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AI - 26 maggio 1999
Comunicato Stampa di Amnesty International 43-99 26 maggio 1999
CINA: DIECI ANNI DOPO TIANANMEN -- ANCORA IN ATTESA DI GIUSTIZIA
Roma-- A dieci anni dal massacro di Piazza Tiananmen, Amnesty International
pubblica un nuovo rapporto intitolato "Cina:dieci anni dopo Tiananmen", che
prende in esame il processo di democratizzazione nel corso degli ultimi dieci
anni, ed espone dieci casi di persone che scontano lunghe condanne di detenzione
dopo processi ampiamente iniqui.
L'organizzazione per la difesa dei diritti umani chiede alle autorita' cinesi
di fornire finalmente i dati completi di tutte le persone uccise e ferite durante
la repressione, di risarcire le vittime e i loro familiari, e di rilasciare tutte
quelle persone ancora detenute per aver partecipato nel 1989 alle manifestazioni
per la democrazia.
"Rilasciare tutti i prigionieri per motivi di opinione e concedere l'amnistia
a tutti coloro che si trovano ancora in carcere per aver partecipato alle
manifestazioni del 1989, darebbe un senso ai recenti impegni a sostegno dei
diritti umani assunti dalle autorita' cinesi", dichiara Amnesty International.
La parola "Tiananmen" e' divenuta il sinonimo della repressione della gioventu',
della speranza, della democrazia, delle liberta' individuali per milioni di
persone di tutto il mondo che hanno assistito alla dura repressione delle
manifestazioni pacifiche per la democrazia a Pechino nel 1989.
Le immagini sono ancora forti -- i fatti e la realta' rimangono immutati.
I bambini sono cresciuti senza genitori, i genitori sono invecchiati senza
i bambini. Molte delle persone coinvolte sono ancora in carcere, e per quelli
uccisi o feriti non ha ancora risposto nessuno. Le persone che sono state
rilasciate sono state strettamente controllate nei movimenti e hanno subito
restrizioni alla loro liberta'.
Amnesty International ha documentato casi di 241 persone imprigionate per il
loro coinvolgimento nelle manifestazioni per la democrazia che culminarono in
Piazza Tiananmen. Il quadro completo e' molto piu' ampio. I dieci casi presentati
nel rapporto illustrano come il movimento democratico in Cina sia stato stroncato
sul nascere.
Nel maggio 1989, il 15enne Liu Xin era uscito nelle strade di Shaoyang per guardare
una manifestazione. Venne successivamente arrestato con l'accusa di "incendio doloso"
e condannato a 15 anni di carcere, per aver fornito dei fiammiferi a qualcuno che
li aveva usati per bruciare un auto. Liu Xin ha respinto l'accusa e ha sostenuto di
essere stato un semplice spettatore. Il suo rilascio e' previsto nel giugno 2004,
all'eta' di 30 anni, dopo aver trascorso meta' della sua vita in carcere.
La storia di Liu Xin e' solo una delle migliaia che dimostrano le ingiustizie commesse
nel 1989. Allo stesso modo, il caso del sindacalista Zhang Shanguang e' uno dei
tanti che dimostrano come la repressione contro i dissidenti politici in Cina sia
continuata con la stessa intensita'.
Zhang Shanguang e' stato incarcerato la prima volta per sette anni nel 1989 per aver
affisso un manifesto che criticava il governo per il massacro del 4 giugno a Pechino.
Venne di nuovo arrestato nel luglio 1998 e accusato di aver rivelato, durante
un'intervista a Radio Free Asia, informazioni segrete su manifestazioni di operai
e contadini. Trascorrera' i prossimi dieci anni in carcere per 'attentato alla
sicurezza di stato', in seguito ad un processo durato due ore e venti minuti.
La repressione del governo e' aumentata con l'approssimarsi dell'anniversario del
4 giugno, e si teme che questa possa aumentare ulteriormente nella prossima settimana.
La polizia ha arrestato attivisti per la democrazia e ha cercato di costringerli a
firmare e a porre le loro impronte digitali su una dichiarazione in cui si impegnano
a non commemorare le vittime del massacro.
Dichiarazioni recenti delle autorita' cinesi avevano dato la speranza -- seppure
fragile -- che non avrebbero represso per sempre il dissenso pacifico. Nel suo
rapporto sul lavoro del governo, il Primo Ministro Zhu Rongji ha recentemente
istruito le forze dell'ordine a non usare "metodi dittatoriali contro il popolo"
in casi di fermenti sociali. Li Ruihuan membro della Commissione Permanente del
Politburo ha inoltre istruito le forze dell'ordine ad ascoltare lo scontento
popolare e ad essere pazienti nell'affrontare le manifestazioni pubbliche.
"Le autorita' stanno cominciando ad accettare che, nel lungo periodo, sia piu'
facile mantenere la stabilita' dando voce al popolo piuttosto che ricorrere alla
repressione", si augura Amnesty International.
"E' passato un decennio, ma le vittime del 1989 non sono state dimenticate. Finche'
queste ingiustizie continueranno, i parenti delle vittime e gli attivisti dei diritti
umani di tutto il mondo, continueranno a chiedere che finiscano", conclude Amnesty
International.