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Due lettere da Butembu



Cari amici, vi invio in allegato due lettere di due berretti bianchi
tornati da Butembu. Un caro saluto a tutti,
per la segreteria dei berretti bianchi
Silvano Tartarini


Interventi di pace per l'eliminazione della guerra

SEGRETERIA BERRETTI BIANCHI
Via F. Carrara 209-55042 Forte dei Marmi (LU9
Fax 0584/735682-cell. 0335-7660623
E-mail:bebitartari@bcc.tin.it

Internet: http://www.peacelink.it/users/berrettibianchi
c.c.postale N.21024567 intestato: Associazione Berretti Bianchi
Via F. Carrara 209-55042 Forte dei Marmi (LU)

________________________

Cari amici, vi invio queste due lettere arrivate da due dei Berretti
Bianchi che sono andati a Butembo.
Sono tra loro diverse come è diverso chi scrive, ma questa diversità può
aiutarci a capire di più.
Un caro saluto, Silvano.

Corrispondenza da Pippo Mancuso
Carissimo Silvano ,Carissimi Berretti,
cercherò in queste righe di condividere con voi, alcune emozione e
senzazionmi di questo viaggio in terra d'Africa.
L'accoglienza è stata di un calore sicuramente non prevedibile alla
partenza, soprattutto da parte delle donne e dei bambini di Butembo, che
hanno veramente visto in noi i portatori della pace.
La situazione economica che abbiamo trovato è davvero arretrata, la luce
elettrica e un lusso per i ricchi e per gli istituti religiosi che
utilizzano dei generatori privati, non c'è ombra di fabbriche solo qualche
bottega artigiana che lavora il legno per i bisogni locali, niente fogne,
niente strade con asfalto solo piste polverose anche dentro la città.
La chiesa è l'unica istituzione che funzione e che gode di grande
prestigio, la Societè Civile che ci ha invitato, ho avuto l'impressione che
sia il tentativo della chiesa di far crescere in una società che ha
conosciuto solo colonialismo e dittatura con relativa corruzione diffusa,
un qualcosa che si rifaccia a quello che in occidente chiamiamo democrazia.
Ma la strada è tutta in salita la cultura corrente e quella della legge del
più forte, chi guida una macchina non ha rispetto per chi va in bici o a
piedi, chi con l'autobus non ha rispetto per gli automobilisti, e questo mi
ha fatto pensare al bambino soldato che con un fucile in mano si sente
forte e migliorare la sua condizione di ultimo della scala. Una missionaria
ci raccontava che nella sua parrocchia faceva sedere in prima fila i
bambini i quando arrivavano le donne li spingevano a terra per sedersi
loro, anche fra i bambini questa è la regola i grandicelli staccavano i
piccoli che ci davano la mano per prendere il loro posto , considerando che
noi europei in quel momento eravamo l'attrazione.
Vedono in noi europei i benefattori e ho sentito molto diffuso il senso di
inferiorità. Aspirano di entrare negli istituti reliligiosi unica
possibilità di mangiare, vestirsi, istruirsi e magari emigrare.
Hanno molti brutti ricordi, raccontano di morti ammazzati, di ruberie e di
violenze.
Purtoppo anche i bambini ne sono colpiti, un gruppo di loro circa 150 ai
quali abbiamo fatto fare dei disegni, una buona mettà rappresentavano mamme
con bambini colpite al cuore o alla testa soprattuto quelli non
scolarizzati, lo si capiva perche non sapevano scrivere il proprio nome.
Il simposio che si è svolto a Butembo ha permesso di raccogliere coraggiose
denuncie nonostante la presenza di Bemba,  Presidente del fronte che
comanda nella zona Nord-Orientale del Congo,sono stato colpita
dall'intervento di una donna di Bukavu che ha denunciato nel simposio la
poca presenza femminile e il fatto di averla fatta intervenire a fine
simposio quando tutti erano già stanchi.
Ma il colpo di scena è stato durante la funzione eucaristica a conclusione
della marcia il presidente Bemba intervenendo ha chiesto perdono per ciò
che avevano fatto i suoi soldato ha dichiarato di sottoscrivere e di far
suo il documento conclusivo del simposio e come primo atto annunciava il
ritiro delle sue truppe dal territorio di Butembo e dintorni, a questa
comunicazione un grido liberatoria si è alzato dalla folla e fra un mare di
sorrisi ci nominavano loro ambasciatori .
L'iniziativa è perfettamente riuscita grazie ad un grande lavoro fatto in
precedenza, e a un pò di fortuna che non guasta.
Personalmente però la cosa è finita maluccio, per un incidente che forse
per stanchezza o per il mio integralismo. L'iniziativa era ruotata intorno
alla chiesa e la proposta di concluderla con una messa a Kampala al
santuario dei martiri Ugandesi con consegna all'ambasciatore Italiano in
Uganda,  ha diviso il gruppo dei trecento fra cattolici e non, e lo
schierarsi di don Albino Bizzotto  per la messa, che con il metodo del
consenso voleva dire che bastava il veto di una sola persona per impedire
agli altri di farla e don Albino questo lo ha ricordato. La mediazione
raggiunta dai portavoce dei gruppi fu di inserire fra la messa e la
consegna del documento con un lavoro di  costruire un messaggio dei 300 al
mondo.
Ma io ero ormai in crisi, cadeva quell'immagine di garante di don Albino
che mi ero costruita e che avevo difeso rispetto a chi non partecipava
all'iniziativa perché ritenuta troppo connotata di cattolicesimo.
E' già il terzo giorno che siamo rientrati e ancora non l'ho superata
completamente, nonostante per l'intervento di alcuni del mio gruppo di
affinità ho parlato con don Albino.
Per me è difficile affidarmi a una persona totalmente se non gode di tutta
la mia fiducia perche al di la del metodo del consenso e il coordinamento
che prende le decisioni.
Un saluto e un abbraccio
Pippo Mancuso
Castelleone 6 marzo 2001

Corrispondenza da Licio Lepore
Potrà sicuramente fare piacere leggere un resoconto, sebbene disordinato
(metto subito le mani avanti), dell'iniziativa " Š.. anch'io a Bukavu' che
si è svolta dal 24 febbraio al 4 marzo in Congo, zona Grandi Laghi.
All'iniziativa i Berretti Bianchi hanno dato un'adesione ufficiale e un
contributo di £. 1.000.000# di cui ha beneficiato  il gruppo di Viareggio -
che ne aveva a suo tempo fatto richiesta: Maria Ida Paolotti, Barbara
Malfatti, Pierangela Marsili e il sottoscritto. In realtà anche altri
'Berretti' hanno partecipato alla marcia: Fabiana Bruschi, Luciano Setti e
Pippo.
Con molta sincerità devo dire che  avevo inizialmente una sorta di
prevenzione verso l'iniziativa che avvertivo sbilanciata sul piano
religioso, (tuttavia gli elementi che condividevo mi hanno fatto ritenere
che potevo percorrere un tratto di strada, io non credente,  insieme a chi
credente lo è, come spesso in questi anni mi è capitato di fare), in
effetti non ho mai vissuto un disagio in questo senso se non in rarissimi
momenti.
L'iniziativa credo abbia raggiunto l'obbiettivo di partenza e forse anche
di più. E' stata un'esperienza unica  per tutti i partecipanti che hanno
avuto modo di entrare in contatto con la realtà africana, pur in un
contesto drammatico,  gustando l'entusiasmo e la gioia della sua gente per
la nostra presenza pacifista. Nei nostri confronti c'è stata un'aspettativa
che è andata ben al di là di quello che in effetti stavamo rappresentando.
Siamo stati considerati dei veri e propri portatori di pace,  e questo in
molte occasioni è anche stato imbarazzante perché in effetti dimostrava
l'eccessiva considerazione rispetto a  ciò che realmente eravamo in grado
di determinare.
Molti sapranno che Jean Pierre Bemba,  capo dei movimenti ribelli filo
ugandesi nel Nord Kivu, durante la manifestazione conclusiva  (giovedì 1
marzo)  della tre giorni del SIPA ( Simposio Internazionale per la Pace in
Africa)  ha lasciato di stucco le centinaia di migliaia di persone venute
per assistere all'iniziativa  (si svolgeva all'aperto,  in una grande
spianata vicino alla Cattedrale di Butembo).
"Chiedo perdono ŠŠ chiedo perdono per tutte le atrocità, le violenze e i
saccheggi dei miei soldati. Mi impegno a far rientrare nelle caserme di
Beni tutti i militari dislocati a Kyondo, Musienene e Maboya". In proposito
c'è da sottolineare: a) in quell'occasione Bemba  è arrivato spontaneamente
all'incontro, b) è un avvenimento abbastanza raro che un capo militare
chieda pubblicamente scusa al popolo ammettendo la responsabilità di
gravissimi fatti di sangue,  ruberie ecc.  Secondo un fax  datato 6 marzo,
inviato da padre Giovanni, una persona speciale, conosciuta a Butembo e con
la quale abbiamo visitato la missione di Lukanga dove abita, "Š.. a
Musienene i soldati sono partiti sabato (3 marzo), hanno rubacchiato per
due notti ma non è stato molto grave, siamo un po' abituati. A Kyondo hanno
addirittura inviato dieci altri soldati per controllare che non si
verificassero guai. A Maboya, tutti partiti. Pare che da Musienene, verso
nord, ci sia un vero smantellamento, almeno degli ugandesi Š. Quindi anche
Butemo e Beni.  A sud invece, verso Kanyabayonga, ci sono ancora tutti Š..
ma speriamo." Queste considerazioni e buone notizie possono  giustificare
un qualche ottimismo.
Il viaggio è stato molto faticoso a causa delle lunghe distanze e delle
strade veramente disastrate. I mezzi sono stati messi a dura prova
(all'andata il pullman dove malauguratamente era il sottoscritto e qualche
altro sfigato si è rotto credo almeno dieci volte), abbiamo fatto un
esercizio forzato di resistenza del quale spero potremo fare tesoro se
dovessero presentarsi momenti difficili.
All'arrivo della carovana nella città di Butembo,  centinaia di migliaia di
persone, gruppi folkloristici,  poliziotti schierati, la banda musicale e
non so più cos'altro sono letteralmente esplosi dalla gioia nel vederci,
non smettendo un attimo di salutarci, di stringerci le mani Š.. E' stata
un'emozione indescrivibile perché quello che veniva espresso dalla gente
non era formalità ma sincera manifestazione di un sentimento di felicità
per la nostra presenza.
Questo atteggiamento da parte della popolazione si è ripetuto in diverse
altre occasioni.
Quando in circa trenta persone siamo andati a visitare la missione di
Lukanga,  trenta Km. a sud di Butembo, in un tratto di strada che abbiamo
percorso a piedi, ci hanno addirittura tirato addosso petali di fiori. In
questa occasione abbiamo potuto incontrare un gruppo di profughi, famiglie
intere, fuggite dalle loro capanne nella foresta a causa delle continue
incursioni dei May May, (si ritengono guerriglieri partigiani, combattono
contro gli ugandesi invasori di parte del territorio congolese), in verità
le loro razzie sono all'ordine del giorno come pure uccisioni e rapimenti
di bambini che vengono costretti a combattere. La testimonianza dei
profughi  ha consentito di approfondire meglio la situazione della guerra
nella zona e comprendere il grande coraggio di quella gente che, sebbene in
alcuni momenti ha sentito molto forte il richiamo delle armi per
organizzare una qualche autodifesa, alla fine ha scelto la non violenza. Al
di là di cosa ognuno di  noi possa pensare in proposito rimane la loro
grande dignità e l'indubbio coraggio, tanto più in una situazione di quel
tipo.
Qualcuno di noi, in quei giorni, ha ipotizzato cosa potrebbe rappresentare
un'Ambasciata di pace in quei luoghi. In effetti, al di là di facili
entusiasmi, un tale progetto non solo sarebbe possibile ma rappresenterebbe
un enorme aiuto, nella sua modestia,  alla popolazione locale. La  sola
presenza di stranieri, con funzione di monitoraggio, se non addirittura
inseriti in precisi progetti, sono spesso deterrenti per violenze e soprusi.
A titolo di cronaca informo che sabato 10 marzo, su RAIDUE, alle 10,30  è
andato in onda  un sevizio sulla marcia, della durata di  circa un'ora,
girato da giornalisti presenti là insieme a noi, molto efficace  per la
comprensione del valore dell'iniziativa.
A livello locale (Viareggio - Lucca) abbiamo fatto conferenze stampa, sia
prima della partenza che al nostro ritorno, con quotidiani e televisioni e
in effetti l'informazione sull'iniziativa è stata abbastanza buona.
Abbiamo, tra l'altro, appuntamento con alcune televisioni, alla fine di
marzo, per 'speciali' che andranno in onda sull'argomento.
Sempre a livello locale abbiamo avuto l'adesione e l'appoggio concreto,
oltre che dai  Berretti Bianchi anche da: Comune di Viareggio, Comune di
Camaiore, USL 12 - Versilia, Centro Missionario Diocesano, un gruppo
parrocchiale, e numerosi cittadini che in varia misura hanno contribuito
partecipando alle iniziative che abbiamo 'partorito'.
Il dibattito del Simposio, durato tre giorni, ha visto alternarsi
rappresentanti della Chiesa Cattolica, protestante, musulmani Š. della
Società Civile, rappresentanti del mondo della cultura ecc..
Erano presenti delegazioni provenienti dall'Italia, Germania, Spagna,
Svezia,  Belgio, Francia. Stati Uniti, Tanzania, Zambia e Burundi, oltre
naturalmente ai padroni di casa congolesi.
L'intervento di Albino Bazzotto, fatto a nome dei trecento partecipanti
italiani,  è stato apprezzato per schiettezza e incisività. "Š Chiediamo
perdono per le colpe legate alla colonizzazione e oggi ai gruppi di potere
economici e politici.   Perdonate noi e i nostri concittadini  perché molte
delle armi che hanno ucciso e mutilato tante persone sono made in Italy,
France, England.
Il nostro Governo, come molti altri, non ha fatto niente per arrestare il
commercio delle armi, spesso gli stessi aiuti non sono stati al servizio
della pace, da tanto tempo i vostri minerali sono considerati più
importanti delle persone".
Riporto alcuni stralci del documento conclusivo: "Il Simposio è stato il
luogo dove una buona rappresentanza della popolazione da molto tempo
ignorata e mai ascoltata dai potenti di questo mondo e dai signori della
guerra, ha finalmente avuto l'occasione di esprimersi. (Š) Solo una vera
globalizzazione dei diritti umani potrà garantire la pace nel mondo. (Š)
Lanciamo un grido alla Comunità internazionale che, da un lato ha
dimenticato e continua a dimenticare la realtà del nostro paese, il Congo
Kinshasa,  nonché le sofferenze della sua popolazione, sebbene dall'altro
canto rimanga molto sensibile alle sue ricchezze. (Š) Ci impegniamo a:
- Disarmare il nostro spirito al fine di riconoscere tutti i congolesi e
tutte le donne e gli uomini armati della pace come nostri fratelli.
- Perdonare, in un contesto di dialogo e di giustizia, coloro che ci hanno
aggredito.
- Assumere i diritti umani come punto di partenza per la costruzione della
pace.
- Uscire dal torpore, dalla corruzione della menzogna e dalla ricerca
dell'interesse personale in tutti i nostri impegni politici.
- Rifiutare la tentazione del ricorso alla violenza, alla vendetta,
all'odio, per incamminarci risolutamente sulla via della nonviolenza che è
l'unica forza di verità.
(Š) Alle Nazioni Unite chiediamo di predisporre una forza di interposizione
reale e non simbolica, da dispiegarsi nel più breve tempo possibile alle
frontiere. Chiediamo di creare un tribunale internazionale per i crimini
commessi nel nostro paese al fine di combattere la cultura dell'impunità.
(Š) Siamo fieri di essere congolesi. Siamo altresì fieri di essere Figlie e
Figli di quest'Africa che è la culla dell'umanità. A partire da questo
Simposio lanciamo un appello a tutti gli africani: 'Non facciamoci più la
guerra tra di noi ma lavoriamo insieme per costruire un continente in cui
ogni donna e ogni uomo abbiano il diritto e la gioia di vivere".

La considerazione che mi viene spontanea è relativa alla difficoltà che
avremo  nel  condividere, fra tutti i gruppi pacifisti, il valore di quello
che è stato fatto che non dovrebbe rimanere patrimonio dell'esperienza
personale dei trecento partecipanti.  Sarebbe bello rappresentasse un
momento di crescita per l'intero movimento (sic!) o perlomeno un' occasione
di riflessione.

Mi scuso per la discontinuità del discorso che ho cercato di fare e mi
auguro che le informazioni date possano essere gradite. Gli altri
'Berretti' presenti in Congo che leggono queste righe potrebbero magari
integrarle e aggiungere considerazioni.
In ultimo, fornisco i riferimenti seguenti che possono essere fonte di
ulteriori informazioni :
e-mail: beati.bukavu@libero.it
web: http://www.unimondo.org/bukavu


Ciao a tutti, Licio







White Berets

BERRETTI BIANCHI
Mirovna Delvanja Protiv Rata
Glasinacka 6/101
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tel. 00381-11-4882508

Cell. 0333-7136818
e-mail: berretibelg@sezampro.yu

Internet:http://www.peacelink.it/users/berrettibianchi