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NIGRIZIA 6/2000 - MATATU
Matatu
LA CHIESA NON E' UNA DEMOCRAZIA
di Renato Kizito Sesana
MA NEMMENO UNA DITTATURA O UNA MONARCHIA. IN OGNI CASO ANCORA LONTANA DA
QUELLA CHIESA-FAMIGLIA E COMUNITA' PROPOSTA DAL SINODO AFRICANO (A
PROPOSITO, QUALCUNO SE LO RICORDA?).
A Koinonia, la comunita' degli adulti con cui lavoro, abbiamo avuto un
problema. Capita spesso. Ci siamo seduti intorno alla tavola grande, dove ci
stiamo tutti, e lo abbiamo esaminato. Come succede sempre in Africa, in
queste circostanze non un pensiero, non un sospetto e' rimasto segreto.
Tutti hanno detto il loro parere e le loro domande, sempre con grande
rispetto. Dopo oltre due ore, e' stato raggiunto un consenso.
Questo piccolo episodio e' avvenuto lo scorso mese, a sei anni dalla
chiusura del sinodo africano. Riproponendo l'immagine della chiesa come
famiglia, il sinodo ci aveva lasciato sperare che la chiesa sarebbe stata
capace di assumere un volto piu' un sintonia con la tradizione locale, anche
nel modo di vivere i suoi rapporti interni.
E' difficile, forse impossibile, misurare dopo cosi' breve tempo l'impatto
di un evento come quello: pero' questo sembra un sinodo gia' dimenticato,
viene citato quando si deve trovare un tema per un incontro diocesano, un
convegno biblico, un'assemblea di vescovi: l'immagine di
chiesa-come-famiglia e' cosi' vasta che puo' includere tutto. Ma nella
pratica sembra che vivere la comunione stia diventando piu' difficile.
Che qualcosa stesse andando male nella preparazione del sinodo divento'
evidente per me nell'ottobre del '91. Una coalizione di associazioni
cattoliche impegnate per l'Africa mi aveva invitato a Chicago per un
convegno, insieme ad alcuni dei piu' qualificati teologi africani, persone
che oltre a insegnare nel loro paese erano chiamate in universita' di tutto
il mondo. Il primo giorno si erano elencati i vari problemi che la chiesa
africana avrebbe dovuto affrontare, dal ruolo delle donne alla formazione
dei preti. Poi, la mattina del secondo giorno, il gelo. Un vescovo africano,
gia' insegnante in seminario, di fisico alto e imponente, di parola facile e
voce tonante, si installo' sul podio e, guardando tutti con aria di sfida,
inizio' affermando: "La chiesa non e' una democrazia", e poi continuo'
arpeggiando sul tema. Trovai incredibile che nessuno reagisse. La
spiegazione venne dopo: "E' molto ascoltato in Vaticano, ed e' in odore di
cardinalato".
Certo, la chiesa non e' una democrazia. Ma nemmeno una dittatura o una
monarchia: Mettere le cose in questi termini non aiuta a capirne il mistero.
La chiesa e' qualcosa di molto piu' alto e complesso; una comunita', una
comunione di persone radunate intorno all'unico maestro, pastore, servo: il
Signore crocefisso e risorto. Nella chiesa tutta l'autorita' deriva da lui,
e serve per creare comunione.
Non c'e' da meravigliarsi pero' se in una chiesa dove predomina l'idea che
non ci sia democrazia gli africani delle periferie e dei villaggi non si
sentano a casa loro, e tendano a rapportarsi alla chiesa-istituzione con
distacco e perfino diffidenza. Non si sentono ancora coinvolti a pieno
titolo.
Cosi' sei anni dopo il sinodo africano si continua a parlare di
inculturazione, (come si era continuato nei trent'anni precedenti) senza
realizzarla. Quel poco che si fa e' magari superficiale - inculturazione per
turisti, artificiale come e' l'arte africana negli aeroporti - a cui gli
africani non partecipano. Gli esperimenti seri di inculturazione che conosco
si contano sulla dita di una mano.
Allo stesso modo si continua a denunciare che la formazione nei seminari e'
antiquata e per niente adatta all'Africa, che il rapporto gerarchia/laici e'
falsato da una tradizione di sottomissione non evangelica, ma non si vedono
segni di reale cambiamento.
L'ideale di una chiesa piu' visibilmente comunione ancora ci sfugge. Solo le
piccole comunita' senza potere da difendere possono permettersi di
praticarlo.
LA PAURA DEI TEOLOGI
Un amico che cerca con tutte le forze di avviare una rivista ecumenica,
luogo libero di dialogo e riflessione fra teologi africani, mi diceva pochi
giorni fa che la piu' grande difficolta' e' trovare chi sia disposto a
scrivere: tutti condividono a parole gli ideali e la necessita' di offrire
alla chiesa africana uno strumento agile per la circolazione interna di
idee, ma nessuno vuole scrivere. Alcuni teologi che durante la preparazione
al sinodo avevano parlato con voce umilmente critica oggi sono parroci in
sperduti villaggi, praticamente tagliati fuori dalla possibilita' di
continuare la ricerca teologica. Nessuno vuol fare la stessa fine.
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