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----- Original Message -----
From: Daniele Barbieri - Carta <pkdick@fastmail.it>
To: <africa@peacelink.it>
Sent: Saturday, September 14, 2002 7:09 PM
Subject: Joseph Ki Zerbo


> "L'ESTRANEO E' UN DONO DEL CIELO"
> Appunti sulla storia dell'Africa e dell'umanità
> dall'incontro con Joseph Ki Zerbo - Roma, 11 settembre 2002
>
> Spero che dopo che avrò parlato non sarò più uno straniero e avrò dato e
> ricevuto qualche cosa.
>
> Mi piace considerare l'Africa come un discorso, perché questo mi ricorda
la
> forza, l'energia, la ricchezza che sono nella parola creatrice, nel verbo.
E
> se l'Africa è come un discorso che è stato scritto dai nostri antenati,
> dobbiamo sapere che la storia non è terminata, che il discorso va
> proseguito.
>
> Ho avuto la fortuna di studiare il latino: Cicerone, Sallustio, Tacito?
> Eppure mi rendo conto che ciò che è importante non è quello che abbiamo
> imparato in latino, ma ciò che abbiamo dimenticato in africano. Dobbiamo
> considerare la storia autoctona, non quella che ci hanno imposto da fuori.
>
> Ciò che contraddistingue l'uomo dagli altri animali non è tanto il
presente,
> quanto le altre due dimensioni della storia, cioè il passato e il futuro.
La
> storia, infatti, non è soltanto il passato; essa è come un motore a tre
> tempi: il tempo del presente non è abbastanza significativo, qualificante,
> indicatore dell'umanità. Gli animali sono molto concentrati sul presente.
> Per esempio il fatto che alcuni quadrupedi abbiano la testa rivolta verso
il
> suolo indica l'importanza che ha per loro il presente del qui ed ora.
>
> Un momento decisivo nella storia dell'umanità fu quello in cui l'uomo
> assunse la posizione eretta, e ciò è avvenuto in Africa. Questa tappa
> dell'evoluzione è considerata come un inizio di liberazione dell'uomo.
> Infatti prima di allora l'uomo era costretto a dedicarsi completamente al
> presente. Ma dal momento in cui ha assunto la posizione eretta ha potuto
> finalmente utilizzare le sue mani, e attraverso di esse iniziare la sua
> civilizzazione. Nel frattempo la parte inferiore del cranio ha assunto
> dimensioni più piccole dando spazio all'encefalo, che si è accresciuto, ed
> egli ha imparato a guardare altrettanto bene davanti e dietro di sé, cioè
a
> contemplare il suo passato e a prevedere il suo avvenire.
>
> Gli avvenimenti che conosciamo, confermati dalla recente scoperta in Ciad
di
> un cranio risalente a 7 milioni di anni fa, ci dicono che la storia è
> iniziata in Africa ben prima che in altri continenti.
>
> Non dobbiamo studiare la storia per contemplare il passato, bensì per
> incontrare noi stessi. Il processo evolutivo è una parte essenziale della
> nostra identità e se recuperiamo la storia lo facciamo anche per i nostri
> posteri, per i nostri discendenti, per i nostri nipoti.
>
> Questa storia non è di nostra proprietà, è di proprietà del mondo. Essa è
in
> accordo con la concezione africana della proprietà, che non è fondata
> soltanto sulla dimensione del presente, ma evoca gli antenati - per
esempio
> con la concezione della terra che appartiene agli avi - e contempla ancora
> di più i discendenti, i figli, ai quali viene trasmessa.
>
> Io penso che ciò che ci interessa oggi della storia è proprio questa
> capacità di reinvestire il passato nel presente e nell'avvenire. Non per
> riprodurre la storia in maniera meccanica e robotica, non per dare vita a
> dei cloni delle società africane di un tempo, ma per fondarci
credibilmente
> sulle nostre proprie radici, senza esserne schiavi.
>
> Ho appena terminato di scrivere un saggio dal titolo "Storia critica
> dell'Africa nera" - inserito nell'opera più vasta "Storia critica
> dell'umanità" - il cui scopo è quello di determinare i periodi di rottura
e
> i periodi di ascesa della storia africana.
>
> Non vogliamo coltivare la recriminazione e l'odio, ma rifondarci e
ritrovare
> la nostra identità.
>
> Nella storia africana - come in quella europea - ci sono stati dei periodi
> di ascesa e di sviluppo, così come periodi di decadenza, a volte
infernale.
> Ma questi periodi di rottura erano i nostri.
> Per centinaia di migliaia di anni, fino al XV secolo, l'Africa - anche
> quella sahariana - si è evoluta, tanto da essere alla pari con le civiltà
di
> altri continenti, o addirittura alla loro testa.
>
> Il termine "preistoria", inventato dai miei colleghi europei, non è
esatto.
> Io non lo accetto. Esso si basa sul presupposto che fino a che un fatto
non
> è riportato per iscritto esso non può essere considerato come un fatto
> storico, ma preistorico. Io preferisco definirlo protostorico.  Dal
momento
> in cui c?è l'uomo c'è storia. Non c'è motivo per considerare preistoria il
> momento in cui l'umanità ha inventato la parola, l'arte, la religione,
> l'agricoltura. E' ridicolo. Dovremmo dire che tutti i popoli che ancora
oggi
> sono analfabeti e che non hanno una cultura scritta sono dei popoli
> preistorici, e questo non ha senso.
>
> In Africa ha dunque avuto inizio la storia dell'umanità, che è poi
> proseguita nell'antico Egitto, nella cui civiltà ritroviamo molti elementi
> religiosi e della struttura sociale propri dell'Africa nera. L'Africa ha
> continuato a svilupparsi fino al XIV-XV secolo. In questo periodo alcuni
> grandi imperi africani potevano rivaleggiare con l'Europa.
> Le statistiche dimostrano che le capitali dell'impero del Mali e del Ghana
> erano più popolate di quanto lo fosse Londra nello stesso periodo. Ho
> condotto personalmente una ricerca sulla densità della popolazione
> scolastica in quei tempi nella regione: tra i cittadini liberi
> l'insegnamento primario era più diffuso di quanto non lo fosse in Europa
> nello stesso periodo. Vi invito di approfondire questo argomento nella mia
> "Storia dell?Africa nera".
> Non è per non parlare degli orrori, ma in Africa esistevano molti fattori
> positivi di sviluppo in ogni campo, anche in quello del diritto. Possiamo
> per esempio citare un motto che esprime uno dei fondamenti del diritto
> pubblico di quel tempo: non è il re che ha la sovranità, ma è la sovranità
> che ha il re. Ciò significa che ci sono delle norme superiori che si
> impongono a tutta la comunità, a cominciare dal principale responsabile,
che
> è appunto il sovrano.
> C'erano inoltre dei sistemi di riproduzione sociale, per la formazione e
la
> trasformazione delle società ed esistevano dei veri e propri istituti per
la
> formazione specifica,  per esempio dei griot, coloro i quali avevano
> l'incarico di tramandare la memoria storica.
> I miei ascoltatori si stupiscono sempre quando racconto che l'inno
nazionale
> del Mali di oggi è un antico canto del XIII secolo intonato dalla madre di
> Sundiata, un ragazzo handicappato. Per riscattare l'onore della madre,
> derisa dalle altre donne del villaggio, Sundiata si ripropose di drizzarsi
e
> di camminare correttamente e quando riuscì a farlo, sorreggendosi al
bastone
> che la madre gli aveva donato, ella intonò un canto, che oggi, dopo sette
> secoli, è ancora importantissimo, tanto da essere l'inno nazionale del
Mali.
> Si tratta di una narrazione in cui il mito si unisce alla storia.
>
> Anche l'Africa dunque ha avuto l'idea di reinvestire il passato nel
presente
> per il futuro.
>
> Personalmente ho la sensazione che una delle cause interne del
rallentamento
> dello sviluppo in Africa sia da ricercarsi nella disponibilità di spazi
> immensi; quando all'interno delle società nascevano dei contrasti essi
> venivano risolti con la partenza di coloro che erano in minoranza. Questa
> soluzione era favorita dalla certezza che dovunque fossero andati
avrebbero
> trovato una terra e che avrebbero avuto diritto al territorio su cui si
> fossero insediati. Tutti gli "stranieri" che arrivavano avevano diritto al
> suolo, poiché non esisteva il concetto di "proprietà privata". La terra
era
> una proprietà collettiva a disposizione degli autoctoni e degli stranieri.
> Dunque i conflitti non venivano risolti con la guerra, ma in maniera
> "orizzontale", attraverso l'allontanamento di una parte della comunità e
> delle ragioni del contrasto.
> Al contrario, nella Valle del Nilo e nell'antico Egitto lo spazio era
> limitato; qui le contraddizioni non potevano essere risolte sfruttando le
> terre circostanti, ma solo attraverso la guerra, o attraverso le
innovazioni
> tecnologiche, o ancora attraverso la riorganizzazione sociale. Si è così
> passati ad un livello di società superiore a causa dei conflitti e
> attraverso i conflitti.
>
> I conflitti africani interni all'Africa sono sempre stati risolti dagli
> africani stessi e hanno portato alla configurazione di grandi realtà
sociali
> e politiche come l'Impero del Mali o l'Impero del Ghana, così come sono
> descritti dagli scrittori arabi o dagli stessi scrittori africani del XV,
> XVI e XVII secolo.
> Alcune carte geografiche europee del tempo mostrano l'imperatore del Mali
> seduto su un trono, con la dicitura "Re del Mali", a testimonianza del
fatto
> che esso veniva considerato alla pari di un qualsiasi altro sovrano.
> L'imperatore del Mali e in seguito quello del Ghana andando in
> pellegrinaggio alla Mecca portavano con sé tonnellate di oro, tanto da
> influenzare il prezzo del prezioso metallo in tutta la regione. Il re del
> Ghana era considerato il "re dell?oro". Si trattava dunque di una regione
> molto sviluppata dal punto di vista economico, dove si producevano anche
> merci con valore aggiunto, come tessuti, oggetti metallici, vetro. In
alcune
> importanti città, ad esempio della Nigeria, si produceva così tanto che
> l'intera regione fu soprannominata la "Bisanzio nera".
> Quando i primi Portoghesi arrivarono in Congo, essi rimasero talmente
> impressionati al cospetto del re che lo salutarono e gli resero omaggio
come
> se si trattasse del proprio re.
>
> Sono solito dire che l'incontro tra Africa ed Europa fu un incontro
> storicamente mancato, perché le cose potevano andare ben diversamente.
> Quando il re congolese Alfonso chiese dei tecnici europei per
l'educazione,
> le infrastrutture, le costruzioni, ci si è rifiutati di inviarglieli. Lui
> desiderava importare dall'Europa ciò che avrebbe potuto migliorare la
> situazione del suo regno, ma gli è stato rifiutato qualsiasi aiuto, perché
> in quel periodo iniziava la tratta degli schiavi.
> Re Alfonso si era convertito al Cristianesimo ed era molto rispettoso dei
> principi della religione cattolica, che faceva osservare anche con la
forza;
> aveva favorito la distruzione degli oggetti di culto e delle scritture
> legate alle tradizioni degli antenati. Ma malgrado tutto egli non si è
> meritato la fiducia di coloro che lo avevano convertito, al punto che essi
> tentarono di ucciderlo durante la celebrazione di una messa pasquale,
perché
> i negrieri lo volevano.
> Lo stesso Vasco De Gama commise molte atrocità, organizzò e diresse non
> pochi massacri, alla pari dei conquistatori del continente americano,
perché
> voleva a tutti i costi impedire agli arabi di dominare l'Oceano Indiano.
>
> L'Africa non ha potuto costruire la sua storia beneficiando di un dialogo
> autentico con l'Europa, un dialogo che favorisse una vera civilizzazione.
>
> I progressi civili tecnici e materiali dell'Europa erano nettamente
> superiori, e l'Europa ne ha approfittato per molto tempo, al pari di
quanto
> ha fatto con altri continenti.
> L'Europa ha ricevuto molto da ogni parte del mondo: dall'Africa; dal Medio
> Oriente, che ha rappresentato l'anello di congiunzione tra la cultura
> greco-romana e l'Europa occidentale (molti testi greci arrivarono infatti
in
> occidente proprio grazie agli arabi); dall'Estremo Oriente, con i cinesi,
> dai quali hanno preso la polvere da sparo. Questa e  altre invenzioni sono
> state condotte in Europa, dove gli europei vi hanno aggiunto la loro
> creatività. Così si è arrivati all'invenzione delle armi da fuoco, che in
> Africa hanno fatto la differenza, anche se il continente era gia ridotto
> alla sottomissione a causa della schiavitù.
>
> I quattro secoli di tratta degli schiavi hanno letteralmente bloccato
> l'Africa, ma hanno fatto meno danni di quanti ne ha fatti un secolo di
> colonizzazione, sia perché a quel punto gli europei disponevano di mezzi
> tecnicamente troppo superiori, sia perché si trattò di una vera e propria
> sostituzione della civilizzazione africana da parte di quella europea, in
> tutti i campi, religioso, politico, culturale. La tratta degli schiavi
> rappresentò una profonda ferita nel corpo dell'Africa, ma il
condizionamento
> fu più marginale, e il sistema africano restò strutturato secondo la
propria
> tradizione.
> Durante la colonizzazione invece l'Africa smise di vivere e di produrre
per
> se stessa, e il concetto di sviluppo endogeno fu completamente abolito. Ha
> servito gli altri invece di servire se stessa, in vista di un cambiamento
o
> di un'evoluzione, che avrebbero potuto compiersi, nel bene o nel male, e
che
> le furono impediti, almeno fino alle lotte di liberazione, negli anni
> Sessanta. Le indipendenze furono in buona parte delle false "liberazioni";
> il neocolonialismo ha infatti sostituito il colonialismo, e ancora oggi
non
> possiamo dire che il colonialismo è stato sradicato in Africa.
>
> Non voglio terminare in un'ottica afropessimista.
>
> L'Europa ha portato molti elementi positivi: la scienza, la religione, la
> coscientizzazione, le lingue, attraverso le quali possiamo attingere
> all'enorme ricchezza culturale e intellettuale a livello mondiale. Tutto
> questo pesa in modo positivo sul piatto della bilancia. Ma quello che noi
> avvertiamo ancora oggi è che per la massa della popolazione - non per i
> privilegiati che hanno potuto emergere, per gli intellettuali, come me,
che
> hanno potuto beneficiare di questa eredità positiva  - ma per la
stragrande
> maggioranza della gente, la bilancia continua a pendere dalla parte
> negativa.
>
>
> Joseph Ki Zerbo, 11 settembre 2002
>
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>