[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
missione in Macedonia
- Subject: missione in Macedonia
- From: "Forum delle Donne" <forumdonne.prc at rifondazione.it>
- Date: Thu, 18 Oct 2001 19:31:50 +0200
Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 348, recante disposizioni urgenti per la partecipazione militare italiana alla missione internazionale di pace in Macedonia (1596) Stenografico Aula in corso di seduta Seduta n. 47 del 17/10/2001 PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà. ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, annuncio il voto contrario dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista e vorrei essere messa in grado di spiegarne le ragioni visto che il nostro sarà l'unico voto contrario. Si tratta di ragioni specifiche, relative alla natura della missione«Raccolto essenziale», e di ragioni legate al quadro strategico in cui queste missioni si collocano; quadro definito dal Nuovo concetto strategico della NATO - dall'articolo 24 di un documento sottoscritto dai governi dei paesi membri nell'aprile del 1999, mai sottoposto al dibattito dei parlamenti interessati - che legittima l'attivazione di operazioni militari apparentemente diverse tra loro: missioni di pace, polizia internazionale, guerre più o meno chirurgiche, guerre umanitarie, guerre che prevedono "incidenti inevitabili" ma tutte accomunate dal disegno di controllo globale del pianeta che la NATO persegue e che è una delle cause - forse la fondamentale - dell'instabilità crescente nei rapporti internazionali. Non si produce pace in questo modo - è il nostro punto di vista - senza regole, istituzioni, soggetti realmente preposti a questo scopo, e al di sopra delle parti, e mentre si sterilizza la funzione dell'ONU. La decisione di dispiegare nuove truppe NATO in Macedonia allo scadere dell'operazione «Raccolta essenziale» (questa è la proposta del Governo) che doveva essere conclusa entro un mese - così ci avevano detto i ministri Ruggiero e Martino - è il segnale più evidente di tutto ciò che sto dicendo, del carattere complesso della missione (tutt'altro che operazione di facile pacificazione), delle incognite che le dinamiche in quella zona dei Balcani nascondono, del rischio che di nuovo si inneschi un processo incontrollabile con la conseguenza di far saltare l'equilibrio che sembrava conseguito - ma non è così!- tra le parti in causa: la guerriglia albanese, il Governo macedone e la NATO. Nella riunioni delle Commissioni esteri e difesa di Camera e Senato svoltosi in agosto i ministri Martino e Ruggiero, nel presentare la missione, usarono toni dimessi e defilati; operazione di basso profilo, di semplicissimo operatività! In realtà, la balcanizzazione dei Balcani continua e si allarga a macchia d'olio, secondo il copione consolidato di una crescente etnicizzazione del conflitto tra i gruppi locali che vogliono spartirsi, con nuove regole di confine, il territorio della ex Jugoslavia e con il rischio di ulteriori coinvolgimenti di tipo etnico, come i disordini in Montenegro stanno a dimostrare. Quanto, in questo processo di continua deflagrazione dei precedenti assetti statuali, hanno pesato interessi, strategie politiche, prove di forza dei paesi della NATO? Quanto la pretesa della NATO di definire nell'area il contesto generale della legalità, della legittimità e della convenienza ha contribuito e contribuisce alla destabilizzazione di fatto, mentre ci si attribuisce come occidente il ruolo salvifico di grandi pacificatori? Il caso della Macedonia, passata indenne per quasi dieci anni dal virus dell'odio interetnico e degli scontri civili, è emblematico e parla con chiarezza delle responsabilità dirette dei paesi aderenti alla NATO. È stata esposta, infatti, anche la Macedonia all'insorgenza etnica e ai nazionalismi incrociati sicuramente anche per il ruolo di punta che l'Uck ha potuto guadagnarsi grazie proprio alla NATO che ha condannato o legittimato la guerriglia albanese, prima in Kosovo poi in Macedonia, a seconda dei casi e dei momenti ed ha attivato l'operazione «Raccolta essenziale» (raccolta di armi) mentre nulla hanno fatto i paesi membri per controllare il mercato delle armi che fornisce la materia prima del conflitto. La consegna delle armi da parte delle unità dell'Uck è servita solo a legittimare una corrente radicale del nazionalismo albanese che crede venuto il momento di realizzare il vecchio sogno di riunificare tutte le terre albanesi dei Balcani (non a caso l'Uck è la stessa sigla in Kosovo ed in Macedonia) e, contemporaneamente, a suscitare dinamiche negative tra la popolazione macedone che accusa in gran parte l'occidente di faziosità in favore degli albanesi. Così prende quota il nazionalismo slavo-macedone e vengono alla ribalta gruppi paramilitari animati dal progetto aberrante di una Macedonia etnicamente pura. Di fronte a tutto ciò, il sottosegretario Cicu, in sede di discussione sulle linee generali in aula, ha affermato che dei problemi dell'area e delle dinamiche strategiche dei Balcani ci si occupa in sede NATO, che noi facciamo parte di una missione con obiettivi limitati che sono stati raggiunti in maniera soddisfacente e che di questo solo dobbiamo occuparci. La nostra politica di difesa è diventata, secondo questa impostazione, una funzione della NATO, completamente sottratta alla sovranità di questo Parlamento. Il concetto di pace è stato così stravolto e deturpato; viene usato ormai soltanto per coprire e rendere accettabili ad una opinione pubblica italiana ancora largamente permeata di vocazione pacifista opzioni e strategie definite in un ambito, quello della NATO, che poco ha a che fare con la pace, con un'autentica politica di pace rispettosa dei vincoli costituzionali, dei trattati internazionali e di quella faticosa rete di norme e di interdizioni giuridiche all'opzione bellica che l'Europa seppe costruire all'indomani della seconda guerra mondiale e che in questi anni l'Europa stessa sta invece distruggendo, ricreando l'abitudine terribile a convivere con la guerra. Vengono chiamate missioni di pace ma sono un patchwork, come dicevo prima, di volta in volta di azioni di protettorato lungo zone considerate strategiche dall'Occidente, di gendarmeria mondiale, di vera e propria guerra guerregiata. Insomma, una difesa a geometria variabile, secondo interessi di volta in volta definiti. La politica della difesa italiana ha subito un mutamento radicale che non ha nulla più a che vedere, nella geografia concettuale che si è venuta robustamente affermando negli anni '90, con il concetto di difesa secondo l'articolo 11 della Costituzione. Per questi motivi, noi esprimiamo il nostro voto contrario sul provvedimento. (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista). Forum delle donne di Rifondazione comunista Viale del Policlinico 131 - CAP 00161 - Roma Tel. 06/44182204 Fax 06/44239490
- Prev by Date: Firenze 21/10 Invito alla riunione nazionale antimperialista
- Next by Date: I comunisti di fronte alla guerra - Napoli, 20-21 ottobre 2001
- Previous by thread: Firenze 21/10 Invito alla riunione nazionale antimperialista
- Next by thread: I comunisti di fronte alla guerra - Napoli, 20-21 ottobre 2001
- Indice: