattarle con il nazionalismo e di garantire la presenza economica e militare occidentale che mira a depredare le risorse umane e naturali di quei paesi. LEGA NORD E MACROREGIONI Non a caso dunque la Lega Nord puo' essere considerata la piu' europeista delle forze politiche italiane. Sul suo terreno si muove in realta' una costellazione di gruppi o associazioni di categoria come la LIFE ("Liberi Imprenditori Federalisti Europei"), divenuta celebre per l'appoggio prestato ai militanti del Veneto Serenissimo Governo durante il processo. Proprio la vicenda dell'assalto al campanile offre una quantità di motivi su cui ragionare. In un articolo di Raffaele Crocco apparso su "Guerre&Pace" (n.41/1998) si dimostra come tutta quella storia fosse il risultato dell'intreccio di tre filoni: "quello del neofascismo e del neonazismo, quello del durissimo integralismo cattolico e quello del secessionismo, leghista e non." Già all'inizio del 1995 erano state perquisite "le case di 27 militanti di organizzazioni integraliste cattoliche, tutte a Verona. I gruppi hanno nomi espliciti quanto i loro programmi. Sono il "Comitato Principe Eugenio", che prende il nome dal Savoia che nel XVI secolo difese Vienna assediata dai Turchi; il gruppo "Sacrum Imperium", che chiede il ritorno all'Europa medievale precedente la Rivoluzione Francese; l'Associazione "Famiglia e Civiltà" e i Gruppi di Famiglie Cattoliche." Crocco analizza questo terreno di coltura, all'interno del quale troviamo anche alcuni leghisti, notandone la impostazione ideologica: oltre alle tendenze razziste, tutti questi raggruppamenti "individuano in Napoleone Bonaparte il male dell'Europa e aspirano al ritorno allo stato di cose precedente la Rivoluzione di Francia", che ha posto le basi per il crollo degli imperi e del potere temporale della Chiesa e per la formazione degli Stati nazionali borghesi nel continente. Infine, nel suo articolo Crocco fa un po' di storia dell'autonomismo veneto ricordando i legami di questo con la CIA e gli ambienti ordinovisti: Franco Rocchetta, ad esempio, prima di essere per anni capo della Liga Veneta, poi leghista ed ora aderente al "Movimento Nord Est" con Cacciari e (per un periodo) Luca Casalini, fu tra i partecipanti al "viaggio di studio" rautiano nella Grecia dei colonnelli. Che il Veneto sia da decenni laboratorio dell'eversione nera è cosa nota, ma l'articolo apparso su "Guerre&Pace" getta lo sguardo su scenari tutto sommato inaspettati. Particolarmente importante è rendersi conto della fisionomia di questa destra, che non è nazionalista in senso tradizionale, bensì europeista, anzi "mitteleuropea" e legata alle mitologie medioevali a cui si richiamavano anche i nazisti. Recentemente Francesco Cossiga, convinto europeista, ha sorpreso molti per avere "esternato" la sua simpatia nei confronti dei baschi durante una visita in Spagna; da tempo era pero' nota la sua passione per il Sudtirolo (Cossiga conosce benissimo il tedesco) e soprattutto per l'Irlanda. Inoltre, da Presidente della Repubblica Cossiga ha svolto un ruolo fondamentale di sostegno a Slovenia e Croazia (e' amico personale di Tudjman). Anche la Lega ha contatti con gli ambienti governativi croati e sloveni: in particolare, è l'unica formazione politica del nostro paese ad inviare sue delegazioni ai congressi dell'HDZ. In Friuli-Venezia Giulia molti personaggi transitati per la Lega Nord, mischiati a gladiatori e radicali pannelliani, hanno animato la vita politica in regione con la creazione-distruzione di microraggruppamenti autonomisti al centro di strane manovre: difficile risulta infatti in quell'area la dialettica italiano-sloveno-friulano-giuliano-padana. Questo non ha pero' certo impedito le "relazioni pericolose" con le varie parti in conflitto nei Balcani, anzi. Nel 1992 Bossi ironizzava su un possibile golpe antileghista osservando quanto poco ci volesse a far arrivare "qualche camion di armi DALLA Slovenia o dalla Croazia", ma nel 1994 ricordava invece "camion carichi di armi PER la Slovenia" transitati nel 1986-'87 nelle valli bergamasche. Messaggi cifrati? Fatto sta che alcuni parlano di traffici di armi gestiti da leghisti della provincia di Trieste forse anche per armare il movimento (3). Altri contatti preoccupanti sono quelli che la Lega ha instaurato con la destra fascista austriaca di Jörg Haider, che ha sviluppato posizioni europeiste-regionaliste. Diverse sono le pubblicazioni austriache sul tema delle "etnie", sulle quali trovano spazio teorici della "nuova destra" come Alain de Benoist e Pierre Krebs o storici revisionisti come David Irving. Nel libro "L'Europa delle Regioni" (Graz 1993) un contributo di Umberto Bossi appare fianco a fianco a scritti di Guy Heraud e dello stesso Haider. I "Freiheitlichen" (Liberali) di Haider sono invitati ai congressi leghisti, e viceversa. L'europarlamentare leghista Luigi Moretti ha costruito tutta una serie di contatti "internazionalisti" con fiamminghi e tedeschi del Belgio, frisoni olandesi, scozzesi, irlandesi, gallesi, l'"Unione di u Populu Corsu", savoiardi, alsaziani, il "Parti occitain", i bretoni, i baschi di "Eusko Askatasuna", catalani, andalusi e galleghi. La Lega, peraltro, non e' l'unica realta' secessionista italiana. Oltre ai sudtirolesi, dei quali abbiamo gia' parlato, solo nel Nord Est ci sono alcuni altri "piccoli popoli" vezzeggiati dalla "internazionale regionalista". Sono le minoranze slovene, ladine e friulane che tra il '43 ed il '45 furono inglobate nella "Zona di Operazioni Litorale Adriatico", sotto il comando di Rainer che ben seppe sfruttare la loro "alterita'" e la loro storia austro-ungarica: esse si trovano oggi tutte comprese nella Euroregione Alpe Adria. La creazione del "gruppo Adria" negli anni Settanta aveva apparentemente degli obbiettivi culturali, ovvero il risveglio della "Mitteleuropa" asburgica, riunendo austriaci, ungheresi, sloveni, croati, questi italiani del Nord e i bavaresi. Le secessioni croata e slovena hanno pero' dimostrato quanto ambiguo sia lo slogan della "Mitteleuropa"... Oggi Alpe Adria cura alcune tra le principali iniziative culturali del Nord-Est, sostenuta in questo soprattutto dai sindaci di Venezia, Cacciari, e Trieste, Illy (l'imprenditore del caffe'), che sono in prima fila nel "sinistro" schieramento "federalista soft". Infatti esiste una versione "minimalista" del regionalismo, che salvaguardando una unita' formale del paese - comunque priva di senso nel momento in cui l'Italia si "scioglie" in Europa - mira comodamente alla disgregazione del tessuto di classe. Nel 1992 la Fondazione Agnelli lanciò un grande programma di ricerca dal titolo: "Padania, una regione d'Italia in Europa", i cui risultati furono pubblicati in un grosso volume (4). Il succo dei risultati della ricerca è che la dimensioneottimale per le nuove istituzioni da dare al nostro paese sarebbe quella delle "macroregioni". Niente di nuovo: anche il Piano di Rinascita nazionale della Loggia massonica segreta P2 individuava nelle macroregioni le nuove unità politico-istituzionali con cui governare il paese. Ecco perchè sul federalismo, a parte le sfumature, esiste un coro unanime, ed ecco perchè quasi tutti i partiti si alternano in convergenze ed accordi tattici con la Lega. La nostra borghesia da una parte vede la possibile destabilizzazione che viene dalla strategia regionalista, ma giocando da "apprendista stregone" cerca comunque di sfruttarla fintantoche' fa comodo. Questo e' ovviamente possibile solo nella misura in cui si tagliano le gambe alle tendenze piu' eversive insite in quel movimento, secessioniste filotedesche, giungendo a continue soluzioni di compromesso con l'ultradestra europeista, un po' come e' successo con la moneta unica. Si tratta insomma di una partita assai rischiosa che si sta giocando, sempre sulla pelle dei lavoratori, i cui attori sono molteplici e che puo' alla fine risulatare truccata: sulla scorta di quanto analizzato da Crocco, chi puo' infatti escludere che gli USA non stiano facendo anche il loro specifico gioco per destabilizzare questo o quel paese - se ad esempio l'Italia risultasse un fattore di disturbo nel contesto dei nuovi equilibri geopolitici, nei Balcani o all'Assemblea dell'ONU... - ovvero per destabilizzare il polo imperialista europeo nel suo insieme? A completare questo quadro preoccupante manca solo qualcosa che dimostri un coinvolgimento diretto di personalita' tedesche nel progetto eversivo per la spaccatura dell'Italia. Niente paura: sul numero 4/1997 di LIMES e' apparsa una intervista a Saverio Vertone intitolata "L'oro dal Reno? Finanza tedesca e Lega Nord", nella quale il senatore di Forza Italia sostiene che la Lega è finanziata da gruppi bavaresi ed altri legati ai passati fasti dell'Impero asburgico: egli cita la finanziaria Matuschka, di Monaco di Baviera, che avrebbe"aiutato" in precedenza sloveni e croati, e le famiglie del Nord-Est Stock e Strassoldo. --- NOTE: (1) Citato in: R. Opitz, "Europa-Strategien des deutschen Kapitals 1900-1945", Colonia 1977 - da pag. 653. (2) Cfr. Avvenimenti 1/1/1997. (3) Cfr. A. Sema su LIMES 3/1996. (4) Cfr. Marco Revelli su "Rifondazione" n.0, dic.1996. PER APPROFONDIMENTI: Oltre alle fonti citate cfr. tutto il volume di LIMES 3/6 ed il libro di B. Luvera', "Oltre il confine" (Il Mulino, Bologna 1996). ---- RIQUADRO: LA FUEV La "Federalistische Union Europaeischer Volksgruppen" [trad. Unione Federalista dei Gruppi Etnici Europei] ha sede a Flensburg, nello Schleswig, al confine con la Danimarca. Apparentemente privata, questa organizzazione si occupa di minoranze quasi esclusivamente non tedesche diffuse sul continente, e rivendica i "diritti dei gruppi etnici" - sin dagli anni '20 un beneamato strumento per lo smembramento degli Stati vicini alla Germania in unita' territoriali separate. La FUEV nasce infatti nel marzo 1928 e viene "rifondata" a Versailles nel 1949. Noncurante degli eventi accaduti nel frattempo, che si pensava avessero seppellito il "Nuovo Ordine Europeo" sotto alle macerie della II G. M., la FUEV rivendica l'eredita' dei "Congressi Europei delle Nazionalita'" (1925-1938), che oggi si tengono infatti regolarmente ogni due anni. In un suo proprio documento la FUEV afferma di voler rappresentare "quasi 100 milioni di abitanti dell'Europa". Con rispetto per la tradizione, la sede di Flensburg dell'organizzazione rievoca la rivista "Nazione e Stato" senza minimamente distanziarsi dai suoi contenuti. Al contrario: e' proprio una casa editrice gia' implicata nella produzione di propaganda antisemita in nome dei "gruppi etnici" (Braumueller, di Vienna) a diffondere le "nuove" concezioni della FUEV. Mentre la casa editrice viennese di cui sopra risulterebbe iscritta nei libri-paga governativi, la "Fondazione Hermann-Niermann" di Duesseldorf, che ha finanziato un opuscolo di presentazione della FUEV, e' legata a personaggi di estrema destra come Norbert Burger, condannato all'ergastolo in Italia per gli attentati commessi in Alto Adige. La FUEV tuttavia e' riconosciuta e collabora ufficialmente con le Provincie di Trento e Bolzano. Ma non solo: essa gode dello status di consulente presso il Consiglio d'Europa e presso l'ONU, tanto che nel 1996 ha per la prima volta partecipato ai lavori della Commissione ONU per i diritti umani. La sua influenza arriva anche al Parlameno Europeo ed alla CSCE, cosicche' qualcuno ha osservato che la sua importanza non le deriva tanto dall'effettiva rappresentanza dei gruppi etnici, in molti casi dubbia, quanto proprio dall'accesso privilegiato nelle istituzioni nazionali ed internazionali. ---- RIQUADRO: IL "PENTAGONO" ETNO-SECESSIONISTA Insieme alla FUEV (vedi riquadro) ed al VDA (vedi testo) altri tre organismi costituiscono quello che su LIMES 3/1996 veniva definito il "pentagono" del federalismo etno-secessionista: si tratta del Movimento PANEUROPA, dell'INTEREG e del Bund der Vertriebenen (BdV). - PANEUROPA: movimento guidato da Otto d'Asburgo, figlio di Francesco Giuseppe d'Austria, eurodeputato per i cristianosociali della Baviera, resosi noto negli ultimi anni per le esplicite dichiarazioni di appoggio alle secessioni jugoslave. Il termine "Paneuropa" sta ad indicarequalcosa di simile alla Unione Europea che si sta oggi costruendo. Negli anni Venti il suo ideologo Coudenhove-Kalergi riteneva che "l'annessione dell'Austria e della Germania alla Paneuropa significa indirettamente l'annessione dell'Austria alla Germania nel quadro dell'Europa... Perciò la politica paneuropea è una politica nazionale in prospettiva... Per un tedesco nazionalista esistono solo due strade per far uscire il suo popolo dal vicolo cieco in cui si trova oggi: o la preparazione di una guerra di rivincita contro i suoi vicini per la creazione di uno spazio imperiale i cui confini corrispondano a quelli dello spazio linguistico tedesco - oppure viceversa la preparazione della Paneuropa, che assicura a tutti i tedeschi in Europa l'indipendenza nazionale e l'unità all'interno di una più grande federazione." (citato su KONKRET 12/95). - INTEREG: Istituto internazionale per i diritti delle nazionalità ed il regionalismo. fondato nel 1977 in Baviera, ha sede a Monaco e gode del sostegno completo, anche finanziario, da parte della Centrale Bavarese per la Formazione Politica, che e' un ente statale. Ha visto tra i suoi membri anche Otto d'Asburgo, Karl Mitterdorfer, vari professori universitari tedeschi ed austriaci nonche' il francese Guy Heraud autore del libro "Les principes du federalisme et la Federation Europeenne" (1968), vero e proprio ideologo del federalismo integrale o "etnico". Il nucleo fondativo consisteva comunque in un gruppo di "tedeschi dei Sudeti" federato al BdV. Si noti comunque che tra i piu' attivi membri c'e' persino l'esperto di politica estera della SPD (socialdemocratici, oggi al governo) Peter Glotz, a sua volta tedesco dei Sudeti, secondo il quale nello scenario di fine secolo lo Stato nazionale "deve essere considerato superato e a livello culturale si deve tornare alle tribu', alle piccole unita' linguistiche, etniche, paesaggistiche". Insieme alla FUEV l'Intereg organizza i "Congressi" biennali e pubblica la rivista "Europa Ethnica", che si richiama esplicitamente a "Nazione e Stato", una rivista ideologica del nazionalsocialismo. - BdV: Questa "Lega degli Esuli" e' la potente federazione dei tedescofoni giunti in Germania Occidentale da tutta l'Europa dell'Est dopo la guerra. Ne fa parte anche Koschyk, del quale si parla nel testo. Si e' recentemente distinta per la formulazione di una serie di progetti di euroregioni "tedesche" in Polonia (Slesia, Pomerania, Prussia Orientale) per cui ad esempio Stettino diventera' porto franco. ------------------------------------------------------------------------
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