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diario dal Centrafrica - 22 aprile
Date: Mon, 07 May 2001 23:05:50 +0200
Paoua 22 Aprile 2001
Prime piogge, fine della raccolta del cotone, il paesaggio che si colora
rapidamente di verde, i manghi maturi che cadono dagli alberi, le uscite
giornaliere con gli animatori per le attività sul terreno che ormai sono
cominciate a pieno ritmo, i bambini nelle scuole superaffollate, al caldo
degli edifici coloniali diroccati, sotto tettoie di paglia o all'aperto,
semplicemente sotto un albero. L'intensità esagerata della luce, la polvere
sollevata a mulinelli dal vento, la temperatura sempre sopra i quaranta
gradi, i maestri senza stipendio ma comunque a scuola, le riunioni nei
villaggi spesso col sottofondo dei chiassosi mercati settimanali. Il
computer rotto che mi impedisce di scrivere e le interruzioni di fornitura
elettrica e linea telefonica a causa dei temporali durante gli ultimi
viaggi a Bangui (motivo del mio silenzio).
La partenza di Elisabetta, il radicchio ed il basilico del mio orto, le
cene a base di pasta al pesto fatto con i semi di zucca e di sesamo. Il
tempo scandito anche dal trasferimento un un altra casa, da piccole
riparazioni necessarie, compresa la caccia alle api che hanno installato
due alveari nel sottotetto e cominciano ad entrare nelle stanze.
L'operazione, non meno folclorostica di quella dei pipistrelli e civette,
ma quasta volta in atmosfera notturna, con fiaccole, torcie e quattro
bombolette di insetticida " Rambo ", che finisce con la spartizione del
miele, davvero buono, chiaro, che ricorda quello tipo " Mille fiori ".
Le guerre dei M'Bororo e la donna che non può più venire a venderci il
latte perchè ha perso tutti i suoi averi. Storie di miseria, disperazione,
case bruciate, guerre con archi e freccie, visite di ministri e riunioni
con Prefetto e Sottoprefetto.
Le prime piogge che allontanano la meningite, l'epidemia che sembra
assopirsi, almeno fino alla prossima stagione secca. L'arrivo a Paoua di
una missione ufficiale di M.S.F. per studiare la situazione e preparare un
piano di intervento preventivo prima dei morti della prossima stagione.
E&&..tanti avvenimenti, nelle ultime settimane in cui il lavoro è diventato
per me ancora più accelerato, intenso e faticoso, ma ogni giorno più
interessante. Mentre il tempo mi scorre addosso così veloce, che mi ha
sorpreso il passaggio del mio cinquantunesimo compleanno che non ho avuto
nemmeno il tempo di festeggiare simbolicamente. In compenso non ho affatto
sentito la mancanza delle uova di cioccolato e delle colombe farcite della
vostra Pasqua. Questi i temi, ed ora via ai racconti, approfittando di
questa calma e calda domenica che ho passato interamente in ufficio e
dell'opportunità offertami di inviare questo messaggio direttamente da
Paoua attraverso un satellitare.
PIOGGE
Anche se tutti dicono che le vere piogge devono ancora arrivare, ho
cominciato a farne la conoscenza.
Arrivano all'improvviso, la sera sul tardi o la notte, con forti raffiche
di vento e acqua che soffiando in tutte le direzioni provocano un vero e
proprio bombardamento di rami secchi e tronchi. I manghi, che cadendo
violentemente dall'alto dei grandi alberi sui tetti di lamiera fanno un
fracasso infernale e formano poi sul terreno un vero e proprio tappeto di
palle giallastre. Con la stessa rapidità e violenza con cui arriva, il
temporale finisce, lasciando la natura esterrefatta e ferita. La calma
improvvisa che ne deriva ci lascia come disorientati e la frescura dalla
pioggia dura poco, sostituita rapidamente dal caldo spietato di sempre che
ritorna accompagnato da ogni tipo di insetti. In questi momenti possiamo
meglio apprezzare le zanzariere alle finestre e sulla veranda davanti alla
casa e persino divertici ad osservare grosse termiti, scarabei, farfalline
ed ogni tipo di insetto grande o piccolo con le ali, dirigersi a tutta
velocità come dei kamicaze contro le maglie della rete delle zanzariere
attratti dalla luce delle case. Meglio è per noi che non ci siano buchi ed
è un continuo preoccuparsi di fare piccole riparazioni per prepararsi a
quando arriverà il peggio.
Sulla strada per Bangui, soprattutto nella seconda metà partendo da Paoua,
il paesaggio è già completamente trasformato ed oramai prevale il colore
verde acceso, che riluce rigoglioso da tutte le parti, ed i corsi d'acqua
si sono ingrossati. La nostra zona, molto più a nord e più vicina al
deserto, appare ancora secca, la pioggia viene rapidamente assorbita
dall'assetato terreno sabbioso ed i fiumi sono quasi ancora asciutti.
COTONE
Da noi sta per finire la raccolta del cotone e spesso nei villaggi troviamo
la scuola chiusa perchè sono arrivati i camion della SOCOCA per pesare e
ritirare il cotone raccolto. L'operazione coinvolge tutti, uomini, donne e
bambini ed ha qualcosa di spettacolare. Al ritmo di tamburi che regolano il
passo, uomini e ragazzi, immersi in degli enormi contenitori di paglia e
tronchi, a volte gli stessi conteiner, pieni di nuvole bianche che
abbagliano per l'intensità del sole, schiacciano il cotone con i piedi per
ridurne il volume, mentre le donne fanno la spola con delle grosse ceste
sulla testa per continuare riempire i contenitori. Ci sono montagne di
cotone ovunque e l'atmosfera festosa mi riporta alle vendemmie dei vigneti
sardi di quando ero bambina. La coltivazione del cotone, introdotta in
epoca coloniale, quando la manodopera era numerosa e gratuita, non è una
cosa così semplice come si potrebbe pensare. Il cotone impoverisce la
terra, per cui ogni anno, alla fine del raccolto, bisogna preparare dei
nuovi campi in modo che siano pronti per la semina appena inizia l'epoca
della pioggia. Ci vogliono molte bracci, per questo motivo è necessario che
tutta la famiglia partecipi al lavoro. La pianta del cotone per germogliare
e svilupparsi ha bisogno dell'umido, ma per maturare e dare il frutto, di
caldo secco. Si può fare una sola raccolta l'anno e preparare i campi per
la semina, curare la crescita, proteggere le piante da erbacce e parassiti
in qualunque stagione e con qualunque clima è un grosso sacrificio. Tanta
fatica prima di poter raccogliere quei batufoli bianchi così leggeri e che
si vendono a peso, quanto insignificante risulta il guadagno dal cotone
grezzo per il costo ridicolo al chilo, ed il lavoro di un anno si tradurrà
in pochi spiccioli. La famiglia più fortunata può guadaganre al massimo
sulle trecentomilalire, che con le detrazioni degli anticipi per gli
antiparassitari, si riducono, nel migliore dei casi, di oltre la metà, ed è
il frutto del lavoro di tutto un anno. Penso a tutti i discorsi che si
fanno nel mondo parallelo sulle persone che vivono con meno di in dollaro
al mese, e penso agli insegnanti di villaggio incontrati, che non
guadagnano nemmeno in dollaro al mese. Nel vedere i campi di cotone,
rendermi conto di tutto il processo produttivo, della fatica, del
sacrificio, della sofferenza umana che non viene ricompensata,
inevitabilmente per me ora la parola " cotone " assume un significato
diverso da quando era semplicemente un materiale di un indumento in
vendita. Mi sembra di avere persino più rispetto per il materiale stesso e
mi dispiace di avere vissuto fino ad ora ignorando tutto questo.
In un villaggio ho dovuto frenare gli animatori che volevano rimproverare
il maestro per aver chiuso la scuola per poter andare a pesare il suo
cotone, visto che fra l'altro la vendita del cotone è la sua unica entrata,
dal momento che nessuno lo paga per il suo lavoro come insegnante. Li ho
invitati a rispettare di più le scadenze delle attività del villaggio la
cui popolazione, anche se poveramente, soppravvive grazie a questo.
MAESTRI DI VILLAGGIO,mango, galline e capretti
Ho una grande ammirazione per questi insegnanti di frontiera, abbandonati a
se stessi, senza mezzi, senza strumenti didattici, che si devono
preoccupare del proprio sostentamento, spesso senza neanche una formazione
specifica e spero che con il nostro progetto ne possiamo aiutare il più
possibile. Purtroppo non sarà possibile inserire tutti i villaggi nella
lista di quelli a cui è previsto che miglioriamo le strutture scolastiche e
sanitarie ed entro la fine della prossima settimana ho la responsabilità di
decidere la lista da consegnare perchè si possano programmare le
costruzioni per il prossimo ottobre, alla fine della stagione delle piogge.
Nel frattempo organizzeremo la formazione o l'aggiornamento dei maestri,
così come le associazioni dei genitori degli insegnanti perchè possano,
quotandosi annualmente per una cifra a loro accessibile, garantire il
funzionamento minimo delle scuole. Il lavoro più difficile è convincerli a
mandare i bambini a scuola, visto che ne hanno bisogno per il lavoro ai
campi. I maestri si ingegnano ad inventarsi delle lavagne pitturando dei
fogli di compensato con un intruglio nero ottenuto mettendo a bagno del
carbone con delle foglie di mango. Strofinando le foglie imbevute sul
compensato ottengono poi la superficie nera, ma spesso non possono lavorare
per mancanza di gesso. La lavagna è l'unico strumento visivo di
trasmissione dell'insegnamento se, come capita quì, i bambini non hanno
libri, e possiedono a malapena un quaderno che gli deve bastare per tutto
l'anno. Per incoraggiarli a volte racconto che in Angola imparano scrivendo
sulla sabbia e ne sono incuriositi e contenti.
Oramai le frequenti visite ai villaggi hanno creato un clima di familiarità
e fiducia e comincio ad incontrare ovunque gente che conosco già e che mi
saluta calorosamente. L'arrivo della nostra auto, che inizialmente non
turbava più di tanto, ed al massimo facevamo le riunioni solo con gli
insegnanti ed il presidente dell'associazione dei genitori, ora richiama
tutto il villaggio e ne vengono fuori delle vere e proprie assemblee
popolari. Sono contenta che il mio francese si sciolga ogni giorno di più,
anche se non ho il tempo di studiarlo, perchè posso fare degli interventi e
parlare alla popolazione, anche se spesso con l'aiuto di un traduttore,
visto che la lingua più parlata è il Sango. I miei interventi piacciono e
partecipa moltissima gente con domande e commenti. Spesso si crea anche una
situazione imbarazzante perchè alla fine vogliono sempre regalarmi
qualcosa. Fino a quando si limitavano ad offrire dei manghi che si trovano
ovunque, ma che fanno sempre piacere, visto che scarseggia altro tipo di
frutta, andava tutto bene, ma ultimamente hanno cominciato con galline e
capretti. In tre situazioni non ho proprio potuto rifiutare perchè
l'offerta veniva personalmente dal capo del villaggio a nome di tutta la
popolazione e sarebbe stato offensivo non accettare. Ora mi ritrovo a
possedere un capretto nero con delle macchie bianche sulla pancia, una
piccola gallina ed un gallo bianco che mi canta a tutte le ore, soprattutto
della notte, sotto casa. Inizialmente non sapevo dove metterli ma i
guardiani che stazionano intorno alla mia casa sono stati contenti di
poterli custodire e fanno a gara a portare sotto una tettoia il capretto
quando sta per arrivare il temporale, a legarlo da un albero all altro
perchè trovi sempre foglie fresche. Mi hanno spiegato che per le galline
non c'è problema perchè pensano da sole, sia a trovare da mangiare che a
cercare un riparo in caso di temporale.
Gli animatori della mia equipe scalpitano all'idea di organizzare il
sacrificio del capretto, da mangiare poi tutti insieme, che considerano
rito essenziale per il festeggiamento dell'apertura delle nostre attività.
In effetti la nostra equipe è sempre più unita e si lavora in armonia e
tranquillità ed il prossimo mese potro fare i contratti definitivi ai
quattro animatori. In questo periodo, dopo la partenza di Elisabetta, in
attesa di qualcuno per sostituirla, mi occupo anche dell'equipe sanitaria.
Per ora penso di essermi fatta perdonare il silenzio.
Il seguito forse a domani,
Ciao Maria Nina
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