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L'AFRICA E IL G8 AD EVIAN



<http://www.chiamafrica.it>

2 giugno 2003

L'AFRICA E IL G8 AD EVIAN
E' ora di rivedere le regole del commercio, invece di lanciare vane promesse
di Abdoulaye Bah
abkodo@yahoo.com

Il G8 che si riunisce in Francia in questi giorni ha promesso che l'Africa
sarà al centro dei suoi lavori. Speriamo che tra i risultati di questo
improvviso rinnovo d'interesse per il continente ci sarà anche l'abolizione
delle sovvenzioni agricole ai propri produttori; altrimenti saranno solo
parole e promesse senza alcun valore.

Ogni anno i paesi dell'OCSE spendono 311 miliardi di Euro in sussidi
agricoli. La Farm Bill americana (legge finanziaria sull'agricoltura)
approvata nel 2002 distribuisce sovvenzioni agricole di 180 miliardi di
dollari. Le barriere tariffarie o di altro tipo e le sovvenzioni alla
produzione o all'export, rovinano i produttori dei paesi più poveri.
Gli aiuti agli agricoltori dei paesi ricchi aumentano in proporzione alla
quantità dei prodotti; perciò più l'impresa è grande più riceve
sovvenzioni. Inoltre le sovvenzioni, prelevate dalle tasse dei cittadini,
tagliano l'erba sotto i piedi degli agricoltori dei paesi africani, mentre
per altri prodotti come la carne, lo zucchero e le fibre tessili, essi
provocano una eccedenza di produzione che si pone sui mercati
internazionali in concorrenza con l'offerta proveniente dagli stati
africani e da altri paesi in via di sviluppo. Purtroppo le sovvenzioni non
servono neanche a ridurre i prezzi per i consumatori dei paesi ricchi. La
tattica di pagare i prodotti tropicali primari a poco, facendo aumentare i
prezzi dei prodotti lavorati a ogni tappa nel processo di trasformazione,
va soltanto a beneficio delle grosse industrie. I prodotti africani più
colpiti da questi rincari sono il cacao, il caffè e il cotone.

I danni maggiori riguardano la produzione e nella commercializzazione del
cotone. Dal raggiungimento della loro indipendenza, solo in pochi settori
economici i paesi africani hanno raggiunto un primato sul resto del mondo;
tra questi c'è la produzione del cotone. I paesi dell'Africa occidentale e
centrale producono il 16 per cento del cotone commercializzato sul pianeta.
La qualità è una delle migliori e il costo alla produzione il più basso del
mondo. Nel Senegal, nonostante una terribile siccità, la produzione è
aumentata nel 2001/2002 del 165 per cento e il rendimento per ettaro del 63
per cento. Migliaia di piccoli contadini traggono il loro reddito dalla
produzione di questa fibra. Infatti il cotone è prodotto da cooperative o
associazioni di piccoli produttori e non dalle grandi multinazionali
contrariamente a quanto avviene per altri prodotti agricoli e sotto altri
cieli.

Le sovvenzioni agricole degli Stati Uniti, in particolare, causano forti
distorsioni sul mercato internazionale. Esse rappresentano più di tre volte
l'ammontare degli aiuti degli USA a tutta l'Africa. Nel 2001, secondo la
OXFAM, una ONG inglese, le sovvenzioni ricevute da un solo produttore, la
US Tyler Farms, sono state pari a sei milioni di dollari; ciò equivale al
reddito cumulato di 25 000 agricoltori del Mali. Le sovvenzioni annue
dirette per un ettaro di cotone negli Stati Uniti (460 dollari) sono
superiori al reddito pro capite di molti africani. Se si applicasse
veramente il principio "no aid but fair trade", il prezzo pagato al
produttore di molti prodotti agricoli aumenterebbe di oltre il 30 per
cento, secondo uno studio della Banca mondiale.

Oltre alle sovvenzioni, i fondi speculativi americani fanno salire e
scendere i prezzi secondo i loro interessi. In queste settimane hanno
trovato un nuovo alleato anche nella polmonite atipica. La malattia ha
causato un forte rallentamento delle attività economiche in Cina, che è il
più grosso importatore mondiale di cotone. Gli industriali tessili cinesi
hanno dovuto anche annullare alcune commesse fatte sul mercato
internazionale. I traders americani che avevano già speculato sul prezzo
del cotone facendolo rialzare in pochi mesi da 46 a 61 centesimi la libbra,
hanno bruscamente smesso di comperare, facendo precipitare il prezzo fino a
52 centesimi in un paio di settimane. I paesi africani subiscono queste
operazioni speculative, impotenti.
Queste distorsioni hanno provocato il dimezzamento del prezzo del cotone
dalla metà degli anni '90, una perdita per i paesi africani che ne sono
produttori pari a 300 milioni di dollari ogni anno. Si calcola che con un
commercio più equo, in cui giochino soltanto le leggi di mercato, tanto
care all'Occidente, si avrebbe un rialzo del 25 per cento del prezzo del
cotone sul mercato internazionale e un miglioramento delle condizioni di
vita di milioni di Africani. Oltretutto un tale miglioramento frenerebbe
anche l'esodo rurale all'interno di ogni paese e il flusso delle
migrazioni, in particolare verso l'Occidente.

In vista della Conferenza ministeriale dell'OMC di settembre a Cancun, in
Messico, quattro dei paesi più poveri del mondo (Benin, Burkina Faso, Mali
e Ciad) hanno scritto insieme una lettera, anche a nome degli altri paesi
africani produttori di cotone, per chiedere ai membri di questa
organizzazione di sospendere le sovvenzioni sul cotone. Richiedono anche di
essere compensati per le perdite subite a causa delle sovvenzioni. Invece
di fare promesse che non saranno mantenute, i capi di stato del G8
dovrebbero dare una risposta positiva a questa richiesta. Finchè non si
decideranno a praticare ciò che professano nel sistema degli scambi
internazionali e a favorire l'ingresso dei prodotti anche industriali sui
loro mercati, le varie misure di alleggerimento del debito e di altra
natura non saranno che propaganda per mettere del fumo negli occhi della
loro opinione pubblica.
http://www.cipsi.it/africa/dettagli.asp?ID=495&tipo=1