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[WWW][MAN] La pace non puo` far propri tempi e forme della guerra
- Subject: [WWW][MAN] La pace non puo` far propri tempi e forme della guerra
- From: Marco Trotta <matro at hotpop.com>
- Date: Thu, 30 Sep 1999 15:53:15 +0200 (MET DST)
Salve a tutti, riporto un testo interessante sulla scia delle iniziative per l'Osservatorio sui Balcani. A presto. Marco. _[Ripostato da: Il Manifesto - http://www.ilmanifesto.it ]________________ [http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/29-Settembre-1999/art26.html] 29 Settembre 1999 BALCANI La pace non puo` far propri tempi e forme della guerra Claudio Bazzocchi, Michele Nardelli, Tonino Perna, Francesco Terreri Quanto il messaggio nonviolento di Aldo Capitini "se vuoi la pace, prepara la pace" sia rimasto sostanzialmente estraneo all'agenda della politica e, talvolta, anche a quella dello stesso pacifismo, lo si evince dal fatto che e` ancora la cultura dell'emergenza a caratterizzare l'approccio con i conflitti, nell'incapacita` di prevenirne la degenerazione violenta come di abitarli per farli evolvere positivamente. Cosi` che in nome della pace si fanno le guerre. Dalla tragedia dei Balcani (e dalle tante altre tragiche vicende del nostro tempo) escono sconfitti tutti coloro che, inascoltati, hanno tentato per anni le strade della diplomazia preventiva. Tanto che gli attori della guerra sono paradossalmente gli ispiratori delle grandi campagne umanitarie ed ora i principali interpreti del business della ricostruzione. La ricostruzione sara` il terreno sul quale verra` combattuta una nuova guerra, non sempre meno cruenta: dalla qualita` della ricostruzione dipendera` il futuro di quest'area dopo che i bombardamenti, la pulizia etnica, le fosse comuni, i lager, gli stupri di massa, l'uso di sistemi d'arma che provocano danni ambientali talvolta irreversibili, sono tornati prepotentemente nella storia del vecchio continente, imprimendo alla modernita` del nostro tempo i segni di quello stesso presagio con il quale questo secolo si era presentato. Pace e ricostruzione sono facce della stessa medaglia, la possibilita` dell'una e` strettamente connessa alla qualita` dell'altra. E l'impostazione di una ricostruzione "dalla parte delle popolazioni" e` una precondizione per tagliare le radici alla guerra. La sfida abita proprio qui: dopo non aver saputo prevenire una tragedia annunciata e protrattasi per un intero decennio, sapra` l'Europa mettere in campo una progettualita` libera da logiche dell'emergenza e da interessi particolari? Come sempre vincoli e possibilita` si intrecciano ed il prevalere degli uni sugli altri dipende da un insieme di fattori, non ultimo il ruolo che sapra` giocare la diplomazia popolare, quel tessuto di Ong, volontariato, enti locali, a cui oggi si guarda per ripensare il ruolo stesso della cooperazione internazionale. In questo quadro, appare decisivo il lavoro di monitoraggio e di conoscenza del contesto in cui i soggetti impegnati nella ricostruzione saranno chiamati ad operare, non solo per sfuggire ad un'informazione superficiale e sterilizzata, ma per far si` che un approccio corretto, rispettoso e nonviolento verso la ricostruzione cominci proprio da un lavoro di indagine sulle conseguenze della guerra nella vita delle persone e sul territorio. Sappiamo quanto sia facile cadere nella logica emergenziale del fare senza progettualita`, del motivarsi a partire dai finanziamenti e di fornire carichi di aiuti indipendentemente dalla loro futura gestione o destinazione. Senza dimenticare che l'ancoraggio di ogni attivita` e progetto ad altrettanti ambiti di impegno e partecipazione civile puo` rappresentare un'occasione di crescita per entrambe le comunita`. Su questo piano le esperienze di diplomazia popolare e di cooperazione decentrata avviate in questi anni proprio nel contesto balcanico possono rappresentare un costante punto di riferimento, nonche' una straordinaria risorsa umana, insomma nulla a che vedere con i container abbandonati e la logica dirigista che ne e` all'origine. Per una ricostruzione "dalla parte delle popolazioni", la creazione di capacita` autoctone e` una delle precondizioni fondamentali per l'avvio di processi di sviluppo sostenibili nel lungo periodo. Questo e` spesso l'anello debole della cooperazione internazionale, anche se tutti, governi, organizzazioni della societa` civile, settore privato e donatori, oggi riconoscono che il "capacity building" e` fondamentale per il successo e l'efficacia dei programmi di cooperazione allo sviluppo. Per essere efficaci, questi programmi devono potenziare le politiche di costruzione delle capacita`, investire nell'accrescimento delle competenze, tenendo conto che detta formazione e` un processo evolutivo e di apprendimento organizzativo che gli interventi esterni possono solo facilitare. Le Organizzazioni non governative, se tali vorranno essere, dovranno delineare nuovi ed alternativi percorsi di cooperazione allo sviluppo, sostenibile ed a misura delle popolazioni, con percorsi predisposti con cura e radicati nelle culture, nelle tradizioni e nel territorio. Questi percorsi dovranno essere sottoposti ad una verifica oggettiva delle loro caratteristiche di democraticita` e rispetto culturale, ambientale e dei diritti umani, economici, civili e sociali. Se l'Italia non vorra` piu` avere come dirimpettai popolazioni sempre piu` impoverite e regimi che contrabbandano profughi e uranio, eroina e bazooka in collaborazione con le organizzazioni criminali nostrane, dovra` convalidare tutti i propri progetti di cooperazione, governativi e non (dagli accordi Telecom ai progetti di microcredito), attraverso una verifica attenta a quanto questi siano funzionali agli obiettivi di pace e ricostruzione. Questo non si ottiene solo ricostruendo le anagrafi e le case, ma con progetti mirati a rielaborare il conflitto cooperando con le popolazioni. Questa rielaborazione non e` un momento conducibile alla firma degli accordi di pace, ma un processo dinamico: preparare e costruire condizioni di pace significa analizzare le cause dei conflitti, evitando semplificazioni, e investire in saperi diversi che possano affrontare le costellazioni causali dei problemi. Il monitoraggio delle condizioni di vita e di salute delle popolazioni dovra` avvalersi di una mappatura delle zone a rischio per l'impiego di uranio impoverito, l'inquinamento dei fiumi e cosi` via. In maniera analoga, saranno verificate le attivita` della diplomazia non governativa internazionale quali Caschi bianchi, corpi civili di pace, corpo civile europeo, forze d'interposizione pacifiste, al pari delle attivita` di disobbedienza civile e diserzione. Nasce in questo contesto l'idea di dar vita ad un "Osservatorio permanente sui Balcani". A lanciarla, nel giugno scorso, l'assemblea di Venezia dei "Cantieri sociali", accanto alla proposta di realizzare una conferenza parallela delle Ong e della cooperazione decentrata sulla ricostruzione dei Balcani. Proprio in questa occasione di riflessione sui caratteri della ricostruzione verra` presentato l'Osservatorio permanente sui Balcani. Un'equipe di persone ha lavorato durante l'estate per precisarne forme e contenuti, allargarne il consenso all'insieme dell'arcipelago della pace, ricercare i donatori per realizzarlo su basi solide e durature. L'esito e` stato piu` che incoraggiante, per la diffusa consapevolezza dell'utilita` di uno strumento permanente di monitoraggio, per le numerose adesioni gia` ricevute, per la sensibilita` incontrata nelle istituzioni locali, tanto che dopo gli incontri di Trento (17 luglio) e di Bologna (3 settembre), l'Osservatorio e` ormai una realta`. I suoi sensori saranno quella straordinaria rete di associazioni di volontariato, ong, comitati della cooperazione decentrata, organismi e monitor internazionali, operatori dell'informazione, i quali potranno trovare nell'Osservatorio il luogo per la diffusione e la rielaborazione delle informazioni da loro stessi raccolte. Sono stati definiti 4 ambiti di monitoraggio: l'economia e la ricostruzione; la condizione umana e il contesto ambientale; fra passato e presente: democrazia e diritti; i media. Per saperne di piu`, si puo` cercare l'Osservatorio c/o Unimondo, via Sommarive 4, 38050 Povo-Trento, tel. ++39 0461 816036; fax ++39 0461 811652. Fabio.Pipinato at unimondo.org. __________________________________________________________________________