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SIERRA LEONE 2
To: <
pck-africa@peacelink.it
>
Subject
:
SIERRA LEONE 2
From
:
"Missionari Saveriani" <
saverianita@mediatec.it
>
Date: Wed, 7 Jun 2000 17:17:06 +0200
Title:
MI.S.N.A.
SIERRA LEONE, 7 GIU 2000 (16:10)
L'ASSURDA GUERRA DEI RIBELLI/PARTE2 (STANDARD, GENERAL)
Uno di loro accetta di parlare a condizione che venga garantito il suo anonimato. "Il sequestro dei cinquecento caschi blu era premeditato. Sapevamo infatti che sarebbe stato impossibile per il nostro movimento arrivare alle elezioni contemplate dall’accordo di Lomé. Le avremmo inevitabilmente perse. La decisione di attaccare ci fu comunicata dallo stesso Sankoh". Bai Bureh è anche lui in assetto di guerra. Ha trentacinque anni, senza peli sulla lingua, detta le condizioni per trattare con il governo di Freetown. "Prima di tutto chiediamo che gli inglesi se ne tornino a casa loro. Guai poi se qualcuno decidesse d’attaccarci dal confine guineano. Se così fosse siamo pronti a combattere all’ultimo sangue, pronti a trasformare questo Paese in un’altra Somalia". Alla domanda se il suo Movimento è disposto a dialogare, la risposta è secca: "Sì, ma non vogliamo essere presi in giro. Nei mesi scorsi, quando era iniziato il disarmo previsto dall’accordo di pace, per ogni fucile consegnato ai caschi blu dell’Onu c’erano stati promessi 300 dollari. La verità è che chi tra noi s’è abbassato a questa umiliazione ne ha ricevuti, sì e no, cento, nella nostra valuta locale, in “leoni”". Una cosa è certa. I ribelli sono divisi al loro interno. Da una parte c’è lo zoccolo duro del movimento che sostiene l’ideologia della rivoluzione con l’appoggio del presidente liberiano Charles Taylor. "È un nostro alleato e non è l’unico", prosegue il giovane combattente che insiste nel non essere citato. "Dall’altra ci sono non pochi moderati stufi della guerra che sarebbero pronti ad arrendersi se fosse garantita loro l’immunità». "Comunque, nelle nostre file – commenta Komba – ci sono anche uomini del Burkina Faso. Sono questi Paesi a garantire un futuro alla nostra lotta. Fossimo anche costretti a ritirarci dalle nostre posizioni, ci ritireremo nel triangolo di Kailahum, nell’Est della Sierra Leone. Da lì riprenderemo le forze per continuare il nostro progetto che prevede l’estensione della guerra anche nella vicina Guinea". Il dato più sconcertante è quello dei bambini arruolati da questi fanatici. Sono tra gli 8 e i 14 anni e vengono inquadrati in due differenti reparti. Alcuni sono destinati al combattimento in prima linea; gli altri finiscono nel servizio civile del Ruf dove servono da staffette di collegamento e come spie. Uno di loro, “Superboy”, è stato costretto ad imbracciare il fucile tre settimane fa ed è già a combattere sul fronte tra Port Loko e Mange. Il suo addestramento è durato solo pochi giorni. Il coraggio lo troverà fumando qualche sigaretta di Jamba. Qualora decidesse di fuggire, se catturato dai suoi aguzzini, gli verranno impressi nella carne a fuoco o con una lametta i caratteri del Ruf. Il comandante delle forze in campo ribelli Sasay Issa, ha 25 anni ed è un pazzo visionario sempre più intenzionato a vendere cara la pelle. Per lui la parola d’ordine è una sola: prendere Freetown. Una pazzia che solo un deciso intervento della comunità internazionale potrà impedire. Per ora si fa forte del traffico di diamanti con cui foraggia la sua armata. Un traffico le cui diramazioni potrebbero fare della Sierra Leone un eterno campo di battaglia. (
CO
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