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Diario dal Centrafrica - dal 1 giugno al 18 giugno 2001




>Paoua, dal 1 giugno al 18 giugno 2001
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>I messaggi radio fra di noi diventano inquietanti. I nostri colleghi a 
>Bangui sono sempre tappati in casa e sentono colpi d’arma da fuoco 
>giorno e notte. Ci avvertono che dobbiamo restare il più possibile in 
>contatto e di essere pronti ad ogni eventualità. L’aeroporto 
>internazionale è stato chiuso, le attività della città paralizzate, 
>viene dichiarata la legge marziale e stabilito il coprifuoco. Con 
>quasi tutte le località dei progetti, ci chiamiamo via radio ogni ora 
>per sapere se stiamo bene, se la nostra situazione locale è tranquilla 
>e sentire se ci sono notizie dei nostri da Bangui. Teniamo comunque 
>sempre le auto col serbatoio pieno e pronte a dirigersi verso il 
>confine piu vicino. Io sono l’unica che ha la possibilità di tenere la 
>radio accesa tutto il giorno, così continuo fare da punto di 
>riferimento tra tutti. Luca, che mi parla dal Congo, una località al 
>confine con il nostro paese, mi dice di vedere i movimenti di truppe 
>che si spostano al nord e, qualche giorno dopo, dei cadaveri che 
>cominciano a passare sul fiume. Due aerei libici pieni di militari 
>sono atterrati a Bangui in aiuto al governo, truppe congolesi 
>attraversano il fiume per rafforzare l’esercito, ma altre truppe, 
>sempre congolesi, ma antigovernative, arrivano per arafforzare l’altra 
>fazione. Un generale congolese comincia a bombardare i quartieri sud 
>della città, in mano ai ribelli. Migliaia di civili, nonstante il 
>coprifuoco, abbandonano le loro abitazioni nelle zone calde e scappano 
>verso il Congo attraverso la foresta tropicale, in pochi giorni 
>diventeranno ottantamila. Il Presidente Patassé mette una taglia di 
>25milioni di franchi centrafricani (come 75.000.000di lire) sul 
>Generale Kolingba, vivo o morto. Continuano i combattimenti in città 
>che si estendono anche ad altri quartieri.
>
>A Paoua da martedì 30 maggio per prudenza non usciamo più con le auto 
>nei villaggi, ma continuiamo a lavorare in ufficio, che è dentro la 
>concessione. Cominciano a circolare delle voci, ma non ci facciamo 
>caso perchè verifichiamo che spesso sono infondate. Si dice che 
>insieme al generale dello Stato maggiore Governativo ne siano morti 
>atri due, tra cui il Generale Kolingba, che poi il giorno dopo fa la 
>dichiarazione a RFI. Si dice che nel villaggio d’origine del generale 
>abbattito dai ribelli il suo gruppo etnico voglia organizzarsi in 
>rappresaglie vendicative, si dice che il nostro Sottoprefetto, della 
>stessa etnia di Kolingba, sia stato minacciato e malmenato nottetempo 
>nella sua casa, ma sappiamo che non è vero perchè lo abbiamo visto con 
>i nostri stessi occhi e ci è perfino venuto a salutare. Una delle 
>suore che incontro la mercato mi dice però di stare attenta, perchè 
>loro che sono qui da tanrti anni conoscono la mentalità del posto , e 
>nelle voci che circolano c’è sempre qualcosa di vero, che potrebbe 
>davvero scatenarsi una guerra etnica per vendicare il generale ucciso. 
>Le suore sono preoccupate perchè hanno tre consorelle che sarebbero 
>dovute tornare da Bangui proprio il lunedì 28 maggio e sono rimaste 
>bloccate in città in un centro di accoglienza della missione molto 
>vicino ai quartieri bombardati.
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>FOLLIA FRA LA GENTE DI PAOUA
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>A Paoua ci sentiamo al sicuro, fino a quando comincia a scatenarsi la 
>follia.
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>Sabato mattina, due giugno, ho ricevuto come una frustata la notizia 
>dell’assassinio del Sottoprefetto, lo stesso nella cui casa avevo 
>trascorso la domenica di festa solo qualche giorno prima. L’azione si 
>è svolta di notte, alla stessa ora del tentativo di colpo di stato, 
>all’una del mattino, noi siamo gli unici alla concessione a non aver 
>sentito lo sparo, coperto probabilmente dal rumore continuo dei 
>generatori. Un banda di oltre quindici uomini lo ha cercato prima 
>nella sua residenza ufficiale, poi a casa della seconda moglie, dove 
>si trovava. La donna è stata portata poco lontano, ha sentito gli 
>spari che venivano dalla casa, prima di essere malmenata, minacciata 
>con un fucile e abbandonata nella polvere quando, al suono di un 
>fischo di richiamo, la squadra si è dileguata. Il sottoprefetto è 
>morto per un colpo di pistola al petto, sparato a gruciapelo. Pare che 
>fosse colpevole, per prima cosa di appartenere alla stessa etnia di 
>Kolingba, di avere negato l’autorizzazione di una manifestazione di 
>protesta per la morte del Generale del posto, di cui si era 
>sicuramente compiaciuto, visto che lo stesso giorno era stato visto 
>seduto in un bar a bere una birra in compagnia, segno che stava 
>festeggiando. La verità è che, per quel poco che ho avuto modo di 
>frequentarlo, il sottoprefetto era un persona intelligente, al di 
>fuori dalle faide del partito, a volte con posizioni critiche, con il 
>quale si poteva intrattenere qualsiasi tipo di conversazione, un 
>onesto e intelligente funzionario pubblico estraneo ad ogni 
>meschinità. Non aveva autorizzato la manifestazione per evitare che 
>gli animi si scaldassero troppo esaltando una morte che oramai era 
>irreparabile ed aveva sicuramente voluto salvarne altre, sapendo 
>quello che si sarebbe potuto scatenare. Durante tutta la giornata di 
>sabato, ancora storditi dell’assassinio illustre, veniamo a sapere che 
>il Presidente del tribunale è scappato, così come il dorettore delle 
>imposte, e tanti altri presenti alla festa della domenica. Tutti erano 
>stati minacciati di essere fatti fuori perchè di etnie diverse da 
>quella predominante a Paoua, di cui fa parte il Presidente Patassè. 
>Cominciano le notti insonni, tutti quelli che lavorano a Paoua e sono 
>originari di altre zone vengono minacciate e chi non ha modo di 
>fuggire, cerca di non dormire nella propria casa. Ritorna a galla per 
>il nostro progetto DROP la faccenda delle difficoltà iniziali nella 
>selezione degli animatori, così viene fuori che siccome solo uno su 
>quattro di quelli assunti è del posto, gli altri rischiano di essere 
>fatti fuori e vengono minacciati, sia direttamente che attraverso 
>intermediari. Gira voce che sia stata stilata una lista dei condannati 
>e che ne facciano parte anche il Preside del Liceo, il Medico 
>Prefettorale, fra l’altro unico medico di tutta la sottoprefettura, e 
>tanti altri funzionari pubblici o dipendenti dei progetti di sviluppo.
>
>Inizia a scatenarsi il terrore e nessuno dorme più. Neanche noi, anche 
>se tutti ci dicono che come espatriati non risciamo nulla perchè sono 
>regolameti di conti interni. Viene chiamato il Prefetto da Bozoum per 
>parlare alla popolazione, viene riunita tutta la cittadinanza e il suo 
>discorso cerca di fare leva propio sul patriottismo, spiegando che 
>tale comportamento che porta solo al caos nella provincia, giova solo 
>al nemico, in una situazione ancora critica nella capitale. Parla per 
>ore, e il sui discorso sembra essere convincente, ma dopo la sua 
>partenza ricominciano le voci e le paure. Noi alla concessione 
>cominciamo a preoccuparci e ci chiediamo seriamente se non è il caso 
>di andare via e cominciamo a fare i bagagli. La sera prima di andare a 
>letto mi rileggo tutte le istruzioni e le raccomandazioni in caso di 
>evacuazione ed anche io dormo poco, attenta a qualunque rumore e 
>selezionando le cose più importanti da portare dietro. Spero sempre di 
>non essere cosretta a partire ma mi rassegno a prepararmi 
>all’eventualità. Ed è così che nelle notti insonni, facendo 
>l’inventario delle scorte alimentari trasportabili. con della farina 
>rimasta faccio dei biscotti, utili per il viaggio, e con le melanzane 
>del generoso alberello preparo ben quattro vasetti di melanzane 
>sott’olio, scottate nell’aceto e condite con aglio e basilico. Il 
>problema è che il primo piano di evacuazione per noi da questa zona 
>prevede la via del Chiad, a cui siamo vicini, ma in questo momento è 
>da escludere a causa della stessa situazione politica di quel paese, 
>così non ci resta che il Camerum. Se siamo ancora quì è perchè non è 
>ancora garantita nel paese la libera circolazione delle persone e, 
>anche se noi non siamo obiettivo politico, in questo momento, potremmo 
>però essere assaliti solo per il sequestro dell’automobile e del denaro.
>
>Giovedì 7 giugno preoccupata per il morale degli animatori, ho chiesto 
>udienza al Sindaco, quel donnone simpatico di cui mi pare di aver già 
>parlato. Le ho detto che non potevo continuare a lavorare così, con il 
>personale terrorizzato, che non poteva dormire nella propria casa. Le 
>ho ricordato anche se non nativi del posto, come lei stessa sapeva, 
>lavoravano con coscenza e professionalità e soprattutto nell’interesse 
>della popolazione locale, avendone come ricompensa solo ingratitudine. 
>Vengo così a sapere che persino lei, non solo del posto e dell’etnia 
>del Presidente, ma da lui stesso nominata, ha paura, e come tutti , 
>dorme ogni sera in case diverse per paura di essere uccisa.
>
>La tensione è stata forte ed è durata una decina di giorni, ora sembra 
>tutto aver ripreso il ritmo normale e domani partirò per Bangui, dove 
>sembra ormai ristabilito l’ordine e potrò finalemete inviarvi questo 
>lungo messaggio.