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"di ritorno dal kosovo..."
- Subject: "di ritorno dal kosovo..."
- From: "Roberto Bianchetti" <roberto.bianchetti at poste.it>
- Date: Sun, 15 Sep 2002 22:44:48 +0200
di ritorno dal Kosovo Ora sono a casa, la settimana scorsa ero in Kosovo; per la prima volta. I Balcani sono sempre una scoperta e una riprova allo stesso tempo. Due giorni di viaggio, quasi una marcia di avvicinamento, su e giù per i passi dei monti , su e giù per città che non si sentono più spesso, nomi purtroppo legati quasi unicamente a fatti di traffici vari. Pian piano i segni della guerra: case semidistrutte (emblema frequente di questa regione dell'Europa), parecchi posti di polizia, frontiera con le Nazioni Unite, militari di tutti i paesi. Poi finalmente di sera il nostro "campo"; il giorno dopo verrà riempito di voci di bambini col sorriso che chiedono <<Italiano, como stai?>>. Anche nel nostro campo c'è roba militare, parecchia alla fine, frutto dell' intelligenza dell'organizzazione del campo e della disponibilità di alcuni maggiori dell'esercito italiano. Nonostante tutto questa voglia di collaborare è preziosa. L'indomani l'accoglienza di un kosovaro quando mi avvicino alla casa semidistrutta, la voglia di mostrare gli spazi una volta abitati, di raccontrare come è andata, di sedersi con calma a bere un caffè . La piacevole sorpresa poi nel scoprire che è in ferie come me e abita a poco più di un'ora da casa mia in Italia! La sua voce che chiede al fratello se hanno già controllato per le mine! Ops, non ricordavo più questo problema. ennnesimo "effetto collaterale" strutturale della guerra. Da parte mia ascolto e voglia di capire: << si, prima vivevamo vicini, li in quella casa erano serbi, poi Milosevic e il resto.>> .Poi i furti nelle case, gli incendi, poi i campi profughi via.gli internazionali, le bombe, l'odio, la vendetta. Fino a fare del capo dell'UCK un martire nazionale, fino a fargli accarezzare a un figlio bambino la faccia e il busto. Pesante ipoteca sul suo futuro. No, non provo eccitazione o ammirazione quando ci raccontano delle gesta "eroiche" di questo, ma potrebbe anche essere l'altro, leader: non ce la faccio più a sentire tanto sangue, tanto dolore, tante vite uccise.. Non ci credo più. Ora a dire il vero vedo più divisione di prima, cordoni di forze armate straniere a mantenere quella che chiamano "Pace". Se ci sono ancora, dopo tre anni, 35.000 internazionali forse le bombe non sono servite a molto! O forse sono servite per altro! E tutti questi investimenti , persone ed energie impiegate con altre logiche non potrebbero portare a ben altro? La mia domanda si infrange sul muro già segnato da una granata. E quel che resta della speranza rimane in quel caffè tra sconosciuti, in quella voglia di ricostruire, in quei bambini che hanno voglia di sperimentare. Speranza di non essere così Umani, solo così. Cullato dalla musica del posto, un quadro di Petrit mi parla della Speranza: una strada sterrata porta ad un bivio: una parte va ad una prigione, un' altra alla morte; l'ultima, diritta, va verso un cielo intenso, dove lentamente si intravede una colomba . <<Pace >> ci dice. In un giorno dopo la tensione nella parte nord, Serba, di Mitrovica contrasta con l'apparenza di "normalità" che sembra dare a prima vista. Se qualcuno o qualcosa non va bene, subito tanti occhi lo vedono e agiscono in gruppo, in barba ai jeepponi delle varie polizie internazionali che circolano per strada. Purtroppo sembra essere la regola paradossole per ora. Ancora una volta la legge del più forte. Vietato capire o intromettersi, in fin dei conti siamo anche gli Italiani che li abbiamo bombardati.! Mi sembra sentire da più parti. E con gli albanesi in teoria invece siamo "amici". Ma alla fine della guerra sinceramente a me pare di intravvedere solo sconfitti, perdenti da una parte e dall'altra... E così un ragazzo albanese ventenne ci confessa di aver avuto paura quando anche lui è entrato con noi nel monastero ortodosso di Deçan, presidiato dai militari. <<Io però non sono UCK.>> mi ritorna in mente. E non lontano dal monastero il militare italiano, un po' troppo esaltato, che si vanta di essere già stato in Somalia e in Bosnia, mi dà da pensare. Ma anche Ardian, un ragazzino che ci aiutava a tradurre, mi sorprende con gioia questa volta, quando mi precede nel darmi il suo indirizzo già pronto su un foglietto. Almeno per loro, o forse in realtà per tutti loro e per noi. .Mirupafshim (arrivederci) Kosovo e Kosovari! Roberto.
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