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Diario dal Centrafrica - 24/28 febbraio




24 febbraio 2001

ACQUA AFRICANA E RISO TAINLANDESE

Acqua minerale e zucchero del Camerun, sale, legumi secchi e olio di oliva
libanesi, olio di cotone del Chiad, riso tailandese, pomodori pelati
spagnoli, miele centrafricano, marmellata e fette biscottate francesi,
pasta italiana (di marca sconosciuta, fatta in provincia di Cuneo), pane di
tipo francese (baguette) fatto qui con farina che viene chissà da dove. A
queste cose coniugo i prodotti freschi che riesco a trovare sul mercato e
di queste cose alimento in questo momento il mio corpo. Il formaggio fatto
con il latte delle donne M'Bororo mi viene ogni volta meglio ed ormai lo
faccio regolarmente ogni settimana divertendomi poi ad inventare ricette
per la sua migliore valorizzazione. Il suo sapore è a metà fra lo jogurt e
la ricotta e la sua preparazione è molto vicina a quella dello jogurt. Per
paura di restare senza cibo si rischia di mangiare più del necessario e
credo che nel mio caso, questa sia la prima esperienza africana che mi farà
ingrassare. La sera, anche per coltivare relazioni sociali con i
coinquilini della concessione, o per concordare programmi di lavoro, siamo
spesso a cena uno in casa dell'altro. I rapporti con Elisabetta sono
migliorati notevolmente con una maggiore conoscenza reciproca, ed ora che
abbiamo imparato ad apprezzarci a vicenda ci dispiace doverci separare. Un
ritardo nella sua sostituzione come medico, ha rinviato comunque la sua
partenza di qualche settimana. Sono tornati dalle vacanze in Germania
Thomas e Ari, una giovane coppia di geologi. Lui coordina progetti di acqua
potabile e scavo di pozzi, lei finisce la specializzazione ed ha come tema
proprio la situazione geologica dell'Ouham Pendè. Considerando quindi loro,
Elisabetta, che è stata raggiunta dal marito, uno psicologo del Burkina
Faso, la coppia di svizzeri Michel ed Eva, la famigliola di svizzeri
tedeschi con i bambini e l'istitutrice di diciotto anni, non si fa un tempo
a finire un ciclo di cene che ne comincia subito un altro. Durante queste
serate ci si scambiano informazioni ed esperienze e si imparano tante cose
nuove, anche grazie a visitatori esterni.

Ecco cosa ho imparato di recente sugli elefanti.

CACCIA AGLI ELEFANTI

La caccia agli elefanti è illegale in questo paese dal 1983 essendo in quel
periodo l'elefante africano dichiarato in pericolo di estinzione a causa
dello sterminio dovuto al commercio di avorio. Il quel periodo gli elefanti
vivevano prevalentemente concentrati nella foresta della zona a ovest di
Bangui, o a nord, verso il Chiad. Ogni elefante vive dagli ottanta ai
cent'anni e durante la sua vita cambia per quattro volte la dentatura, dopo
di che i denti non gli ricrescono più quindi muore perchè non riesce ad
alimentarsi.

La graduale deforestazione per mano dell'uomo, unita alla riproduzione
dogli animali negli ultimi 18 anni, ha causato il sovrappopolamento e lo
sconfnamento di questi ultimi, che si sono inoltrati per tutto il
territorio del paese. Pare che siano numerosi un po' ovunque, ma le
località dove in questi ultimi anni hanno cominciato a causare seri
problemi alla popolazione sono abbastanza vicine alla nostra zona di
intervento. L'area interessata parte dalla foresta iniziale, al confine con
il Congo e si estende per tutto il versante che costeggia il Camerun fino
al Chiad, inoltrandosi per diverse centinaia di chilometri verso l'interno
della R.C.A.

L'elefante è classificcato attualmente, per le sue dimensioni, il più
grosso animale terrestre.La sua altezza varia dai due metri ai tre metri e
settanta e arriva a pesare fino a sei tonnellate. Solo il suo cuore pesa
fra i settanta e gli ottanta chili. Il suo fabbisogno giornaliero è di
500/900 chili di foglie al giorno (è erbivoro). Pare che, solamente nella
zona che ho prima citato, ci siano oltre 200 mila esemplari. L'alimento
tradizionale principale è la mandioca, a cui seguono il sorgo e il mais.

L'economia dei villaggi si basa in gran parte sulla coltivazione del cotone
e si può facilmente immaginare le dimensioni di paradosso che pare aver
provocato la crescita indiscriminata degli elefanti.

Essi sradicano letteralmente le piantagioni di mandioca, di cui vanno
ghiotti, calpestano e distruggono al loro passaggio i campi di cotone e
qualunque tipo di cultura, terrorizzano la popolazione dei villaggi perchè
se passano in branco schiacciano e travolgono tutto quello che trovano,
comprese case, alberi ed abitanti. Non sapendo che misure prendere per tale
emergenza, il governo ha fatto ricorso ai vecchi cacciatori di elefanti che
fino al 1983 vivevano del commercio dell'avorio e si sono poi riciclati in
altre attività. Ora vengono invitati ufficialmente ad abbattere un certo
numero di elefanti al mese. Ho avuto modo di conoscere uno di questi
cacciatori casulamente a cena da Ari e Thomas qualche sera fa. Vive a
Barberati, terza città in ordine di importanza dopo Bangui, di origine
norvegese, nato in Tanzania dove è rimasto per 17 anni, poi trasferitosi in
Centroafrica, dove vive da quarant'anni. Fa il geologo e lavora come
consulente nel progetto che scava pozzi per l'acqua potabile di cui Thomas
è responsabile. Ben volentieri ha accettato l'incarico del governo di
riprendere la caccia agli elefanti, sua vecchia passione, ne uccide circa
quattro al mese, ma questa volta l'avorio lo consegna al governo. Prende
per se un po' di carne dell'animale, di cui preferisce il cuore, parte più
tenera, ed il resto dell'animale viene letteralmete preso d'assalto dagli
abitanti del villaggio più vicino, che arrivano di corsa armati di machete
e fanno rapidamente sparire persino ogni traccia delle ossa.

Pare che una cittadina a sud di Bocaranga sia letteralmente circondata dgli
animali, che stanno creando seri problemi di alimentazione alla popolazione
per la continua distruzione dei campi di mandioca. Il nostro collega
Alfredo ha di recente assisitito ad una serie di riunioni in alcuni
villaggi dove la popolazione si lamentava del mancato raccolto a causa
degli elefanti ed ha confermato che il fenomeno è davvero preoccupante.
Anche Elvira, invitata per l'inaugurazione di una scuola, ha trovato al suo
arrivo il villaggio deserto. Erano tutti scappati per evitare un branco di
elefanti che passava vicinissimo.



28 FEBBRAIO 2001

TAMBURI DI MORTE

Spesso non posso dormire la notte a causa del ritmo ossessivo dei tamburi e
dei canti che provengono dal villaggio ed oltrepassano il recinto della
concessione.

Non sono delle feste che durano tutta la notte, come avevo pensato in un
primo momento, ma cerimonie funebri. Non c'è giorno che non veniamo a saper
di qualcuno che è morto, familiare vicino o lontano di qualcuno che
conosciamo. Il contatto continuo con il medico capo dell'ospedale di Paoua,
che è legato la nostro progetto per le attività di tipo sanitario, ci
permette di essere al corrente del numero incredibile di persone morte in
modo drammatico ogni settimana. L'eco degli allarmi che ci arriva riporta
sempre un numero esagerato di morti che purtroppo è reale.

Non è solo la meningite, la malaria, la broncopolmonite o qualche altra
patologia, a falciare vittime fra la popolazione di questo paese, ma anche
gli incidenti stradali, che dalla seconda metà di febbraio sono stati
tantissimi.

Nonostante il numero degli autoveicoli sia ridicolo, in particolare
comparato a parametri europei, a causa delle strade e delle condizioni di
viaggio, il numero dei morti per incidente stradale non ha niente da
invidiare ai nostri.

Continuando la strada verso nord, passato Paoua, si arriva alla frontiera
con il Chiad, ed è una rotta abbastanza frequentata, specialmente il
venerdì ed il sabato. Gli autobus, se così vogliamo chiamarli, spesso sono
dei camion sgangherati, viaggiano in modo mostruosamente carico. Oltre ad
avere all'interno del veicolo un numero di persone notevolmente superiore
alle capacità, hanno sopra il tetto una vera e propria montagna di bagagli
sulla la quale prendono posto i passeggeri in esubero, che sono ancora un
numero esagerato. Alcuni seduti nella parte centrale, altri aggrappati alle
meglio lateralmente o seduti sulle sponde, accompagnano i movimenti del
veicolo tracciando in contorno fluido dell'insieme dalla forma. Quando si
incrocia uno di questi mezzi lungo la strada, se ne vede da lontano il
pericoloso ondoggiare. Capita che l'altezza del cumulo dei babagli sul
tetto superi l'altezza del veicolo stesso, che inevitabilmente finisce
spesso col rovesciarsi. Le strade sono tutte delle piste sterrate e
nonostante la manutenzione regolare di quelle sotto progetto DROP, sono
piene di dislivelli e buche visibili solo all'ultimo momento,che
costringono anche l'autista più attento a grandi salti se non modera
tempestivamente la velocità. Il numero di morti per incidente varia dai
venti ai trenta per volta, di cui la maggior parte sul posto ed il resto
all'ospedale.

(Naturalmete noi non corriamo questo pericolo, non viaggiamo con quei
mezzi. Il progetto ci ha fornito delle auto con autista di professione a
nostra disposizione ed abbiamo un regolamento ferreo per quanto riguarda il
rispetto delle norme di circolazione ed il trasposrto di terzi. Io non
corro alcun pericolo di quel tipo. Lo dico per tranquillizzare i miei
genitori o chiunque altro si possa preoccupare).



MENINGITE

Continua intanto a fare la sua parte di strage la meningite. Non c'è
villaggio sulla rotta per Bozoum, dove non ci siano almeno quattro morti al
giorno. Domenica mattina siamo andati a visitarne uno a venticinque
chilometri da Paoua, verso il nord, da tutt'altra parte. Dovevamo parlare
con il capo villaggio per fissare un incontro. Ci ha accolto facendo
sistemare delle sedie sotto un grande mango. Faceva un caldo tremendo ed
alle dieci del mattino il termometro segnava già 43 gradi all'ombra. Dopo i
convenevoli di rito ci ha informato dei tredici casi di meningite
ricoverati presso la clinica del pastore protestante, che fa l'infermiere e
siamo andati subito a vedere. Per fortuna, si fa per dire, il numero
includeva anche ammalati di malaria ed altro, ed i casi di meningite erano
meno di dieci, anche se erano stati sistemati insieme agli altri. Quello
che era stato definito «clinica» aveva un aspetto incredibile. Quattro case
muniscole dal tetto di paglia in condizioni dogradate sovraffollate,
costruite in uno spiazzo senza un albero che potesse proteggere dai raggi
spietati del sole. Gli ammalati erano distesi sul terreno di terra battuta,
su delle stuoie polverose, alcuni all'esterno per mancanza di spazio, a
ridosso dei muri della piccola costruzione alla ricerca di una striscia
d'ombra. In condizioni igieniche da brivido qualcuno aveva la flebo.
Elisabetta girava fra gli ammalati raccogliendo dati, facendo una lista dei
bisogni più urgenti allo scopo di awertire il medico dell'ospedale di Paoua
e romproverava i responsabili locali per non averlo già fatto.

Io mi guardavo intorno attonita, pietrifacata da quella desolante
disperazione, senza fiato per il caldo ed incapace di tirare fuori la
macchina fotografica, combattuta fra il desiderio di rispettare tanta
sofferenza e quello di documentarla per gridarla al mondo. Un bambino di
13/14 anni respirava a malapena per una grave infezione broncopolmonare e
gli occhi da cerbiatto terrorizzato di una donna, forse la madre, che gli
sedeva accanto, colpivano direttamente al cuore. Un altro aveva le labbra
spaventosamente gonfie e piene di bolle ed erano i suoi stessi occhi a
guardarti disperati. Altrove non ho avuto il coraggio di avvicinarmi perchè
non sopportavo addosso gli occhi dei familiari invocanti e illuminati di
speranza per il nostro arrivo, che poco potevamo fare. Nessuno osava
parlare nè lamentarsi mentre un tipo in camice bianco, presentatosi come
responsabile della clinica in assenza del Pastore, alle domande di
Elisabetta su che tipo di cure stesse praticando agli ammalati, rispondeva
che si affidava alle mani di Dio.

Poco lontano si celebrava il chiassoso mercato della domenica, di cui
arrivava l'eco delle voci. Vi si vendeva qualche cipolla, degli abiti
usati, qualche recipiente di plastica e delle pentole di allumminio di
pessima qualità.

Elisabetta si è fatta carico personalmente delle cure del ragazzo più
grave, anche se oggi abbiamo saputo che è morto lo stesso. Il sottoprefetto
ci poi ha detto che la cosidetta «clinica privata » è abusiva e che il
Pastore/infermiere non ha nessuna qualfica per poter fare l'operatore
sanitario, solo che voleva che fosse la nostra auto ad accompagnarlo per
fare un'ispezione ed eventualmente arrestare il tipo. Non ci sembrava
proprio il caso. Per fortuna non è riuscito ad organizzare la spedizione
perchè aveva bisogno anche della presenza del medico prefettorale, il
responsabile dell'ospedale di Paoua, il quale ha trovato mille
argomentazioni per non andare. Lui è protestante, come potrebbe andare a
far arrestare un suo Pastore?

Il Sottoprefetto è cattolico. Purtroppo dobbiamo fare i conti anche con
queste cose.



CONTRADDIZIONI

Al di là dei cancelli della nostra «Concessione » c'è la disperazione che
si estende gradualmente fino alla morte. L'impresa di elettricità ENERCA,
l'equivalente della nostra ENEL, ha dovuto interrompere l'erogazione
dell'energia ellettrica alla popolazione, già precedentemente ridotta a
sole tre ore al giorno (19/22), per mancanza di carburante per il
generatore. A partire da domenica 25 la temperatura aumenta
vertiginosamente ogni giorno e nemmeno la notte scende oltre i 35 gradi.
Pare che in marzo e aprile sarà ancora peggio e che si comincerà a stare
bene solo da fine aprile/ primi di maggio, quando inizierà la stagione
delle piogge e farà un po di fresco. Per fortuna ho in camera da letto
l'aria condizionata ed ho dovuto usarla per dormire almeno qualche ora,
anche se ho ugualmente sofferto il caldo. Il clima è davvero spietato in
questi posti, con continui eccessi da un estremo all'altro. Solo fino ad
una settimana fa dormivo con il sacco a pelo di piume ed avevo sempre un
po' di raffreddore e mal di gola per la temperatura della notte e del
mattino, dovendo usare la giacca a vento fino alle nove e mezza/ dieci. Ora
rimpiango tutti i vestiti estivi che ho tolto dalla valigia all'ultimo
momento.

Felicità per noi in questo momento è poter mangiare un pomodoro fresco, o
un mango, o bere una bibita fresca, o fare una doccia e cambiarsi a
qualunque ora del giorno e poter lavare i vestiti.

Per gli altri, vivere senza frigorifero e non potersi proteggere dal caldo
soffocante può voler dire morire, per mancanza di conservazione dei vaccini
o medicinali.

Dentro la concessione abbiamo l'energia ellettrica ed acqua 24 ore al
giorno, e possiamo fare tutte queste cose, compreso tenere in casa il
climatizzatore acceso. Il recinto che ci separa dal resto del mondo e ci
rinchiude in una sorta di limbo è in parte in muratura, alternato da
diversi metri di rete a maglie larghe. Le case di Paoua, rudimentali
costruzioni dal tetto di paglia, cominciano a pochi metri dal nostro
recinto e ne possiamo vedere scorrere la quotidianità, nei giochi dei
bambini, lo sfaccendare delle donne, il trasportare l'acqua sulla testa dal
pozzo di quartiere, il riposare sulla stuola sotto un albero nelle ore più
calde, il fuoco acceso la notte davanti casa che risalta nello sfondo 
buio.

Anche noi siamo visibili per loro: belle case, ettolitri d'acqua usati per
annaffiare, il rumore dei generatori, le nostre auto, i neon intorno alle
case accesi tutta la notte per agevolare il lavoro dei guardiani.

Spesso sento il peso di questa situazione.

Thomas e Ari hanno organizzato su una zona periferica della concessione un
campo da tennis e da quando sono tornati ci passano, ogni giorno, diverse
ore del pomeriggio insieme ad un loro amico che è venuto a visitarli dalla
Germania. Sono alti, giovani, belli e biondi ed i bambini stracciati,
polverosi e dalla pancia gonfia aggrappati al grigliato della recinzione
che li osservano, riportano il sapore di alcune scene di un vecchio film di
Manfredi che credo si intitoli «Pane amore e cioccolato »(sull'emigrazione
italiana in Svizzera). Come se non bastasse, dall'unificazione di tre
vasche interrate, costruite inizialmente come serbatoi per l'acqua, stanno
facendo costruire una grande piscina che pensano di inaugurare per il
compleanno di Thomas, il 3 aprile, e nuotarvi per qualche mese, visto che
rientreranno definitivamente in Germania in agosto. La spesa (operai che
lavorano da mesi, attrezzature, materiali), già fuori luogo di per sé,
vista la situazione, assume un carattere maggiormente grave se si considera
che non è ancora chiaro che cosa ne sarà della concessione dal mese di
settembre in poi, quando finirà il progetto dell'organizzazione tedesca che
ne ha finora finanziato il mantenimento (noi DROP siamo solo in affitto).
Probabilmente verrà chiusa o ridimensionata, visto che il costo è
vergognosamente inconfessabile.

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