tangentopoli in salsa coreana



Mondo REPORTAGE DALLA COREA DEL SUD
"Corrotti a casa" la rivolta di Seul
"Inqualificabili". Nella lista nera di un importante gruppo civico, 164 nomi di politici corrotti, "indegni" di partecipare alle elezioni di aprile. Una bomba politica. Segue un'altra lista, questa volta stilata dal partito del presidente. La protesta dei cittadini non si fa attendere, si riempiono le piazze. Le quattro settimane che hanno sconvolto la Corea 
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  utto è cominciato all'improvviso la mattina del 10 gennaio, quando in una Seul gelida e ancora assonnata, iniziano a trapelare le prime voci anticipatrici della notizia che di lì a breve avrebbe fatto tremare il mondo politico e scatenato l'inarrestabile reazione popolare dei giorni successivi. E infatti qualche ora più tardi la Citizen's Coalition for Economic Justice (Ccej), corposo gruppo civico per la giustizia economica che abbraccia oltre 450 organizzazioni non governative, pubblica l'elenco con i n
omi di 164 politici "corrotti" definiti "inqualificabili" a partecipare alle prossime elezioni parlamentari di aprile. La lista nera comprende personaggi dal passato discutibile, gente finita in tribunale per oscure vicende di corruzione, politici pizzicati in parlamento per atteggiamenti o linguaggio "volgari", ma anche vecchi sostenitori della destra militare coinvolti nel golpe di Chun Doo Hwan del 1979. "Abbiamo deciso di rendere noti questi nomi all'opinione pubblica non per favorire alcuni candidati a
 discapito di altri, ma per aiutare gli elettori a fare una scelta giusta", spiega il leader della Cce, Lee Suk Hyun, avvocato d'assalto di fede progressista. Ma intanto la bomba è scoppiata, e all'iniziativa senza precedenti di Lee ne seguono subito delle altre. 
Il 24 gennaio, quattro giorni dopo la costituzione del Millennium Democratic Party (Mdp), il nuovo partito del presidente Kim Dae-Jung, anche il gruppo civico Citizen's Coalition for the General Elections (Ccge) pubblica una sua lista di 66 "inqualificabili". Tra questi, alcuni sono esponenti del neonato Mdp, altri provengono dal partito di opposizione Gran National Party (Gnp). Ma su tutti spicca l'ex primo ministro ultra-conservatore Kim Jong Pil, il partner di coalizione del presidente Kim Dae Jung dimes
sosi qualche giorno prima per dedicarsi alla campagna elettorale del suo partito, l'United Liberal Democrats (Uld). Anche Jp (come è chiamato popolarmente l'ex premier per distinguerlo da Dj, il presidente) è accusato di corruzione e per aver avuto un ruolo determinante nel golpe che nel 1961 portò al potere il dittatore Park Chung Hee. 
Al richiamo della foresta contro la cittadella corrotta e apparentemente inespugnabile della politica coreana, rispondono in massa cittadini, sindacati, gruppi religiosi e altri organismi non-governativi impegnati da anni nelle battaglie sociali. Persino l'imbavagliatissima stampa locale comincia a prendere posizione e a uscire allo scoperto, scagliandosi con editoriali di fuoco contro il Palazzo corrotto. Ma nonostante il rimpasto di governo e la nomina di nove nuovi ministri accuratamente scelti dal presi
dente Kim per le loro aperture riformiste e per la sensibilità al welfare, la rabbia dei cittadini non si placa. A calmare la tensione non servono neanche le parole del neo premier Park, che promette "elezioni pulite e trasparenti" e l'inizio di una "nuova era democratica" per la Corea del Sud. 
Ma ormai le parole non bastano più. "Vogliamo politici nuovi, puliti e non corrotti" urlano i cittadini che sfilano nelle strade di Seul e nelle principali città della penisola. Le manifestazioni culminano il 30 gennaio con una lunga marcia al centro della capitale sudcoreana verso la cattedrale di Myondong, da sempre simbolo delle battaglie operaie e studentesche per la democrazia. Gli slogan chiedono "cambiamenti radicali" in politica ma anche nuove scelte economiche e meno potere ai chaebol, i gruppi ind
ustriali e finanziari di proprietà delle grandi famiglie coreane accusati di essere i principali responsabili della disastrosa crisi economica del novembre '97 costata milioni di posti di lavoro. La rivolta dei gruppi civici coincide non a caso con un momento di profonda stanchezza dell'opinione pubblica nei confronti della classe politica. L'ottanta per cento dei coreani intervistati da un recente sondaggio, condivide la lotta dei gruppi civici e dice che non voterà per i politici inclusi nelle liste nere.
 
A uscire con le ossa rotte da tutta la vicenda è però soprattutto la coalizione di Kim Dae Jung e Kim Jong Pil. I due anziani politici, avversari dai tempi della dittatura e nemici di lunga data, sono troppo diversi per tenere ancora insieme una alleanza nata nel '97 con scopi puramente elettorali: Jp non è solo un ultra-conservatore lontano anni luce dal presidente, ma ha fatto anche parte del regime militare che perseguitò l'allora ancora giovane dissidente Kim Dae-Jung accusandolo di essere un pericoloso
 comunista filo-nordcoreano. 

La sfida di Kim Dae-Jung
Viene chiamato il presidente dal partito facile, perché negli ultimi dieci anni ne ha fondati addirittura sei. L'ultimo, l'Mdp, è stato il frutto di un vecchio progetto e di tutta una vita. Il sogno nel cassetto del "super partito" progressista e riformatore che avrebbe sostituito il più tiepido National Congress for New Politics (Ncnp) con cui Kim Dae-Jung è riuscito a strappare la presidenza nel '97. L'Mdp nasce con gli stessi slogan e ha gli stessi programmi dei gruppi civici: lotta ai politici corrotti,
 riforme politiche, attenzione alle classi meno privilegiate, pace nella penisola. Una comunanza di ideali che ha destato sospetti e infastidito l'opposizione al punto che l'ex premier è arrivato ad accusare il presidente di essere il grande ispiratore delle Ong. 
Una cosa è certa. Anche se Kim Dae-jung è in lega con i gruppi civici, la sua nuova creatura politica non ha però suscitato le stesse simpatie: secondo un sondaggio del quotidiano Chosun Ilbo la popolarità del partito dominante è addirittura scesa dal 41,2 per cento di due anni fa al 21 per cento di oggi. C'è chi attribuisce il calo di consensi al proverbiale conservatorismo dei coreani, spaventati - si dice - dalla chiara posizione di centro-sinistra del presidente e dai suoi frequenti richiami alla riunif
icazione con la Corea del Nord. Un calo che, secondo altri, è invece una conseguenza dell'insofferenza popolare nei confronti dei politici dopo le gravi difficoltà subite con la crisi economica. Ma che è comunque inspiegabile se si considera la eccellente ripresa dell'economia: tornata nel '99 a registrare un prodotto interno lordo del 10 per cento, e destinata secondo gli esperti a mantenere un ottimo 7 per cento anche nel 2000. 

Organizzazioni non governative
Se c'è una cosa che proprio non manca in Sudcorea sono le Ong, le organizzazioni non governative. Se ne contano quasi settantamila, tutte regolarmente registrate. Le più grandi e anche le più attive sono le due Ong che hanno lanciato la bomba contro i politici corrotti. Ma tra la miriade di gruppi e gruppetti un'ottima postazione è occupata anche dalla People's Solidarity for Participatory Democracy (Pspd), impegnata nelle battaglie in favore dei diritti dei piccoli azionisti contro i chaebol. A questa si a
ffiancano i numerosi gruppi ambientalisti che si battono contro la cementificazione selvaggia dei grandi costruttori locali, e le centrali nucleari. E quelli impegnati sul fronte dell'abrogazione del famigerato articolo 87 della Legge Elettorale, che restringe la partecipazione alla campagna elettorale solo ai candidati e ai loro partiti escludendo i gruppi civici. 
Le Ong di oggi sono le figlie naturali dei movimenti underground degli studenti radicali che vent'anni fa lottavano contro il regime militare di Chun Doo Hwan. Quella generazione del "386" (dove 3 sta per trentenni, 8 si riferisce agli anni Ottanta quando frequentavano l'universit… e 6 agli anni Sessanta quando sono nati) che oggi occupa posti dirigenziali nella societ… coreana e ha ripreso a lottare accanto ai gruppi civici in nome delle vecchie cause di un tempo.
 


PIER LUIGI GIACOMONI
rhenus at libero.it

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