Bulatovic
- Subject: Bulatovic
- From: "lisa" <lisa.fi at libero.it>
- Date: Sat, 12 Feb 2000 12:48:17 +0100
Traduco alcuni brani di
un articolo che ho letto questa mattina. E’ pubblicato da Nezavisne Novine,
Banja Luka, Republika Srpska, 9 febbraio 2000, ma forse è la trascrizione di un
programma radio o TV. In ogni caso l’autore è Aleksandar Tijanic Io so chi è
l’assassino “E’ come se lo spettacolo
dei serbi assassinati (conclusosi per adesso con la liquidazione di Pavle
Bulatovic) e la loro posizione nella gerarchia del potere sociale o finanziario,
stesse dicendo ai sopravvissuti che in un sistema come questo non esistono
persone immortali, né tantomeno intoccabili. Nessun obbiettivo è troppo alto,
nessun cognome offre protezione totale … in altre parole, che nessuno si senta
al sicuro se ha partecipato nella creazione di questa Serbia che ha un
portafoglio al posto del cuore. La morte di Bulatovic danneggia gli alleati di
Slobo, quindi chi ha ordinato questo assassinio sta apertamente sfidando il
regime. Sta infatti chiedendo: Chi governa in Serbia? Chi ha più
potere? E’ passato il tempo in
cui la morte di un individuo costituiva una tragedia in questo paese. Nella
Serbia di oggi, la morte di qualcuno è solo una statistica. Quindi, quando
uccidono un giornalista, si tratta solo di una forma alquanto drastica di
censura; quando liquidano un uomo d’affari, è una questione di spartizione del
bottino; quando uccidono un politico, è perché non ha mantenuto la promessa fata
ad un uomo d’affari; ma quando uccidono il Ministro della Difesa e Comandante in
Capo delle Forze Armate, di che diavolo si tratta? Le spiegazioni ufficiali
parlano di terrorismo. Cosa significa? L’assassinio di Bulatovic è certamente
stato un atto di terrorismo: ma terroristico è stato solo il modo in cui è stato
giustiziato. Ciò che rimane oscuro, come nel caso Arkan, è il modo in cui è
stato condannato. Nessun giudice, nessuna giuria, nessun avvocato e nessun
diritto di appello. Chi sta facendo tutto questo? Perché? E soprattutto, perché
queste azioni continuano e con successo? Anche nel nostro contesto
sociale, abituato a forme di cannibalismo, l’assassinio di un Ministro della
Difesa manda un messaggio chiaro. Primo, lo Stato ha perso
il suo monopolio sulle misure coercitive e punitive: ogni cittadino ha adesso
più paura del giudizio dei centri occulti del potere, che forse si annidano
all’interno del sistema giuridico o, come sembra nel caso Bulatovic, al di fuori
di esso. Secondo, questi centri di
potere eliminano le persone secondo i propri criteri, dimostrando così una
totale mancanza di paura o di esitazione e, cosa più interessante, la mancanza
di qualsiasi forma di negoziazione. Le persone che emettono le condanne
chiaramente ritengono che la liquidazione dell’imputato sia il modo meno costoso
e più sicuro di raggiungere il proprio obbiettivo. Più spettacolare è
l’assassinio, più improbabile il luogo dell’agguato, più testimoni oculari ci
sono… più chiaramente si trasmette il messaggio a chi di dovere. E questi ultimi
stanno decodificando con precisione il messaggio. Terzo, il messaggio
strategico di questo assassinio è il seguente: chi ha emesso la sentenza ha
intenzione di sopravvivere alla fine dell’attuale regime, di porre le basi per
nuovi affari, per proteggere la propria posizione anche con un nuovo governo
serbo. Non è escluso che offra la sua collaborazione anche ad eventuali
oppositori. In qualsiasi altro paese
europeo l’assassinio di un Ministro della Difesa porterebbe ad enormi
sconvolgimenti. Qui, nella Serbia anestetizzata dal male, la notizia durerà al
massimo sette giorni. Da dieci anni qui non si produce che odio nei confronti di
tutti; i serbi che hanno urlato di più contro i crimini sono quelli che hanno
rubato di più; il sistema giudiziario è collassato, ogni elemento di stabilità
in questa nazione è stato strappato alla radice. Tutto ciò ha prodotto
indifferenza nei confronti di tutto, anche della criminalità. Ci vorrebbero far
credere che stiamo portando avanti da soli la battaglia sacra contro il Nuovo
Ordine Mondiale! Ma invece cosa siamo? Siamo un grande obitorio in cui i
sopravvissuti piangono i morti più recenti. Corruzione, criminalità, assassini,
il numero più elevato di omicidi insoluti in Europa, il tasso più alto di
omicidi nel mondo, la peggiore diminuzione dell’aspettativa di vita nella
regione, una guerra aperta tra poteri “grigi” e poteri ufficiali. La nostra più
elevata forma di sviluppo etnico è la barbarie, una civiltà in cui le persone
sono disposte ad uccidere o essere uccisi per motivi futili: questa è la Serbia
che si affaccia al 21° secolo? Il bottino da dividersi
sta diventando sempre più ridotto è questo spazza via anche il particolare
codice etico dei poteri “grigi”. E’ iniziata una reazione isterica che introduce
la violenza come metodo in tutte le forme della vita pubblica serba: la
politica, l’economia, i media, il sistema giudiziario, gli ospedali, le scuole,
la strada, le elezioni, il bar, l’albergo. E noi, i serbi, come un branco di
esseri dannati e disperati, predestinati alla distruzione totale, stiamo
aspettando in fila… La notizia nuova è che non ci saranno eccezioni per
nessuno. E così ce ne stiamo, in
fila, con alcuni davanti e altri dietro. Uno è il boia, gli altri sono solo
vittime. Che futuro! Che impero di menzogne, morte e disperazione! Che messaggio
semplice ci lascia questo decennio di “serbitudine”: dietro ad ogni ricchezza,
dietro ad ogni successo, dietro ad ogni potere, si annidano crimini. E dietro ai
crimini, c’è qualcuno che emette la sentenza.
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