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(Fwd) N.E. Balcani #615 - Kosovo-Serbia
- Subject: (Fwd) N.E. Balcani #615 - Kosovo-Serbia
- From: "Davide Bertok" <davide at bertok.it>
- Date: Fri, 31 Jan 2003 12:56:12 +0100
- Priority: normal
Interessanti retroscena da un documentario BBC.... ------- Forwarded message follows ------- Date sent: 31 Jan 2003 09:18:49 -0000 To: <free at notizie-est.com> From: "Notizie Est" <info at notizie-est.com> Subject: N.E. Balcani #615 - Kosovo-Serbia Send reply to: info at notizie-est.com "Notizie Est" - http://www.notizie-est.com N.E. BALCANI #615 - SERBIA-KOSOVO 31 gennaio 2003 CHI HA VOLUTO LE BOMBE? di Sinisa Ljepojevic - ("NIN" [Belgrado], 23 gennaio 2003) Il documentario "La caduta di Milosevic", trasmesso dalla BBC nelle scorse settimane, raccoglie nuove testimonianze sulla guerra del Kosovo e sul successivo crollo del regime di Belgrado I bombardamenti contro la Jugoslavia condotti nella primavera 1999, così come la successiva caduta del regime di Milosevic, rimangono ancora, almeno in Occidente, una storia non conclusa. Ne è una dimostrazione il documentario a puntate "La caduta di Milosevic", trasmesso nelle prime tre settimane di quest'anno dall'emittente televisiva britannica BBC. Le tre puntate hanno una durata complessiva di quattro ore e mezzo e si basano principalmente su testimonianze dei protagonisti delle vicende. Dal documentario si evince che i maggiori responsabili della caduta di Milosevic sono: lo stesso Slobodan Milosevic, che con la sua politica ha portato ai bombardamenti; il segretario di stato americano Madeleine Albright, che ha "interpretato meglio di tutti" tale politica; gli albanesi del Kosmet [Kosovo e Metohija - N.d.T.], che più di altri hanno aiutato Albright; Mira Markovic, la moglie di Milosevic, che ha convinto quest'ultimo a indire elezioni presidenziali anticipate. Il subappaltatore dei lavori, lascia intendere il documentario, è stata la DOS, che ne ha approfittato più di tutti, perché ha conquistato il potere. L'inizio della caduta di Milosevic è stato segnato dalla rivolta armata degli albanesi del Kosmet che, come riconoscono nel documentario, non si sono sollevati per abbattere il regime di Slobodan Milosevic, bensì per fare del Kosovo il proprio stato indipendente. Tale indipendenza è stata loro promessa nell'autunno del 1998 dall'allora inviato di pace americano per la Jugoslavia, Richard Holbrooke. Uno degli ex rappresentanti internazionali dell'Esercito di Liberazione del Kosovo (UCK), Bardhyl Mahmuti, ha dichiarato nel documentario "La caduta di Milosevic" che a quei tempi, in occasione di un pranzo svoltosi in Svizzera, Holbrooke gli ha detto che il Kosovo avrebbe ottenuto l'indipendenza entro un periodo compreso tra tre e cinque anni. L'UCK, ha detto in quell'occasione Holbrooke, deve solo seguire gli ordini dell'America e dell'Occidente. GLI ALBANESI INGANNATI Holbrooke, secondo le parole di Mahmuti, ha promesso che l'America, e lui in persona, "avrebbero spinto Slobodan Milosevic ad adottare modifiche legali e costituzionali che porteranno all'indipendenza del Kosovo". Nel documentario "La caduta di Milosevic" si afferma che Mahmuti è un profugo che abita in Svizzera con la famiglia e vive di aiuti sociali (Mahmuti, albanese della Macedonia, a quei tempi era tuttavia un "cittadino della Svizzera" e una persona che girava il mondo in costosi vestiti e con alti contatti nei ministeri occidentali). Riguardo all'indipendenza del Kosovo, la storia raccontata da Madeleine Albright è diversa da quella di Holbrooke. Albright afferma di avere detto a chiare lettere agli albanesi del Kosmet che non vi sarebbero state azioni di guerra se non avessero rinunciato all'indipendenza. Era la condizione fondamentale. I leader albanesi hanno allora cercato, a Rambouillet e a Parigi, che venisse almeno pronunciato un impegno per un referendum entro tre anni. Ma il Gruppo di Contatto (USA, Italia, Russia, Germania, Gran Bretagna e Francia) non ha accettato e quindi è stata trovata la "soluzione" in base alla quale gli albanesi avrebbero rivolto tale richiesta in una "lettera privata" a Madeleine Albright. Rispetto a questa idea, secondo il documentario della BBC, avrebbe avuto serie riserve un uomo chiave, Hashim Thaqi, ma l'intera faccenda è stata "mediata" da Veton Surroi, editore del quotidiano "Koha Ditore". Albright ha quindi accettato tale "proposta privata" ma, ricorda, si tratta di un atto privato che non ha status di documento ufficiale, come successivamente è stato confermato anche dalla "Cornice costituzionale temporanea" dell'UNMIK. Dal punto di vista dell'UCK, quindi, i leader albanesi e gli albanesi del Kosovo in generale sono stati ingannati riguardo alle loro richieste politiche. Il documentario, che non indaga più di tanto sul modo in cui si è arrivati ai bombardamenti, si occupa più di ogni altra cosa del panico che ha preso l'Occidente durante le azioni della NATO. Per quanto riguarda il periodo prima dei bombardamenti stessi, viene messa in evidenza una dichiarazione dell'ex presidente della Serbia, Milan Milutinovic, il quale ha rivelato di avere proposto all'imbarazzato inviato americano Christopher Hill, durante un incontro svoltosi in un hotel di Parigi, che le truppe dell'alleanza entrassero in Kosovo, ma che allo stesso tempo la Jugoslavia venisse accolta nella NATO, consentendo in tal modo di risolvere il problema del Kosovo. La proposta è stata rifiutata. Nel documentario si suggerisce che la NATO e i leader occidentali siano andati ai bombardamenti relativamente impreparati, poiché erano convinti che sarebbero durati al massimo tre giorni. Così è stato detto ai piloti della NATO, alcuni dei quali hanno pregato i loro superiori di essere tra i primi a gettare le bombe, perché temevano che dopo sarebbe stato troppo tardi e tutto sarebbe finito. Il presidente francese Jacques Chirac ha raccontato di essersi recato in vacanza in montagna appena prima dell'inizio dei bombardamenti. Il presidente Clinton aveva allora disposto che in tale villa di montagna venissero installate linee telefoniche speciali per le sue comunicazioni con Chirac. Ma nonostante i mezzi di cui dispone il presidente degli USA, le linee telefoniche non funzionavano e quindi i due hanno dovuto comunicare mediante normali telefoni. Era impreparata anche la Jugoslavia. Mira Markovic ha raccontato come lei personalmente e tutta la dirigenza jugoslava fossero convinti che i bombardamenti non sarebbero durati più di 24 ore. Ma sono durati 78 giorni e l'Occidente, hanno ammesso i suoi leader, è precipitato in un vero e proprio panico. I bombardamenti sulla Jugoslavia hanno portato (dietro la scena pubblica, le conferenze stampa e la campagnia propagandistica) a profonde incomprensioni tra i paesi occidentali, tanto da minacciare l'unità della NATO. Sembra quasi che Milosevic, accettando infine un accordo, abbia "salvato" la NATO. L'ex presidente russo Boris Eltsin, va ricordato, ha scritto nelle sue memorie intitolate "Diario notturno" che l'errore fondamentale di Milosevic è stato quello di non avere capito il significato della missione di Cernomyrdin e i motivi per cui gli era stata affidata. Il compito di Cernomyrdin, scrive Eltsin, era quello di aiutare l'Occidente, e non Milosevic. Queste opinioni di Eltsin non vengono citate nel documentario "La caduta di Milosevic". Nel panico generale al quale si è giunti quando i bombardamenti non hanno causato un rapido collasso di Belgrado, il più inquieto era il premier britannico Tony Blair, mentre il ministro degli esteri Joschka Fischer ha ammesso che per lui si è trattato di un periodo eccezionalmente difficile. Blair si era recato allora in visita presso il comando generale della NATO a Bruxelles. L'allora comandante delle forze NATO, generale Wesley Clark, ha dichiarato che Blair gli ha chiesto: "sa che dall'esito dei bombardamenti dipende il futuro di quasi tutti i leader occidentali? Perderemo il potere, e non dobbiamo assolutamente uscire sconfitti". Il generale Clark, come ha dichiarato, ha detto a Blair di non potere prevedere ancora nulla e che per "la vittoria finale sarà forse necessaria un'invasione della Jugoslavia via terra". IL CELLULARE DI DJUKANOVIC Successivamente, come mostra il documentario, il premier Blair ha avviato una campagna per convincere gli altri leader occidentali della necessità di un'invasione via terra, ma, nei fatti, nessuno ha dato il proprio sostegno alla sua idea. Allora Blair ha detto che rimaneva solo la propaganda e che l'Occidente doveva almeno minacciare un'invasione. Sono interessanti anche i retroscena del bombardamento di obiettivi in Montenegro, il cui governo, come si afferma nel documentario della BBC, ha dato sostegno ai piani della NATO. Il presidente Clinton ha raccontato di avere ricevuto, dopo l'inizio dei primi attacchi contro obiettivi in Montenegro, una telefonata del leader francese Chirac, il quale gli chiedeva spiegazioni. Clinton gli ha detto che il bombardamento di obiettivi in Montenegro gli era stato chiesto dal presidente montenegrino Milo Djukanovic. Il presidente degli Stati Uniti ha affermato di avere ottenuto informazioni secondo cui Djukanovic avrebbe chiesto il bombardamento delle zone dove erano concentrati i suoi oppositori, favorevoli a Milosevic. Il presidente Chirac racconta di avere chiamato immediatamente Djukanovic sul suo cellulare e di avergli chiesto se era vero. Djukanovic nel documentario della BBC dice solamente di avere fatto capire a chiare lettere a Chirac che il bombardamento di obiettivi in Montenegro metteva in pericolo il suo governo e la sua posizione personale. Dopo questa conversazione, la NATO non ha più bombardato il Montenegro. Nel documentario rimane non chiarito se ciò che ha detto Clinton è preciso oppure no. I bombardamenti sono poi finiti, la NATO ha preso il controllo del Kosovo e subito dopo il principale punto all'ordine del giorno è diventata la lotta politica per abbattere Milosevic. Nell'estate del 2000 Madeleine Albright ha convocato tutti i suoi più stretti collaboratori e ha comunicato loro che la caduta di Milosevic era la sua "priorità personale assoluta". L'America ha avviato una massiccia campagna di aiuti all'opposizione serba. Nel documentario si parla di circa 30 milioni di dollari in aiuti, anche se in passato la stessa Washington aveva comunicato di avere investito circa 70 milioni di dollari. A quei tempi il maggiore mistero era perché Milosevic avesse indetto elezioni presidenziali anticipate. Sua moglie Mira Markovic ha dichiarato alla BBC di avere convinto Milosevic a indire tali elezioni, perché era convinta che le avrebbe nettamente vinte. Nel documentario racconta anche di avere convinto il marito, nel 1996, a non riconoscere i risultati delle elezioni locali. Le proteste di massa causate dal mancato riconoscimento di tali elezioni sono state di fatto, si suggerisce nel documentario, il vero inizio della fine del potere di Milosevic. IL TRADIMENTO DEI "BERRETTI" In Serbia il lavoro doveva essere condotto dalla DOS, con l'aiuto degli americani. Ma come? Il problema principale, racconta Zoran Djindjic, era chi proporre come candidato presidenziale. All'inizio si è pensato di scegliere tra Djindjic e Vuk Draskovic. Ma, soprattutto dopo gli scontri fisici, di cui si sa poco, tra le guardie del corpo dei due leader nel corso di una manifestazione dell'opposizione, è diventato chiaro che nessuno dei due poteva essere candidato. Draskovic non ha nemmeno accettato di entrare a fare parte della DOS, perché, come ha spiegato, "non potevo più credere a Djindjic". Nel documentario si osserva che dopo la rissa tra le guardie del corpo si è verificato l'incidente sull'autostrada dell'Ibar, nel quale sono morti funzionari del partito di Draskovic. La scelta è allora caduta su Vojislav Kostunica. Quest'ultimo, tuttavia, non ha accettato subito e ha dato una risposta positiva solo dopo cinque giorni. Zoran Zivkovic ha dichiarato che a quei tempi Djindjic gli aveva detto preoccupato: "speriamo proprio che Kostunica non ci ripensi e non rinunci". I leader della DOS, in realtà, erano molto disorientati anche durante le elezioni. Più di ogni altra cosa li preoccupava il pensiero di cosa fare se Kostunica avesse vinto e Milosevic non avesse riconosciuto i risultati delle elezioni. Di fronte a questo dilemma ha preso l'iniziativa Nebojsa Covic, come riconosce lui stesso. Covic ha invitato i sette leader della DOS a una riunione segreta durante la quale è stato deciso di lottare fino alla fine. Non c'è più tempo, ha detto Covic. A tale riunione non ha partecipato Kostunica, che è stato tenuto all'oscuro di tutto. Covic racconta di avere messo a punto una strategia sulla base dell'esperienza accumulata lavorando con Milosevic [Covic, ex sindaco di Belgrado, è stato una figura importante del Partito Socialista Serbo - N.d.T.]. "Conosco l'uomo", ha detto. E' stato adottato un piano in base al quale se Milosevic non avesse riconosciuto la validità del voto, la DOS si sarebbe battuta contro il regime. Sono state create anche formazioni armate all'interno della DOS, il cui compito era quello di condurre una vera e propria guerra se la polizia avesso sparato contro i dimostranti. Covic ha confermato apertamente che sono stati organizzati gruppi armati, pronti a combattere. Il documentario della BBC lascia intendere che il principale stratega della DOS fosse lo stesso Covic. Zoran Djindjic ha raccontato anche i dettagli dei suoi contatti con il comandante dei "berretti rossi", l'Unità per le Operazioni Speciali dei servizi segreti, menzionato solo con il suo soprannome di Legija. Djindjic dice che Legija lo ha chiamato al telefono e gli ha chiesto un incontro immediato. Nella DOS prevaleva la convinzione che egli non dovesse recarsi a tale incontro, perché Legija lo avrebbe ucciso. Ha deciso tutto la moglie di Djindjic, come ha spiegato quest'ultimo, la quale gli ha detto che doveva comunque andare, perché "che differenza c'è se ti uccide oggi o domani, nel caso in cui lo volesse fare". Così, secondo il documentario, la polizia e i "berretti rossi" hanno dato il sostegno decisivo alla DOS, tradendo quello che fino ad allora era stato il loro capo, Milosevic. Djindjic, da parte sua, ha osservato che la DOS è stata aiutata più di tutti dallo stesso Milosevic. Perché nei fatti, ha raccontato, Milosevic ha perso le elezioni presidenziali, ma non il potere. I suoi partiti hanno ottenuto la maggioranza in parlamento, oltre a continuare a tenere in mano il potere in Serbia, e quindi non avevano perso la loro posizione di potere. Milosevic ha però commesso degli errori che ci hanno aiutato, ha detto Djindjic. Alla fine Milosevic è "caduto". E' seguito il suo arresto per "atti criminali interni" e successivamente l'Aia. Nel documentario si afferma che le condizioni per l'"arresto interno" sono state rese formalmente possibili dal suo ex stretto collaboratore Mihalj Kertes. In alcune reazioni della stampa britannica si fa capire che, oltre alla necessità di continuare a giustificare in pubblico la politica dell'Occidente durante i bombardamenti, il documentario "La caduta di Milosevic" è il risultato dell'interesse dell'Occidente per l'eventuale scenario da applicare in Iraq. Ma secondo il "Financial Times" si tratta di un errore, perché la "lezione del Kosovo" non può essere applicata all'Iraq. I bombardamenti della NATO, osserva il giornale, non hanno fatto che portare a problemi ancora più grandi e non hanno fatto cadere Milosevic. E' solo un'illusione, precisa il "Financial Times", che le bombe della NATO abbiano fatto cedere Milosevic... Lo hanno fatto cadere i cittadini della Serbia alle elezioni. Milosevic ha perso il potere grazie alle urne elettorali, e non alle bombe e alla violenza. [RIQUADRO:] Il "Times" di Londra ha pubblicato nel suo numero del 21 gennaio una lettera di Richard Crampton, professore di Storia dell'Europa Orientale presso l'università di Oxford, il quale si dice convinto che Slobodan Milosevic non solo non sia stato indebolito dalle bombe della NATO, ma che addirittura le bombe lo abbiano aiutato a indebolire l'opposizione, che non ha potuto contrapporglisi con successo nel momento in cui il paese si trovava esposto all'aggressione della NATO. Crampton ricorda che Milosevic è caduto 15 mesi dopo la fine dei bombardamenti dell'alleanza atlantica, vale a dire nonostante le bombe della NATO, e non grazie a esse. Crampton ha reagito negativamente alle affermazioni dell'establishment laburista britannico secondo cui i bombardamenti sul Kosovo sono una dimostrazione del fatto che la guerra in Iraq è giustificata perché Milosevic sarebbe caduto grazie alle bombe della NATO. [COMMENTO: Le testimonianze raccolte dal documentario della BBC confermano molte delle interpretazioni che a suo tempo "Notizie Est" aveva dato, a caldo, della guerra del Kosovo. A partire innanzitutto dall'"inganno" nei confronti degli albanesi, rafforzato dalle frasi che Holbrooke avrebbe pronunciato in via privata di fronte al rappresentante di una parte, l'UCK, con la quale allora si evitava di trattare ufficialmente: un rapido calcolo porta a concludere che il Kosovo, secondo le promesse, avrebbe dovuto ottenere l'indipendenza tra l'estate del 2001 e i prossimi mesi. E' interessante notare che, secondo Holbrooke, a tale ipotetica indipendenza si sarebbe arrivati non con la guerra, ma spingendo Milosevic a riforme costituzionali: ne consegue che la rimozione di Milosevic all'epoca (autunno 1998) non veniva nemmeno presa in considerazione. Le testimonianze confermano anche il grande panico dell'Occidente per una guerra che non avrebbe dovuto essere così lunga e che era Blair a spingere ben più degli USA per posizioni più attive. L'intervento di terra è stato quindi una minaccia puramente propagandistica, soprattutto da parte USA. Curioso infine il particolare di Djindjic che, come Milosevic, adotta importanti decisioni affidandosi alla "consulenza" della moglie - A. Ferrario] -------------------------------- Se volete cancellare il vostro abbonamento a "Notizie Est - Balcani", o cambiare l'e-mail alla quale ricevete la newsletter, potete farlo accedendo alla sezione "Area utenti" del sito web http://www.notizie-est.com con la password che vi è stata assegnata. ------- End of forwarded message -------